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Approfondimenti sull’aumento dell’imposta di bollo su dossier titoli: valore nominale o di rimborso e iniquità dell’incidenza della tassazione (parte III)

(continua dalla parte II http://www.questidenari.com/?p=4784)

L’applicazione dell’imposta di bollo, come previsto dall’art. 23 del DL 98/2011 convertito nella Legge 111/2011, colpisce il “valore nominale o di rimborso” del deposito titoli.

Il valore nominale è il valore teorico del titolo: nel caso delle obbligazioni, ad esempio, si tratta del valore facciale stampato sul supporto cartaceo del titolo di credito.

Nel caso delle azioni, il valore nominale si determina dividendo il capitale sociale per il numero dei titoli emessi. Da qui sorgono perplessità derivanti dall’evenienza, per alcune società quotate nei mercati regolamentati, di applicazione dell’imposta in base ad un valore nominale superiore a quello di mercato; o ancora, nascono dubbi a causa dell’impossibilità di disporre dello stesso valore nominale nei casi previsti dalla riforma del diritto societario per le “azioni improprie” (azioni che rappresentano una quota del capitale sociale ottenuta sistematicamente dividendo il capitale per il numero di azioni emesse, con evidente utilità pratica nel caso di riduzione dello stesso capitale per perdite e conseguente riduzione implicita del valore dei titoli, senza ricorso alle operazioni di sostituzione con nuovi titoli).

Art. 2346 c.c. (Emissione delle azioni), 3° comma: “In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse”.

Il valore di rimborso, come si comprende agevolmente, è il valore di riscatto del titolo che l’emittente corrisponde all’investitore.

Quale dei due valori venga usato per l’individuazione della base di determinazione del bollo, è certo che l’imposizione rappresenta un onere più gravoso per i piccoli risparmiatori, in termini percentuali sul capitale investito, piuttosto che per gli investitori di grandi patrimoni.

Considerati i valori di giacenza ordinati per scaglione ed i relativi balzelli come da tabella seguente, si evidenzia con facilità l’incidenza iniqua del 3,42% (per un minimo di euro 1.000 investiti in strumenti finanziari) che subisce il piccolo risparmiatore, possessore di titoli per un valore inferiore ad euro 50mila, rispetto ai possessori di patrimoni più ingenti.

A partire dall’ultima fascia di ricchezza massima, superiore ad euro 500mila, l’imposta diviene regressiva (imposizione percentuale monotona decrescente) perché la sua incidenza scende senza limiti dal picco per scaglione, pari allo 0,136%, sino allo zero percento teorico.

Se non si rilevano particolari problemi per i due scaglioni intermedi molto simili tra loro (imposizione massima 0,1% e minima 0,04%), per le due fasce estreme è doveroso constatare che la norma contrasta il principio di equità sociale apparendo – in termini percentuali – penalizzante per i piccoli risparmiatori e benevola con le classi più agiate.

(continua http://www.questidenari.com/?p=5006)

(per i chiarimenti della circolare n. 40/E del 4 agosto 2011 su decorrenza dell’imposta di bollo e valorizzazione del dossier titoli si legga http://www.questidenari.com/?p=4888)

Approfondimenti sull’aumento dell’imposta di bollo su dossier titoli: molti interrogativi ed un esempio (parte I)

Dal giorno di approvazione della manovra economica – sostanziatasi nella promulgazione della Legge 111/2011 che ha convertito, con modificazioni il DL 98/2011 – si sono susseguiti i tentativi di interpretazione delle norme sulla nuova imposizione riguardante il deposito titoli.

In aggiunta al pagamento del bollo sul conto corrente, la detenzione di alcuni strumenti finanziari da parte dei risparmiatori a partire da quest’anno comporta l’applicazione dell’imposta di bollo sul dossier titoli (d/t) a condizioni invariate (euro 34,20 annui) per patrimoni al di sotto dei 50mila euro, e a condizioni via via più gravose per patrimoni più consistenti.

Quanto basta per indurre la clientela bancaria a porsi interrogativi – molti dei quali, al momento, senza risposta univoca – circa l’esatta quantificazione dell’importo cui applicare l’imposta (valore nominale o di rimborso), il rispetto della condizione di equità per investitori appartenenti a classi di estrazione socio-economica diversa (incidenza percentuale dell’imposta per scaglione di giacenza), i tempi di applicazione del balzello (efficacia retroattiva), la tipologia di titoli e prodotti finanziari colpiti (obbligazioni bancarie, gestioni patrimoniali in titoli e pronti contro termine), l’esistenza di condizioni di non tassabilità (in mancanza del presupposto dell’invio della comunicazione periodica alla clientela).

Ciascuno di questi argomenti merita adeguati approfondimenti sui quali lo stesso Ministero è chiamato ad esprimersi. Ma un buon punto di partenza è rappresentato dall’esclusione a priori di soluzioni relative ad inutili (e dannose) operazioni di frammentazione del patrimonio personale.

Chi è titolare di un deposito titoli di consistenza pari a 160mila euro, ad esempio, oltre a non trovare beneficio nell’allocazione dei titoli azionari e obbligazionari nei sotto-dossier (appartenenti ai cointestatari del conto corrente) a causa della previsione esplicita della norma sulla valutazione dell’importo complessivo presso ciascun intermediario finanziario, non potrebbe neppure scegliere di effettuare l’operazione di divisione dei propri titoli fra diverse banche.

4 x 34,20 = 136,8 < 240 = 1 x 240,00

Se il risultato dell’operazione fosse costituito dall’esistenza di quattro rapporti da 40mila euro ciascuno presso quattro banche differenti, infatti, il bollo da pagare complessivamente sarebbe di certo inferiore (euro 136,8) a quello da pagare al vecchio e unico intermediario (euro 240), ma la differenza verrebbe colmata dagli ulteriori bolli e spese di tenuta conto derivanti dalla moltiplicazione dei rapporti bancari. Senza contare le difficoltà pratiche di gestione dell’operazione, la necessità di valutare attentamente la generazione di plusvalenze e minusvalenze sui titoli e, non da ultimo, l’aumento delle probabilità di essere soggetti a controlli fiscali per via del numero accresciuto di d/t posseduti.

(continua http://www.questidenari.com/?p=4784)