Previsioni Irs del 27 marzo 2015

L’insegnamento per quanto accaduto non troppo tempo fa con la sola minaccia delle misure Omt, che aveva messo in fuga la speculazione internazionale e salvato i nostri Buoni Poliennali, non sembra essere stato recepito da quanti ipotizzavano un Quantitative Easing dagli effetti già scontati per intero nella fase precedente a quella operativa.

In realtà mettersi contro la forza dei numeri espressi da una banca centrale non può che essere una strategia perdente: coi dieci miliardi di euro in titoli pubblici e privati trasferiti nella prima settimana di acquisti massivi, la moneta unica è collassata sulla quasi parità contro dollaro, le obbligazioni italiane hanno ristretto lo spread (movimenti più consistenti sul tratto lunghissimo, ovviamente), il rendimento del Bund è precipitato allo 0,2% e l’influenza delle tensioni crescenti tra Berlino e Atene è divenuta trascurabile.

Nella seconda settimana dall’inizio del Qe i rendimenti europei hanno quindi ricevuto aiuto proveniente dall’altra parte dell’oceano, quando la Fed ha rimosso la parola “pazienza” dalla propria retorica ma ha inviato ai mercati segnali di peggioramento nelle proiezioni di crescita economica: il 19 marzo l’Irs 10 anni è sceso al nuovo minimo storico dello 0,54%, prima che si verificasse il nuovo minimo storico per il rendimento del Bund a 0,18%.

Il mese di marzo, infine, si è concluso con l’evidenza che i dati positivi dell’Eurozona, o il duello politico fra Germania e Grecia, non spostano più di tanto i rendimenti dei titoli core: le vendite colpiscono principalmente la periferia europea ma la carta tedesca rimane in portafoglio perché in qualsiasi momento può essere consegnata alla Bce.

Se i governativi tedeschi hanno fatto registrare rendimento in rosso fino a durata residua sette anni, si può iniziare a ipotizzare che la soglia minima assoluta del decennale sia proprio lo 0,2% negativo fissato dal board in corrispondenza del tasso sui depositi presso Bce, discrimine per l’eleggibilità del titolo: il minimo assoluto del tasso Irs 10 anni, conseguentemente, si collocherebbe tra lo 0% e lo 0,1%.

Le prossime settimane, molto probabilmente, non riserveranno sorprese circa i prezzi del petrolio che influenzano l’inflazione, dato l’inarrestabile eccesso di produzione americana, né sembrano maturi i tempi per l’esplicitazione di una politica monetaria Usa che inverte la rotta: l’Irs 10 anni, fissato a 0,6% il 27 marzo 2015, è visto in discesa a 0,5% per fine aprile e poi a 0,41% per fine maggio.

Dette previsioni sarebbero da ritoccare verso l’alto qualora si verificassero le conclusioni di un recente studio Unicredit secondo cui il surplus di domanda innescata dalla Bce riguarda soltanto i titoli core, mentre per i titoli periferici l’istituto centrale acquista una parte limitata dell’offerta complessivamente disponibile. In altri termini, l’incompleto schiacciamento dei rendimenti di titoli diversi dal Bund comporterebbe quotazioni più corpose per il tasso Irs, ad essi parametrato sia pure in minor misura.

(per le prossime attese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs del 17 aprile 2015”)

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