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Piano Famiglie: primi chiarimenti dell’ABI

A chiarimento dei dubbi sorti in merito all’interpretazione del documento tecnico (fonte IlSole24Ore) relativo alla sospensione delle rate dei mutui casa, l’ABI ha pubblicato sul proprio sito web www.abi.it un documento esplicativo delle modalità operative per l’attuazione del Piano Famiglie (http://www.questidenari.com/?tag=moratoria).

In particolare, si riporta la sintesi delle spiegazioni più interessanti per gli intestatari di mutuo contenute in alcuni dei 21 punti relativi all’allegato Frequently Asked Questions (FAQ), sottolineando che in ogni caso la banca potrà applicare condizioni migliorative rispetto a quanto previsto dall’accordo siglato con le associazioni dei consumatori.

1) Il requisito del reddito imponibile non superiore ad euro 40.000 è da intendersi per singolo mutuatario. Pertanto, in caso di mutuo cointestato, la sospensione potrà essere richiesta da uno qualsiasi degli intestatari colpiti dall’evento previsto e aventi reddito inferiore a detta soglia, o dall’unico intestatario colpito dall’evento previsto e avente reddito inferiore alla stessa soglia.

3) La sospensione opera per una sola volta, salvo il caso in cui la banca aderisca offrendo la sospensione della sola quota capitale. Il periodo “salvo il caso” si riferisce alla possibilità di sospensione dell’intera rata o della sola quota capitale, rimanendo inteso che in entrambi i casi la sospensione può essere effettuata una sola volta.

5) Esclusione dalla sospensione per ritardi nei pagamenti superiori a 180 giorni consecutivi. Il mutuo è considerato idoneo alla sospensione solo se nel corso di detto periodo sia intervenuto pagamento integrale di almeno una rata. Qualora il pagamento della rata sia avvenuto soltanto in parte, opererebbe l’esclusione.

8 ) Mancato pagamento degli interessi nel periodo durante il quale opera la sospensione relativa alla sola quota capitale. Oltre all’applicazione certa degli interessi di mora, potrebbe cessare la sospensione (per insolvenza del mutuatario).

9) La sospensione non si applica alle rate di mutuo caratterizzato da tasso variabile, rata fissa e durata variabile. La norma in oggetto, che mira ad evitare l’eccessivo allungamento dei tempi di restituzione del capitale alla banca, non riguarda i mutui a tasso variabile sul quale è applicato il cap (l’Interest Rate Cap fissa un limite massimo al tasso).

12) La sospensione può essere applicata congiuntamente alle rate impagate (somma di quota capitale e quota interessi per le rate scadute) e a quelle a scadere (la sola quota capitale delle rate future).

Ad avviso di qualche lettore, ivi compreso lo scrivente, alcuni fra i 21 punti rimangono di dubbia interpretazione. L’Associazione Bancaria Italiana si è impegnata ad emettere una successiva lettera circolare a titolo ulteriormente esplicativo, e perciò ha messo a disposizione l’account di posta elettronica sospensionemutui@abi.it per rivolgere nuovi quesiti circa la corretta interpretazione del documento tecnico allegato alla lettera circolare del 24/12/2009 (Prot. CR/OC/004527).

E’ possibile scaricare qui il testo completo FAQ (formato pdf).

(per il Fondo Solidarietà e la presentazione dal 15/11/2010 della domanda di sospensione delle rate del mutuo prima casa si veda http://www.questidenari.com/?p=3214)

(informazioni sulla proroga al 31 luglio 2011 del Piano Famiglie per la presentazione delle domande di sospensione rate del mutuo casa alla pagina http://www.questidenari.com/?p=3645)

Tasso variabile: col cap o senza? Un quesito aperto

 

Non so se la lettura dell’articolo vi fornirà certezze sull’uso del tetto massimo da applicare al tasso fluttuante del vostro mutuo appena ottenuto, ma almeno vi aiuterà a comprendere come opera sul piano tecnico quella che viene definita una “copertura assicurativa” sugli interessi da pagare.

Pochi giorni fa mi trovavo in banca a trattare l’acquisto di un cap, per conto di un’azienda mia assistita, al fine di limitare l’esborso per la rata di mutuo in caso di futuri rialzi del tasso variabile.

Dopo aver ascoltato in religioso silenzio che si trattava di un derivato proposto nel rispetto della direttiva comunitaria Mifid – era evidente l’imbarazzo del personale bancario per la sola pronuncia di quella parola! – veniva posto alla mia attenzione uno strumento dalla durata quinquennale, pagabile in unica soluzione anticipata al premio dell’1,56% da applicarsi all’importo erogato di Euro 130000, che fissa lo strike al 3% e restituisce l’eccedenza dell’Euribor a 6 mesi su base 360 (eventualmente) pagata con ritardo trimestrale rispetto al versamento della quota interessi del mutuo da corrispondersi con periodicità semestrale.

informativa-pre-contrattuale-cap1                   All’atto pratico, tutto ciò significa che qualora l’Euribor – in quel momento fissato all’1,38% – salisse fino al 3%, gli interessi da corrispondere andrebbero di pari misura; invece, qualora l’Euribor superasse il 3%, detto tasso si “trasformerebbe” in un fisso al 3% (CAP = tetto) dato che l’eccedenza verrebbe restituita dopo 3 mesi dal pagamento della rata stabilita nell’atto di mutuo.

Chiarito che piano di ammortamento e Interest Rate Cap rappresentano due operazioni distinte, che la restituzione delle quote capitali segue il piano di ammortamento “francese” ovvero gli interessi sono calcolati su una base che decresce lentamente nel periodo iniziale del mutuo, e che occorre risolvere alcune problematiche relative alle operazioni di matematica finanziaria che rendano paragonabili tra loro gli importi maturati a scadenze di tempo diverse, c’è da domandarsi QUANTO debba salire il tasso Euribor al fine di ripagare l’esborso iniziale, rendendo così “equa” l’operazione.

A tal fine ho ipotizzato che:

        il tasso Euribor abbia raggiunto il proprio minimo a prescindere dalle prossime decisioni della BCE (fonte del 29 giugno 2009: ARITMA), e che quindi possa soltanto salire nei prossimi 5 anni

        la “copertura assicurativa” del CAP intervenga solo negli ultimi 3 anni, ovvero a partire dalla conclusione del secondo anno di mutuo

        il debito residuo del piano di ammortamento al 3°, 4° e 5° anno, a prescindere dalle variazioni future del tasso, sia quello desumibile dal prospetto elaborato in epoca iniziale dal calcolatore della banca facendo uso di tasso fisso (necessariamente!) pari all’Euribor di periodo

        il tasso di interesse applicato alle operazioni finanziarie di attualizzazione/capitalizzazione sia pari al 15% (I° alternativa: costo opportunità = ROI aziendale), oppure pari al 3% (II° alternativa: costo opportunità = tasso di rendimento dei Titoli di Stato).

Pertanto:

1) definito il differenziale di interesse alla generica semestralità come prodotto tra il debito residuo (alla stessa semestralità) e la differenza tra i tassi equivalente Euribor semestrale ed equivalente strike semestrale,

2) riportato all’epoca iniziale ciascun differenziale in base al fattore di attualizzazione che fa uso dell’equivalente ROI semestrale (I° alternativa),

la somma dei prodotti dei fattori elencati ai punti 1) e 2), calcolati per ogni semestralità degli ultimi 3 anni di durata del CAP, fornisce il valore attuale, in epoca 0, delle somme restituite dalla banca all’azienda a titolo di copertura dai rialzi di tasso.

Detto valore attuale si presta ad essere paragonato all’esborso iniziale sostenuto dall’azienda, come noto, pari al premio di Euro 2028.

Procedendo per tentativi (il calcolatore programmabile ha sostituito degnamente le vecchie tavole d’interpolazione!), si scopre che l’operazione è finanziariamente equa per un livello dell’Euribor nei prossimi 5 anni pari a 3,915% annuo, mentre, nella II° alternativa di utilizzo del tasso di attualizzazione al 3%, il livello di equilibrio dell’Euribor si abbassa al 3,615%.

Euribor*

ROI

П

3,915%

15%

 

3,615%

 

3%

 

Voi cosa consigliereste alla mutuataria???

I dati indicano che, nella prima alternativa, l’operazione è conveniente per l’azienda solo se l’Euribor si stabilizza oltre il 3,915%: ci può stare che l’Euribor superi questo livello nell’arco temporale dei prossimi 5 anni, ma potrebbe anche tornare ad abbassarsi in modo che la restituzione della banca non valga la spesa iniziale dell’azienda!

Vi posso aggiungere: un mio conoscente promotore finanziario, interpellato dal Vostro Autore colto dalla tempesta del dubbio, ha confermato che in questo momento storico non vi è urgenza di utilizzo della copertura e che, nella difficoltà oggettiva di stimare l’andamento dei tassi di mercato dei prossimi anni, si potrebbe tentare di chiedere alla banca un abbassamento delle condizioni di costo (che pure sembra nella media rispetto alle condizioni praticate da altri istituti di credito) qualora si fosse in presenza di somme rilevanti, di proprietà dell’azienda, gestite dalla stessa banca depositaria ……… ovvero in presenza di un elevato spread applicato al tasso Euribor del mutuo ………

Giochi pericolosi

 

Ultimamente sentiamo parlare e leggiamo di derivati quando si solleva l’immancabile polverone per gli avvisi di garanzia nei confronti di esponenti bancari che hanno fatto stipulare contratti ai comuni per la ristrutturazione del debito di enti pubblici, come è accaduto recentemente a Milano.

Altre volte, in televisione, abbiamo assistito a interi programmi dedicati alle vicissitudini di qualche imprenditore ritrovatosi privo del fido bancario e gravato dai debiti perché, inconsapevole di cosa stesse sottoscrivendo, in passato aveva accettato che questa particolare forma di strumento finanziario finisse iscritta nei bilanci della propria azienda in cambio dell’apertura di una linea di credito.

Ma si tratta proprio di una truffa? Esattamente, cosa sono questi derivati?

Immaginate di fare una scommessa con un’altra persona: dietro pagamento di un corrispettivo, ad esempio, vi accordate su un valore massimo che un determinato indice potrà raggiungere; se in futuro tale valore non sarà raggiunto, pagherete il corrispettivo ed una somma di denaro proporzionale all’indice, se invece si verificherà il caso opposto di superamento, dovrete limitarvi a pagare il corrispettivo e la somma di denaro associata all’indice massimo predeterminato, mentre il sovrapprezzo rimarrà a carico della vostra controparte.

Messa così, la definizione di un derivato somiglia a quella di una polizza assicurativa contro i rischi, più che ad un investimento rischioso, ed in effetti questo accade nel caso dell’Interest Rate Cap applicato ai mutui sugli immobili, ove la quota interessi della rata da corrispondere alla banca per un finanziamento a tasso variabile è limitata ad un prefissato tetto massimo in cambio di un ricarico maggiore sul tasso base (il “premio” dell’assicurazione).

Il problema è che poi, con l’introduzione di una serie di sofisticati meccanismi finanziari che non è il caso di approfondire in questa sede, le potenzialità tecniche dei contratti derivati sono state sviluppate a tal punto da farli diventare non solo strumenti moltiplicativi del rischio, capovolgendone il significato appena descritto, ma addirittura congegni di ingegneria finanziaria così complessi da sfuggire alle capacità di controllo e comprensione dei loro ideatori!

Come qualcuno ha detto, non si ha notizia di un contratto derivato (leggasi “scommessa”) che si è risolto a favore dell’investitore e a danno della banca, come sarebbe normale in un qualsiasi gioco a premi in cui uno vince e l’altro perde, scambiandosi i ruoli nel tempo. Questo non significa che il direttore abbia voluto ingannare il proprio cliente proponendogli un gioco “truccato”, dato che nella maggior parte dei casi neppure lui stesso era in grado di sapere con cognizione di causa cosa stesse suggerendo ma, semplicemente, si è limitato a collocare un prodotto secondo una politica di budget imposta “dall’alto”: anche le banche, come qualsiasi attività a scopo di lucro, hanno bisogno di vendere.