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Irs e tasso Euribor 3 mesi a maggio. Previsioni fino al 2017

Con uno scenario economico e politico quasi immutato rispetto alle condizioni di aprile, e con tassi di riferimento invariati nell’Area Euro a partire dal costo del denaro all’1,25%, le dichiarazioni di Trichet rilasciate a margine della riunione Bce del 5 maggio sono state accolte con stupore dagli operatori di mercato.

Le parole del presidente dell’Eurotower sembrano essere state interpretate per quello che non hanno espresso, piuttosto che per il contenuto proprio molto simile a quello delle passate esternazioni: al termine della conferenza, la settimana scorsa, le attese degli operatori si sono concretizzate in valori dei derivati contrattati sul Liffe indicativi di una traslazione da giugno a luglio del prossimo rialzo del tasso Bce, pur nell’invarianza del conteggio complessivo dei tre aumenti (da 0,25% ciascuno) che portano il costo del denaro in prossimità del 2% a fine anno:

Sotto forma grafica, la curva dei future sull’Euribor 3 mesi per le 24 scadenze sopra riportate in riferimento alla chiusura di lunedi 9 maggio 2011 appare più bassa rispetto alla stessa curva tracciata un mese fa, quando in aprile la media storica dell’Euribor al 3% sarebbe stata raggiunta già a inizio 2013 (ora, secondo previsioni, è necessario attendere il 2014).

Sempre al 9 maggio 2011, il tasso interbancario Euribor si è portato a quota 1,423% sulla scadenza trimestrale (era all’1,294% al giorno 8 aprile 2011) proseguendo il consueto cammino nel quadro della crescita rilevata da inizio anno.

Posto che gli operatori si aspettavano dal presidente Bce l’annuncio di un aumento, viene da chiedersi se la mancanza di espliciti riferimenti al (secondo) rialzo prossimo del tasso base non possa essere letta come un tentativo di colpire la speculazione per abbattere il costo del petrolio (in un colpo solo: -8,7% il Wti scambiato a New York e -9,89% il Brent quotato a Londra).

Se così fosse, l’esposizione di Trichet si sarebbe rivelata azzeccata: coi tassi che non aumentano, il cambio Euro su Dollaro non facilita la disponibilità del biglietto verde con cui acquistare materie prime (fonte: IlSole24Ore.com).

Diversa l’efficacia dell’azione dell’istituto centrale europeo sui rendimenti oltre il breve termine.

Già da aprile un elemento di innovazione importante, rappresentato dalla decisione della Bce di interrompere gli acquisti dei titoli di Stato periferici per via dell’implementazione del piano di aiuti finanziari, avrebbe dovuto costituire un passo avanti nella normalizzazione della politica monetaria, oltre che facilitare le previsioni sull’interazione delle forze di acquisto e vendita dei bond. I tassi di rendimento di Grecia, Irlanda e Portogallo sulle scadenze decennali, invece, hanno preso il volo sopra livelli rispettivamente al 15%, 10% e 9,5%, denunciando il carattere effimero di questo tipo di intervento (c.d. veicolo di salvataggio) che non risolve i problemi di sostenibilità di lungo periodo, quando le prospettive di crescita debole si fondono con elevati valori di spesa pubblica e di interessi (sul punto: Liz Ann Sonders, vice presidente e strategist di Charles Schwab – fonte Morningstar.it).

E se i bilanci dei periferici continuano a destare preoccupazione, se la ripresa economica globale appare al di sotto delle attese (che già non erano entusiastiche), il rimedio solito rimane l’agognato Bund tedesco (fly to quality) il cui rendimento in calo, ultimamente, trascina al ribasso il tasso Irs. Dai valori sotto riportati del 09/05/2011 si desume agevolmente la differenza col fixing di un mese fa che, al giorno 8 aprile, sulle scadenze 20, 25 e 30 anni segnava rispettivamente 4,09%, 4,04% e 3,94%:

Ripresa economica ed inflazione, attese comunque in crescita, si mantengono tali da far considerare il trend del decennale tedesco ancora ribassista. Questo è il future sull’Euro-Bund al 9 maggio 2011 sul mercato dell’Eurex:

giugno 2011: 124,21 (era 120,4 un mese fa)

settembre 2011: 123,98 (era 119,53 un mese fa)

dicembre 2011: 123,18 (era 118,94 un mese fa).

In conclusione, le aspettative sull’Euribor si mantengono in crescita così come le aspettative sui tassi Irs, i cui valori sono dettati dai fondamentali economici più che dall’estemporaneità dei movimenti di fuga verso la qualità. Pertanto, coloro che sono interessati a richiedere un mutuo casa, e si interrogano sulla scelta tra il tasso variabile ed il tasso fisso alla luce delle variazioni al ribasso che da alcune settimane hanno interessato quest’ultimo, non dovrebbero modificare le loro attese di rialzo generalizzato.

(per le previsioni Euribor e Irs a giugno 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=4383)

Aumento del costo del denaro in aprile ed effetti sulle previsioni dei tassi Euribor e Irs

Attendista riguardo ai riflessi sull’economia reale delle catastrofi nipponiche, e sensibile alla difesa del livello dei prezzi col settore manifatturiero tedesco al limite della capacità produttiva, Trichet ha invertito la rotta dei tassi di riferimento in Europa.

Nonostante la crisi nordafricana continui a far lievitare il prezzo del petrolio, il livello dell’inflazione nell’area euro – registrato a marzo al 2,6% annuo senza alcun contributo sostanzioso della ripresa economica globale – non appare preoccupante ma di certo si colloca al di sopra del livello di guardia fissato dalla Bce al 2%. In un contesto che, in ogni caso, vede l’inflazione “core” (scevra dalle componenti più volatili dell’energia) trovarsi all’1,5% circa.

In condizioni di saggi reali negativi, la mossa di Trichet – da intendersi pure come finalizzata ad azzerare gli stessi tassi – genera ulteriori attese di rialzo del costo base del denaro: ora fissato all’1,25% (+0,25% anche per il tasso di finanziamento marginale, idem per il tasso sui depositi delle banche commerciali), con molta probabilità nei prossimi mesi sarà oggetto di ulteriori ritocchi, anche se le previsioni oggi rilevate appaiono azzardate in relazione all’irrisolto problema dei bilanci pubblici europei esposti a questa tipologia di rischio.

L’Euribor ha proseguito la sua marcia al rialzo con il ritmo consueto, senza particolari reazioni alle dichiarazioni di Trichet esternate a marzo circa l’aumento di un quarto di punto,

arrivando sino a quota 1,294% sulla scadenza trimestrale al giorno 8 aprile 2011:

Le previsioni degli operatori di mercato, sopra anticipate, scontano da tempo altri tre incrementi dei tassi (da 0,25% ognuno) per la fine 2011, come appare dai future sull’Euribor 3 mesi registrati sulla piazza di riferimento internazionale del Liffe di Londra alla chiusura di venerdi 8 aprile 2011

giu 11 – 1,58% (era 1,47% a fine febbraio)

set 11 – 1,92% (era 1,71% a fine febbraio)

dic 11 – 2,195% (era 1,94% a fine febbraio),

mentre la restituzione dei tassi impliciti nei derivati fino al 2017 indica il superamento della soglia del 3% nel 2013 e del 4% per la fine del 2015:

giu 12 – 2,665%

dic 12 – 2,985%

giu 13 – 3,21%

dic 13 – 3,415%

giu 14 – 3,59%

dic 14 – 3,75%

giu 15 – 3,88%

dic 15 – 4,045%

giu 16 – 4,1%

dic 16 – 4,15%

mar 17 – 4,15%.

D’altro canto la mossa di Trichet, accompagnata da una velata allusione ai prossimi rialzi con le parole secondo cui “i tassi rimangono ancora bassi”, alimenta la propensione al rischio degli operatori di mercato che credono nella prossima crescita economica e suddividono per la prima volta l’Eurozona in tre gironi danteschi: quello virtuoso delle centrali Germania e Francia, l’opposto periferico di Grecia, Irlanda e Portogallo, e quello di mezzo con Italia (http://www.questidenari.com/?tag=btp) e Spagna. La recente richiesta di aiuti finanziari del Portogallo, la crescita economica già moderata ed ora colpita dalle accresciute difficoltà di accesso ai finanziamenti da parte delle imprese, e gli effetti sulle materie prime della crisi nordafricana appaiono assumere una dimensione di scarso rilievo, in gran parte sottovalutata ad avviso dello scrivente.

In questo scenario il Bund tedesco, che attualmente offre tra il 3.4% ed il 3.5% di rendimento, sembra destinato a conoscere tassi in salita ancora per diversi mesi. Ecco il future sull’Eurex del decennale tedesco al giorno 8 aprile:

giu 11 – 120,04 (era 122,75 a fine febbraio)

set 11 – 119,53 (era 122,27 a fine febbraio)

dic 11 – 118,94.

Anche gli altri rendimenti dei titoli di Stato dovrebbero seguire questo andamento rialzista nelle prossime settimane, sia pure con una moderazione (caratterizzante la crescita nella parte centrale e finale della curva) lontana dalle impennate registrate fino a febbraio.

E stessa fase di crescita moderata potrebbe conoscere l’Irs, parametrato anche al Bund decennale, i cui valori di riferimento per le rate di mutuo a tasso fisso sono lievitati nelle ultime settimane (http://www.questidenari.com/?p=3794) assieme ai valori dell’Euribor:

5 anni – 3,16%

10 anni – 3,72% (era 3,44% a fine febbraio)

15 anni – 4,01% (era 3,74% a fine febbraio)

20 anni – 4,09% (era 3,82% a fine febbraio)

25 anni – 4,04% (era 3,77% a fine febbraio)

30 anni – 3,94% (era 3,67% a fine febbraio)

40 anni – 3,83%.

(per i tassi Irs ed Euribor al 9 maggio 2011 e le previsioni Euribor 3 mesi fino al 2017 si legga http://www.questidenari.com/?p=4126)

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Libia e petrolio: previsioni sui tassi Irs ed Euribor a marzo 2011

Il grande dubbio serpeggiato fra gli analisti nelle ultime settimane era incentrato sul corso dei rendimenti dei titoli obbligazionari, provenienti dalle brusche impennate di fine anno scorso e dai valori stabilmente alti di gennaio e febbraio 2011.

A dividere la schiera degli osservatori tra quelli che non vedevano motivo per un ulteriore incremento dei tassi, e quelli fermi su posizioni diametralmente opposte, era stato il peso attribuito alla crescita economica dell’area Euro e all’inflazione nel prossimo futuro. I primi facevano i conti con i dati occupazionali ancora deludenti, i secondi con le recenti spinte al rialzo sul livello dei prezzi.

Di certo le vendite dei Bund (http://www.questidenari.com/?p=3626), registrate sui mercati per molti giorni, avevano aggiunto difficoltà ai problemi dei Paesi periferici che intendevano finanziarsi sul mercato: se la qualità teutonica offriva rendimenti in crescita, aumentava di pari passo (i.e. spread inalterato) la richiesta di guadagno da parte di coloro che rischiavano comprando titoli del debito portoghese (ad esempio), due settimane fa ad un nuovo massimo di rendimento sulla scadenza decennale.

Ma negli ultimi giorni, a partire da metà febbraio, la rapida evoluzione di eventi geopolitici inattesi ha fatto leva sull’aumento del rapporto di copertura dei governativi tedeschi, passando attraverso la paura che le fiammate inflazionistiche possano colpire duro la flebile ripresa tenuta in vita dai fiumi di liquidità erogati dalle banche centrali. Le frizioni tra Paesi periferici e Germania sui parametri di Maastricht, seguite dalle rivolte nei Paesi nordafricani, hanno indotto i money manager a privilegiare la qualità nei loro portafogli e a manifestare così un grado di avversione al rischio tale da far rialzare la testa al Bund (principalmente a scapito delle azioni), il cui diminuito rendimento ha ampliato il differenziale coi governativi degli altri Stati, compresi i Btp (http://www.questidenari.com/?tag=btp-decennale). E ciò nonostante sia diffusa nel mercato la convinzione che le istituzioni europee, attraverso il “veicolo di salvataggio”, forniranno tutto il denaro necessario ai Paesi richiedenti, fra cui Spagna e Portogallo ancora alle prese col debito elevato (fonte: Morningstar.it).

Anche l’Irs ha risentito del cambiamento, segnando ribassi su tutte le scadenze rispetto al mese scorso. Il fixing al 28 febbraio 2011 (tra parentesi il valore al 28 gennaio scorso):

–        10Anni: 3,44% (3,47%)

–        15Anni: 3,74% (3,78%)

–        20Anni: 3,82% (3,85%)

–        25Anni: 3,77% (3,78%)

–        30Anni: 3,67% (3,67%).

In linea col sottostante, sono in rialzo anche i future sul Bund.

Alle diverse rilevazioni del 12 febbraio, 19 febbraio e 25 febbraio 2011, l’Euro Bund-10 anni (Eurex) a scadenza “marzo 11” ha fatto registrare valori rispettivamente pari a 122.78, 123.09 e 124.32, segnalando una fase rialzista destinata a durare forse fino a quota 126.5, a parere degli analisti tecnici (fonte: Plus24 del 26/02/2011).

Con riferimento alla chiusura del future sull’Euro Bund su mercato Eurex, ecco i valori registrati al 28 febbraio:

–        Marzo 11: 124.19

–        Giugno 11: 122.75

–        Settembre 11: 122.27.

Tradotto in termini di riflessi sulla scelta del mutuo casa, la tendenza indicherebbe un tasso fisso più basso per le prossime settimane, ma è chiaro che la durata della crisi in Nord Africa e Medio Oriente giocherà un ruolo fondamentale sulle attese inflazionistiche e su tutto il resto della costruzione economico-finanziaria.

Tasso fisso che negli ultimi tempi torna in cima alle preferenze degli Italiani per i consigli del personale bancario, oltre che per quella componente psicologica di tranquillità (?) insita nella stabilità degli interessi da corrispondere complessivamente alla banca.

Per i richiedenti mutuo insonni causa variabilità degli interessi collegati all’Euribor (tra parentesi i dati dello scorso 28 gennaio nella tavola sopra), è opportuno sapere che il tasso interbancario, oltre ad aver perso il passo da lumaca tenuto per mesi, è restituito implicitamente dai contratti derivati con due rialzi attesi nella seconda metà dell’anno per intervento della Bce, con un incremento totale imputabile a Trichet dello 0,5%.

Ciò è vero nei limiti in cui si realizzeranno le previsioni degli operatori sui mercati, in questo momento condizionate dai timori d’inflazione forse oltre la misura della ragionevolezza.

La Bce, che per la prima volta negli ultimi due anni ha registrato il superamento del tetto fissato al 2% sul medio periodo, aveva fatto sapere di considerare l’aumento dei prezzi al consumo come un fenomeno di breve durata, ma di osservare strettamente la situazione e tenersi pronta ad intervenire in caso di peggioramento delle prospettive di lungo periodo.

La variabile sotto più stretta sorveglianza, nella specie, è il petrolio, a prezzi record negli ultimi due anni e mezzo ma calato ieri a 111,83 dollari al barile per il Brent europeo, e sotto i 97 dollari per il Wti americano, dopo l’annuncio che l’Arabia Saudita aumenterà l’offerta per sopperire alla mancanza della Libia. In continua ascesa negli ultimi dieci giorni (circa +15%), il suo andamento rafforza le attese inflazionistiche sulle scadenze più corte ed i timori di un’economia debole nell’Eurozona a medio-lungo termine: ne deriva un appiattimento della curva dei rendimenti causato da una spinta alla crescita sul tratto iniziale e da un movimento opposto sulle scadenze più lunghe (fonte: MilanoFinanza.it); ed è appena il caso di sottolineare che i mercati azionari, dopo un rally durato 6 mesi, hanno invertito bruscamente la tendenza, come auspicato dai ribassisti, con gli acquisti dirottati sui bond governativi.

Una delle conferme all’imminente aumento dei tassi a breve sarebbe rappresentata dal cambio Euro/Dollaro americano (1,3813 al 1° marzo), rafforzato sui mercati internazionali proprio mentre Axel Weber, presidente dimissionario Bundesbank ma soprattutto membro del consiglio Bce, faceva intendere che i tassi dell’Eurozona non possono far altro che salire.

Qualunque cosa accada, ecco lo scenario delineato sull’Eurex dai future sull’Euribor 3 mesi al 28/02/2011 (tra parentesi i valori al 28 gennaio scorso)

–        marzo 11: 1,16% (1,18%)

–        giugno 11: 1,47% (1,42%)

–        settembre 11: 1,71% (1,63%)

–        dicembre 11: 1,94%

–        marzo 12: 2,15%

–        giugno 12: 2,345%.

In definitiva, il quadro delle attese sui tassi porta cattive notizie per i mutui a tasso variabile, buone nuove per quelli a tasso fisso (ma forse caratterizzate dall’estemporaneità tipica del fenomeno fly to quality), e ulteriori consigli di accorciamento della duration per gli investitori in titoli obbligazionari che, in caso volessero snobbare i rendimenti esigui del mercato monetario, potrebbero rivolgersi all’offerta dei titoli di Stato parametrati all’Euribor semestrale (http://www.questidenari.com/?tag=ccteu) sostitutivi dei vecchi CCT.

(per le previsioni sui tassi Euribor e Irs ad aprile 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=3937)

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Le previsioni sui tassi Euribor 3 mesi e Irs a fine gennaio 2011

Dopo un inizio anno molto tranquillo, caratterizzato da aste di rifinanziamento a tasso fisso e con l’Euribor in lieve ribasso per via della liquidità ancora abbondantemente erogata alle banche, piccole ma inattese fiammate inflazionistiche hanno contribuito a movimentare il quadro generale del vecchio Continente in materia di saggi.

Così trovano spiegazione le continue spinte al rialzo dell’Euribor nelle ultime due settimane, evento non certo drammatico ma comunque rappresentativo di un elemento nuovo capace di far tornare il tasso interbancario trimestrale all’1,063% in data 28/01/2011, avendo quest’ultimo già superato da metà mese la quota 1% di riferimento della Bce ferma dal maggio 2009. L’Euribor 6 mesi, invece, è salito all’1,307% alla stessa data, mentre la scadenza mensile è arrivata allo 0,877%.

L’attenzione particolare della Bce per il livello dei prezzi complessivo (mosso da petrolio e materie prime, mentre l’energia è ininfluente sull’inflazione core che rimane stabile) non poteva sfuggire ai mercati anticipatori delle vicende economiche, né impedirne riflessi in termini di aspettative, facendo aumentare il numero di analisti che preannunciano il rialzo del costo base del denaro per la seconda metà dell’anno, manovra spettante a Trichet in esecuzione del mandato per il contenimento dell’inflazione.

Senza gli allarmismi del 2008, i future sull’Euribor 3 mesi contrattati sul mercato Liffe, al 28 gennaio 2011, sono in salita (mentre a fine dicembre subivano ritocchi al ribasso sino ai valori riportati fra parentesi) ed indicano una gradualità nella crescita che porterà a superare la soglia del 3% (rilevato su mercato Eurex) soltanto nel dicembre 2013, quando – secondo le attuali previsioni – il tasso interbancario si porterà a livello della media storica calcolata a partire dal 1999:

– marzo 2011: 1,18% (1,03%)

– giugno 2011: 1,42% (1,11%)

– settembre 2011: 1,63%.

Naturalmente, solo col tempo si potrà capire se le attese degli operatori sono sfociate in preoccupazioni eccessive, come accade non di rado e come ritengono alcuni economisti fiduciosi che i tassi possano tornare indietro. Fra questi Willem Buiter, capo economista Citi, fa osservare che l’eccessiva considerazione di Trichet per l’inflazione è motivata dal quasi completo utilizzo della capacità produttiva dell’industria manifatturiera tedesca, e che un innalzamento dei tassi sarebbe disastroso per i Paesi periferici (fonte: Plus24 di sabato 29 gennaio 2011).

Ciò significa, tradotto in previsioni, che il futuro dei tassi variabili dipende non solo dall’andamento del petrolio e dalla capacità dei governi di mettere ordine nei loro bilanci, ma anche dalla sensibilità della Bce nel prorogare una manovra di politica monetaria che ciclicamente va ripetuta.

Il quadro generale ha conosciuto cambiamenti anche sul fronte dei tassi fissi, negli ultimi tempi tornati ad essere “osservati speciali” dai mutuatari.

Concluso il 2010 con un enorme punto interrogativo per via degli acquisti continuativi di titoli del debito pubblico da parte della Bce (sia pur sterilizzati per gli effetti sulla liquidità) e per via dei dubbi perenni sulla ripresa economica, le nuove certezze arrivano dalle rassicurazioni dei Paesi orientali, dove Pechino e Tokio si dichiarano pronte a sostenere gli acquisti dei periferici europei, dal successo di vendita delle obbligazioni del Fondo di Stabilità Finanziaria Europea (EFSF, veicolo di salvataggio garantito dagli Stati dell’Eurozona e atto a stabilizzare l’area), nonché dai riscontri positivi per domanda e rendimenti registrati nelle aste dei titoli spagnoli prima ed italiani poi.

Non solo nell’ultima asta del Tesoro (http://www.questidenari.com/?tag=asta-28-gennaio) si è respirato un clima “normale” (fonte: Reuters Italia), ma anche la Grecia è tornata a piazzare sul mercato i propri titoli trimestrali al 4,1% (fonte: IlSole24Ore.com).

E se gli investitori percepiscono la maggiore stabilità del sistema finanziario, aumenta la loro propensione al rischio a scapito della qualità inserita nel portafoglio. Tradotto in termini operativi, le vendite dei Bund fanno calare i prezzi ed aumentare i rendimenti.

Anche le nuove emissioni programmate di governativi e corporate non fanno che accrescere le attese di rendimenti al rialzo, e prefigurano così la crescita dell’Irs.

Sempre alla data del 28 gennaio 2011, i successivi sono i fixing dell’Irs alle scadenze più rilevanti (tra parentesi i valori tutti più bassi di fine dicembre scorso):

– 10 anni: 3,47% (3,35%)

– 15 anni: 3,78% (3,68%)

– 20 anni: 3,85% (3,74%)

– 25 anni: 3,78% (3,66%)

– 30 anni: 3,67% (3,55%).

Tra i future sui tassi a lungo termine, alla chiusura dell’ultima contrattazione sull’Eurex, ha fatto registrare i valori seguenti l’Euro Bund-10 anni caratterizzato da trend al ribasso nell’ultimo mese (tra parentesi la chiusura della settimana precedente):

– marzo 123,73 (123,76)

– giugno 122,32 (122,35)

– settembre 121,98 (122,07).

(per le previsioni Irs ed Euribor aggiornate a marzo 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=3757)

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Le previsioni Euribor su Eurex e Liffe. I tassi Irs dopo metà novembre

In un contesto economico non meno complesso di quello del mese passato (http://www.questidenari.com/?p=3061), la Bce, che a fine ottobre e per la terza volta consecutiva aveva rinunciato ad acquistare titoli di Stato, continua ad assorbire liquidità per le operazioni di restituzione delle banche: in tal modo l’istituto centrale procede a normalizzare la politica monetaria con la sua exit strategy.

Per avere idea di cosa stia accadendo ai flussi monetari nei circuiti interbancari, può essere indicativo il rapporto tra i 12 miliardi di euro collocati dalla Banca Centrale Europea (pagati dagli istituti di credito l’1%, costo base del denaro lasciato invariato da Trichet al pari degli altri tassi anche questo mese) ed i 36 miliardi restituiti giovedi 11 novembre dalle banche commerciali: i numeri evidenziano che queste ultime dispongono a sufficienza dei fondi in grado di esaudire la domanda dei loro richiedenti, e quindi non hanno particolare necessità di domandare soldi alla Bce o di prestarseli reciprocamente per lucrare sul prezzo (fonte: IlSole24Ore.com).

In altre parole, dopo i necessari movimenti di adeguamento l’Euribor non riceve rilevanti pressioni e da circa quindici giornate operative manifesta andamento piatto, con la scadenza 3 mesi (interessante per quel 60% di richiedenti mutuo che negli ultimi anni hanno preferito scegliere la soluzione della rata a tasso variabile per l’acquisto della propria casa http://www.questidenari.com/?tag=fondo-solidarieta-mutui) praticamente ferma a quota 1,040% dopo aver passato con indifferenza la soglia psicologica dell’1%, e con la scadenza semestrale giunta a 1,266% ai rispettivi fixing del venerdi 19 novembre.

La ripresa economica che procede a rilento in Eurolandia, di certo, non mette fretta al presidente dell’Eurotower per un rapido rialzo del tasso base fermo da molti mesi.

Coi gestori interpellati che già da tempo si sono dichiarati in forte dubbio su un intervento restrittivo di Trichet prima di metà 2011 (fonte: Morninstar.it), più che le aspettative di politica monetaria in questo momento sono le preoccupazioni sull’andamento del ciclo economico a spingere avanti nel tempo i rialzi dell’Euribor trimestrale atteso.

I tassi impliciti nei derivati contrattati sui mercati Liffe ed Eurex, rispetto alle previsioni dell’Euribor 3 mesi della prima decade di ottobre, parlano ancora il linguaggio della crescita graduale nel tempo, lontanissima dagli sbalzi del dopo Lehman Brothers, e manifestano ritocchi al rialzo molto limitati nel breve termine. Se invece si considerano valori oltre il 2011 – di nuovo confrontati con quelli di un mese e mezzo fa – i rialzi sulle scadenze di giugno 2012 e dicembre 2013 sono più consistenti (ma pur sempre limitati: circa +0,4% sul lungo termine contro +0,1% sul breve), verificandosi una evidente traslazione in avanti nel tempo delle attese degli operatori circa scenari macroeconomici caratterizzati da una ripresa più vigorosa. Nel dettaglio, l’Eurex propone al 19/11/2010:

–        Dic 10: 1,075% (1,065% a ottobre)

–        Mar 11: 1,235% (1,13% a ottobre)

–        Giu 11: 1,38%

–        Set 11: 1,485%

–        Giu 12: 1,84% (era 1,475% a ottobre)

–        Dic 12: 2,07%.

Il Liffe, sempre al 19/11/2010:

–        Dic 10: 1,07% (1,055% a ottobre)

–        Mar 11: 1,25% (1,125% a ottobre)

–        Giu 11: 1,375%

–        Dic 11: 1,65%

–        Giu 12: 1,875% (1,445% a ottobre)

–        Dic 13: 2,56% (2,085% a ottobre).

Tornando al quadro macro, tiene banco da giorni lo spauracchio del default sovrano per il debito preoccupante dell’Irlanda: le dichiarazioni del cancelliere tedesco Merkel, che vorrebbe far ricadere sugli investitori privati il peso di un futuro piano di salvataggio analogo a quello approntato per la Grecia, hanno provocato una corsa alla vendita dei titoli di Stato esistenti da parte degli operatori. Molto di questo trambusto – speculazione allo stato puro di Borsa ma pure mediatica che, a sua volta, incide sulle quotazioni – è determinato dal debito concesso ai privati e non sembra essere stemperato dai dati positivi del Pil irlandese la cui entità, fra l’altro, pesa molto poco in termini percentuali all’interno dell’Eurozona.

Dietro al malessere dei mercati sta una delle operazioni più semplici e redditizie messe in atto dalle banche negli ultimi anni: l’acquisizione di denaro a basso costo dalla Bce con cui comprare titoli dei Paesi membri ad alto rendimento – ovvero quelli con le finanze più traballanti – al fine di lucrare sullo scarto. Gioco facile, ma non privo di rischi.

Prima che si estendessero le vendite dai titoli governativi agli azionari, in particolare sulle piazze di Milano e Madrid dove la presenza dei bancari è più massiccia, l’effetto immediato si è registrato sui differenziali tra rendimenti dei Paesi periferici ed il benchmark dello Stato più virtuoso (Germania) giunti a toccare nuovi massimi – problemi anche per i Btp posizionati a metà classifica, poi di nuovo valorizzati da una discreta presenza di acquirenti all’asta del Tesoro ultima del 12 novembre (http://www.questidenari.com/?tag=btp). Maggiormente colpiti i titoli irlandesi (arrivati ad offrire martedi scorso il 5,82% in più dei Bund decennali di pari scadenza per attirare compratori), greci e portoghesi, non solo per l’allargamento dello spread ma pure per il prezzo dei Credit Default Swap schizzato verso l’alto, una sorta di assicurazione contro il rischio di fallimento dello Stato sovrano e termometro della salute del bilancio pubblico.

Il tutto con evidenti quanto inevitabili strascichi sulla moneta unica, prima del rialzo al sopraggiungere delle notizie sull’avvio delle trattative di aiuto all’Irlanda (Eur/Usd fissato a 1,36 al 19 novembre 2010). Il cambio altalenante, quando indebolisce il biglietto verde, incentiva l’acquisto delle materie prime fra cui spicca il petrolio, la scorsa settimana ai massimi dai due anni e alla luce degli ultimi fatti tornato poco sotto gli 82 dollari al barile di greggio, anch’esso degno protagonista della confusione generale.

In particolare sul cambio, giorni fa Trichet ha precisato che non è in atto – semplicemente perché non potrebbe esserlo! – una “guerra di valute”, essendo il cambio una conseguenza, in massima parte, delle politiche economiche adottate.

Il presidente Bce, appellandosi ai capisaldi della disciplina macro-economica in materia di relazioni internazionali, ha voluto riferirsi alla debolezza delle valute del dollaro e dell’euro, la prima come conseguenza di una politica monetaria ultra-espansiva di Bernanke adottata in un contesto in cui l’arma della politica fiscale è inceppata per via del parlamento di Obama, e la seconda come frutto dei bilanci dei Paesi membri europei non sempre in ordine – problema che, sia pur in minima parte, tocca persino la solida Germania. Correttamente, Trichet ritiene che le manovre sui tassi d’interesse disposte dalle banche centrali per portare il cavallo alla fonte (senza riuscire a farlo bere), e che influenzano prima i flussi internazionali di capitale e poi gli scambi commerciali import/export, nel tempo condizionano i tassi di cambio per questioni di mero equilibrio dei conti, e che pertanto una moneta debole non sia altro che la conseguenza di uno Stato debole.

In un simile contesto, effettuare previsioni sull’andamento di prezzo dei titoli di Stato, tra l’altro influenzato dai piani di acquisto programmati dalle banche centrali, è opera assai ardua che induce molti analisti ad un atteggiamento di prudente attesa; le aspettative degli operatori, al momento, non sono sufficienti a spiegare l’incontro dei volumi di domanda e offerta sui mercati.

Il concetto più vicino alla realtà, per quanto generico, è espresso da quel bisogno di sicurezza che continuerà ad essere individuato nelle emissioni dei Paesi ritenuti più affidabili e che appiattirà i rendimenti del Bund decennale, cui è collegato il tasso IRS, e dei governativi francesi e olandesi. Salvo poi assistere, come è avvenuto negli ultimi giorni, alle resistenze dei Bund a quota 2,70% contestualmente alla salita dei rendimenti dei periferici per vendite di massa, in attesa della parola definitiva sulla questione degli aiuti all’Irlanda. Nel frattempo, il future sull’Euro Bund-10 anni fa segnare ultimo prezzo 127,47 a dicembre e 127,31 a marzo sul mercato Eurex.

Alcuni analisti ritengono che l’eccessiva rapidità dei movimenti verso l’alto dei rendimenti sia destinata a sfociare in una correzione tecnica nei prossimi mesi.

I tassi EurIRS rilevati al 19 novembre, parametro di riferimento per il calcolo della rata di mutuo a tasso fisso, manifestano i seguenti valori

–        10 anni: 3,03% (2,63% a ottobre)

–        15 anni: 3,36% (2,93% a ottobre)

–        20 anni: 3,41% (3,03% a ottobre)

–        25 anni: 3,35% (2,98% a ottobre)

–        30 anni: 3,24% (2,87% a ottobre)

che ancora una volta hanno andamento decrescente superata la scadenza ventennale e segnalano incrementi generalizzati rispetto alle rilevazioni del mese scorso.

(le previsioni fino al 2016 sui tassi Euribor 3 mesi a gennaio 2011 sono alla pagina http://www.questidenari.com/?p=3544)

L’effetto Grecia e Paesi periferici su tasso base, cambio e inflazione

In pochi si sono accorti che giorni fa Dubai World ha raggiunto un accordo di rinegoziazione del debito, quello che stava per esplodere a novembre 2009 rischiando di coinvolgere gli attivi delle banche europee e sconvolgere il sonno di quanti pensavano alla seconda versione del fallimento Lehman Brothers.

Allora i mercati azionari di tutto il mondo reagirono assai malamente, così come oggi la volatilità accentuata delle quotazioni scaturisce dalle notizie sull’affidabilità degli Stati sovrani europei che rendono convulse le contrattazioni.

Divisi sulle strategie economiche di integrazione degli Stati membri, solo nel momento di crisi i Paesi europei hanno saputo trovare la via della partecipazione alla realizzazione di meccanismi sovranazionali di garanzia, iniziale avvicinamento ad una politica fiscale concertata che possa procedere assieme alla politica della moneta unica.

Anche la Bce ha iniziato ad apportare sostegno al processo di integrazione, partecipando con l’acquisto di obbligazioni sovrane in cambio di liquidità, e pretendendo l’impegno alla riduzione del deficit pubblico da parte dei Paesi aiutati. La mossa, tuttavia, non aumenterà la quantità di moneta presente nel sistema economico-finanziario perché sarà accompagnata dalle operazioni di sterilizzazione: detti acquisti vengono finanziati attraverso la vendita o l’emissione di altri titoli da parte della stessa Banca Centrale, e le masse monetarie immutate assicurerebbero tutela contro il rischio di repentine impennate dei prezzi.

Al tempo stesso, la domanda interna fiacca degli Stati membri non lascia presagire fenomeni inflazionistici, motivo per cui ci si attende che la Bce persista nel mantenere inchiodato al minimo storico il tasso base; e se dall’altra parte dell’oceano la Federal Reserve dovesse decidere per un incremento dei tassi motivato da previsioni economiche più rosee delle nostre, il differenziale di tasso attirerebbe capitali negli Usa e rafforzerebbe ulteriormente il dollaro contro l’euro, oltre a far sentire il proprio effetto in termini di diminuzione del prezzo delle materie prime.

Fonte: MilanoFinanza.it