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D.L. 16/2012 convertito in legge 44 del 2012: rateizzazione dei debiti tributari, pagamento delle somme eccedenti il debito d’imposta e riduzione dell’inadempimento (art. 1, commi da 4 a 4-quater)

L’art. 1 (Rateizzazione debiti tributari) del D.L. 16/2012, convertito in legge n. 44 del 26 aprile 2012, al 4° comma, precisa che gli enti pubblici possono consentire al debitore la corresponsione del debito tributario attraverso pagamenti a rate, anche se è in atto un contenzioso, ad eccezione del caso in cui gli enti previdenziali debbano riscuotere crediti in ottemperanza ad obblighi derivanti da sanzioni comunitarie.

Al fine di una più equilibrata riscossione dei loro crediti di natura patrimoniale, gli enti pubblici dello Stato possono, su richiesta del debitore, che versi in situazioni di obiettiva difficoltà economica, ancorché intercorra contenzioso con lo stesso ovvero lo stesso già fruisca di una rateizzazione, riconoscere al debitore la ripartizione del pagamento delle somme dovute in rate costanti, ovvero in rate variabili. La disposizione del precedente periodo non trova applicazione in materia di crediti degli enti previdenziali nei casi di ottemperanza ad obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie.

Fermi restando i limiti di pignorabilità di cui all’art. 72-ter del D.P.R. 602/73 (per approfondimenti: “Stipendi e pensioni sopra i 1.000 euro, delega alla riscossione, pignoramento delle somme ed espropriazione immobiliare secondo il D.L. 16/2012 convertito in legge 44/2012 (art. 3)“), le società pubbliche, per non incorrere nella violazione dei doveri d’ufficio (comma 4-ter), procedono comunque al pagamento delle somme eccedenti il debito d’imposta anche se il beneficiario è stato segnalato all’agente della riscossione ai fini del recupero della somma iscritta a ruolo per cartelle esattoriali di importo complessivamente superiore a 10.000 euro. Art. 1, comma 4-bis:

In presenza della segnalazione di cui all’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, il soggetto pubblico é comunque tenuto a procedere al pagamento, in favore del beneficiario, delle somme che, fermo quanto disposto dall’articolo 72-ter del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, introdotto dall’articolo 3,  comma  5,  lettera  b),  del  presente  decreto, e dall’articolo 545 del codice di procedura civile, eccedono l’ammontare del debito per cui si é verificato l’inadempimento, comprensivo delle spese e degli interessi di mora dovuti.

Durante il periodo di sospensione del pagamento che segue la comunicazione inviata da Equitalia, la società pubblica non riconosce somme al beneficiario fino a concorrenza del debito comunicato, pari all’ammontare per inadempimento maggiorato di spese esecutive ed interessi di mora.

La violazione dei doveri d’ufficio è integrata se durante lo stesso periodo di sospensione, e prima della notifica dell’ordine al terzo di versamento (contenuto nell’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi), interviene pagamento da parte del beneficiario o provvedimento dell’ente creditore che riduce o elimina l’inadempimento, ovvero decorrono i 30 giorni senza che Equitalia abbia notificato l’ordine di versamento, e il soggetto pubblico non procede a pagare le somme dovute al beneficiario. Art. 1, comma 4-quater:

Costituisce altresì violazione dei doveri d’ufficio il mancato pagamento delle somme dovute al beneficiario ai sensi dell’articolo 3, commi 5 e 6, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40.

D.M. n. 40/2008, art. 3, commi 5 e 6:

5. Se durante la sospensione di cui al comma 4 e prima della notifica dell’ordine di versamento di cui all’articolo 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 intervengono pagamenti da parte del beneficiario o provvedimenti dell’ente creditore che fanno venir meno l’inadempimento o ne riducono l’ammontare, Equitalia Servizi S.p.A. lo comunica prontamente al soggetto pubblico, indicando l’importo del pagamento che quest’ultimo puo’ conseguentemente effettuare a favore del beneficiario.

6. Decorso il termine di cui al comma 4 senza che il competente agente della riscossione abbia notificato, ai sensi dell’articolo 72-bis del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, l’ordine di versamento di somme per l’importo di cui al comma 3, il soggetto pubblico procede al pagamento delle somme spettanti al beneficiario.

Approfondimenti sull’aumento dell’imposta di bollo su dossier titoli: valore nominale o di rimborso e iniquità dell’incidenza della tassazione (parte III)

(continua dalla parte II http://www.questidenari.com/?p=4784)

L’applicazione dell’imposta di bollo, come previsto dall’art. 23 del DL 98/2011 convertito nella Legge 111/2011, colpisce il “valore nominale o di rimborso” del deposito titoli.

Il valore nominale è il valore teorico del titolo: nel caso delle obbligazioni, ad esempio, si tratta del valore facciale stampato sul supporto cartaceo del titolo di credito.

Nel caso delle azioni, il valore nominale si determina dividendo il capitale sociale per il numero dei titoli emessi. Da qui sorgono perplessità derivanti dall’evenienza, per alcune società quotate nei mercati regolamentati, di applicazione dell’imposta in base ad un valore nominale superiore a quello di mercato; o ancora, nascono dubbi a causa dell’impossibilità di disporre dello stesso valore nominale nei casi previsti dalla riforma del diritto societario per le “azioni improprie” (azioni che rappresentano una quota del capitale sociale ottenuta sistematicamente dividendo il capitale per il numero di azioni emesse, con evidente utilità pratica nel caso di riduzione dello stesso capitale per perdite e conseguente riduzione implicita del valore dei titoli, senza ricorso alle operazioni di sostituzione con nuovi titoli).

Art. 2346 c.c. (Emissione delle azioni), 3° comma: “In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse”.

Il valore di rimborso, come si comprende agevolmente, è il valore di riscatto del titolo che l’emittente corrisponde all’investitore.

Quale dei due valori venga usato per l’individuazione della base di determinazione del bollo, è certo che l’imposizione rappresenta un onere più gravoso per i piccoli risparmiatori, in termini percentuali sul capitale investito, piuttosto che per gli investitori di grandi patrimoni.

Considerati i valori di giacenza ordinati per scaglione ed i relativi balzelli come da tabella seguente, si evidenzia con facilità l’incidenza iniqua del 3,42% (per un minimo di euro 1.000 investiti in strumenti finanziari) che subisce il piccolo risparmiatore, possessore di titoli per un valore inferiore ad euro 50mila, rispetto ai possessori di patrimoni più ingenti.

A partire dall’ultima fascia di ricchezza massima, superiore ad euro 500mila, l’imposta diviene regressiva (imposizione percentuale monotona decrescente) perché la sua incidenza scende senza limiti dal picco per scaglione, pari allo 0,136%, sino allo zero percento teorico.

Se non si rilevano particolari problemi per i due scaglioni intermedi molto simili tra loro (imposizione massima 0,1% e minima 0,04%), per le due fasce estreme è doveroso constatare che la norma contrasta il principio di equità sociale apparendo – in termini percentuali – penalizzante per i piccoli risparmiatori e benevola con le classi più agiate.

(continua http://www.questidenari.com/?p=5006)

(per i chiarimenti della circolare n. 40/E del 4 agosto 2011 su decorrenza dell’imposta di bollo e valorizzazione del dossier titoli si legga http://www.questidenari.com/?p=4888)