Giochi pericolosi

 

Ultimamente sentiamo parlare e leggiamo di derivati quando si solleva l’immancabile polverone per gli avvisi di garanzia nei confronti di esponenti bancari che hanno fatto stipulare contratti ai comuni per la ristrutturazione del debito di enti pubblici, come è accaduto recentemente a Milano.

Altre volte, in televisione, abbiamo assistito a interi programmi dedicati alle vicissitudini di qualche imprenditore ritrovatosi privo del fido bancario e gravato dai debiti perché, inconsapevole di cosa stesse sottoscrivendo, in passato aveva accettato che questa particolare forma di strumento finanziario finisse iscritta nei bilanci della propria azienda in cambio dell’apertura di una linea di credito.

Ma si tratta proprio di una truffa? Esattamente, cosa sono questi derivati?

Immaginate di fare una scommessa con un’altra persona: dietro pagamento di un corrispettivo, ad esempio, vi accordate su un valore massimo che un determinato indice potrà raggiungere; se in futuro tale valore non sarà raggiunto, pagherete il corrispettivo ed una somma di denaro proporzionale all’indice, se invece si verificherà il caso opposto di superamento, dovrete limitarvi a pagare il corrispettivo e la somma di denaro associata all’indice massimo predeterminato, mentre il sovrapprezzo rimarrà a carico della vostra controparte.

Messa così, la definizione di un derivato somiglia a quella di una polizza assicurativa contro i rischi, più che ad un investimento rischioso, ed in effetti questo accade nel caso dell’Interest Rate Cap applicato ai mutui sugli immobili, ove la quota interessi della rata da corrispondere alla banca per un finanziamento a tasso variabile è limitata ad un prefissato tetto massimo in cambio di un ricarico maggiore sul tasso base (il “premio” dell’assicurazione).

Il problema è che poi, con l’introduzione di una serie di sofisticati meccanismi finanziari che non è il caso di approfondire in questa sede, le potenzialità tecniche dei contratti derivati sono state sviluppate a tal punto da farli diventare non solo strumenti moltiplicativi del rischio, capovolgendone il significato appena descritto, ma addirittura congegni di ingegneria finanziaria così complessi da sfuggire alle capacità di controllo e comprensione dei loro ideatori!

Come qualcuno ha detto, non si ha notizia di un contratto derivato (leggasi “scommessa”) che si è risolto a favore dell’investitore e a danno della banca, come sarebbe normale in un qualsiasi gioco a premi in cui uno vince e l’altro perde, scambiandosi i ruoli nel tempo. Questo non significa che il direttore abbia voluto ingannare il proprio cliente proponendogli un gioco “truccato”, dato che nella maggior parte dei casi neppure lui stesso era in grado di sapere con cognizione di causa cosa stesse suggerendo ma, semplicemente, si è limitato a collocare un prodotto secondo una politica di budget imposta “dall’alto”: anche le banche, come qualsiasi attività a scopo di lucro, hanno bisogno di vendere.

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