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Previsioni Euribor e Irs a marzo 2014

Tanto rumore per nulla, oltre ad essere il titolo di un’opera già scritta, potrebbe essere la definizione appropriata per quegli operatori che sui mercati avevano caldeggiato la soluzione dell’intervento Bce per il mese di marzo. Tra queste piazze compariva il Liffe, mercoledi di nuovo orientato al ribasso dei tassi.

E invece non solo i tassi base restano fermi a marzo (Refi 0,25%), ma non si è neppure verificata la sterilizzazione dell’attuale programma di acquisto obbligazioni pubbliche che avrebbe aumentato la liquidità tra le banche per favorire i prestiti tra gli istituti o verso i privati.

Tra gli argomenti contrari a tale ultima soluzione, come è facilmente comprensibile, vi sono le resistenze tedesche finalizzate a tenere marcate le differenze con la politica americana del QE e (soprattutto) a tenere indenne il programma Omt da tentazioni di analoga mancata sterilizzazione.

Non cambiano in maniera significativa le stime della Bce in ordine ai dati sull’inflazione e sul Pil (in lieve rialzo), ma ora le scelte sono maturate sulla base di proiezioni che coprono il periodo fino al termine del 2016.

Le parole pronunciate giovedi da Mario Draghi hanno prodotto immediati ribassi dei futures sul Bund (minimo di giornata attorno alle ore 15:00 per l’Eurex) e sull’Euribor 3 mesi. Sul mercato dei derivati di Londra i tassi attesi hanno fatto segnare rialzi giornalieri inusitati per 3 centesimi sulle prime due scadenze in scaletta, increspature fino a 4 centesimi sul resto del tratto breve e fino oltre 6 centesimi sul medio termine, dove sarebbe stato lecito attendersi maggior cautela per la contrazione delle vendite al dettaglio per la quinta volta negli ultimi sei mesi (indice Markit Eurozone Retail PMI).

Il messaggio del consiglio direttivo, che raffredda fino quasi a congelare le aspettative di un qualsiasi intervento prossimo, è arrivato venerdi anche sul mercato interbancario dove i tassi hanno subito rialzi non giustificati dalla minima flessione dell’eccesso di liquidità nel sistema attorno a quota 120 miliardi di euro: l’Euribor 3 mesi, caratterizzato da variazioni minime nel corso delle ultime settimane, è salito dallo 0,287% allo 0,299% del 7 marzo 2014. Incremento giornaliero di 16 millesimi per l’Euribor 12 mesi.

Detti aumenti, la settimana prossima, potrebbero consolidarsi in considerazione della restituzione di 11,4 miliardi di euro per i rimborsi anticipati Ltro 2011 e 2012 che, assieme ai flussi dell’asta settimanale, metteranno a rischio la consistenza del “cuscinetto” di liquidi.

Nella tabella dei tassi Euribor 3 mesi previsti sul Liffe in data 07/03/2014, più che lo scivolamento in avanti nel tempo delle attese di intervento dell’autorità monetaria, si riflette lo stato di disillusione che inverte la tendenza sul breve (quota 0,32% per metà marzo prossimo, superiore al fixing e praticamente stabile per tutto l’anno); trascinati al rialzo i valori delle scadenze successive, sui quali ha avuto peso il dato sulla produzione industriale della Germania in aumento a gennaio. L’Euribor 3 mesi continua ad essere visto sopra l’1% nel 2017.

Le previsioni di inizio febbraio che circoscrivevano il tasso Irs 10 anni in un intorno di quota 1,9% sono state rispettate nelle precedenti settimane, anche se la crisi politica ucraina ha accentuato la corsa al titolo rifugio del Bund favorendo la caduta del parametro a 1,81%, ovvero al limite inferiore del range ipotizzato.

La situazione delineata a fine gennaio, quando gli operatori presero atto dell’irreversibilità del piano di rientro americano dal Quantitative Easing, continua a comportare la disponibilità di liquidità per le vendite che colpiscono i titoli dei mercati emergenti asiatici ed il conseguente utilizzo della stessa per l’acquisto degli obbligazionari pubblici del vecchio continente.

In Europa, in particolare, è salito non soltanto il prezzo dei titoli degli emittenti più affidabili, aiutati da sacche di deflazione sparse per i Paesi periferici, ma anche il corso del reddito fisso che fino a poco più di un anno fa era stato nell’occhio del ciclone (Grecia, Portogallo e Irlanda): la riduzione dello spread italiano sotto i 180 punti base per la durata decennale, minimo negli ultimi tre anni toccato subito dopo l’avvicendamento del governo Renzi, è un dato eloquente – almeno quanto i minimi in asta sul primario di pochi giorni prima – in merito all’attuale ristrettezza del rischio “contagio”. Ovviamente lo schiacciamento della curva dei rendimenti europei, accompagnato solo a tratti da una riduzione della volatilità, è risultato più accentuato sulle durate inferiori dove agisce lo scudo protettivo della Bce.

Gli ultimi dati in chiaroscuro sull’occupazione americana, aumentata in apparente contrasto con il tasso di disoccupazione in crescita al 6,7%, non dovrebbero far sorgere dubbi sulla continuazione del tapering: in proposito la presidente Yellen ha affermato che soltanto una drammatica deriva economica potrebbe ostacolare la decisione di ridurre progressivamente gli acquisti di titoli Usa da parte della Fed e comportare il contestuale mantenimento della quantità di denaro immesso mese dopo mese. Anche per il rafforzamento dell’euro su dollaro (causa mancato intervento Bce) che alimenta la paura di ulteriori deprezzamenti del biglietto verde e dirotta i capitali sull’Europa più che sugli States, crescono le attese di nuovi acquisti sui governativi europei, soprattutto per la carta periferica a più alto rendimento e, in particolare, per l’Italia tornata in territorio positivo in termini di Pil (+0,1%). L’Irs 10 anni, parametrato invece al rendimento dei titoli core, è tornato a salire all’1,92% il 7 marzo 2014.

La mancanza di copertura per le aste dei titoli tedeschi, istituite la settimana scorsa, suggerisce il raggiungimento, o l’immediata vicinanza, del punto di minimo per il rendimento dei Bund: i titoli tedeschi non dovrebbero essere oggetto di numerosi acquisti anche per i motivi alla base dei dati sulla buona produzione tedesca (supra).

Con l’incognita maggiore rappresentata dalla crisi tra Ucraina e Russia che in caso non trovasse soluzione tornerebbe a premiare i Bund col fenomeno fly to quality, per le prossime settimane l’Irs 10 anni è visto gravitare al rialzo sopra quota 1,95%.

(per le attese della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 14 marzo 2014“)

(per le attese del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs: aprile 2014“)

Previsioni Euribor e Irs a febbraio 2014

 

Passata la comprensibile delusione iniziale, i mercati finanziari hanno accettato di buon grado la decisione di mantenimento dei tassi base (Refi sempre al minimo storico 0,25%) per il mese di febbraio: la Bce, che disporrà solo a inizio marzo di dati più completi sull’andamento dell’economia nel medio termine, quelli più idonei ad influenzarne l’analisi, al momento non avverte come preponderante il rischio deflazione e preferisce conservare il potenziale di misure atte a stabilizzare le variabili oggetto di controllo. Le attese di nuove misure accomodanti, in tal modo, si trasferiscono sulla prossima scadenza utile per la riunione del direttivo.

Misure sulle quali, in ogni caso, i membri del consiglio continuano a discutere valutando (ad esempio) le conseguenze di un’interruzione delle operazioni di sterilizzazione della liquidità usata per l’acquisto delle obbligazioni sovrane dei Paesi in difficoltà: ciò significherebbe, col via libera tedesco, immettere denaro sul mercato per diversi miliardi di euro. Molto più ragionata, anche perché più agevole da realizzare, è invece l’ipotesi Abs finalizzata all’incremento dei flussi di credito bancari, tema sensibile per la Bce che si trova a registrare le mutate condizioni di volatilità del mercato interbancario, oggi influenzato dalle turbolenze valutarie dei mercati emergenti.

La perdita di liquidità sofferta dal sistema nell’ultima settimana (eccesso in quota 140 mld) è stata ben assorbita, come dimostra l’andamento in discesa dei tassi ai quali le banche scambiano denaro: col solo rialzo di venerdi 7 gennaio 2014, l’Euribor 3 mesi finisce allo 0,291%.

Gli operatori del Liffe, condizionati giovedi sia dalla decisione inattesa di mantenimento dello status quo sia dalla lettura dei buoni dati Pmi sull’indice composito e vendite al dettaglio della zona euro, hanno ricontrattato i futures e determinato increspature dei tassi previsti lungo tutta la scaletta che hanno raggiunto valori nell’ordine di 3 centesimi sul tratto breve e 7 sul tratto a medio termine.

Le stesse increspature sono state poi riassorbite venerdi, quando sono giunte notizie inattese sul calo della produzione industriale tedesca: il 7 febbraio 2014 la curva dei tassi previsti mantiene inalterato il proprio andamento e segnala l’Euribor 3 mesi in discesa a quota 0,265% per metà marzo; a partire da metà anno (minimo 0,24%) il tasso dovrebbe puntare verso l’alto con molta gradualità, considerato l’aumento atteso che ricondurrebbe sui livelli attuali per marzo 2015 (0,29%).

Ma i mercati emergenti non giocano un ruolo importante sul solo tasso variabile.

I ritardi che erano stati ipotizzati il mese scorso, quando venivano segnalate incertezze sulle (prevalenti) operazioni di realizzo del Bund, sono andati oltre le attese. Quella che sembrava a tutti una fase caratterizzata dall’inevitabile rialzo dei tassi si è trasformata, nel giro di un paio di settimane, in un periodo di ritorno alla logica del “rifugio” nei titoli emessi dai Paesi coi fondamentali più solidi.

Il processo di riduzione progressiva della propensione al rischio non è stato innescato tanto dai dati macro americani (Pmi Usa deludente, ma comunque venerdi disoccupazione in avvicinamento alla soglia sospirata del 6,5%), quanto da diffuse operazioni di vendita dei titoli relativi ai comparti azionari e obbligazionari rifiutati dagli investitori in uscita dai mercati emergenti: luogo finanziario tra quelli prescelti quando in passato il Quantitative Easing targato Federal Reserve forniva disponibilità in apparenza illimitate, oggi viene abbandonato ai primi tagli effettivi (e non semplicemente annunciati) del tapering graduale che avanza al ritmo confermato di altri 10 miliardi di dollari di acquisti mensili in meno fra titoli del Tesoro ed Mbs.

Gli acquisti, tornati a premiare la qualità, hanno cosi schiacciato il rendimento del Treasury a dieci anni a quota 2,66% e quello del decennale tedesco a 1,66%, senza per questo risparmiare il rendimento della carta emessa da Paesi meno centrali nell’area euro: ne è riprova il livello dello spread italiano, in lieve aumento sul finire di gennaio ma poi circoscritto in quota 203 (praticamente agli stessi punti base del differenziale di inizio anno).

Il trascinamento del Bund, inoltre, è stato agevolato dalla presenza di due fattori: la crescita economica dell’Eurozona, rivista al ribasso, e la relativa condizione dei prezzi eterogenea che in talune aree periferiche, tra cui la Grecia, segnala deflazione. La discesa locale dei prezzi, pertanto, accresce il rendimento reale dei titoli a tasso fisso rendendoli oggetto di ulteriori acquisti anche a fronte di rendimenti nominali bassi.

Al momento gli effetti dei realizzi che partono dagli Emergenti sono ancora oggetto di studio, ma si può ipotizzare che il Bund abbia raggiunto livelli prossimi al proprio rendimento minimo; a meno di una dinamica inflazionistica europea in ulteriore rallentamento, nelle prossime settimane l’Irs 10 anni dovrebbe mantenersi stabile attorno al fixing 1,9% del 7 febbraio 2014 con oscillazioni positive e negative che lo inquadrerebbero tra l’1,8% ed il 2%.

(per le attese della settimana prossima sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 14 febbraio 2014“)

(per le attese del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a marzo 2014“)

Previsioni Euribor e Irs a gennaio 2014

 

Il primo mese dell’anno non porta alcuna novità rilevante sul piano della politica monetaria europea: giovedi scorso la banca centrale ha deciso per gennaio, in linea con le attese, di mantenere sugli stessi livelli i tassi base (Refi confermato al minimo storico dello 0,25%) mentre, deludendo alcuni analisti, non ha fornito indicazioni per una nuova operazione straordinaria a sostegno della liquidità.

Le ragioni di tale atteggiamento di vigile attesa, presumibilmente, sono riconducibili alla disponibilità di liquidi nell’area Euro che mantiene accettabile la fiducia tra banche commerciali: gli scambi di denaro, nei valori medi del 10 gennaio 2014, hanno prodotto un tasso Euribor 3 mesi a quota 0,282%, secondo un andamento piatto che contraddistingue da inizio anno il parametro più utilizzato per l’indicizzazione dei mutui a tasso variabile.

A partire dalla metà del mese, tuttavia, potrebbe cambiare l’atteggiamento della Bce che monitora non solo l’inflazione, prevista ai bassi livelli attuali ancora per un periodo prolungato, ma anche la consistenza del “cuscinetto” di liquidità nel sistema in grado di proteggere i tassi da brusche variazioni: sui flussi di denaro, infatti, torneranno ad agire in negativo le restituzioni volontarie relative alle Ltro 2011 e 2012 (per oltre 2,5 miliardi di euro mercoledi prossimo), prudenzialmente sospese nel periodo festivo durante il quale l’eccesso di liquidi è tornato ad aumentare. Intanto nello stesso giorno in cui è stato confermato il relativo tasso zero, sono scesi a 50 miliardi di euro i depositi overnight presso Bce, dopo aver sfondato quota 90 nei giorni precedenti.

La seduta di giovedi sul mercato Liffe dei derivati è stata altrettanto incolore, caratterizzata da limature di 2 centesimi sul solo tratto breve. Il successivo giorno 10, dopo la diffusione dei dati Eurostat che hanno registrato una contrazione dello 0,3% su base annua dell’economia zona Euro nel terzo trimestre, non si sono manifestati cambiamenti per le scadenze di marzo e giugno prossimi (Euribor 3 mesi in salita sul fixing a 0,295% e 0,3%, rispettivamente) ma i tassi impliciti nei futures hanno restituito valori in ribasso che appiattiscono la curva delle attese sul tratto più lontano. In particolare, detti ribassi colpiscono le scadenze relative alla seconda parte dell’anno 2017 quando l’Euribor 3 mesi viaggerebbe verso quota 1,9%.

Se rimane predominante la figura della banca centrale americana su quella europea per il tasso fisso, questo non vuol dire che lo scenario sia rimasto invariato nel periodo festivo.

A dicembre lannuncio sull’avvio del tapering ha comportato l’ingresso in una fase che, da quando sono iniziate a maggio dell’anno scorso le vendite dei titoli benchmark, rappresenta il momento cruciale per l’inversione di tendenza dei tassi.

La spinta ricevuta dai futures sul Bund verso quota 139 a fine 2013, senza alcuna particolare influenza esercitata dalle aspettative inflazionistiche, indica la tendenza a rifiutare rendimenti tipici dei periodi risk-off alla cui base, prima ancora della ripresa europea e del graduale annullamento del rischio sistemico, sta la svolta nella politica della Federal Reserve.

Le attese del mese scorso avevano evidenziato una situazione di stallo che avrebbe tenuto stabili i tassi fissi almeno sino alla riunione del Fomc, organismo della Federal Reserve chiamato a decidere sull’avvio del programma di riduzione degli acquisti in titoli obbligazionari.

Fino al 18 dicembre le previsioni venivano confermate da un tasso Irs 10 anni mantenutosi su valori compresi tra 2,05% e 2,09% e successivamente all’annuncio di avvio della riduzione degli acquisti mensili, che pure rappresentava la soluzione meno probabile, non si verificavano situazioni di shock per il mercato obbligazionario nonostante i realizzi sui titoli ad alto rating.

Ciò è stato possibile grazie all’atteggiamento di Bernanke: molto attento a sottolineare che il tapering iniziava in maniera soft con la riduzione di soli 10 miliardi di dollari mensili, 5 relativi ai Treasury e 5 relativi ai bond legati ai mutui, il presidente ribadiva la politica dei tassi di interesse vicini allo zero e soprattutto l’adattabilità del piano di rientro alle mutevoli condizioni macro che, in caso di perdita dell’occupazione, porterà alla sospensione dello stesso programma.

La caratteristica di elasticità conferita all’azione Fed è piaciuta molto ai mercati ed ha consentito di riprendere a ritmo più sostenuto, ma senza scossoni, quelle operazioni di vendita delle obbligazioni governative (Irs 10 anni in prossimità di quota 2,2% tra fine 2013 e inizio ‘14) iniziate da mesi che soltanto con lo shut-down avevano conosciuto una battuta d’arresto. E con l’aumento dello yield americano, 3% a fine 2013 per il decennale, sarebbe stato impossibile collocare carta tedesca a meno di un adeguato innalzamento dei rendimenti passati a fine dicembre in quota 1,95%.

Il numero delle buste paga americane in crescita rallentata, meno della metà del dato in previsione, venerdi 10 gennaio 2013 (Irs 10 anni fissato a 2,14%) ha reso gli operatori più favorevoli all’ipotesi di sospensione del tapering e conseguentemente ha schiacciato il rendimento degli Usa a 2,88% spingendo nella stessa direzione, assieme ai numeri sul Pil da fonte Eurostat, il rendimento del decennale tedesco a 1,84%.

Il Bund, pertanto, rimane in zona vendita ma il percorso di salita dell’Irs 10 anni sembra subire qualche ritardo che lo colloca probabilmente tra il 2,15% ed il 2,25% per le prossime settimane.

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 17 gennaio 2014“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a febbraio 2014“)

Previsioni Euribor e Irs a dicembre 2013

Per l’ultimo mese dell’anno 2013 rimangono confermate le attese di mantenimento dei tassi base in Europa (Refi 0,25%) ma vengono delusi quanti si attendevano un’imminente operazione straordinaria a 9 o 15 mesi che avrebbe consentito al denaro della Bce di raggiungere l’economia reale. Le condizioni critiche di liquidità e di incertezza che condussero al varo delle ultime Ltro a 36 mesi, fortunatamente, non sussistono allo stato attuale né il direttivo della banca centrale è disposto ad assistere al ripetersi di operazioni di carry trade, sostanziatesi nel recente passato con l’acquisto di bond governativi finiti negli attivi di bilancio delle banche commerciali.

Le condizioni economiche dell’Eurozona continuano a denunciare una ripresa debole, mentre le previsioni di inflazione oltre il breve termine permangono saldamente ancorate al di sotto del cancelletto prefissato al 2%.

Come le evidenze del mese trascorso hanno pienamente confermato, lo strumento principale della politica monetaria, causa la vicinanza del tasso base allo 0%, avrebbe potuto agire poco o nulla a contrasto della lenta risalita dell’Euribor 3 mesi giunto al nuovo massimo dell’anno: fixing 0,248% in data 06/12/2013, quando l’entità della protezione rappresentata dall’eccesso di liquidità si è ridotta a circa 160 miliardi di euro. In assenza di programmi su nuove maxi iniezioni di liquidità e valutata la lieve revisione al rialzo del Pil 2014 (+0,1%) effettuata dalla Bce, giovedi scorso gli operatori del mercato Liffe hanno ricontrattato i derivati producendo increspature dei tassi previsti che sono andate ad aggiungersi a quelle scaturite dalla pubblicazione degli indici Pmi europei nella prima metà della settimana. I tassi impliciti nei futures del 6 dicembre 2013, a quota 0,285% sulla specifica scadenza di marzo 2014, delineano di nuovo una curva caratterizzata da un andamento iniziale piatto che, tradotto in termini di aspettative per coloro che pagano rate di mutuo a tasso variabile, indica una sostanziale stabilità nei pagamenti. L’Euribor 3 mesi supererà quota 1% nella seconda metà del 2016 e quota 2% nel primo trimestre del 2018.

La situazione di stallo delineata rafforza la centralità del ruolo giocato dalla Federal Reserve sul fronte dei tassi fissi.

Il mese passato le previsioni corrette dell’Irs 10 anni avevano prospettato un andamento orizzontale del tasso in oggetto, che poi ha mantenuto effettivamente una media giornaliera pari al 2,02% nelle quattro settimane passate ed un andamento uniforme se si escludono le ultime due sedute di giovedi e venerdi (fixing 2,10%) condizionate dai dati americani positivi riguardanti il settore manifatturiero, i beni durevoli, le operazioni di compravendita immobiliare, le auto, il Prodotto Interno Lordo ed il numero degli occupati.

Alla stabilità dell’Irs ha contribuito non solo la politica accomodante della Bce ma anche, in misura marginale, l’operato dell’agenzia di rating Standard & Poor’s: la conferma del miglior giudizio per la Germania ed il contestuale declassamento per l’Olanda hanno assicurato la continuità degli acquisti del Bund per quegli organismi di investimento del risparmio che si obbligano a selezionare titoli sovrani di affidabilità massima.

Chiusa la parentesi europea, l’attenzione torna ad essere puntata sulla Fed che, in presenza di un aumento dell’input lavoro, potrebbe dare inizio alla fase di drenaggio della liquidità in grado di innescare le aspettative rialziste già dal vertice del 17 dicembre. A ruota salirebbero rendimento del decennale tedesco e tassi Irs.

Al fine di conservare gli equilibri di bilancio altrimenti messi a rischio da un vigoroso rialzo dei rendimenti che farebbe perdere valore ai Treasury acquistati, la banca centrale americana ha già fatto sapere che i tassi di interesse rimarranno bassi anche con l’inizio del tapering: questa strategia, comunicata in anticipo e resa credibile ai mercati dalla presenza del futuro presidente Janet Yellen considerata “colomba” della politica espansiva ancor più di quanto sia stato Bernanke, condizionerebbe solo marginalmente il tratto a lungo della curva ma impedirebbe comunque una brusca salita dei tassi che possono essere stimati in crescita rispetto ai valori correnti nell’ordine dello 0,2% mensile, proprio come accadde all’Irs 10 anni dalla seconda metà di maggio alla seconda metà di giugno quando passò dall’1,6% all’1,8%.

Ma la reazione degli operatori ai dati dell’occupazione americana di venerdi, piuttosto significativa, suggerisce maggiore moderazione sulla tempistica delle aspettative al rialzo: il dato quantitativo, pure se in crescita, non ha centrato l’obiettivo disoccupati al di sotto del 6,5% e quindi è stato giudicato insufficiente a determinare la ferma presa di posizione delle autorità di politica monetaria a stelle e strisce. Tutto ciò ha generato cautela sostanziatasi nella conferma del rendimento del Treasury a 2,86% e nella lieve diminuzione del rendimento del Bund, sceso a 1,84% (-0,02%).

Pertanto se la Fed rimanderà al 2014 la decisione sul ritiro del programma di acquisto mensile di bond governativi, ipotesi al momento più probabile, le prossime settimane saranno caratterizzate da livelli stabili del tasso fisso Irs 10 anni attorno a quota 2,1% come da risultanze dei futures sul Bund segnalati sul mercato Eurex poco sopra quota 140.

(per le attese della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 13 dicembre 2013“)

(per le previsioni del mese prossimo sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a gennaio 2014“)

Previsioni Euribor e Irs a novembre 2013

Giovedi scorso, facendo uso dello strumento principale della politica monetaria per la seconda volta nell’anno, la Bce ha sorpreso la maggior parte degli analisti ma non quelli di Bank of America, Ubs ed Rbs che avevano correttamente previsto il taglio del Refi all’attuale 0,25% (meno venticinque punti base), nuovo minimo storico operativo da mercoledi prossimo che si accompagnerà al taglio (di pari misura) del tasso sulle operazioni marginali di rifinanziamento (0,75%) ed allo scontato mantenimento del tasso sui depositi (0%). Durante la conferenza, nel momento allegro delle Borse europee positive, al restringimento dello spread e al raffreddamento del cambio EurUsd, Draghi ha risposto che la manovra espansiva si fondava su dinamiche dei prezzi mutate rapidamente nel breve (inflazione sotto l’1%) ma sempre al di sotto della soglia 2% nel medio termine.

Gli operatori del mercato Liffe, al termine della seduta di giovedi, hanno reagito premurandosi di abbassare al di sotto del fixing giornaliero il tasso previsto per dicembre: tuttavia tale azione, quantificata con un differenziale inferiore ad appena due centesimi, ha denunciato la scarsa fiducia riposta nella manovra espansiva in merito alla relativa efficacia sulla riduzione della frammentazione, fenomeno negativo che fa patire il rischio-Paese alle banche solide, inserite nei contesti economici più svantaggiati dell’Europa, al momento dell’accesso al mercato interbancario.

Quindi venerdi, dopo che la fissazione dell’Euribor 3 mesi a 0,217% (8 novembre 2013) aveva prodotto un ribasso giornaliero di undici millesimi insolito per gli ultimi tempi, a Londra sono state confermate le attese di benefici limitatissimi per quanti si trovano a pagare rate di mutuo indicizzato al tasso variabile.

La curva dei tassi previsti in data 08/11/2013 ricalca quasi perfettamente la stessa della settimana prima: il tasso implicito di metà dicembre (0,215%) rimane incollato al fixing, i tassi a breve  perdono meno  di quattro centesimi (0,27% a giugno 2014) e nel medio periodo le increspature di inizio settimana, conseguenti alla lettura positiva dell’indice Pmi Markit legata alla ripresa europea, sono state in gran parte compensate dalle correzioni di giovedi e venerdi.

Sul fronte tassi fissi, all’opposto, il peso delle politiche monetarie Usa sembra prevalere sulle iniziative Bce.

Nelle prime due settimane di ottobre, secondo corrette previsioni, l’Irs si era mosso in un intorno di quota 2,10%: in particolare si era notato come la perdurante tendenza al rialzo aveva subito la correzione imposta dallo scampato default americano, quando l’accordo tra repubblicani e conservatori aveva trascinato al ribasso il rendimento del T-note, del Bund e quindi l’Irs di pari misura (prima 6 e poi 4 punti base in meno nell’arco di due sedute, col parametro usato per i mutui decennali finito a 2,14% il 18 ottobre scorso).

Ma poi le titubanze della Fed, alle prese coi segnali di ripresa dell’economia Usa non troppo convincenti che rimandavano la conclusione della fase iperespansiva tra gennaio e febbraio 2014 se non oltre, avevano inviato ai maggiori gestori internazionali di portafoglio un chiaro segnale nella direzione del rallentamento delle vendite iniziate in primavera nel comparto obbligazionario che, fino a questi giorni, continua ad impedire il decollo ai rendimenti dei benchmark americano e tedesco.

Sul Bund, trascinato dal Treasury, esercita effetto indirettamente la variabile del cambio Euro-dollaro che tanto più è forte, e tanto più comprime i rendimenti. Si osservi: sulla stessa variabile cambio agisce indirettamente la politica monetaria europea ed è bene sottolineare che il raggiungimento del cross (medio) 2013 a 1,32, compatibile con le previsioni Bce su crescita e inflazione, non ha rappresentato un fattore ostativo all’assunzione della decisione di novembre sul taglio al costo del denaro (supra). In altri termini, il cambio si conferma – di fatto! – non essere un obiettivo previsto dallo statuto Bce, per quanto il suo valore venga monitorato costantemente ai fini della stabilità dei prezzi e della crescita.

Tra giovedi e venerdi, infine, l’effetto schiacciamento sul rendimento del Bund causato dal taglio al tasso di interesse sulle operazioni principali è stato più che compensato dalle nuove vendite del Treasury decennale (+0,15%) sulla scia dei dati occupazionali Usa in sorprendente salita, tanto da indurre molti analisti ad aggiornare addirittura a dicembre l’inizio della riduzione della maxi iniezione di liquidità.

E’ evidente che se i prossimi dati sul lavoro non forniranno indicazioni pienamente persuasive il QE americano sarà destinato a durare in eterno, o meglio fino allo scoppio della bolla speculativa causata dalla droga monetaria.

In conclusione: le attese delle prossime settimane, con l’esclusione dell’inizio del tapering, indicano movimenti laterali del decennale tedesco che, contemperati con la lettura dei futures, porterebbero l’Irs 10 anni ad oscillare attorno a quota 2% con andamento stabile, sostanzialmente in linea col fixing di venerdi scorso (2,06%).

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 15 novembre 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a dicembre 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a ottobre 2013

Non è emersa alcuna novità dalla riunione del direttivo della Banca Centrale Europea ai primi di ottobre, quando è stata reiterata la volontà di mantenimento della politica accomodante finché necessario alla luce di prospettive di inflazione bassa anche nel medio termine.

Nessuna indicazione puntuale per una prossima operazione straordinaria di lungo termine, dato che le banche continuano a restituire volontariamente flussi soddisfacenti relativi al finanziamento straordinario a tre anni ricevuto nel 2011 e nel 2012 (7,675 miliardi di euro in rientro mercoledi prossimo) ed il livello di liquidità è ritenuto sufficiente (così si è espresso Christian Noyer della banca centrale francese); piuttosto è stato ribadito il fermo proposito di agire con tutti gli strumenti a disposizione (Refi confermato a 0,5% per il quinto mese consecutivo, in armonia con le previsioni) per evitare che l’incremento dei tassi sul mercato monetario possa scaturire in una spirale inflazionistica.

Tutto ciò ha contribuito a rendere ancora più flemmatico il mercato interbancario: nelle ultime tre sedute il movimento di un millesimo dell’Euribor 1 mese e dell’Euribor 3 mesi (fixing 0,225% del 4 ottobre 2013) ha riguardato anche le scadenze a 6 e 12 mesi, in perfetta sintonia con quanto si è verificato sul brevissimo nell’intero arco settimanale.

Neppure le contrattazioni sul Liffe sono state turbate nella giornata di mercoledi che ha fatto registrare variazioni inferiori ai due centesimi; quindi la lettura definitiva del dato Pmi Markit sul settore privato, positivo anche a settembre, ha contribuito a produrre increspature lungo il tratto a medio termine della curva dei tassi future sull’onda corta della ritrovata espansione economica. In data 04/10/2013 l’Euribor 3 mesi viene confermato a quota 0,27% per dicembre e visto sopra lo 0,5% per fine 2014.

Nelle ultime due settimane sono stati vissuti passaggi fondamentali per il destino del tasso fisso: la decisione inattesa (e per alcuni aspetti immotivata) della Federal Reserve di sconfessare sino al termine dell’anno la preannunciata exit strategy col mantenimento della politica di acquisto mensile dei Treasury, in risposta alle esigenze di contenimento del deficit americano più che alle condizioni economiche di moderata ripresa, ha spiazzato inizialmente i mercati. Mercati che invece non sono sembrati troppo turbati dal momento critico della politica italiana, al bivio tra la prosecuzione del cammino per le riforme sul lavoro e la soluzione dei problemi legati alle vicende personali di un leader partitico.

Il rendimento del governativo americano, sceso di circa 35 punti base, ha trainato al ribasso quello del Bund che dai ritrovati massimi estivi del 2% è sceso poi sotto l’1,8%, mantenendosi infine poco sopra quest’ultima soglia per diverse sedute.

Se la correlazione tra il titolo Usa ed il decennale tedesco dovesse confermarsi anche in futuro, la riduzione del Quantitative Easing rinviata di pochi mesi comporterebbe la conferma degli acquisti del Bund nel corso di una fase transitoria che non andrebbe oltre la fine dell’anno: come era stato affermato il mese scorso, i fattori in grado di accelerare o rallentare l’ascesa dei tassi fissi (e la Fed ha agito da freno) possono frapporsi solo temporaneamente al processo in atto da tempo basato sull’evoluzione delle variabili economiche.

Con l’Eurozona che trasmette quei segnali di maturità sintetizzati da Draghi nel concetto di “resistenza” (maggiore credibilità fiscale e più riforme strutturali grazie ai governi, programma Omt predisposto dalla Bce e progressi della governance europea nel 2012), la lettura dei futures sul mercato Eurex che segnalano il Bund poco sotto quota 140 non consente di ipotizzare una fase di inversione di tendenza per l’Irs 10 anni (fixing 2,16% in data 04/10/2013) ma un processo di stabilizzazione attorno a quota 2,10% per le prossime settimane.

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi dell’11 ottobre 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a novembre 2013“)