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Previsioni Euribor fino a dicembre 2016. I tassi Irs per i mutui a inizio 2011

Raddoppia il capitale sociale della Bce passando a 10,76 miliardi di euro grazie ai contributi dei “bracci operativi” dell’Eurozona, fra cui Banca d’Italia, e di altri istituiti extra-europei.

La decisione si è resa necessaria a seguito dell’evoluzione (sgradita) della Banca centrale verso l’istituto della “bad bank”. Le mutate condizioni di rischio (di credito, principalmente), generate dall’assorbimento in portafoglio di titoli soggetti a svalutazione, sono conseguenza della politica di acquisto dei titoli del debito pubblico ellenico, irlandese etc. adottata per parecchi milioni di euro e finalizzata a prevenire ulteriori crisi degli Stati sovrani – nei numeri, 1.1 miliardi di euro spesi solo nell’ultima settimana per i bond portoghesi e irlandesi.

Al tempo stesso, la novità fotografa fedelmente le tensioni sui mercati dei titoli di Stato anche nel torpore degli scambi natalizi: sul secondario al 30 dicembre 2010, subito dopo l’asta del Tesoro, i nostri Btp (http://www.questidenari.com/?tag=btp-10-anni) tornano sopra l’1,8% in termini di differenziale di rendimento col benchmark tedesco, ed il decennale greco raggiunge col 12,553% il nuovo massimo dalla nascita dell’Eurozona (fonte: Radiocor), persino sopra i livelli della crisi primaverile.

Con le parole di Trichet, forse dettate più dalle pressioni di Roma, Madrid e Lisbona che dalle paure di una ripresa economica dell’area Euro incerta per quanto caratterizzata da una dinamica di fondo positiva, si preannunciano nuovi acquisti di titoli di Stato e ulteriori aste a tasso fisso e liquidità illimitata per i primi mesi del 2011 (fonte: IlSole24Ore.com), nonostante le intenzioni di normalizzazione della politica monetaria precedenti la crisi irlandese.

Almeno i tassi di riferimento sono sempre gli stessi anche nella riunione di dicembre: dal maggio 2009 rimane al minimo dell’1% il costo del denaro, resta all’1,75% il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali, e rimane pure allo 0,25% il tasso che la Bce riconosce sui depositi delle banche commerciali. E tali dovrebbero rimanere nel 2011, anche se i gestori interpellati da Morningstar (fonte) si dividono tra coloro che attribuiscono importanza alla debolezza della ripresa e al rischio sul debito sovrano, e coloro che ritengono detti problemi destinati a riguardare pochi Paesi periferici.

Perciò nuovamente, e chissà ancora per quanto tempo, sarà necessario fare i conti con l’imprevedibilità del tasso Irs parametrato ai rendimenti dei bond governativi, collegati a dinamiche di prezzo su cui incombe la componente esogena degli acquisti dell’istituto centrale europeo.

Almeno sul tratto iniziale della curva dei rendimenti, potrebbe essere utile considerare – a fini previsionali – la riduzione delle emissioni di titoli governativi a breve e brevissima scadenza, usati tra il 2008 ed il 2009 da Olanda, Francia e Germania per tamponare la crisi ed ora non più necessari. L’effetto finale sarebbe la diminuzione dei rendimenti dei relativi titoli di Stato.

Nel frattempo sembra prendere piede la preannunciata correzione tecnica (http://www.questidenari.com/?tag=correzione-tecnica) al ribasso dei rendimenti obbligazionari per le durate più lunghe che sortisce effetto sulla curva degli Eurirs, causandone una “limatura” degli ultimi giorni dopo la brusca tendenza all’aumento registrata fino alla prima metà di dicembre (dati IRS al 30/12/2010):

–          10 anni: 3,35% (3,03% a novembre)

–          15 anni: 3,68% (3,36% a novembre)

–          20 anni: 3,74% (3,41% a novembre)

–          25 anni: 3,66% (3,35% a novembre)

–          30 anni: 3,55% (3,24% a novembre).

Sul fronte tassi variabili, allo stesso modo, negli ultimi giorni si assiste a tendenze al ribasso sia sul mercato degli Euribor, ormai stabile attorno al riferimento fissato dalla Bce, che nelle contrattazioni degli operatori sui derivati.

I tassi interbancari Euribor chiudono l’anno a quota 1,006% sulla scadenza trimestrale e 1,227% su quella a 6 mesi. In particolare, il grafico dell’Euribor 3 mesi dimostra che durante il 2010 gli scossoni maggiori sono avvenuti a seguito degli interventi di assorbimento della liquidità in eccesso (1° luglio e 30 settembre) decisi dalla Bce come strategia di uscita dalla situazione eccezionale di crisi:

La retromarcia dichiarata ora riguardo alle aste di rifinanziamento (supra) condiziona le contrattazioni degli operatori: a fine dicembre 2010, i tassi impliciti nei future Euribor 3 mesi sono al ribasso sul Liffe londinese (fra parentesi i corrispettivi al 19 novembre scorso):

Marzo 2011: 1,03% (1,25%)

Giugno 2011: 1,11% (1,375%)

Marzo 2012: 1,475%

Giugno 2012: 1,645% (1,875%)

Settembre 2014: 3,21%

Dicembre 2015: 3,685%

Dicembre 2016: 3,945%.

Nonostante il ritorno alle preferenze per i mutui a tasso fisso sulla casa manifestatesi negli ultimi tempi, i dati sui fixing Euribor ed Irs indicherebbero congiuntamente ulteriori possibilità di sfruttamento della rata a tasso variabile nelle prossime settimane.

(per le previsioni Euribor 3 mesi e Irs al 31 gennaio 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=3626)

Le previsioni Euribor su Eurex e Liffe. I tassi Irs dopo metà novembre

In un contesto economico non meno complesso di quello del mese passato (http://www.questidenari.com/?p=3061), la Bce, che a fine ottobre e per la terza volta consecutiva aveva rinunciato ad acquistare titoli di Stato, continua ad assorbire liquidità per le operazioni di restituzione delle banche: in tal modo l’istituto centrale procede a normalizzare la politica monetaria con la sua exit strategy.

Per avere idea di cosa stia accadendo ai flussi monetari nei circuiti interbancari, può essere indicativo il rapporto tra i 12 miliardi di euro collocati dalla Banca Centrale Europea (pagati dagli istituti di credito l’1%, costo base del denaro lasciato invariato da Trichet al pari degli altri tassi anche questo mese) ed i 36 miliardi restituiti giovedi 11 novembre dalle banche commerciali: i numeri evidenziano che queste ultime dispongono a sufficienza dei fondi in grado di esaudire la domanda dei loro richiedenti, e quindi non hanno particolare necessità di domandare soldi alla Bce o di prestarseli reciprocamente per lucrare sul prezzo (fonte: IlSole24Ore.com).

In altre parole, dopo i necessari movimenti di adeguamento l’Euribor non riceve rilevanti pressioni e da circa quindici giornate operative manifesta andamento piatto, con la scadenza 3 mesi (interessante per quel 60% di richiedenti mutuo che negli ultimi anni hanno preferito scegliere la soluzione della rata a tasso variabile per l’acquisto della propria casa http://www.questidenari.com/?tag=fondo-solidarieta-mutui) praticamente ferma a quota 1,040% dopo aver passato con indifferenza la soglia psicologica dell’1%, e con la scadenza semestrale giunta a 1,266% ai rispettivi fixing del venerdi 19 novembre.

La ripresa economica che procede a rilento in Eurolandia, di certo, non mette fretta al presidente dell’Eurotower per un rapido rialzo del tasso base fermo da molti mesi.

Coi gestori interpellati che già da tempo si sono dichiarati in forte dubbio su un intervento restrittivo di Trichet prima di metà 2011 (fonte: Morninstar.it), più che le aspettative di politica monetaria in questo momento sono le preoccupazioni sull’andamento del ciclo economico a spingere avanti nel tempo i rialzi dell’Euribor trimestrale atteso.

I tassi impliciti nei derivati contrattati sui mercati Liffe ed Eurex, rispetto alle previsioni dell’Euribor 3 mesi della prima decade di ottobre, parlano ancora il linguaggio della crescita graduale nel tempo, lontanissima dagli sbalzi del dopo Lehman Brothers, e manifestano ritocchi al rialzo molto limitati nel breve termine. Se invece si considerano valori oltre il 2011 – di nuovo confrontati con quelli di un mese e mezzo fa – i rialzi sulle scadenze di giugno 2012 e dicembre 2013 sono più consistenti (ma pur sempre limitati: circa +0,4% sul lungo termine contro +0,1% sul breve), verificandosi una evidente traslazione in avanti nel tempo delle attese degli operatori circa scenari macroeconomici caratterizzati da una ripresa più vigorosa. Nel dettaglio, l’Eurex propone al 19/11/2010:

–        Dic 10: 1,075% (1,065% a ottobre)

–        Mar 11: 1,235% (1,13% a ottobre)

–        Giu 11: 1,38%

–        Set 11: 1,485%

–        Giu 12: 1,84% (era 1,475% a ottobre)

–        Dic 12: 2,07%.

Il Liffe, sempre al 19/11/2010:

–        Dic 10: 1,07% (1,055% a ottobre)

–        Mar 11: 1,25% (1,125% a ottobre)

–        Giu 11: 1,375%

–        Dic 11: 1,65%

–        Giu 12: 1,875% (1,445% a ottobre)

–        Dic 13: 2,56% (2,085% a ottobre).

Tornando al quadro macro, tiene banco da giorni lo spauracchio del default sovrano per il debito preoccupante dell’Irlanda: le dichiarazioni del cancelliere tedesco Merkel, che vorrebbe far ricadere sugli investitori privati il peso di un futuro piano di salvataggio analogo a quello approntato per la Grecia, hanno provocato una corsa alla vendita dei titoli di Stato esistenti da parte degli operatori. Molto di questo trambusto – speculazione allo stato puro di Borsa ma pure mediatica che, a sua volta, incide sulle quotazioni – è determinato dal debito concesso ai privati e non sembra essere stemperato dai dati positivi del Pil irlandese la cui entità, fra l’altro, pesa molto poco in termini percentuali all’interno dell’Eurozona.

Dietro al malessere dei mercati sta una delle operazioni più semplici e redditizie messe in atto dalle banche negli ultimi anni: l’acquisizione di denaro a basso costo dalla Bce con cui comprare titoli dei Paesi membri ad alto rendimento – ovvero quelli con le finanze più traballanti – al fine di lucrare sullo scarto. Gioco facile, ma non privo di rischi.

Prima che si estendessero le vendite dai titoli governativi agli azionari, in particolare sulle piazze di Milano e Madrid dove la presenza dei bancari è più massiccia, l’effetto immediato si è registrato sui differenziali tra rendimenti dei Paesi periferici ed il benchmark dello Stato più virtuoso (Germania) giunti a toccare nuovi massimi – problemi anche per i Btp posizionati a metà classifica, poi di nuovo valorizzati da una discreta presenza di acquirenti all’asta del Tesoro ultima del 12 novembre (http://www.questidenari.com/?tag=btp). Maggiormente colpiti i titoli irlandesi (arrivati ad offrire martedi scorso il 5,82% in più dei Bund decennali di pari scadenza per attirare compratori), greci e portoghesi, non solo per l’allargamento dello spread ma pure per il prezzo dei Credit Default Swap schizzato verso l’alto, una sorta di assicurazione contro il rischio di fallimento dello Stato sovrano e termometro della salute del bilancio pubblico.

Il tutto con evidenti quanto inevitabili strascichi sulla moneta unica, prima del rialzo al sopraggiungere delle notizie sull’avvio delle trattative di aiuto all’Irlanda (Eur/Usd fissato a 1,36 al 19 novembre 2010). Il cambio altalenante, quando indebolisce il biglietto verde, incentiva l’acquisto delle materie prime fra cui spicca il petrolio, la scorsa settimana ai massimi dai due anni e alla luce degli ultimi fatti tornato poco sotto gli 82 dollari al barile di greggio, anch’esso degno protagonista della confusione generale.

In particolare sul cambio, giorni fa Trichet ha precisato che non è in atto – semplicemente perché non potrebbe esserlo! – una “guerra di valute”, essendo il cambio una conseguenza, in massima parte, delle politiche economiche adottate.

Il presidente Bce, appellandosi ai capisaldi della disciplina macro-economica in materia di relazioni internazionali, ha voluto riferirsi alla debolezza delle valute del dollaro e dell’euro, la prima come conseguenza di una politica monetaria ultra-espansiva di Bernanke adottata in un contesto in cui l’arma della politica fiscale è inceppata per via del parlamento di Obama, e la seconda come frutto dei bilanci dei Paesi membri europei non sempre in ordine – problema che, sia pur in minima parte, tocca persino la solida Germania. Correttamente, Trichet ritiene che le manovre sui tassi d’interesse disposte dalle banche centrali per portare il cavallo alla fonte (senza riuscire a farlo bere), e che influenzano prima i flussi internazionali di capitale e poi gli scambi commerciali import/export, nel tempo condizionano i tassi di cambio per questioni di mero equilibrio dei conti, e che pertanto una moneta debole non sia altro che la conseguenza di uno Stato debole.

In un simile contesto, effettuare previsioni sull’andamento di prezzo dei titoli di Stato, tra l’altro influenzato dai piani di acquisto programmati dalle banche centrali, è opera assai ardua che induce molti analisti ad un atteggiamento di prudente attesa; le aspettative degli operatori, al momento, non sono sufficienti a spiegare l’incontro dei volumi di domanda e offerta sui mercati.

Il concetto più vicino alla realtà, per quanto generico, è espresso da quel bisogno di sicurezza che continuerà ad essere individuato nelle emissioni dei Paesi ritenuti più affidabili e che appiattirà i rendimenti del Bund decennale, cui è collegato il tasso IRS, e dei governativi francesi e olandesi. Salvo poi assistere, come è avvenuto negli ultimi giorni, alle resistenze dei Bund a quota 2,70% contestualmente alla salita dei rendimenti dei periferici per vendite di massa, in attesa della parola definitiva sulla questione degli aiuti all’Irlanda. Nel frattempo, il future sull’Euro Bund-10 anni fa segnare ultimo prezzo 127,47 a dicembre e 127,31 a marzo sul mercato Eurex.

Alcuni analisti ritengono che l’eccessiva rapidità dei movimenti verso l’alto dei rendimenti sia destinata a sfociare in una correzione tecnica nei prossimi mesi.

I tassi EurIRS rilevati al 19 novembre, parametro di riferimento per il calcolo della rata di mutuo a tasso fisso, manifestano i seguenti valori

–        10 anni: 3,03% (2,63% a ottobre)

–        15 anni: 3,36% (2,93% a ottobre)

–        20 anni: 3,41% (3,03% a ottobre)

–        25 anni: 3,35% (2,98% a ottobre)

–        30 anni: 3,24% (2,87% a ottobre)

che ancora una volta hanno andamento decrescente superata la scadenza ventennale e segnalano incrementi generalizzati rispetto alle rilevazioni del mese scorso.

(le previsioni fino al 2016 sui tassi Euribor 3 mesi a gennaio 2011 sono alla pagina http://www.questidenari.com/?p=3544)

Finta dell’Euribor a risalire e pressing di Trichet

Niente paura: la lieve – ma al tempo stesso rumorosa – impennata del tasso Euribor trimestrale fatta registrare ieri, non è il segnale del cambiamento.

La seduta ultima del tasso interbancario, salito da 0,739% a 0,75%, sarà ricordata per aver fatto registrare l’inversione di tendenza dopo 36 consecutive al ribasso.

Ecco nel dettaglio l’andamento dell’Euribor 3M nelle ultime due settimane, per un totale di 10 rilevazioni:

Andamento Euribor trimestrale dal 16.09.09 al 29.09.09

Ma come accennato, si tratta soltanto della manifestazione di un fattore tecnico legato alla maggiorata remunerazione richiesta dagli operatori di mercato quando, applicati a lavorare il giorno 29 settembre su scadenze trimestrali che superano l’anno solare, si trovano ad affrontare una più alta complessità contabile. Ovviamente, lo stesso fattore tecnico si ripropone ogni anno in occasioni similari.

E così, dopo che i titolari di mutuo indicizzato all’Euribor a 3 mesi hanno tirato il classico respiro di sollievo, l’attenzione torna a centrarsi sui possibili movimenti della Bce: alle rinnovate parole di Trichet sui tempi non ancora maturi per la exit strategy, si aggiunge il lancio della nuova maxi-operazione finalizzata ad iniettare liquidità nel sistema economico-finanziario.

Molto probabilmente non assumerà le dimensioni da 442 miliardi di Euro dello scorso giugno (http://www.questidenari.com/?p=755) per via della tanta liquidità già esistente, ma in ogni caso si ritiene che questa nuova manovra possa riuscire a mantenere il tasso interbancario agli attuali livelli per un certo periodo di tempo.

Fonte: IlSole24Ore