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La relazione tra ciclo monetario e capitale di giro – 2

Se considerate il bilancio di un’impresa che iscrive crediti e debiti commerciali al termine di un esercizio in cui ha ottenuto un risultato positivo, e ceteris paribus provate ad accorciare il ciclo monetario (accorciando i tempi di riscossione o allungando quelli di pagamento), vi accorgerete anzitutto che i risultati reddituali sono invariati – in assenza di considerazioni sul reinvestimento delle maggiori risorse ora disponibili (http://www.questidenari.com/?p=479) – mentre quelli finanziari si manifestano con un flusso di cassa più elevato.

Ma il cambiamento del ciclo monetario ha prodotto differenze anche in ordine all’entità del capitale di giro: la diminuzione dei crediti e/o l’aumento dei debiti hanno “ristretto” il circolante, e di conseguenza il capitale complessivamente investito, comportando una condizione di minor fabbisogno che possiamo intendere come una migliorata efficienza del capitale utilizzato – la prima segnalazione di conferma ci viene dall’aumento del Capital Turnover, il cui denominatore più basso relativizza le vendite costanti!

In particolare, giova sottolineare che la riduzione del capitale di giro, e quindi del fabbisogno, è più accentuata nel caso dell’accorciamento dei tempi di riscossione dai clienti rispetto al caso dell’allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori, a parità di giorni di dilazione variati per un’azienda che chiude in utile. Il motivo, ovviamente, è da ricondursi alla condizione di equilibrio economico dell’azienda che compra a poco e vende a tanto: meglio diminuire molto i crediti commerciali, piuttosto che aumentare poco i debiti.

(continua http://www.questidenari.com/?p=882)