Archivi tag: FMI

Il Giappone domani come la Grecia oggi?

La Bank of Japan da un lato, a rassicurare gli investitori sull’assenza di esposizioni significative al debito greco da parte delle banche del Sol Levante, e gli apprezzabili risultati trimestrali delle aziende nipponiche dall’altro (le cui quotazioni borsistiche sono state pure favorite dagli ultimi rapporti di cambio euro/yen), hanno fatto tornare l’interesse per i titoli giapponesi.

Su tutti, il produttore di pneumatici Bridgestone ha stimato una crescita dei profitti da quota 11 miliardi di yen dello scorso anno sino a 27 miliardi per il primo semestre 2010. Anche Aoyama Trading stima di chiudere l’anno con utili al rialzo, in crescita del 30%.

Eppure, gli ultimi giudizi espressi dalle agenzie di rating – a partire dal peggiorato outlook (da “stabile” a “negativo”) di Standard&Poor’s sulla AA del Giappone, fino all’annuncio sulla probabile revisione peggiorativa del giudizio AA- di Fitch – vanno nella stessa direzione di uno studio del Fondo Monetario Internazionale che colloca lo stato di salute finanziaria del Paese all’ultimo posto nel mondo industrializzato.

Il debito pubblico del Giappone, secondo l’FMI, raggiungerà quest’anno il 277% del Prodotto Interno Lordo. Per scongiurare il default, susseguente al “deterioramento della situazione” denunciato dalla stessa Banca centrale (BoJ) attraverso i suoi membri, si rende dunque necessaria la crescita del PIL.

Al momento l’attenzione del mondo finanziario è tutta incentrata sulla Grecia, ma quando le acque si calmeranno il Giappone potrebbe costituire il nuovo fantasma degli operatori sui mercati internazionali.

Fonte: Morningstar.it

(prossimo articolo: http://www.questidenari.com/?p=2728)

Di concerto

 

Mentre le aziende europee fanno sempre meno ricorso al finanziamento bancario, fenomeno comunque mitigato dalla crescente frequenza con cui le stesse imprese si finanziano presso i privati attraverso l’emissione di bond, la preoccupazione degli esponenti dei governi europei e della Bce è anzitutto quella di sostenere il sistema finanziario.

Le intenzioni sono giuste, perché chi conosce l’economia sa che le crisi finanziarie anticipano quelle economiche, e l’attuale creazione di prodotto delle imprese a livello globale non permette certo di dormire tranquilli trascurando le condizioni di accesso alla moneta da parte del settore privato.

Gli stessi interventi di abbattimento dei tassi voluti da Trichet, forse sin troppo bruschi rispetto ad una politica fine tuning ovvero dei piccoli aggiustamenti preferibile se non altro per la più agevole misurabilità ed elaborazione degli effetti, potrebbero rivelarsi inefficaci quando, come scrisse qualcuno che conosceva le crisi, “si può portare il cavallo alla fonte, ma non si può costringerlo a bere”.

La complessità che il sistema economico vive nel momento attuale deve indurre a risposte sinergiche fra gli Stati, assistite da una rapida evoluzione normativa e concertate in un’ottica di sviluppo del contesto politico fiscale, e non solo monetario univoco a cui si è votata l’Eurozona.

In questo senso, e quando i governi sono costretti a “racimolare” risorse per dare sostentamento alle loro politiche, si rinviene una possibile chiave di lettura delle ultime esternazioni del segretario Ocse e del direttore del FMI riguardanti i c.d. “paradisi fiscali” – fra cui il principato di Monaco, di Andorra e il Liechtenstein – ovvero i luoghi ove la tassazione è quasi assente, e la riservatezza delle operazioni rappresenta un requisito che va a scapito della trasparenza.