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Previsioni Euribor e Irs a giugno 2013

La Banca centrale europea, almeno per questo mese, ha deciso di non usare alcuna tra le misure ordinarie o straordinarie a sua disposizione per contribuire a migliorare la situazione economica e finanziaria.

E’ quanto emerge dall’ultima soporifera conferenza stampa a margine della riunione del direttivo che ha confermato tutti i tassi (decisione non unanime sul minimo storico del Refi allo 0,5%; rifinanziamenti marginali 1% e depositi 0%) dopo aver rilevato il Pil in contrazione e l’inflazione all’1,4% per il 2013.

La decisione non poteva essere considerata scontata se poi le Borse europee hanno virato in negativo e lo spread italiano si è allargato, a meno di non voler attribuire eccessiva importanza alle ignorate misure straordinarie (tra le quali il “complicato” piano Abs): il tasso sui depositi, qualora fosse stato ridotto al di sotto dello zero, avrebbe inciso su utilizzi sempre meno consistenti (87 miliardi di euro giovedi scorso, con l’altra voce di bilancio Bce dei conti correnti a quota 292 miliardi).

Qualcosa degno di nota, comunque nella limitatezza di variazioni che non indicano tensioni fra istituti, è accaduto pure sull’interbancario (caratterizzato da eccesso di liquidità attorno ai 270 miliardi di euro) dove l’Euribor 3 mesi, congelato da sette sedute consecutive allo 0,2%, ha subito un’increspatura di 3 millesimi (0,203% venerdi 7 giugno); ed anche sul mercato Liffe, dopo la decisione Bce, i tassi impliciti nei futures sull’Euribor 3 mesi sono tutti saliti sopra il fixing a partire dalla scadenza di metà giugno.

Gli operatori di Londra, in data 07/06/2013, si attendono che il parametro sorpassi quota 0,25% per settembre prossimo e, proseguendo nel trend di sola salita, raggiunga quota 0,32% per fine anno.

Le misure straordinarie, secondo le parole di Draghi, non sono necessarie al momento perché parte della liquidità immessa nel 2012 si trova ancora nel mercato ed è positivo che le restituzioni continuino a realizzarsi (mercoledi prossimo rimborsi delle Ltro 2011 e 2012 per meno di 3 miliardi di euro).

Sviluppi imprevisti anche sul fronte tassi fissi. Le stime del mese scorso sulla prosecuzione della fase positiva del Bund sono state disattese quando si è presentato l’effetto congiunto di due fattori: la differenza molto sostanziosa tra la ricchezza generata dall’economia reale e quella registrata dai mercati finanziari da un lato; il messaggio della Federal Reserve che ha lasciato intuire la futura riduzione degli stimoli monetari dall’altro.

La reazione immediata di Tokyo (-7,3%), col suo indice calibrato su aziende orientate all’export, ha dato idea della velocità con cui gli speculatori internazionali (hedge fund) sono pronti ad abbandonare un mercato dove è in atto lo scoppio di una bolla.

Ma anche la fine della corsa ai titoli high yield deve suggerire qualcosa.

In sostanza ad alcuni investitori è giunto il messaggio che non è possibile acquistare ogni genere di attività come era accaduto il mese prima, ma occorre comprare titoli adottando criteri selettivi. E tra questi, sicuramente, la redditività del Bund misurata in termini reali praticamente a zero ha suggerito di cedere il decennale tedesco ed accorciare la durata media finanziaria del portafoglio.

Venuto meno il paradosso secondo cui titoli rischiosi vengono acquistati grazie alla copertura delle politiche monetarie espansive necessarie a rispondere alla crisi economica, si è assistito all’innalzamento del rendimento non solo dei periferici ma anche del Bund e alla crescita dell’Irs 10 anni fino a quota 1,81% (fixing 7 giugno 2013).

La fase attuale si caratterizza per elevato nervosismo e volatilità, e non a caso la Fed ha messo in chiaro che lancerà messaggi espliciti ai mercati attraverso la riduzione graduale degli acquisti in titoli federali scambiati con moneta stampata.

Il QE americano troverà interruzione fra alcuni mesi, ma nel frattempo il Bund potrebbe tornare ad essere iper-acquistato per due motivi: l’approssimarsi della decisione della Corte costituzionale tedesca sul programma Omt, i cui contenuti potrebbero rivelarsi disallineati rispetto ai principi del progetto europeista, ed il dubbio che alcuni investitori possano aver manifestato un comportamento troppo reattivo in occasione dell’uscita dai titoli rifugio.

Se le ultime ragioni dovessero dimostrarsi fondate, nelle prossime settimane l’Irs 10 anni potrebbe nuovamente tornare a scendere avvicinandosi a quota 1,5%.

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 14 giugno 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi dei mutui: “Previsioni Euribor e Irs a luglio 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a maggio 2013

L’inflazione in decisa contrazione all’1,2% annuo ad aprile, ben al di sotto della soglia di intervento, e la caduta degli indici di produzione che fotografano la crisi europea a partire dal cuore manifatturiero tedesco sono stati determinanti a maggio per decidere (con voto non unanime) il taglio del tasso Refi di un quarto di punto (0,5%), il taglio di mezzo punto percentuale per i finanziamenti giornalieri di emergenza (1%) ed il mantenimento del tasso sui depositi a zero, ovvero quella modifica del “corridoio” che prelude ad un successivo intervento sui tassi negativi da diverso tempo oggetto di studio per la Bce. Non si tratterebbe di un provvedimento risolutivo per finanziare l’economia reale dei Paesi periferici, considerato che l’80% del denaro attualmente custodito presso la Bce (giovedi depositi overnight a 110 miliardi di euro e conti correnti a 308 mld) proviene dall’Europa virtuosa, ma sarebbe comunque un valido strumento da affiancare ad altre iniziative (sub).

La manovra convenzionale, ritenuta dal direttivo come la più efficace per gli stimoli all’investimento, servirà agli istituti per ricapitalizzare, ovvero ridurre le sofferenze da crediti che costituiscono la principale causa di avversione al rischio per le banche commerciali: rappresenterebbe quest’ultimo il fattore impeditivo dell’offerta di finanziamento a imprese e consumatori sul quale incidere per rendere trasmissibile la politica monetaria (che rimarrà accomodante finché necessario, col prolungamento fino a metà 2014 delle aste trimestrali a liquidità illimitata). A breve saranno disponibili ulteriori strumenti non convenzionali come l’acquisto di crediti cartolarizzati da piccole-medie imprese e società finanziarie, per i quali occorre ancora stabilire la corretta fissazione del prezzo.

Prima della decisione del direttivo Bce le posizioni di molti analisti erano apparse discordanti, e sullo stesso Liffe non avevano trovato spazio evidenze inequivocabili. E ancora venerdi 3 maggio, il giorno dopo la correzione seguita all’annuncio di Draghi, si sono manifestate increspature (lungo tutta la scaletta da 2 a 12 centesimi) che denunciano la debole efficacia con cui l’iniziativa Bce si tradurrà nell’abbattimento dell’Euribor 3 mesi: atteso a quota 0,18% per fine giugno, il parametro consentirà agli istituti commerciali di scambiare denaro a costi poco inferiori agli attuali quand’anche dovesse realizzarsi un ulteriore taglio di un quarto di punto l’estate prossima. Gli operatori di Londra stanno acquisendo informazioni dalla caduta del fixing dell’Euribor 3 mesi (0,201% il 3 maggio 2013) quantificata in appena 6 millesimi contro i 92 che erano seguiti all’annuncio del precedente taglio nel luglio 2012. Sul brevissimo, in particolare, i tassi sono schiacciati sotto lo 0,1% già da molti giorni e non dovrebbero subire ripercussioni.

Se limitato dovesse dimostrarsi effettivamente l’impatto del taglio sui tassi interbancari, allora ancor più limitata sarebbe l’influenza della stessa manovra sul tratto iniziale della curva dei tassi a medio-lungo termine.

La decisione dei membri del consiglio direttivo, certamente consapevoli della logica prociclica che si realizza quando il rischio dell’attivo di bilancio delle banche si identifica col rischio-Paese, si deve anche all’esistenza di regole stabilite con gli accordi di Basilea che impongono alle banche di accantonare capitale in funzione dei prestiti erogati. Sinora l’acquisto di obbligazioni pubbliche è stato perseguito dalle banche non solo per ottenere profitti (raggiunti con maggiori rischi), ma anche per soffrire un minor dispendio di costoso capitale.

Tuttavia non sembra questo il momento della preoccupazione per i titoli di Stato, anzi lo scenario di mercato appare surreale: nonostante il contesto recessivo rimanga sostanzialmente lo stesso da molti mesi, persino aggravato dall’uscita dalla crisi rinviata al 2014, la liquidità pompata nel sistema da politiche monetarie ultraespansive attuate dalle più importanti banche centrali mondiali (unico esempio di moderazione la Bce che non stampa moneta per statuto) consente agli investitori di scommettere sul binomio della liquidità facile e delle politiche fiscali di prossima realizzazione in grado di assicurare crescita nel medio-lungo periodo. Tutto il resto diviene trascurabile, persino l’ostruzionismo della Bundesbank e della Corte costituzionale tedesca sul programma Omt o la fragile intesa politica che ha condotto alla formazione del Governo italiano (spread a 256 punti base).

Questa fiducia in apparenza incrollabile (almeno fino al momento in cui le banche centrali non inizieranno a drenare liquidi facendo scoppiare una bolla colossale) ha fatto sì che da aprile aumentassero i prezzi delle azioni europee, delle obbligazioni corporate (anche “spazzatura”) e delle obbligazioni pubbliche tutte, sia quelle emesse dai Paesi periferici e acquistate per motivi speculativi che quelle emesse dall’Europa core e comprate per l’opposto bisogno di protezione. Alla discesa dei rendimenti su durata decennale dei Btp (3,8%) e dei Bonos (4,02%) si è associata la caduta in prossimità dei minimi storici del rendimento dei Bund (venerdi rimbalzati a 1,24%), segnale di aggravamento del rischio sistemico che ha trascinato al ribasso l’Irs 10 anni in prossimità di quota 1,5% (come era stato correttamente anticipato il mese scorso).

I primi risultati positivi sull’occupazione giapponese e la conferma del quantitative easing americano lasciano intendere che la liquidità continuerà ad affluire sull’Europa e a riversarsi praticamente su tutte le attività esistenti: i derivati del mercato telematico Eurex segnalano un decennale tedesco che, sempre in grado di attirare attenzione, potrebbe vedere livellato il proprio rendimento verso quota 1% al quale farebbe riscontro un tasso Irs 10 anni, anch’esso in discesa nel corso del mese, nelle vicinanze di quota 1,4%.

(le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili per mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 10 maggio 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi dei mutui: “Previsioni Euribor e Irs a giugno 2013“)

Previsioni Euribor e Irs: aprile 2013

Per il nono mese consecutivo, e come da attese implicite nei futures sul mercato Liffe, ad aprile i tassi di interesse dell’Eurozona sono rimasti invariati (Refi 0,75%) per lasciare possibilità di intervento alla Bce nelle occasioni successive, quando si teme che la crescita economica potrà risultare ancora più debole dell’attuale, deludente persino nei Paesi core.

La decisione (non unanime) dei membri del consiglio direttivo è maturata dopo la valutazione del dato di marzo sull’inflazione che, in calo all’1,7%, erode in misura sempre più esigua il rendimento dei titoli degli Stati virtuosi, ultimamente acquistati da investitori possibilisti sulla disgregazione dell’Europa. Se non con il ritorno al Marco tedesco, difficile spiegare altrimenti il comportamento di chi mette nel paniere Bund decennali tornati sui livelli di rendimento di metà luglio 2012 – ovvero in perdita in termini reali.

Essenzialmente di matrice politica, di fatto, il problema che alcuni giorni fa era scaturito dal piccolo Stato di Cipro (e forse domani dalla Slovenia?) ed aveva diffuso la paura del contagio tra istituti bancari: al cessato pericolo, i tassi attesi dagli operatori di Londra sono progressivamente diminuiti per allinearsi al fixing 0,21% dell’Euribor 3 mesi del 5 aprile 2013. Le scadenze di giugno e settembre prossimi, rispettivamente, segnano con 0,215% e 0,23% valori che rappresentano il tratto iniziale di una curva appiattita dall’abbondante liquidità in essere, ovvero fornita al sistema bancario dell’Eurozona a tasso fisso e volume illimitato dalla Bce sempre pronta a “mascherarne” i possibili difetti, e abbassata per effetto della perdurante crisi economica.

Complice la stessa politica accomodante dell’istituto centrale che ha stabilizzato l’Euribor 3 mesi questa settimana ed ha fatto aumentare di un solo millesimo la quotazione della scadenza mensile, continuano a non produrre variazioni sul mercato interbancario i rimborsi di liquidità degli istituti di credito europei in programma mercoledi prossimo: con valori già da tempo assestati verso il basso, suggeriti dal clima di incertezza per il trascinamento di questioni varie tra le quali lo scenario politico italiano instabile, il giorno 10 saranno restituiti 4,092 miliardi di euro dei 489 erogati in occasione della Ltro 2011 e 3,972 miliardi dei 529 erogati con la Ltro 2012.

Un’idea della situazione attuale di stallo viene suggerita anche dalla condizione persistente di eccesso di liquidità nel sistema, così come segnala l’utilizzo dei depositi overnight presso Bce e dei conti correnti: rispetto alla settimana scorsa, il totale registrato giovedi è rimasto stabile a 469 miliardi di euro. Sempre giovedi spread Euribor-Ois a 13,3 punti base.

Nel corso del mese passato le previsioni di una fase di attesa degli sviluppi della situazione politica, e connesso congelamento della propensione al rischio, si sono deteriorate velocemente con la vicenda Cipro: la relativa soluzione imposta dal dictat tedesco ha lasciato bene intendere che la tolleranza dei Paesi virtuosi ad accollarsi il debito altrui è nulla, ma soprattutto che l’Europa è entrata definitivamente nella fase cruciale della propria crisi identitaria politica. Governanti incapaci di fornire spunti validi per l’uscita dalla crisi economica iniziano a tirare le conclusioni circa un progetto che, nato per contenere inflazione e tassi, presenta controindicazioni impulsive se, come denunciato da Draghi, non trovano sufficiente attuazione le riforme strutturali nei Paesi dell’Eurozona.

Manifattura e servizi sempre più depressi, regole del patto fiscale che ostacolano la pubblica amministrazione italiana nell’assolvimento dei propri obblighi verso le imprese creditrici e (rinnovata) lettura di dati diametralmente opposti fra bilanci pubblici e ricchezza privata, nella distinzione tra Paesi virtuosi abitati da poveri e Stati periferici con cittadini ricchi, sospettati di evasione fiscale, da colpire col prelievo forzoso sui conti correnti: ne esce alimentata l’avversione al rischio che è tornata a deprimere il rendimento dei titoli rifugio tedeschi (1,21%) e a spingere al minimo storico quello delle obbligazioni francesi (1,78%). Sorprendentemente, però, gli spread periferici sono diminuiti perché gli acquisti di Btp e Bonos giungono da altre parti del mondo – Giappone, anzitutto, con la debolezza dello yen ben correlata alle operazioni di acquisizione del debito italiano – dove le politiche espansive che comportano la possibilità di stampare moneta rendono praticabile la speculazione sulla carta più a rischio.

Fino a quando la linea guida sarà l’austerità della Germania, prevalente sulla linea francese della crescita che al momento non viene appoggiata dall’Italia, è lecito tornare a prefigurare lo scenario del 2012 nella speranza che i mercati non intendano mettere alla prova l’efficacia del programma Omt; nel frattempo la ricerca della qualità nei Bund spingerà al ribasso l’Irs 10 anni verso quota 1,5%, al di sotto dell’attuale fixing.

(per le previsioni sui tassi variabili dei mutui della settimana prossima: “Previsioni Euribor 3 mesi del 12 aprile 2013“)

(per le attese del mese prossimo sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a maggio 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a marzo 2013

Nel corso dell’ultima conferenza stampa, a margine della riunione del consiglio direttivo Bce, Mario Draghi è stato molto attento a diffondere contenuti che aiutassero a distendere il clima surriscaldato dei giorni successivi alle elezioni politiche italiane.

Il governatore ha comunicato le previsioni riviste al ribasso del Pil 2013 (tra -0,9% e -0,1%) e dell’inflazione (tra 1,2% e 2%, quindi ben al di sotto del “cancelletto”) che hanno portato, in linea con le attese sul Liffe, a confermare i tassi di riferimento (principali operazioni di rifinanziamento: 0,75%; operazioni di rifinanziamento marginali: 1,50%; depositi che la Bce custodisce per conto delle banche commerciali: 0%). Ma Draghi, soprattutto, ha affermato che la restituzione della liquidità erogata con le due Ltro del 2011 e del 2012 sarebbe segnale di miglioramento dei bilanci bancari, motivo per cui non sono in programma altri interventi straordinari a sostegno della liquidità. Mentre sul raggiungimento dell’economia reale la Bce potrebbe fare ben poco: un tasso sui depositi negativo porterebbe a gravi conseguenze, ma il governatore non ha spiegato quali.

Nell’occasione non è stata menzionata la condizione di aumento dei rischi derivanti dall’utilizzo della liquidità da parte delle banche: l’acquisto dei titoli di Stato a cedola più elevata del tasso di costo del denaro, operazione necessaria a produrre utili finalizzati al risanamento, lega le sorti dei bilanci bancari a quelle dei conti di Stato; ed ovviamente i rischi aumentano quanto più la durata residua del prestito si discosta dalla durata delle obbligazioni pubbliche iscritte. Per comprendere le dimensioni del fenomeno, è possibile fare riferimento ad alcuni istituti di credito quotati italiani: le stime sui ricavi da trading 2012 oscillano per ciascuna banca da un minimo di 38 milioni ad un massimo di 2,7 miliardi di euro, con incidenza percentuale sul risultato d’esercizio per i soli Intesa Sanpaolo ed Unicredit variabile dal 100% al 208% (elaborazioni da fonte Icbpi).

In ogni caso la situazione di assestamento del mercato interbancario (definito da alcuni tesorieri “alla finestra”) era in atto già da molti giorni e sembra essere stata raggiunta la condizione di stabilità con la quotazione dell’Euribor 3 mesi: piatto per tre sedute consecutive e fissato un solo millesimo sopra a quota 0,201% venerdi 8 marzo 2013. Andamento stabile anche per la scadenza a 1 mese, mentre per l’Euribor a 6 e 12 mesi la seduta di venerdi ha fatto registrare un lieve rialzo di tre millesimi. Si segnala lo spread Euribor-Ois a 13 punti base mercoledi pomeriggio, mentre la somma tra depositi overnight presso Bce e conti correnti è nuovamente scesa facendo segnare l’utilizzo di 487 miliardi di euro giovedi scorso.

Nulla di nuovo si registra sul brevissimo, coi tassi Euribor poco sopra lo zero e praticamente schiacciati sui valori di una settimana fa, né sul fronte dei rimborsi per le finestre settimanali di mercoledi prossimo relative alle due Ltro di fine 2011 e inizio 2012: poco più di 1,3 miliardi di euro per la prima e circa 2,9 miliardi per la seconda rappresentano cifre limitate che lasciano intendere come il grosso delle restituzioni sia stato effettuato e che pertanto, a meno di improbabili cambiamenti radicali sotto l’aspetto politico ed economico locale, non ci si può attendere molto altro a breve. Lo stesso Draghi ha precisato che i governi devono continuare con le riforme strutturali e che permane la frammentazione del mercato del credito “da Paese a Paese e da società a società”.

I suddetti elementi dipingono un quadro molto simile a quello della settimana scorsa, al quale si aggiungono le poche parole, ma piuttosto chiare, con le quali il governatore ha riferito in merito alla discussione sul taglio dei tassi in seno al consiglio: le quotazioni dei futures sul mercato Liffe, in data 08/03/2013, restituiscono tassi impliciti che non lasciano spazio ad alcun intervento di politica monetaria espansiva per le prossime settimane, dato che l’Euribor 3 mesi viene visto stabile fino a metà anno. A settembre, invece, si registrerebbe un lieve aumento (0,24%) mentre quota 0,3% verrebbe superata soltanto nel 2014.

Draghi ha vestito i panni del pompiere anche quando ha assicurato che gli scossoni patiti sulle aste e sul mercato secondario dei titoli di Stato sono conseguenze fisiologiche nel periodo elettorale degli Stati membri, e che stavolta gli effetti negativi sono risultati inferiori a quelli registrati a metà dell’anno scorso.

Se è vero che i mercati prima iper-reagiscono e poi si assestano, è anche vero che i valori attuali esprimono contenuti non esattamente in linea con quelli di alcune settimane fa.

Più specificamente: la condizione di ingovernabilità in cui si è ricacciata l’Italia non è grave come i numeri seguenti alle elezioni avevano descritto, ed infatti negli ultimi giorni si è assistito al ritorno in territorio positivo dei listini europei e al rientro degli spread; eppure sui mercati è tornato a prevalere il fenomeno fly to quality che sembrava aver perso significato nella fasi di propensione al rischio di febbraio e soprattutto gennaio.

Per quanto l’idea prevalente tra gli investitori rimanga orientata al concetto di un istituto centrale europeo pronto a sostenere col programma Omt (non necessariamente subordinato all’osservanza di condizioni di austerity) le quotazioni dei titoli pubblici dei Paesi in difficoltà, la recessione in atto ed il levarsi di un numero sempre maggiore di voci anti-europeiste impediscono le vendite su ampia scala del decennale tedesco. In altri termini la tendenza di fondo che si è manifestata sin dai primi dell’anno, relativa al graduale alleggerimento del Bund nei portafogli degli investitori, sembra essere in stand-by.

Con il ritorno della volatilità legata al clima di incertezza, al quale contribuisce sostanziosamente il contesto di instabilità politica dell’Italia non risolvibile in tempi stretti, si può presumere che il rendimento del Bund si trovi nella fase finale del recupero: nelle prossime settimane l’Irs 10 anni (fixing 1,82% in data 8 marzo 2013) dovrebbe ricominciare ad oscillare in orizzontale, delimitato da un range attorno a quota 1,9% e vicino ai livelli che hanno caratterizzato il periodo precedente l’esito delle urne.

(per le previsioni sui tassi variabili dei mutui della prossima settimana: “Previsioni Euribor 3 mesi del 15 marzo 2013“)

(per le previsioni del mese prossimo sui tassi fissi dei mutui: “Previsioni Euribor e Irs: aprile 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a febbraio 2013

Almeno per questo mese ancora, con la discesa dell’inflazione e la stima del vicino raggiungimento dell’obiettivo 2%, non saranno i tassi base confermati dalla Bce (P/T 0,75%; tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale 1,5%; tasso sui depositi 0%) a determinare cambiamenti nelle condizioni di scambio della liquidità sul mercato interbancario.

Piuttosto la quantità di denaro restituito a discrezione delle banche europee, qualificata dalla provenienza core o periferica, è la variabile che determina la direzione dell’Euribor 3 mesi: due settimane fa, sulla scorta del primo cospicuo rimborso da 137,2 miliardi di euro senza dubbio superiore alle attese, il tasso era salito velocemente ma poi, nel corso dell’ultima settimana, è tornato in lieve discesa a causa della deludente seconda tranche che ha comportato la restituzione di appena 3,4 miliardi. Infine, dopo la diffusione dell’annuncio di venerdi mattina sui 5 miliardi di euro relativi alla prossima terza “finestra” con valuta 13 febbraio, l’Euribor 3 mesi ha ripiegato a 0,227% (fixing 8 febbraio 2013).

Il processo di restituzione del denaro, produttivo di effetto opposto alla discesa dei tassi giunti ai minimi storici nell’anno 2012, dovrebbe comunque originare variazioni marginali, oltre che ritardate per via dei meccanismi a media mobile, sulle rate di mutuo a tasso variabile se è vero che (stima Bce) l’eccesso di liquidità nel sistema continuerà ad aggirarsi sui 200 miliardi di euro quando saranno stati completati i rimborsi relativi al secondo finanziamento triennale; inoltre la politica monetaria rimarrà accomodante ovvero la Bce sarà pronta ad offrire liquidità in base alle esigenze (in ogni caso il Direttivo rimane fermo nella posizione di non sperimentare tassi negativi: cfr. depositi overnight, giovedi a 152 miliardi di euro che sommati ai conti correnti fanno un totale in aumento a quota 602 miliardi).

Si aggiunga la difficoltà di ipotizzare restituzioni immediate e considerevoli quando si valuta la proporzione di oltre il 60% della liquidità erogata (con entrambe le Ltro) alle banche italiane e spagnole che hanno investito su titoli pubblici a cedola ben più alta del costo di fornitura del denaro. Come si nota dai tassi future che gli operatori del Liffe hanno corretto nell’ultima settimana, l’Euribor 3 mesi dovrebbe aumentare a quota 0,25% per metà marzo e proseguire con lievi rialzi superando la soglia dello 0,4% per fine anno.

Le ultime stime Bce, confortate dal dato mensile positivo riguardante gli ordinativi dell’industria manifatturiera tedesca nel dicembre ‘12, hanno consentito di ribadire le aspettative per la ripresa dell’economia europea nella seconda parte dell’anno.

Se alla fiducia per l’uscita dall’attuale fase recessiva continua ad accompagnarsi la visione dell’istituto centrale europeo come agente a contrasto della speculazione e si procede a stimare nell’importo di circa 200 miliardi di euro la liquidità che quest’anno dovrebbe percorrere la strada inversa per tornare sui Paesi periferici, rispetto ai 900 trasferiti verso Germania e altri virtuosi nel corso dell’ultimo quinquennio, allora si comprende che l’orientamento dei gestori professionali è rivolto ad alleggerire il peso dei Bund nel portafoglio.

Tuttavia, dopo un mese di gennaio trascorso allegramente, l’attuale fase di risk-off risulta condizionata dai fattori negativi per l’incertezza sull’esito delle elezioni politiche italiane, dalle quali potrebbe uscire una classe dirigente incline alla frammentazione economica e finanziaria europea, per l’inchiesta giudiziaria sul Monte dei Paschi di Siena e per lo scandalo che tocca il partito del primo ministro spagnolo: in questo senso può essere letta la variazione in aumento del future sul Bund nello stesso giorno di venerdi scorso in cui tutte le Borse europee hanno chiuso positive, il decennale tedesco ha guadagnato un punto base in termini di rendimento finendo a quota 1,61% e si è realizzato un leggero restringimento dello spread italiano a 294 punti base.

E’ ipotizzabile pertanto che l’Irs 10 anni (fixing 1,88% in data 8 febbraio 2013), dopo una fase di propensione al rischio che lo ha spinto fino all’1,94% al termine di gennaio, abbia iniziato ad attraversare un periodo caratterizzato dal protrarsi o dall’aggravamento delle criticità indicate: ne deriverebbero conseguenze in termini di stabilità o lieve contrazione dei tassi per le prossime settimane.

(per le previsioni sui tassi variabili dei mutui per la prossima settimana: “Previsioni Euribor 3 mesi del 15 febbraio 2013“)

(per le previsioni del mese prossimo sui tassi fissi dei mutui: “Previsioni Euribor e Irs a marzo 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a gennaio 2013

I contenuti emersi dalla conferenza post riunione del consiglio direttivo Bce di gennaio non si discostano da quelli espressi il mese scorso: inflazione invariata, vista sotto il 2% per il 2013 ma a rischio per imposte indirette e prezzo del petrolio; dati congiunturali che mostrano ulteriore debolezza e aspettative di ripresa economica per la seconda metà dell’anno.

La politica monetaria della Bce resta accomodante, coi tassi fermi anche a gennaio (da luglio 2012: P/T 0,75%; rifinanziamenti marginali 1,5%; depositi overnight 0%) secondo corretta previsione degli operatori del Liffe.

Venerdi increspatura dei tassi interbancari (360): l’Euribor 3 mesi, che ha proceduto piatto dalla seconda metà di novembre, chiude la settimana in rialzo a 0,195% (fixing 11/01/2013) ma non troppo lontano dal minimo storico dell’11 dicembre scorso (0,181%). Lunedi 7 è risultato stabile a 12,4 punti base il differenziale Euribor-Ois.

Sul brevissimo termine, invece, rimangono fermi i tassi a 1-2-3 settimane nel corso delle ultime tre sedute. Eonia a 0,067% l’11 gennaio.

Nonostante il governatore della Banca centrale abbia riferito espressamente che non è in programma una exit strategy dalle misure straordinarie e che, oltre alla stabilizzazione dei mercati, si renderebbero necessarie condizioni macro migliorate, gli operatori di Londra hanno deciso di rialzare le previsioni dell’Euribor 3 mesi lungo tutta la scaletta, con punte di 9 centesimi sulle scadenze di medio periodo rispetto alla settimana prima. Al giorno 11 gennaio 2013 non si rilevano attese di manovre sui tassi che la Bce potrebbe operare per inizio febbraio.

Draghi ha sottolineato il miglioramento delle condizioni di accesso al credito ma, nel contempo, l’indispensabile contributo della domanda perché i flussi raggiungano in quantità soddisfacente l’economia reale. In lieve crescita depositi giornalieri presso Bce e conti correnti, complessivamente a quota 733 miliardi di euro giovedi scorso, a cinque giorni dalla chiusura del periodo di mantenimento della riserva obbligatoria.

La decisione unanime sui tassi è stata presa dal Consiglio Bce anche in virtù dei riscontrati miglioramenti sui mercati finanziari, dove è tornata la fiducia: stabilizzazione negli ultimi sei mesi con volatilità ai minimi e rendimenti in discesa significativa.

Grande sollievo suscita il debito pubblico tricolore, anzitutto, per il quale riscoprono interesse gli investitori stranieri in uscita dai mercati emergenti: con la più marcata reattività tra i periferici, i Btp triennali tornano alle percentuali di rendimento lordo del primo trimestre 2010, quando convincimenti radicati rappresentavano quello italiano come l’unico investimento “sicuro” e lo spread come un imbroglio da anglofili, mica competenza da primi ministri col francese facile.

Fa da contraltare l’alleggerimento (ma non certo l’abbandono che lascerebbero intendere le apparenze euforiche degli ultimi brindisi festivi) del tradizionale rifugio dei titoli tedeschi nei portafogli degli investitori istituzionali che dispongono da tempo di notevole liquidità.

Dopo l’ultimo mese del 2012 caratterizzato da oscillazioni modeste del rendimento del Bund e dello stesso Irs 10 anni, il cui andamento tra 1,58% e 1,71% ha ricalcato perfettamente le attese del movimento laterale del decennale tedesco, l’interrogativo più attuale riguarda la stima del valore vero del titolo federale. In forza dell’analisi di un percorso storico che vedeva lo stesso governativo superare l’1,8% quando, a fine 2011, periferici col Prodotto Interno Lordo “pesante” sembravano mandare in frantumi l’Euro, il Bund è stato ultimamente rivisitato per restituire ben oltre l’1,58% di venerdi scorso, nonostante i derivati sull’Eurex suggeriscano cifre più miti. Tra i recenti segnali indicativi della giusta direzione: il raggiungimento dell’accordo politico statunitense per evitare il fiscal cliff, il soddisfacente esito delle ultime aste spagnole e italiane e l’emissione a tasso negativo dei bond del Fondo Salva Stati (ESM), organismo a cui possono ricorrere i Paesi impossibilitati a finanziarsi sul mercato, ma solo dopo aver concordato condizioni riguardanti l’austerità fiscale o le liberalizzazioni.

Se il decennale tedesco venisse ancora venduto, pur nei limiti della consueta logica del trading range che contempera l’operatività allo scenario recessivo e al lento ma progressivo rafforzamento del progetto europeo, nelle settimane successive si assisterebbe all’avvicinamento dell’Irs 10 anni a quota 2% con andamento al rialzo dal fixing 1,82% dell’11 gennaio 2013.

(per le previsioni della settimana prossima sui tassi variabili dei mutui: “Previsioni Euribor 3 mesi del 18 gennaio 2013“)

(per le previsioni del mese prossimo sui tassi fissi dei mutui: “Previsioni Euribor e Irs a febbraio 2013“)