Archivi tag: scena di genere

I bari: la realtà colta nell’attimo significativo da Caravaggio

Tra i quadri più noti e celebrati della produzione iniziale di Caravaggio, quella precedente il periodo romano, “i bari” rappresenta una scena di genere ispirata dalle frequentazioni nelle taverne.

Un giovane ben vestito, immerso nel gioco ed ingenuo come il protagonista de “la buona ventura”, non si accorge che i personaggi intorno lo stanno imbrogliando: l’uno suggerisce e l’altro maneggia per estrarre le carte truccate.

Commissionato dal primo protettore di Caravaggio, il cardinale Del Monte, e poi, dopo molti passaggi di proprietà, venduto nel 1899 a seguito del crack della Banca Romana, smarrito e poi ancora ritrovato, il dipinto risalta per la sensibilità descrittiva con cui la bellezza, la gentilezza, la giovane età e l’eleganza dei protagonisti fanno da contrasto alla pochezza morale della scena narrata.

Anche se dal punto di vista tecnico l’opera rivela le lacune di un pittore autodidatta, “i bari” ci consente di apprendere il percorso evolutivo artistico di Michelangelo Merisi che, invece di cominciare dal disegno, iniziava a dipingere l’ambiente circostante e poi completava la rappresentazione costruendo i personaggi in primo piano. Per l’Artista, la ricerca dell’attimo cruciale non lascia spazio alla realtà ininfluente, come sta a dimostrare lo sfondo vuoto.

Anch’esso di attribuzione certa, “i bari” (1594 circa) del Kimbell Art Museum di Fort Worth (Texas) può essere ammirato presso le Scuderie del Quirinale (http://www.questidenari.com/?tag=scuderie-quirinale).

La Cena in Emmaus del 1606, anno di tragedia per Caravaggio

Oltre ad una rivalità sentimentale, forse un debito di gioco fu tra i motivi che costarono la vita al notaio Ranuccio Tomassoni, ferito mortalmente in duello da Michelangelo Merisi il 28 maggio 1606. Da quel giorno Caravaggio sarà costretto alla fuga perpetua che inizierà nelle campagne romane dei feudi appartenenti ai principi Colonna, dove troverà protezione e potrà continuare ad esprimere il suo smisurato talento artistico.

Con l’esecuzione della Cena in Emmaus della pinacoteca di Brera, avvenuta subito dopo l’assassinio di Campo Marzio in Roma, un’atmosfera dolente avvolge il gesto di Cristo forestiero intento a benedire, spezzare e condividere il pane tra i presenti nell’attimo di gioia contenuta per il riconoscimento del Risorto tra i suoi discepoli, e nello stesso momento quieto della sorpresa incosciente per l’oste e per la vecchia. Caravaggio ripropone il tema già descritto nella prima versione del 1596, ma lo sintetizza col carattere dell’essenzialità nella rappresentazione degli oggetti e delle persone.

Gli elementi scarni della natura morta rintracciabili nel pane e nei piatti che scavano ombre lunghe e drammatizzanti nel bianco della tavola, il vissuto sofferto che traspare dai volti popolani attorno al Cristo, barbuto e non più androgino, ed ancora il buio attorno alla scena di genere fanno apparire l’insieme della composizione solenne, pacato e carico di elevato significato interiore. In tutta la sua potenza espressiva, risalta la spiccata capacità del pittore di comunicare il proprio messaggio in maniera implicita o appena dichiarata, come rivela la percezione del divino nelle persone semplici espressa dal viso dell’uomo seduto accanto a Gesù.

Né gli ultimi ritrovati tecnologici – che hanno svelato un ripensamento di Caravaggio in merito all’eliminazione di una fonte di luce esterna e naturale proveniente da una finestra aperta su un paesaggio, sulla sinistra del dipinto proprio dove ora tutto appare scuro – possono togliere valore a quest’opera di attribuzione certa, attualmente in mostra presso le Scuderie del Quirinale (http://www.questidenari.com/?tag=scuderie-quirinale).