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Previsioni Euribor e Irs a settembre 2013

Fermo per tutta la settimana a quota 0,225%, l’Euribor 3 mesi è passato attraverso la decisione scontata della Bce di non modificare i tassi base (Refi 0,5%). Anche tutte le altre scadenze Euribor, fissate il venerdi mattina del 6 settembre 2013, sono rimaste invariate rispetto al giorno prima, segnale di grande tranquillità derivante dall’analisi di diversi fattori.

Tra questi il lieve incremento delle stime del Pil europeo e dell’inflazione per l’anno in corso non hanno impedito ai membri del direttivo di discutere un eventuale taglio al costo del denaro che – ha ribadito Draghi – rimarrà ai livelli attuali o inferiori finché sarà necessario. Al contrario, molte poche parole sono state spese per una manovra al rialzo.

Grande quiete anche per l’Euribor 1-2-3 settimane che chiude sugli stessi esatti valori di sette giorni prima.

E’ difficile ipotizzare scenari movimentati fino a quando la condizione sistemica di eccesso di liquidità non toccherà livelli inferiori agli attuali per circa 50 miliardi di euro, provocando condizioni di scarsità per alcune aree dove il prezzo del denaro scambiato tra banche potrebbe salire su ritmi consistenti: sul punto Draghi ha sottolineato che detto eccesso di liquidità, collegato alla frammentazione, non pone obblighi di intervento Bce al raggiungimento di un determinata soglia né può essere messo in relazione stabile con le operazioni straordinarie a 36 mesi.

I rimborsi Ltro, per la seconda settimana consecutiva, sono stati annunciati su livelli a nove cifre (5,905 miliardi di euro) e forniscono il loro contributo (non deterministico) alla riduzione della liquidità nelle casse Eurotower: i 78 miliardi nei depositi overnight di giovedi scorso continuano a trovarsi lontani da quel livello di guardia che spingerebbe il tasso sui depositi al di sotto dello 0% confermato anche per questo mese.

Tornando al parametro più usato per indicizzare i mutui a tasso variabile, mentre il tratto a breve dei tassi future riflette la tranquillità attuale del mercato interbancario e rimane stabile, prima i dati sul Pmi composito definitivo di agosto e poi la conferma delle stesse stime degli economisti Bce sulla crescita (per quanto sia stato rivisto da 1,1% a 1% il Pil 2014) producono increspature sul tratto a medio-termine della scaletta: l’Euribor 3 mesi, atteso a quota 0,27% a dicembre, dovrebbe salire a 0,44% a metà giugno dell’anno prossimo e superare quota 1% a settembre 2015.

I dati apprezzabili dell’economia nordamericana, segnalati in ultimo dall’indice Ism, fanno vendere le obbligazioni americane ed il rendimento crescente del Treasury continua a trainare al rialzo il Bund, per il quale alcune banche d’affari hanno già decretato ulteriori vendite in osservanza di quella strategia di riallocazione del portafoglio finalizzata all’acquisizione di titoli high yield.

Aiutato pure dai segnali di uscita dalla recessione che rischiarano tutta l’Eurozona ad eccezione dell’Italia, il rendimento del decennale tedesco si è mantenuto saldo nonostante l’escalation della crisi siriana: 1,95% al termine di questa prima settimana di settembre, ovvero +0,3% nell’ultimo mese durante il quale è tornato sopra quota 2% (ai massimi da marzo 2012). Lo scenario futuro appare tutto improntato alla salita del tasso fisso, anche se i tempi di realizzazione saranno accelerati o rallentati dalle soluzioni ai tanti interrogativi che incombono sull’autunno finanziario: lo stato di salute dell’economia americana e la connessa riduzione del programma d’acquisto dei titoli governativi (prossima riunione Fed il 18 settembre), l’eventuale attacco militare Usa, il prezzo del petrolio in salita, la tenuta del governo Letta (coi Btp nuovamente appaiati ai Bonos sul secondario), la pronuncia della Corte costituzionale tedesca sull’Omt, i “soliti” periferici Portogallo e Grecia.

Se nel mese di agosto l’Irs 10 anni ha mantenuto con una certa costanza un andamento in salita fino a quota 2,35%, poi scesa a 2,27% in data 6 settembre 2013, l’avvicinamento a quota 2,5% nelle prossime settimane sembra l’evoluzione più plausibile della quotazione relativa al parametro in questione usato per il calcolo degli interessi nei mutui a tasso fisso.

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 13 settembre 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a ottobre 2013“)

Previsioni Euribor e Irs: agosto 2013

Tassi invariati (ad agosto per decisione unanime dei membri del consiglio direttivo: Refi 0,5%) o addirittura in ribasso per un periodo indefinito a causa delle prospettive inflazionistiche moderate estese al medio termine. Coerentemente con la fiacchezza economica e le variabili monetarie monitorate, il board Bce non cambia l’atteggiamento adattivo manifestato il mese scorso, conferma le attese di mantenimento dei tassi base e forse delude chi si aspettava qualche indicazione in più alla luce della ritrovata ma debolissima ripresa del manifatturiero europeo.

L’Euribor 3 mesi, invariato nelle ultime tre sedute, chiude venerdi 2 agosto 2013 a quota 0,228% con un lieve guadagno settimanale, a differenza delle scadenze a 1 e 6 mesi che perdono un millesimo lungo il medesimo arco temporale. Tutte in discesa le scadenze dell’Euribor 1-2-3 settimane.

Il contesto descritto dalla Bce, oltre a favorire la stabilizzazione dei tassi interbancari, contribuisce a confermare le attese sugli stessi: giovedi scorso i tassi future sono rimasti quasi invariati per le scadenze fino a metà 2015, ed il copione si è ripetuto il giorno successivo (02/08/2013) quando i derivati negoziati a Londra hanno restituito tassi attesi in linea con quelli della settimana prima, come si nota dalla coincidenza delle curve. L’Euribor 3 mesi viene stimato in marginale rialzo dagli operatori del Liffe a quota 0,245% per metà settembre; a seguire, lievi increspature portano il parametro più utilizzato per l’indicizzazione dei mutui a tasso variabile oltre lo 0,3% per fine anno e sopra quota 0,42% per metà 2014.

Con la liquidità che resterà abbondante finché necessario, Draghi ha sottolineato che il problema frammentazione è stato risolto sul lato della raccolta ma permane su quello dei prestiti. In altri termini: la Bce ha fatto la sua parte; ora tocca alle imprese sollecitare le banche affinché concedano finanziamenti (ma volgarmente è un “cane che si morde la coda”) e spetta ai governi agevolare i contatti tra soggetti economici favorendo l’avvicinamento alle condizioni di libero mercato.

A luglio, grazie soprattutto all’intervento di Bernanke che ha esortato ad operare non più in funzione dell’intervento delle banche centrali ma in base delle condizioni dell’economia, si è iniziato ad assistere a manifestazioni di interesse sui titoli governativi guidate dal contesto macro-economico.

Certamente alcuni fattori di disturbo – la richiesta di rinegoziazione del piano di salvataggio per il Portogallo nella prima metà del mese, ad esempio – avevano alimentato gli acquisti dei titoli rifugio ma poi si è assistito ad un graduale aumento della propensione al rischio: il rendimento del Bund (1,65%) è tornato su livelli sicuramente più adeguati per un’attività di lungo termine che paga cedola a tasso fisso. Ciò avviene nel momento in cui si guarda all’exit strategy da una parte e dall’altra dell’oceano atlantico (temendo la connessa dinamica rialzista sui tassi fatta di azioni e reazioni) e si registra un differenziale ancora vistoso tra il rendimento del decennale tedesco e quello del Treasury americano (2,62%).

Ha influenzato le vendite del Bund (tasso Irs 10 anni di nuovo sopra quota 2%) anche la lettura dell’indice Markit europeo tornato a segnalare ripresa dopo due anni, come pure hanno giocato un ruolo per nulla disprezzabile il corollario delle Pmi italiane e i dati ultimi sulla disoccupazione in calo negli Usa.

Sempre in considerazione di quelle operazioni di riallocazione del portafoglio che da circa un anno conducono ad aumentare il peso dei titoli a più alto rendimento a scapito degli investment grade, e se ad agosto gli Stati meno virtuosi dell’Eurozona in termini di politiche di bilancio non riserveranno spiacevoli sorprese, adesso non sembra essere presente alcun fattore capace di arrestare le vendite del governativo tedesco che spingono le aspettative dell’Irs 10 anni in aumento verso quota 2,1%.

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 9 agosto 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a settembre 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a luglio 2013

Stavolta sono piaciute a tutti i mercati le parole del governatore Draghi che non ha quantificato, né qualificato, i tempi per l’avvio della exit strategy ma ha voluto mettere in chiaro l’atteggiamento adattivo della Bce alle (sinora deboli) variabili oggetto di controllo: la crescita economica, le masse monetarie ed i flussi di credito, l’inflazione. Ciascuno di questi indicatori segue una propria dinamica evolutiva, differenziata per regione e settore economico, e ad ogni indice i membri del consiglio direttivo (che ha lasciato i tassi base invariati anche a luglio: Refi 0,5% per decisione unanime) attribuiscono importanza soggettivamente ai fini di un’eventuale scelta espansiva che, in caso venisse effettuata, si ritiene sarà operativa passato il mese di agosto.

Non solo il fixing dell’Euribor 3 mesi del 5 luglio 2012 ha beneficiato scendendo a quota 0,217%, ma anche le altre scadenze hanno sterzato verso il basso; comportamento analogo sul brevissimo, dove l’Euribor 1 settimana è tornato a quota 0,093%.

Analogamente giovedi scorso lievi ribassi giornalieri, da 4 a 6 centesimi, hanno colpito le previsioni delle scadenze Euribor 3 mesi relative alla seconda metà 2013 ed il giorno dopo, venerdi 5 luglio, i tassi impliciti nei derivati hanno proseguito a scendere fino a metà 2015: nel complesso della scaletta paragonata alla stessa di sette giorni prima, si registrano variazioni di segno opposto comprese tra 11 e 12 centesimi sulle quali ha avuto peso anche il miglioramento degli indicatori della produzione industriale nell’Eurozona (Markit).

Il parametro più usato per l’indicizzazione dei mutui a tasso variabile è visto praticamente stabile con lo 0,22% di settembre 2013 – ad indicare una delle due soluzioni citate da Draghi relativamente alla politica accomodante finché necessario, con tassi fermi o in ribasso – ed in salita a 0,27% per metà dicembre.

Un secondo fattore è risultato di gradimento ai mercati: Draghi ha rivendicato autonomia decisionale affermando che la politica monetaria Bce non dipende dalle manovre della Fed ma reagisce alla volatilità dei prezzi.

Quanto ci possa essere di vero, ovviamente, sarà noto solo al momento in cui verranno operate determinate scelte, ma per ora anche la sola strategia comunicativa è riuscita ad arginare il rialzo dei rendimenti sui mercati obbligazionari che, a seguito della manifestazione delle intenzioni provenienti dalla banca centrale Usa, avevano scatenato ondate di vendite per i Treasury e per tutti i governativi europei core e periferici.

Il nervosismo caratterizzante le ultime settimane ha spazzato via i movimenti binari (su un mercato dove la banca centrale è divenuta market mover) ed ha fatto tornare la correlazione tra Bund e obbligazionari del sud-Europa nell’ottica della ricerca del fair value e della ritrovata prevalenza del rischio tassi sul rischio emittente.

La probabile interruzione della politica ultra-espansiva americana per il mese di settembre e la decisione della Corte costituzionale tedesca che porrebbe condizioni sul programma Omt per il fondo salva-Stati, prevista per lo stesso periodo, in questo momento non rappresentano fattori in grado di condizionare con forza l’andamento dei titoli: nelle prossime settimane il Bund dovrebbe mantenersi sugli attuali livelli di prezzo e quindi l’Irs 10 anni, pur caratterizzato da oscillazioni più significative del solito, dovrebbe mantenersi stabile su valori prossimi al fixing 2,02% del 5 luglio 2013.

Le possibilità di una nuova fase ribassista del tasso fisso, al contrario, si legherebbe al ritorno della divergenza tra rendimento del decennale tedesco e dei titoli periferici causata dal riaffacciarsi della crisi negli Stati sovrani della Grecia e forse del Portogallo.

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 12 luglio 2013“)

(per le previsioni del mese prossimo sui tassi fissi dei mutui e delle obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs: agosto 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a giugno 2013

La Banca centrale europea, almeno per questo mese, ha deciso di non usare alcuna tra le misure ordinarie o straordinarie a sua disposizione per contribuire a migliorare la situazione economica e finanziaria.

E’ quanto emerge dall’ultima soporifera conferenza stampa a margine della riunione del direttivo che ha confermato tutti i tassi (decisione non unanime sul minimo storico del Refi allo 0,5%; rifinanziamenti marginali 1% e depositi 0%) dopo aver rilevato il Pil in contrazione e l’inflazione all’1,4% per il 2013.

La decisione non poteva essere considerata scontata se poi le Borse europee hanno virato in negativo e lo spread italiano si è allargato, a meno di non voler attribuire eccessiva importanza alle ignorate misure straordinarie (tra le quali il “complicato” piano Abs): il tasso sui depositi, qualora fosse stato ridotto al di sotto dello zero, avrebbe inciso su utilizzi sempre meno consistenti (87 miliardi di euro giovedi scorso, con l’altra voce di bilancio Bce dei conti correnti a quota 292 miliardi).

Qualcosa degno di nota, comunque nella limitatezza di variazioni che non indicano tensioni fra istituti, è accaduto pure sull’interbancario (caratterizzato da eccesso di liquidità attorno ai 270 miliardi di euro) dove l’Euribor 3 mesi, congelato da sette sedute consecutive allo 0,2%, ha subito un’increspatura di 3 millesimi (0,203% venerdi 7 giugno); ed anche sul mercato Liffe, dopo la decisione Bce, i tassi impliciti nei futures sull’Euribor 3 mesi sono tutti saliti sopra il fixing a partire dalla scadenza di metà giugno.

Gli operatori di Londra, in data 07/06/2013, si attendono che il parametro sorpassi quota 0,25% per settembre prossimo e, proseguendo nel trend di sola salita, raggiunga quota 0,32% per fine anno.

Le misure straordinarie, secondo le parole di Draghi, non sono necessarie al momento perché parte della liquidità immessa nel 2012 si trova ancora nel mercato ed è positivo che le restituzioni continuino a realizzarsi (mercoledi prossimo rimborsi delle Ltro 2011 e 2012 per meno di 3 miliardi di euro).

Sviluppi imprevisti anche sul fronte tassi fissi. Le stime del mese scorso sulla prosecuzione della fase positiva del Bund sono state disattese quando si è presentato l’effetto congiunto di due fattori: la differenza molto sostanziosa tra la ricchezza generata dall’economia reale e quella registrata dai mercati finanziari da un lato; il messaggio della Federal Reserve che ha lasciato intuire la futura riduzione degli stimoli monetari dall’altro.

La reazione immediata di Tokyo (-7,3%), col suo indice calibrato su aziende orientate all’export, ha dato idea della velocità con cui gli speculatori internazionali (hedge fund) sono pronti ad abbandonare un mercato dove è in atto lo scoppio di una bolla.

Ma anche la fine della corsa ai titoli high yield deve suggerire qualcosa.

In sostanza ad alcuni investitori è giunto il messaggio che non è possibile acquistare ogni genere di attività come era accaduto il mese prima, ma occorre comprare titoli adottando criteri selettivi. E tra questi, sicuramente, la redditività del Bund misurata in termini reali praticamente a zero ha suggerito di cedere il decennale tedesco ed accorciare la durata media finanziaria del portafoglio.

Venuto meno il paradosso secondo cui titoli rischiosi vengono acquistati grazie alla copertura delle politiche monetarie espansive necessarie a rispondere alla crisi economica, si è assistito all’innalzamento del rendimento non solo dei periferici ma anche del Bund e alla crescita dell’Irs 10 anni fino a quota 1,81% (fixing 7 giugno 2013).

La fase attuale si caratterizza per elevato nervosismo e volatilità, e non a caso la Fed ha messo in chiaro che lancerà messaggi espliciti ai mercati attraverso la riduzione graduale degli acquisti in titoli federali scambiati con moneta stampata.

Il QE americano troverà interruzione fra alcuni mesi, ma nel frattempo il Bund potrebbe tornare ad essere iper-acquistato per due motivi: l’approssimarsi della decisione della Corte costituzionale tedesca sul programma Omt, i cui contenuti potrebbero rivelarsi disallineati rispetto ai principi del progetto europeista, ed il dubbio che alcuni investitori possano aver manifestato un comportamento troppo reattivo in occasione dell’uscita dai titoli rifugio.

Se le ultime ragioni dovessero dimostrarsi fondate, nelle prossime settimane l’Irs 10 anni potrebbe nuovamente tornare a scendere avvicinandosi a quota 1,5%.

(per le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 14 giugno 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi dei mutui: “Previsioni Euribor e Irs a luglio 2013“)

Previsioni Euribor e Irs a maggio 2013

L’inflazione in decisa contrazione all’1,2% annuo ad aprile, ben al di sotto della soglia di intervento, e la caduta degli indici di produzione che fotografano la crisi europea a partire dal cuore manifatturiero tedesco sono stati determinanti a maggio per decidere (con voto non unanime) il taglio del tasso Refi di un quarto di punto (0,5%), il taglio di mezzo punto percentuale per i finanziamenti giornalieri di emergenza (1%) ed il mantenimento del tasso sui depositi a zero, ovvero quella modifica del “corridoio” che prelude ad un successivo intervento sui tassi negativi da diverso tempo oggetto di studio per la Bce. Non si tratterebbe di un provvedimento risolutivo per finanziare l’economia reale dei Paesi periferici, considerato che l’80% del denaro attualmente custodito presso la Bce (giovedi depositi overnight a 110 miliardi di euro e conti correnti a 308 mld) proviene dall’Europa virtuosa, ma sarebbe comunque un valido strumento da affiancare ad altre iniziative (sub).

La manovra convenzionale, ritenuta dal direttivo come la più efficace per gli stimoli all’investimento, servirà agli istituti per ricapitalizzare, ovvero ridurre le sofferenze da crediti che costituiscono la principale causa di avversione al rischio per le banche commerciali: rappresenterebbe quest’ultimo il fattore impeditivo dell’offerta di finanziamento a imprese e consumatori sul quale incidere per rendere trasmissibile la politica monetaria (che rimarrà accomodante finché necessario, col prolungamento fino a metà 2014 delle aste trimestrali a liquidità illimitata). A breve saranno disponibili ulteriori strumenti non convenzionali come l’acquisto di crediti cartolarizzati da piccole-medie imprese e società finanziarie, per i quali occorre ancora stabilire la corretta fissazione del prezzo.

Prima della decisione del direttivo Bce le posizioni di molti analisti erano apparse discordanti, e sullo stesso Liffe non avevano trovato spazio evidenze inequivocabili. E ancora venerdi 3 maggio, il giorno dopo la correzione seguita all’annuncio di Draghi, si sono manifestate increspature (lungo tutta la scaletta da 2 a 12 centesimi) che denunciano la debole efficacia con cui l’iniziativa Bce si tradurrà nell’abbattimento dell’Euribor 3 mesi: atteso a quota 0,18% per fine giugno, il parametro consentirà agli istituti commerciali di scambiare denaro a costi poco inferiori agli attuali quand’anche dovesse realizzarsi un ulteriore taglio di un quarto di punto l’estate prossima. Gli operatori di Londra stanno acquisendo informazioni dalla caduta del fixing dell’Euribor 3 mesi (0,201% il 3 maggio 2013) quantificata in appena 6 millesimi contro i 92 che erano seguiti all’annuncio del precedente taglio nel luglio 2012. Sul brevissimo, in particolare, i tassi sono schiacciati sotto lo 0,1% già da molti giorni e non dovrebbero subire ripercussioni.

Se limitato dovesse dimostrarsi effettivamente l’impatto del taglio sui tassi interbancari, allora ancor più limitata sarebbe l’influenza della stessa manovra sul tratto iniziale della curva dei tassi a medio-lungo termine.

La decisione dei membri del consiglio direttivo, certamente consapevoli della logica prociclica che si realizza quando il rischio dell’attivo di bilancio delle banche si identifica col rischio-Paese, si deve anche all’esistenza di regole stabilite con gli accordi di Basilea che impongono alle banche di accantonare capitale in funzione dei prestiti erogati. Sinora l’acquisto di obbligazioni pubbliche è stato perseguito dalle banche non solo per ottenere profitti (raggiunti con maggiori rischi), ma anche per soffrire un minor dispendio di costoso capitale.

Tuttavia non sembra questo il momento della preoccupazione per i titoli di Stato, anzi lo scenario di mercato appare surreale: nonostante il contesto recessivo rimanga sostanzialmente lo stesso da molti mesi, persino aggravato dall’uscita dalla crisi rinviata al 2014, la liquidità pompata nel sistema da politiche monetarie ultraespansive attuate dalle più importanti banche centrali mondiali (unico esempio di moderazione la Bce che non stampa moneta per statuto) consente agli investitori di scommettere sul binomio della liquidità facile e delle politiche fiscali di prossima realizzazione in grado di assicurare crescita nel medio-lungo periodo. Tutto il resto diviene trascurabile, persino l’ostruzionismo della Bundesbank e della Corte costituzionale tedesca sul programma Omt o la fragile intesa politica che ha condotto alla formazione del Governo italiano (spread a 256 punti base).

Questa fiducia in apparenza incrollabile (almeno fino al momento in cui le banche centrali non inizieranno a drenare liquidi facendo scoppiare una bolla colossale) ha fatto sì che da aprile aumentassero i prezzi delle azioni europee, delle obbligazioni corporate (anche “spazzatura”) e delle obbligazioni pubbliche tutte, sia quelle emesse dai Paesi periferici e acquistate per motivi speculativi che quelle emesse dall’Europa core e comprate per l’opposto bisogno di protezione. Alla discesa dei rendimenti su durata decennale dei Btp (3,8%) e dei Bonos (4,02%) si è associata la caduta in prossimità dei minimi storici del rendimento dei Bund (venerdi rimbalzati a 1,24%), segnale di aggravamento del rischio sistemico che ha trascinato al ribasso l’Irs 10 anni in prossimità di quota 1,5% (come era stato correttamente anticipato il mese scorso).

I primi risultati positivi sull’occupazione giapponese e la conferma del quantitative easing americano lasciano intendere che la liquidità continuerà ad affluire sull’Europa e a riversarsi praticamente su tutte le attività esistenti: i derivati del mercato telematico Eurex segnalano un decennale tedesco che, sempre in grado di attirare attenzione, potrebbe vedere livellato il proprio rendimento verso quota 1% al quale farebbe riscontro un tasso Irs 10 anni, anch’esso in discesa nel corso del mese, nelle vicinanze di quota 1,4%.

(le previsioni della prossima settimana sui tassi variabili per mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 10 maggio 2013“)

(per le previsioni del prossimo mese sui tassi fissi dei mutui: “Previsioni Euribor e Irs a giugno 2013“)

Previsioni Euribor e Irs: aprile 2013

Per il nono mese consecutivo, e come da attese implicite nei futures sul mercato Liffe, ad aprile i tassi di interesse dell’Eurozona sono rimasti invariati (Refi 0,75%) per lasciare possibilità di intervento alla Bce nelle occasioni successive, quando si teme che la crescita economica potrà risultare ancora più debole dell’attuale, deludente persino nei Paesi core.

La decisione (non unanime) dei membri del consiglio direttivo è maturata dopo la valutazione del dato di marzo sull’inflazione che, in calo all’1,7%, erode in misura sempre più esigua il rendimento dei titoli degli Stati virtuosi, ultimamente acquistati da investitori possibilisti sulla disgregazione dell’Europa. Se non con il ritorno al Marco tedesco, difficile spiegare altrimenti il comportamento di chi mette nel paniere Bund decennali tornati sui livelli di rendimento di metà luglio 2012 – ovvero in perdita in termini reali.

Essenzialmente di matrice politica, di fatto, il problema che alcuni giorni fa era scaturito dal piccolo Stato di Cipro (e forse domani dalla Slovenia?) ed aveva diffuso la paura del contagio tra istituti bancari: al cessato pericolo, i tassi attesi dagli operatori di Londra sono progressivamente diminuiti per allinearsi al fixing 0,21% dell’Euribor 3 mesi del 5 aprile 2013. Le scadenze di giugno e settembre prossimi, rispettivamente, segnano con 0,215% e 0,23% valori che rappresentano il tratto iniziale di una curva appiattita dall’abbondante liquidità in essere, ovvero fornita al sistema bancario dell’Eurozona a tasso fisso e volume illimitato dalla Bce sempre pronta a “mascherarne” i possibili difetti, e abbassata per effetto della perdurante crisi economica.

Complice la stessa politica accomodante dell’istituto centrale che ha stabilizzato l’Euribor 3 mesi questa settimana ed ha fatto aumentare di un solo millesimo la quotazione della scadenza mensile, continuano a non produrre variazioni sul mercato interbancario i rimborsi di liquidità degli istituti di credito europei in programma mercoledi prossimo: con valori già da tempo assestati verso il basso, suggeriti dal clima di incertezza per il trascinamento di questioni varie tra le quali lo scenario politico italiano instabile, il giorno 10 saranno restituiti 4,092 miliardi di euro dei 489 erogati in occasione della Ltro 2011 e 3,972 miliardi dei 529 erogati con la Ltro 2012.

Un’idea della situazione attuale di stallo viene suggerita anche dalla condizione persistente di eccesso di liquidità nel sistema, così come segnala l’utilizzo dei depositi overnight presso Bce e dei conti correnti: rispetto alla settimana scorsa, il totale registrato giovedi è rimasto stabile a 469 miliardi di euro. Sempre giovedi spread Euribor-Ois a 13,3 punti base.

Nel corso del mese passato le previsioni di una fase di attesa degli sviluppi della situazione politica, e connesso congelamento della propensione al rischio, si sono deteriorate velocemente con la vicenda Cipro: la relativa soluzione imposta dal dictat tedesco ha lasciato bene intendere che la tolleranza dei Paesi virtuosi ad accollarsi il debito altrui è nulla, ma soprattutto che l’Europa è entrata definitivamente nella fase cruciale della propria crisi identitaria politica. Governanti incapaci di fornire spunti validi per l’uscita dalla crisi economica iniziano a tirare le conclusioni circa un progetto che, nato per contenere inflazione e tassi, presenta controindicazioni impulsive se, come denunciato da Draghi, non trovano sufficiente attuazione le riforme strutturali nei Paesi dell’Eurozona.

Manifattura e servizi sempre più depressi, regole del patto fiscale che ostacolano la pubblica amministrazione italiana nell’assolvimento dei propri obblighi verso le imprese creditrici e (rinnovata) lettura di dati diametralmente opposti fra bilanci pubblici e ricchezza privata, nella distinzione tra Paesi virtuosi abitati da poveri e Stati periferici con cittadini ricchi, sospettati di evasione fiscale, da colpire col prelievo forzoso sui conti correnti: ne esce alimentata l’avversione al rischio che è tornata a deprimere il rendimento dei titoli rifugio tedeschi (1,21%) e a spingere al minimo storico quello delle obbligazioni francesi (1,78%). Sorprendentemente, però, gli spread periferici sono diminuiti perché gli acquisti di Btp e Bonos giungono da altre parti del mondo – Giappone, anzitutto, con la debolezza dello yen ben correlata alle operazioni di acquisizione del debito italiano – dove le politiche espansive che comportano la possibilità di stampare moneta rendono praticabile la speculazione sulla carta più a rischio.

Fino a quando la linea guida sarà l’austerità della Germania, prevalente sulla linea francese della crescita che al momento non viene appoggiata dall’Italia, è lecito tornare a prefigurare lo scenario del 2012 nella speranza che i mercati non intendano mettere alla prova l’efficacia del programma Omt; nel frattempo la ricerca della qualità nei Bund spingerà al ribasso l’Irs 10 anni verso quota 1,5%, al di sotto dell’attuale fixing.

(per le previsioni sui tassi variabili dei mutui della settimana prossima: “Previsioni Euribor 3 mesi del 12 aprile 2013“)

(per le attese del mese prossimo sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a maggio 2013“)