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La risalita (più veloce) dell’Euribor a luglio 2010. Le previsioni

La restituzione alla Bce dei 442 miliardi di euro in scadenza lo scorso 1° luglio, ed il rifinanziamento con le aste di breve durata di cui hanno beneficiato le stesse banche presentatesi alla porta dell’Eurotower a partire dalla fine di giugno, hanno significato almeno due fatti importanti per la salute dell’economia continentale – se non si vuole attribuire troppo risalto alla reazione istantanea da cui hanno tratto vantaggio i listini azionari europei ed il cambio sul dollaro.

Anzitutto, la prima (e più temuta) operazione di sottrazione di liquidità dal sistema è trascorsa senza troppi patemi: l’avvio della exit strategy, finalmente realizzato in maniera fattiva da quando, nel novembre 2009, vennero annunciati criteri più stringenti per l’accettazione e l’utilizzo delle cartolarizzazioni garantite da asset-backed securities (Abs), segna l’accettazione diffusa del progressivo riassorbimento delle masse monetarie dal sistema economico, in precedenza iniettate attraverso operazioni di carattere straordinario rese necessarie dai fallimenti memorabili di Lehman e di altri giganti del capitalismo anglosassone. In altri termini, è stato messo a punto scientemente e con successo il primo passo verso la normalizzazione di un sistema finanziario i cui protagonisti – le banche in primis – devono saper fare in maniera autonoma, senza l’appoggio esterno di consistenti aiuti governativi che inquinano i bilanci e producono effetti distorsivi, inevitabili in alcuni momenti ma dannosi nel lungo termine – quando, ad esempio, inducono le banche a “parcheggiare” i fondi presso la stessa Banca Centrale anziché farli fluire nel circuito bancario (fenomeno sempre più diffuso nelle ultime settimane http://www.questidenari.com/?tag=previsioni-euribor) o peggio quando fanno gonfiare ed esplodere le famigerate bolle speculative che hanno afflitto i mercati americani e potrebbero affliggere quelli europei.

Nonostante il saldo negativo delle ultime operazioni sui mercati monetari, la presenza di liquidità nel sistema – eccedenza superiore a quota 100 miliardi secondo le stime degli analisti (fonte: IlSole24Ore.com) – rimane ancora abbondante. Con attenzione, ma certo con meno preoccupazioni, si guarda alla scadenza prossima di settembre che segnerà la restituzione da parte delle banche di un’altra tranche consistente di denaro, nel segno di una manovra di politica monetaria finalizzata, tra l’altro, ad impedire la formazione di spinte inflazionistiche.

In secondo luogo, il fatto che le banche abbiano vissuto senza drammatizzazioni il momento critico sta ad indicare che particolari tensioni fra istituti di credito non ce ne saranno.

E difatti l’Euribor, dopo qualche comprensibile scossone, ha ripreso la consueta marcia di riduzione delle distanze dal costo base del denaro fissato dalla Bce, a conferma forse definitiva che il punto di minimo è alle spalle.

Non solo. Causa le operazioni di riassorbimento della liquidità, stavolta è aumentata la velocità di avvicinamento al citato valore dell’1%, costo base nuovamente lasciato inalterato a luglio da Trichet al pari del tasso marginale sulle operazioni di rifinanziamento (1,75%) e di quello sui depositi presso l’istituto centrale (0,25%). In proposito, la Bce ha rilevato negli ultimi mesi una ripresa economica graduale e più energica rispetto al primo trimestre 2010, analogamente alla stima sulla congiuntura positiva espressa dall’FMI, ed annuncia il progressivo rientro dallo stato di emergenza che aveva indotto l’acquisto straordinario di titoli del debito sovrano per sostenere i Paesi colpiti dalla speculazione.

Tutto regolare, quindi, senza paura della immediata ricaduta in recessione; come regolarmente tutte le scadenze del tasso interbancario Euribor seguono lo stesso trend al rialzo, ivi inclusa quella a 3 mesi che interessa particolarmente i titolari di mutuo a tasso variabile – molti dei quali si accorgeranno in ritardo dell’aumento della rata per via della diffusa adozione del meccanismo di indicizzazione della quota interessi al tasso di riferimento sulla base di medie mobili. Nel dettaglio grafico, ecco l’andamento dell’Euribor trimestrale rilevato nei giorni di contrattazione tra il 1° gennaio e l’8 luglio 2010, data ultima in cui è stato fissato a quota 0,81%, ai massimi da settembre 2009:

Anche le previsioni degli operatori di mercato al giorno 8 luglio 2010 continuano a vedere tassi in crescita, sempre graduale ma ininterrotta nei prossimi anni.

Con riferimento al mercato tedesco dei prodotti derivati (Eurex – altamente specializzato assieme al londinese Liffe), tutte le scadenze segnano rialzi: i future sull’Euribor 3 mesi sono all’1,01% e all’1,14% – rispettivamente – per le scadenze di settembre e dicembre 2010. Per vedere il tasso interbancario sopra quota 1,5% bisognerà attendere marzo 2012; l’anno successivo, a marzo 2013, l’Euribor 3 mesi sarà al 2,015%.

(per le previsioni Euribor 3 mesi aggiornate ad agosto 2010 si legga: http://www.questidenari.com/?p=2831)

Strategie per il portafoglio obbligazionario a giugno 2010: durata finanziaria e scelta fra obbligazioni pubbliche e private

I sopravvenuti dubbi sui conti pubblici ungheresi, l’ennesima e tardiva mazzata sull’affidabilità del titolo della Grecia (http://www.questidenari.com/?tag=bond-grecia) sferrata dall’agenzia di rating Moody’s col declassamento a spazzatura, la reazione di Zapatero ai nuovi interrogativi sui conti spagnoli: tutto ha contribuito a rendere ancora più strambo lo scenario di mercato degli ultimi giorni.

I riflessi sui bond governativi sono quelli già sperimentati in circostanze analoghe: Bund tedeschi (benchmark dell’eccellenza) e titoli dei Paesi periferici, in particolare quello greco, hanno allungato le distanze in termini di rendimento, con oscillazioni che a tratti hanno coinvolto pure i nostri Btp.

Sulla scadenza decennale, lo spread ha registrato il minimo dello 0,45% con i titoli francesi, un paio di giorni fa i più virtuosi dell’Eurozona, dopo i tedeschi e prima degli italiani – per quanto Bill Gross, analista Pimco, ritenga che a breve anche i transalpini dovranno mettere mano a spesa pubblica e tasse. Il differenziale massimo, ovviamente, si è avuto con il 6,35% per i titoli ellenici, finiti sopra al 9% di rendimento.

E mentre l’Unione Europea si affretta a varare un piano per vietare le vendite allo scoperto dei Cds, proprio gli stessi Credit default swap – contratti derivati che prezzano il rischio di fallimento di uno Stato membro, e sui quali si impedirà la scommessa da parte di chi non possiede il sottostante titolo di Stato – mettono a segno una serie di rialzi dei costi assicurativi per tutti i PIGS (con esclusione della seconda “I” della periferica Italia. Fonte: IlSole24Ore.com).

Considerato il grado di incertezza molto alto, cosa dovrebbe fare l’investitore che, dimostrando una moderata predisposizione al rischio, non è fuggito sul conto corrente dove perderebbe opportunità di protezione del capitale dall’inflazione?

Se si guarda al mercato obbligazionario nel suo complesso, l’eventualità di un rialzo dei tassi negli Usa – circostanza legata, fra l’altro, a dati sull’occupazione ben più significativi e duraturi degli attuali – farebbe crollare i rendimenti già deludenti.

I gestori si dividono fondamentalmente in due scuole di pensiero: gli uni, preoccupati per la ripresa economica lenta e per i debiti pubblici esorbitanti, hanno ridotto l’esposizione al rischio emittente riparando sui governativi di alta qualità (come i Bund); gli altri fiduciosi nella ripresa, al contrario, hanno scelto di esporsi sulle obbligazioni societarie (fonte: Morningstar.it).

I rendimenti scarni dei Bot spingono molti risparmiatori nostrani ad allungare la durata del titolo acquistando Btp: tale decisione, tuttavia, li espone al rischio di rialzo dei tassi di mercato, ovvero all’eventualità di vedere ridotto il loro capitale (per vendita prima della scadenza) in proporzione alla durata residua del titolo, ovvero al numero ed alla “pesantezza” delle cedole d’interesse.

Un modo per rendere più versatile l’investimento in titoli del Tesoro a lungo termine può essere quello di comprare Cct: le relative cedole, collegate al rendimento del Bot semestrale cui oggi viene aggiunto uno spread dello 0,15%, fanno in modo che gli interessi (variabili) corrisposti siano superiori a quelli dei Bot e che, al tempo stesso, le perdite in caso di rialzo dei tassi siano più contenute rispetto ai Btp (sempre nell’eventualità della cessione anticipata).

L’alternativa – o il quid per il giusto mix di portafoglio trovato sulla base dei propri obiettivi di spesa pianificati e della propensione al rischio soggettiva – è rappresentata dalla scelta dei corporate bond.

Al momento, rimane il solo settore bancario ad offrire rendimenti interessanti, anche a causa dei sospetti sui bilanci inquinati per la diffusa adozione della politica di acquisto low cost dei titoli di Stato (ora non più “sicuri”) perseguita per molto tempo e agevolata dalla Bce – per approfondimenti si legga http://www.questidenari.com/?p=2614.

I prezzi allettanti delle obbligazioni bancarie dei grandi gruppi, e la consapevolezza sempre più estesa fra gli operatori di mercato che gli investitori istituzionali non saranno abbandonati al loro destino in caso di fallimento, potrebbero costituire fattori motivanti al cambiamento per quei risparmiatori che intendono aumentare i guadagni sul proprio asset (fonte: IlSole24Ore.com).

Euribor e Btp a giugno: comportamento attuale e previsioni future 2010

Che controllino l’Euribor, o che tengano d’occhio l’andamento del Libor – altro tasso interbancario che, sul mercato londinese, misura il costo del denaro sui depositi a termine espresso in divisa americana, anziché europea – il senso dell’analisi attualmente fornita da alcuni commentatori descrive in ogni caso la crescente sfiducia con cui le banche si prestano soldi a vicenda nei due continenti.

Sgomberato il campo dall’equivoco di trovarci di nuovo di fronte al dopo-Lehman (http://www.questidenari.com/?tag=previsioni-euribor), quando l’Euribor viaggiava al massimo storico del 5,393% alla scadenza trimestrale ed il Libor 3 mesi era al 4,81%, è bene chiarire che l’ascesa del tasso in valuta Usa si è arrestata a partire dall’ultima settimana di maggio, attestandosi ieri allo 0,53656%.

Priva di indecisioni, ma più graduale, è stata invece la risalita del costo sui depositi nell’Eurozona dalla fine di marzo 2010: l’Euribor 3 mesi, ieri allo 0,715%, è infatti non molto distante dai minimi fatti registrare tempo addietro.

Una delle motivazioni della risalita sarebbe rintracciabile nell’approssimarsi della data del prossimo 1° luglio, quando scadrà la maxi-operazione di prestito a dodici mesi effettuata dalla Bce l’anno scorso per inondare il mercato con 442 miliardi di euro: se è vero che le banche potranno rifornirsi di denaro in occasione delle prossime aste, comunque caratterizzate da scadenze più ravvicinate, è anche evidente che molti istituti stanno scegliendo di trattenere i fondi posseduti anziché farli fluire nel circuito bancario (fonte: IlSole24Ore.com). La spiegazione del denaro come “merce” più preziosa – perché scarsa – appare a chi scrive di maggiore interesse rispetto al fantasma della reciproca sfiducia basata sul sospetto di bilanci inquinati.

Tuttavia è giusto affermare che l’emotività sembra ancora alta, e che l’incertezza sul mercato è percepibile anche dai movimenti dei rendimenti registrati sui bond governativi negoziati sul secondario. E’ bastata una richiesta congiunta della Merkel e di Sarkozy, circa la moratoria alle vendite allo scoperto di azioni e titoli di Stato, per far allentare la domanda dei Bund e ritrovare interesse nei Paesi periferici, ad eccezione del decennale greco: il rendimento del Btp a 10 anni è sceso di 14 basis points a quota 4,13%, mentre quello del governativo tedesco di pari durata è salito di 2 punti base.

Ma proprio i dati di bilancio in chiaroscuro dei Paesi membri “aiuteranno” i debitori a restituire la rata del prestito a tasso variabile il cui importo si lega all’Euribor, a sua volta influenzato dal costo base del denaro in Eurolandia. Tanto si aspettano gli operatori di mercato a giudicare dalla conclusione ultima dei contratti future sull’Euribor trimestrale, avvenuta sul mercato London International Financial Futures Exchange: l’attestazione del saggio implicito allo 0,9% per fine 2010 descrive le attese di un trend crescente, ma senza strappi, del tasso interbancario (fonte: IlSole24Ore.com).

(per le previsioni Euribor di luglio 2010 si legga: http://www.questidenari.com/?p=2755)

Salgono i rendimenti di Cct 7 anni e Btp 3 anni, scendono i Btp 10 anni

Per volumi domandati pari circa ad una volta e mezzo i volumi offerti, le aste dei Titoli di Stato del 28 maggio 2010 sono da considerarsi soddisfacenti se valutate nell’ottica dello scetticismo con cui gli operatori di mercato vivono questa fase storica, caratterizzata dall’incertezza sulla tenuta del piano di aiuti da 440 miliardi di euro a favore dei Paesi in difficoltà che sarebbero sollevati dall’onere di rimborso debiti a mezzo emissione bond per i prossimi tre anni.

Nel dettaglio, i rendimenti lordi annui del Cct 7 anni a tasso variabile (cedola indicizzata al Bot semestrale + spread), del Btp 2% triennale e del Btp 4% decennale, contro i rispettivi rendimenti ultimi registrati, sono stati i seguenti

–        2,316% per Cct a scadenza 01/03/2017 (contro 1,63%)

–        2,347% per Btp a scadenza 01/06/2013 (contro 2,07%)

–        4,066% per Btp a scadenza 01/09/2020 (contro 4,09%).

A ulteriore conferma dell’emotività del momento, la notizia del giudizio declassato dall’agenzia Fitch sulla Spagna, abbassato di un livello da AAA ad AA+, ha propagato i suoi effetti anche sull’Italia, facendo risalire il rendimento del Btp decennale al 4,15% sul mercato secondario, ed allargando il differenziale col Bund tedesco fino a 147 centesimi.

Fonte: IlSole24Ore.com

(per l’asta Btp 10 anni del 29 luglio 2010 si veda: http://www.questidenari.com/?p=2799)

L’effetto Grecia e Paesi periferici su tasso base, cambio e inflazione

In pochi si sono accorti che giorni fa Dubai World ha raggiunto un accordo di rinegoziazione del debito, quello che stava per esplodere a novembre 2009 rischiando di coinvolgere gli attivi delle banche europee e sconvolgere il sonno di quanti pensavano alla seconda versione del fallimento Lehman Brothers.

Allora i mercati azionari di tutto il mondo reagirono assai malamente, così come oggi la volatilità accentuata delle quotazioni scaturisce dalle notizie sull’affidabilità degli Stati sovrani europei che rendono convulse le contrattazioni.

Divisi sulle strategie economiche di integrazione degli Stati membri, solo nel momento di crisi i Paesi europei hanno saputo trovare la via della partecipazione alla realizzazione di meccanismi sovranazionali di garanzia, iniziale avvicinamento ad una politica fiscale concertata che possa procedere assieme alla politica della moneta unica.

Anche la Bce ha iniziato ad apportare sostegno al processo di integrazione, partecipando con l’acquisto di obbligazioni sovrane in cambio di liquidità, e pretendendo l’impegno alla riduzione del deficit pubblico da parte dei Paesi aiutati. La mossa, tuttavia, non aumenterà la quantità di moneta presente nel sistema economico-finanziario perché sarà accompagnata dalle operazioni di sterilizzazione: detti acquisti vengono finanziati attraverso la vendita o l’emissione di altri titoli da parte della stessa Banca Centrale, e le masse monetarie immutate assicurerebbero tutela contro il rischio di repentine impennate dei prezzi.

Al tempo stesso, la domanda interna fiacca degli Stati membri non lascia presagire fenomeni inflazionistici, motivo per cui ci si attende che la Bce persista nel mantenere inchiodato al minimo storico il tasso base; e se dall’altra parte dell’oceano la Federal Reserve dovesse decidere per un incremento dei tassi motivato da previsioni economiche più rosee delle nostre, il differenziale di tasso attirerebbe capitali negli Usa e rafforzerebbe ulteriormente il dollaro contro l’euro, oltre a far sentire il proprio effetto in termini di diminuzione del prezzo delle materie prime.

Fonte: MilanoFinanza.it

Il Giappone domani come la Grecia oggi?

La Bank of Japan da un lato, a rassicurare gli investitori sull’assenza di esposizioni significative al debito greco da parte delle banche del Sol Levante, e gli apprezzabili risultati trimestrali delle aziende nipponiche dall’altro (le cui quotazioni borsistiche sono state pure favorite dagli ultimi rapporti di cambio euro/yen), hanno fatto tornare l’interesse per i titoli giapponesi.

Su tutti, il produttore di pneumatici Bridgestone ha stimato una crescita dei profitti da quota 11 miliardi di yen dello scorso anno sino a 27 miliardi per il primo semestre 2010. Anche Aoyama Trading stima di chiudere l’anno con utili al rialzo, in crescita del 30%.

Eppure, gli ultimi giudizi espressi dalle agenzie di rating – a partire dal peggiorato outlook (da “stabile” a “negativo”) di Standard&Poor’s sulla AA del Giappone, fino all’annuncio sulla probabile revisione peggiorativa del giudizio AA- di Fitch – vanno nella stessa direzione di uno studio del Fondo Monetario Internazionale che colloca lo stato di salute finanziaria del Paese all’ultimo posto nel mondo industrializzato.

Il debito pubblico del Giappone, secondo l’FMI, raggiungerà quest’anno il 277% del Prodotto Interno Lordo. Per scongiurare il default, susseguente al “deterioramento della situazione” denunciato dalla stessa Banca centrale (BoJ) attraverso i suoi membri, si rende dunque necessaria la crescita del PIL.

Al momento l’attenzione del mondo finanziario è tutta incentrata sulla Grecia, ma quando le acque si calmeranno il Giappone potrebbe costituire il nuovo fantasma degli operatori sui mercati internazionali.

Fonte: Morningstar.it

(prossimo articolo: http://www.questidenari.com/?p=2728)