Inizio attività imprenditoriale o autonoma /2

  

 In riferimento alle persone fisiche, quindi gli imprenditori individuali, si deve distinguere fra 3 categorie: gli artigiani, i commercianti e i professionisti.

Il professionista, per esercitare la sua attività, necessita di iscrizione ad un albo professionale di categoria (avvocati, dottori commercialisti, medici, agronomi, notai, etc.) ottenuta dopo il superamento dell’esame di abilitazione di Stato.

Successivamente, questa figura necessita di partita iva, per la quale si rimanda alla puntata N° 1 (http://www.questidenari.com/?p=121).

Per gli artigiani, non sempre lo svolgimento dell’attività è subordinato al possesso di qualifiche specifiche conseguite con titoli di studio oppure lavorando alle dipendenze di società o ditte individuali che già le possiedono; alcune volte, invece, le qualifiche sono richieste come nel caso delle installazioni di impianti che impongono specifici requisiti.

Il primo step è quello di richiedere la partita iva e presentare domanda di iscrizione all’ufficio delle attività produttive del comune di residenza.

La domanda viene presentata in triplice copia a seguito del versamento dei diritti.

Successivamente, tramite i vigili urbani l’ufficio provvede ad eseguire un’ispezione per verificare l’attendibilità della domanda presentata.

Espletata questa formalità, viene trasmessa la relazione alla commissione provinciale per l’artigianato che si riunisce e delibera l’iscrizione nell’apposito Albo delle imprese artigiane.

Resta in capo all’imprenditore l’iscrizione all’INAIL, e questo deve avvenire prima dell’inizio dell’attività produttiva.

Infine, per quanto concerne i commercianti, si presenta una situazione diversa che varia in base al territorio di esercizio dell’attività.

Infatti, in determinate zone alcune autorizzazioni amministrative sono contingentate (bar, ristoranti, etc.) e, a differenza delle altre categorie commerciali, non vengono rilasciate liberamente.

Ad esempio, per i negozi di abbigliamento o le profumerie, è sufficiente presentare il modello COM all’ufficio delle attività produttive e poi, 30 giorni dopo, si può esercitare l’attività commerciale.

Successivamente, entro 6 mesi dalla data di presentazione del modello COM, si deve presentare copia dello stesso alla C.C.I.A.A. di competenza con il modello d’iscrizione al REA (registro esercenti attività).

Altre categorie (gioiellerie, autotrasporti, investigazioni, mediatori, etc.), invece, non sono soggette alla procedura su riportata, ma necessitano di autorizzazione di enti diversi, quali la Questura, la Prefettura e la Provincia.

 

FINE PUNTATA N° 2 – le autorizzazioni

Consolidamento debiti (rata unica)

Negli ultimi tempi l’utilizzo dello strumento di pagamento rateale, il c.d. finanziamento, si è molto diffuso ed è in continua crescita.

Sono sempre di più coloro che hanno in essere contemporaneamente più finanziamenti, quali per es. il mutuo per la casa, il finanziamento per l’auto nuova, per i mobili etc., utilizzati per effettuare acquisti diversi.

Tuttavia, può accadere che improvvisamente una famiglia si trovi a sostenere una situazione difficile (come la perdita del lavoro) e non riesca a far fronte con regolarità al pagamento delle rate, oppure i pagamenti si distribuiscono per giorni diversi lungo l’arco temporale mensile, per cui sorge l’esigenza di mettere ordine tra le scadenze delle entrate e delle uscite del bilancio familiare; l’ulteriore vantaggio di cui si beneficia a seguito della riorganizzazione delle date è rappresentato dall’eliminazione di tutti quei costi ed oneri inutilmente sopportati quando più finanziamenti si traducono in più spese, più estratti conto e più banche o istituti di credito diversi con cui rapportarsi.

Proprio per queste necessità sta crescendo il ricorso al Consolidamento Debiti.

Il Consolidamento Debiti, soluzione dedicata ai titolari di più finanziamenti, consente di raggruppare i debiti pregressi in un unico prestito da rimborsare con un’unica rata mensile. La rata unica, così definita, comporta una sola scadenza del mese verso un solo istituto e sarà di un importo (in genere) inferiore alla somma mensile delle rate precedenti.

Con il consolidamento del debito, inoltre, è possibile richiedere una somma aggiuntiva da utilizzare per i nuovi acquisti.

Esistono diverse possibilità per il consolidamento:

Prestito Personale (di seguito: PP), fino a 40.000 con rate da 12 a 120 mesi

Cessione del Quinto dello Stipendio/busta paga (di seguito: CQS) o della Pensione (di seguito: CQP), erogabile anche a chi ha segnalazioni CRIF e/o protesti

Mutuo, con somma massima erogabile in funzione del valore dell’immobile e durate a medio/lungo termine.

Si raccomanda comunque di non abbandonare mai la proverbiale “prudenza” e mantenere la rata massima mensile attorno al 40% del reddito, poiché le statistiche ci insegnano che superato tale limite si corre il rischio di non riuscire a fare fronte agli impegni previsti con le conseguenze spiacevoli del caso (segnalazioni come “cattivi pagatori”).

La sincerità e la trasparenza da entrambe le parti, cliente ed istituto, sono il modo migliore per analizzare il bilancio familiare e trovare la soluzione più idonea per il cliente, e per questo si raccomanda sempre di affidarsi ad un consulente che sappia capire l’esigenza, valutarla e formulare l’ipotesi risolutiva migliore evitando il “fai da te” e gli errori più frequenti come la presentazione di richieste simultanee a più istituiti di credito.

FINE PUNTATA N° 1 – argomento della prossima settimana sarà: la cessione del quinto

(sulla tutela accordata al consumatore in materia di fruizione del credito al consumo si legga http://www.questidenari.com/?p=3015)

La sicurezza all’asta

 

E continua la discesa dei rendimenti dei titoli di Stato sulle scadenze brevi: BOT e CTZ, di nuovo, non consentono di recuperare l’inflazione.

Le cause sono rintracciabili nei forti volumi di domanda dettati dal bisogno di tranquillità, oggi avvertito in misura maggiore rispetto al desiderio di guadagnare, e nelle attese di ribasso del costo del denaro fissato dalla BCE, forse nella misura dello 0,5% già a partire dalla prossima riunione di marzo.

Di concerto

 

Mentre le aziende europee fanno sempre meno ricorso al finanziamento bancario, fenomeno comunque mitigato dalla crescente frequenza con cui le stesse imprese si finanziano presso i privati attraverso l’emissione di bond, la preoccupazione degli esponenti dei governi europei e della Bce è anzitutto quella di sostenere il sistema finanziario.

Le intenzioni sono giuste, perché chi conosce l’economia sa che le crisi finanziarie anticipano quelle economiche, e l’attuale creazione di prodotto delle imprese a livello globale non permette certo di dormire tranquilli trascurando le condizioni di accesso alla moneta da parte del settore privato.

Gli stessi interventi di abbattimento dei tassi voluti da Trichet, forse sin troppo bruschi rispetto ad una politica fine tuning ovvero dei piccoli aggiustamenti preferibile se non altro per la più agevole misurabilità ed elaborazione degli effetti, potrebbero rivelarsi inefficaci quando, come scrisse qualcuno che conosceva le crisi, “si può portare il cavallo alla fonte, ma non si può costringerlo a bere”.

La complessità che il sistema economico vive nel momento attuale deve indurre a risposte sinergiche fra gli Stati, assistite da una rapida evoluzione normativa e concertate in un’ottica di sviluppo del contesto politico fiscale, e non solo monetario univoco a cui si è votata l’Eurozona.

In questo senso, e quando i governi sono costretti a “racimolare” risorse per dare sostentamento alle loro politiche, si rinviene una possibile chiave di lettura delle ultime esternazioni del segretario Ocse e del direttore del FMI riguardanti i c.d. “paradisi fiscali” – fra cui il principato di Monaco, di Andorra e il Liechtenstein – ovvero i luoghi ove la tassazione è quasi assente, e la riservatezza delle operazioni rappresenta un requisito che va a scapito della trasparenza.

Inizio attività imprenditoriale o autonoma /1

 

Nell’attuale contesto di crisi economica che coinvolge le aziende, si può assistere a fenomeni di allontanamento del personale dall’incarico di lavoro dipendente che inducono molti individui ad intraprendere un’attività imprenditoriale o, per chi ne avesse i requisiti, autonoma.

Elemento necessario per l’inizio dell’attività è la richiesta dell’attribuzione del numero della partita iva.

La partita iva è un numero di riconoscimento che viene rilasciato dall’amministrazione pubblica e contraddistingue un singolo operatore.

Non solo l’Italia, ma anche gli altri Paesi della comunità europea rilasciano il numero della partita iva: elemento differenziante è la sigla del paese emittente.

Chi volesse ottenere il numero di partita iva ha tre possibilità:

1) rivolgersi all’agenzia delle entrate (non è necessario rivolgersi all’agenzia competente per territorio – provinciale, visto che può essere rilasciato da tutte le agenzie presenti sul territorio nazionale).

2) richiederla tramite il sito del ministero delle finanze (www.finanze.gov.it)

3) rivolgersi a un intermediario abilitato (professionisti come dottori e ragionieri commercialisti, consulenti del lavoro, etc.).

Fondamentale è la compilazione del modello di richiesta che è distinto tra il modello AA7 e AA9 a seconda che il richiedente sia una persona fisica oppure una persona giuridica (società, enti, associazioni).

Il modello va compilato nei suoi vari settori, e merita particolare menzione il codice attività che definisce la categoria imprenditoriale o professionale che il soggetto va ad intraprendere.

Il codice si estrapola da una tabella denominata ATECORI dove ad ogni numero corrisponde un’attività imprenditoriale o professionale.

Su questo codice fonda i suoi presupposti il programma di controllo rilasciato dal Ministero delle Finanze denominato GE.RI.CO che effettua il controllo della congruenza tra i ricavi e le spese nei discussi studi di settore.

Altro punto da tenere sotto controllo è la dichiarazione del volume dei ricavi presunti, in quanto per le persone fisiche si apre la possibilità di optare per regimi contabili diversi, forfettario, semplificato o ordinario, in funzione delle aspettative dei proventi futuri.

Al termine di questo percorso, dopo la sottoscrizione, è possibile presentare materialmente la richiesta.

 

FINE PUNTATA N° 1 – primi adempimenti amministrativi

Giochi pericolosi

 

Ultimamente sentiamo parlare e leggiamo di derivati quando si solleva l’immancabile polverone per gli avvisi di garanzia nei confronti di esponenti bancari che hanno fatto stipulare contratti ai comuni per la ristrutturazione del debito di enti pubblici, come è accaduto recentemente a Milano.

Altre volte, in televisione, abbiamo assistito a interi programmi dedicati alle vicissitudini di qualche imprenditore ritrovatosi privo del fido bancario e gravato dai debiti perché, inconsapevole di cosa stesse sottoscrivendo, in passato aveva accettato che questa particolare forma di strumento finanziario finisse iscritta nei bilanci della propria azienda in cambio dell’apertura di una linea di credito.

Ma si tratta proprio di una truffa? Esattamente, cosa sono questi derivati?

Immaginate di fare una scommessa con un’altra persona: dietro pagamento di un corrispettivo, ad esempio, vi accordate su un valore massimo che un determinato indice potrà raggiungere; se in futuro tale valore non sarà raggiunto, pagherete il corrispettivo ed una somma di denaro proporzionale all’indice, se invece si verificherà il caso opposto di superamento, dovrete limitarvi a pagare il corrispettivo e la somma di denaro associata all’indice massimo predeterminato, mentre il sovrapprezzo rimarrà a carico della vostra controparte.

Messa così, la definizione di un derivato somiglia a quella di una polizza assicurativa contro i rischi, più che ad un investimento rischioso, ed in effetti questo accade nel caso dell’Interest Rate Cap applicato ai mutui sugli immobili, ove la quota interessi della rata da corrispondere alla banca per un finanziamento a tasso variabile è limitata ad un prefissato tetto massimo in cambio di un ricarico maggiore sul tasso base (il “premio” dell’assicurazione).

Il problema è che poi, con l’introduzione di una serie di sofisticati meccanismi finanziari che non è il caso di approfondire in questa sede, le potenzialità tecniche dei contratti derivati sono state sviluppate a tal punto da farli diventare non solo strumenti moltiplicativi del rischio, capovolgendone il significato appena descritto, ma addirittura congegni di ingegneria finanziaria così complessi da sfuggire alle capacità di controllo e comprensione dei loro ideatori!

Come qualcuno ha detto, non si ha notizia di un contratto derivato (leggasi “scommessa”) che si è risolto a favore dell’investitore e a danno della banca, come sarebbe normale in un qualsiasi gioco a premi in cui uno vince e l’altro perde, scambiandosi i ruoli nel tempo. Questo non significa che il direttore abbia voluto ingannare il proprio cliente proponendogli un gioco “truccato”, dato che nella maggior parte dei casi neppure lui stesso era in grado di sapere con cognizione di causa cosa stesse suggerendo ma, semplicemente, si è limitato a collocare un prodotto secondo una politica di budget imposta “dall’alto”: anche le banche, come qualsiasi attività a scopo di lucro, hanno bisogno di vendere.