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Legge di stabilità 2012: pensionati, dipendenti pubblici, Carabinieri e Guardia di Finanza

Con l’approvazione senza modifiche alla Camera di ieri, sabato 12 novembre 2011, il Ddl stabilità licenziato dal Senato è divenuto legge.

L’età minima di accesso alla pensione di vecchiaia nel sistema retributivo e misto corrisponderà a 67 anni per coloro che maturano il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento dall’anno 2026 (art. 5).

Trascorsi dieci giorni dall’invio dell’informativa preventiva alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area (art. 16), la pubblica amministrazione che si sia trovata in situazioni di soprannumero, o abbia rilevato comunque eccedenze di personale, avrà facoltà di risoluzione unilaterale del contratto di lavoro per i dipendenti con anzianità massima contributiva di quaranta anni; in subordine, trova applicazione la mobilità. Trascorsi novanta giorni dalla stessa comunicazione, l’amministrazione colloca in disponibilità i dipendenti pubblici che non sia possibile impiegare e, dalla data di collocamento in disponibilità, il lavoratore ha diritto a un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di due anni.

Vengono ridotti gli stanziamenti iniziali per l’anno 2012 relativi alle spese di vitto per il personale dell’Arma dei Carabinieri impiegato in servizio di ordine pubblico fuori sede e per il personale della Guardia di finanza impiegato per servizio di ordine pubblico (art. 4).

(per la legge di stabilità 2013: “Legge di stabilità 2013: Imu, Iva, detrazioni per figli a carico, crediti iscritti a ruolo e cartelle pazze“)

I chiarimenti della circolare 28/E del 21 giugno 2011 sull’obbligo di comunicazione per autoveicoli ed immobili. Dati identificativi richiesti da commercianti al minuto e artigiani

Con la circolare 28/E del 21 giugno 2011, l’Agenzia delle Entrate ha incluso nello spesometro le cessioni di automobili motivando la necessaria informativa con il contenuto del provvedimento delle Entrate datato 22 dicembre 2010, secondo il quale rimangono escluse dall’obbligo le operazioni già “schedate” nell’anagrafe tributaria in conformità all’art. 7 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605: dato che le operazioni di compravendita di autoveicoli non sono oggetto di monitoraggio attraverso questo canale, il regime pubblicistico dell’iscrizione al PRA non solleva dall’obbligo di comunicare l’acquisto di un’auto da parte di un professionista o imprenditore per importo superiore ad euro 3.000 (Iva esclusa), come pure accade nel caso della cessione a privati.

E’ importante specificare che, in base al contenuto della circolare 24/E, per le cessioni di auto nel regime del margine analitico si esclude la quota non soggetta ad Iva dal computo della soglia di riferimento; dato che per la vendita in detto regime l’Iva non può essere indicata separatamente in fattura, la soglia al di sopra della quale scatta l’obbligo di comunicazione diviene pari a 3.600 euro al lordo dell’imposta (fonte: IlSole24Ore.com).

Infine, in caso la cessione venga effettuata da un privato che lascia l’automobile in conto vendita presso il concessionario (es.), la mancanza del requisito soggettivo (obbligato alla comunicazione è il soggetto passivo Iva che effettua operazioni rilevanti ai fini della stessa imposta) fa venir meno l’obbligo comunicativo.

Sempre in osservanza delle disposizioni concernenti l’oggetto di monitoraggio da parte dell’Anagrafe tributaria ai sensi del citato art. 7 del D.P.R. n° 605 del 1973, non devono essere comunicate le operazioni riguardanti le cessioni e gli acquisti di immobili.

Ulteriori chiarimenti dalla fonte dell’Agenzia delle Entrate (circolare 28/E del 21/06/2011 in formato pdf).

Un secondo punto critico riguardante le disposizioni in oggetto attiene alle operazioni di pagamento effettuate con carta di credito, di debito o prepagata emessa da operatori finanziari residenti, quando la cifra spesa per l’acquisto supera la soglia prevista per la comunicazione. In tal caso, come è noto (http://www.questidenari.com/?p=4490), non esiste obbligo di comunicazione perché l’utilizzo dei mezzi di pagamento comporta la tracciabilità dell’operazione.

Le procedure di tracciabilità osservate dagli istituti di credito si estendono anche all’utilizzo del carnet di assegni bancari: tuttavia il pagamento a mezzo assegno (non rientrante nella circostanza dell’uso carta bancomat etc.) da parte di un soggetto residente impone l’obbligo della comunicazione.

Riguardo agli obblighi informativi che dal 1° luglio scorso devono essere osservati dai commercianti al minuto e dai prestatori di servizi che certificano i corrispettivi con ricevute e scontrini fiscali per operazioni dal corrispettivo almeno pari a 3.600 euro Iva inclusa, si rammenta che – per dette operazioni non soggette a fatturazione – il committente/cessionario deve fornire tutti i dati identificativi richiesti, senza poter opporre rifiuto alcuno, e la conservazione dell’informazione, in aggiunta alla precedente acquisizione, spetta al titolare del negozio o dell’attività (se invece gli stessi operatori hanno emesso fattura su richiesta del cliente o per prassi aziendale, il monitoraggio delle operazioni deve aver avuto inizio in data 1° gennaio 2010 con limite di importo per operazione pari a 25.000 euro nel 2010 e a 3.000 euro nel 2011).

In particolare, si riepilogano i dati che il commerciante al minuto è tenuto a chiedere al cliente nel caso di un acquisto effettuato da

–   persona fisica residente: codice fiscale e altri elementi identificativi;

–   persona fisica non residente: cognome e nome, luogo, sesso, data di nascita e domicilio fiscale;

–   soggetto non residente diverso dalla persona fisica: denominazione, ragione sociale o ditta e domicilio fiscale;

–   società, associazioni e altre organizzazioni senza personalità giuridica non residenti: dati identificativi della struttura, cognome e nome, luogo, sesso, data di nascita e domicilio fiscale di almeno una delle persone che ne hanno rappresentanza.

Fonte: IlSole24Ore.com

D.Lgs. 141/10: la tutela per il credito al consumo e le novità sui mutui

Il 19 settembre scorso è entrato in vigore il decreto legislativo n. 141 del 13 agosto 2010 con cui, in attuazione della Direttiva 2008/48/CE, è stata modificata la disciplina dei contratti di credito ai consumatori.

Tra le conseguenze di maggior rilievo per i consumatori che fanno ricorso al prestito personale, o alla cessione del quinto dello stipendio (http://www.questidenari.com/?tag=cessione-quinto) o della pensione, vi è il decadimento automatico del finanziamento collegato all’acquisto di un bene o servizio (collegamento negoziale), quando il contratto dello stesso ultimo sia stato annullato per difformità rispetto alla descrizione del venditore (inadempimento del fornitore).

Ciò significa che non solo l’annullamento del contratto di acquisto di un elettrodomestico o di un viaggio non obbliga più il consumatore all’impugnazione del finanziamento in separata sede, ma pure che la risoluzione del contratto di credito conferisce al consumatore il diritto al rimborso delle rate già pagate, e degli eventuali altri oneri, per un’operazione il cui importo complessivo sia compreso tra i 200 ed i 75.000 euro. Oltre detti limiti, invece, le nuove norme – su cui Banca d’Italia e CICR sono chiamati a produrre la normativa di dettaglio sulla tutela del credito al consumo di successiva emanazione – non modificano il Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/93) ed il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/05).

Con riferimento alla generalità dei casi relativi al credito al consumo, il decreto fissa gli obblighi informativi fra i quali l’indicazione del tasso di costo complessivamente applicato (TAEG, comprensivo del tasso d’interesse) e la rappresentazione, anche grafica, del confronto tra le varie offerte di credito disponibili sul mercato (pubblicità). Il consumatore può recedere dal contratto di credito entro i 14 giorni successivi alla conclusione, ovvero successivi al momento in cui riceve l’informativa prevista, senza che lo stesso sia obbligato al pagamento di penali ma soltanto tenuto alla restituzione del capitale erogato e degli interessi maturati sino alla data del rimborso (recesso del consumatore).

Tra le novità del decreto in materia di mutui, inoltre, è prevista la decadenza della possibilità di revisione unilaterale delle condizioni contrattuali di mutuo da parte delle banche, e l’estensione alle imprese della portabilità del mutuo (prima riservata ai soli consumatori).

Per la visione completa del documento è possibile scaricare il decreto legislativo 141/2010 (in formato pdf) dal sito web della Presidenza del Consiglio dei Ministri.