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Fondo solidarietà mutui per acquisto prima casa: dal 15 novembre 2010 le domande per la sospensione delle rate

Le famiglie in difficoltà col pagamento delle rate possono contare finalmente sull’istituzione del Fondo di solidarietà per i mutui finalizzati all’acquisto della prima casa – riferimenti normativi alla legge 24 dicembre 2007 n° 244, art. 2, commi 475 e seguenti, al Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n° 132 del 21 giugno 2010 pubblicato su G.U.R.I. n° 192 del 18 agosto 2010, e al decreto del Direttore Generale del Tesoro del 14 settembre 2010 con cui è stato individuato nella CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A.) il Gestore del Fondo.

Al verificarsi di un accadimento fra quelli espressamente elencati, e qualora i soggetti titolari del mutuo fossero in possesso di determinati requisiti, in aggiunta al sollevamento dall’obbligo di corrispondere gli oneri finanziari e notarili scatterebbe la sospensione – fruibile al massimo due volte e fino a 18 mesi complessivi – del pagamento delle rate per quelle famiglie che si avvalessero del Fondo sino ad esaurimento delle risorse stanziate, e sempre che le stesse famiglie non abbiano già usufruito dei benefici di misure similari ed incompatibili con la presente (non così per il “Piano Famiglie” dell’Abi  http://www.questidenari.com/?tag=piano-famiglie partito a febbraio 2010 e cumulabile con l’attuale misura).

La legge, con riferimento alla rata di mutuo, prevede che la sospensione possa essere richiesta anche da coloro che sono già in ritardo col pagamento delle rate pregresse (così incluse nel periodo di sospensione), purché non abbia avuto inizio il procedimento esecutivo con la notifica dell’atto di pignoramento, e dispone in particolare che:

–        venga sospesa la corresponsione della quota capitale della rata (ovvero il denaro da restituire alla banca), poi versata a fine piano di ammortamento del mutuo;

–        la quota interessi della rata venga scissa in due parti di cui la prima, basata sul parametro preso a riferimento come l’Euribor per i mutui a tasso variabile e l’Irs per i mutui a tasso fisso, rimane a carico del Fondo, mentre la seconda, costituita dallo spread (guadagno per la banca), è corrisposta dal mutuatario. Secondo stime iniziali, residuerebbe a carico del beneficiario un esborso mensile compreso tra i 40 ed i 70 euro.

I requisiti soggettivi di cui deve essere in possesso il beneficiario sono i seguenti tre, tutti sussistenti al momento della presentazione della domanda in capo anche ad uno soltanto dei cointestatari del mutuo:

–        proprietario dell’abitazione principale, sita sul territorio nazionale e per la quale è stato erogato il mutuo, non rientrante nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (ovvero l’immobile non deve essere di lusso);

–        titolare di un mutuo di importo erogato non superiore a 250.000 euro con ammortamento in corso da almeno un anno (tempo da computarsi al netto dell’eventuale periodo di pre-ammortamento);

–        ISEE (Indicatore Situazione Economica Equivalente: http://www.questidenari.com/?tag=isee) del nucleo familiare non superiore a 30.000 euro.

E’ da ritenersi compreso nella presente misura il mutuo erogato per portabilità tramite surroga ai sensi del D.L. 7/2007 convertito dalla legge 40/2007, quando al momento della surroga l’importo non fosse superiore a 250.000 euro e sempre che l’evento da cui è scaturita la temporanea impossibilità di provvedere al pagamento si sia verificato successivamente alla data di surrogazione del mutuo. Parimenti è da ritenersi compreso il mutuo oggetto di cartolarizzazione o rinegoziazione con la stessa banca.

E’ da ritenersi escluso, invece, il mutuo accordato ai soggetti assicurati con polizza contro il rischio di insolvenza determinata dal verificarsi degli eventi impeditivi previsti dalla misura (sub), se la copertura assicurativa è attiva al momento della sospensione.

Ai fini della sospensione deve essersi verificata – successivamente alla stipula del mutuo – almeno una tra le seguenti cause impeditive (in ordine alle quali è necessario produrre la relativa documentazione):

–        perdita del posto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (lettera di licenziamento) o a termine del contratto di lavoro parasubordinato o assimilato (copia del contratto), con assenza del nuovo rapporto lavorativo non inferiore a tre mesi (dichiarazione dello stato di disoccupazione resa dall’interessato al Centro per l’impiego ai sensi dell’art. 2 D.Lgs. 21/04/2000, n°181);

–        morte (certificato di morte) o insorgenza di condizioni di non autosufficienza di uno fra i componenti il nucleo familiare domiciliato nell’abitazione del beneficiario (certificato rilasciato dalla commissione istituita presso l’ASL competente per territorio), nel caso in cui lo stesso componente percepisca redditi per almeno il 30% del reddito imponibile complessivo del nucleo familiare ISEE (autocertificazione attestante la domiciliazione del componente il nucleo familiare presso l’abitazione del mutuatario; documentazione dalla quale risulti il reddito imponibile del componente il nucleo familiare ISEE);

–        pagamento di spese mediche o di assistenza domiciliare per importo non inferiore a 5.000 euro all’anno (fatture attestanti le spese mediche sostenute; copia del contratto di assistenza domiciliare da cui ricavare l’importo delle prestazioni fruite nell’anno precedente la data di presentazione della domanda; copia della documentazione relativa all’avvenuto assolvimento degli obblighi contributivi; certificato di “stato di famiglia”);

–        spese di manutenzione straordinaria, ristrutturazione o adeguamento funzionale dell’immobile oggetto del mutuo, sostenute per un importo non inferiore a 5.000 euro (fatture rilasciate dall’impresa attestanti le spese sostenute e recanti la descrizione dell’intervento effettuato sull’immobile; nel caso di spese riferibili a condomini: delibere assembleari di riparto delle spese e dichiarazione dell’amministratore dell’immobile; certificato di “stato di famiglia”).

Si precisa che in caso di false attestazioni la CONSAP provvede alla revoca delle agevolazioni e trasmette gli atti all’Autorità Giudiziaria, obbliga il beneficiario a rimborsare al Fondo gli interessi legali e la somma corrisposta alla banca, rivalutata secondo gli indici ISTAT di inflazione, e – in caso di mancato adempimento – recupera la somma dovuta avvalendosi anche della procedura di iscrizione a ruolo.

Tra le osservazioni possibili, in questa fase precedente le operazioni di richiesta sospensione, vi sono quelle che derivano dal paragone con il piano Abi per le famiglie derivato dall’accordo con le associazioni di consumatori: di natura temporanea quest’ultimo, in scadenza al prossimo 31 gennaio, il Fondo solidarietà ha carattere di durata nel tempo che deriva dalla legge, ed inoltre fa riferimento (ad es.) anche all’anno 2008 – escluso dall’accordo Abi – durante il quale potrebbe essersi verificata la perdita del lavoro dei mutuatari.

Inoltre, le cause di impedimento temporaneo per l’adesione al Fondo comprendono anche problemi legati al sostenimento di spese mediche, ovvero ampliano la fattispecie prevista, così come l’introduzione del parametro ISEE consente l’ottenimento del beneficio per ulteriori categorie fra cui artigiani e commercianti (contribuenti detti “al minimo”).

Il Fondo non è destinato alle aziende (per le quali esiste la moratoria Abi, ancora attiva).

Riguardo all’iter istruttorio e ai tempi di ottenimento della sospensione, la domanda del beneficiario viene controllata formalmente dalla banca che poi informa la CONSAP; quest’ultima, una volta concesso il nulla osta, consente alla banca di comunicare l’esito al beneficiario, e la sospensione si attiva entro i 30 giorni successivi a detta comunicazione. Ciò significa che l’effettiva sospensione delle rate, probabilmente, avverrà solo a partire dai primi mesi del 2011 (fonte: Radio24, Salvadanaio – puntata del 29/10/2010).

Ulteriori approfondimenti sul sito web del Dipartimento del Tesoro – da cui è possibile scaricare la modulistica da presentare in banca per l’adesione a partire dal 15 novembre 2010 – all’indirizzo www.dt.tesoro.it.

Accertamento sintetico e redditometro secondo il DL 78/2010 convertito nella legge 122

Il redditometro è lo strumento utilizzato per eseguire una specie di accertamento fiscale che rientra nel più ampio genere dell’accertamento sintetico.

Dato che la finalità dell’accertamento sintetico è quella di determinare il reddito delle persone fisiche – attraverso un procedimento induttivo fondato su fatti ritenuti certi individuati nelle spese sostenute – si giunge a quantificare il reddito complessivo del contribuente sulla base degli atti dispositivi, anziché sulla base delle fonti di guadagno.

Tra di essi, saranno tenuti in considerazione:

–        le spese di locazione, il possesso di abitazioni, i consumi di energia elettrica e gas, i mutui per gli immobili

–        le auto, i motocicli, i natanti, gli aerei ed il leasing/noleggio di auto per i mezzi di trasporto

–        i viaggi turistici ed i centri benessere per il tempo libero

–        i movimenti di capitale, le assicurazioni ed i contributi previdenziali dei lavoratori domestici per le altre voci.

La novità più interessante introdotta dal D.L. 78 riguarda la presunzione relativa, con onere probatorio a carico del contribuente, su cui si fonda l’accertamento sintetico: il reddito posseduto in un determinato periodo d’imposta “finanzia” le spese sostenute nel corso del medesimo periodo d’imposta. Detta presunzione legale può essere confutata se il contribuente, in possesso di atti certi, prova che il finanziamento delle spese si è realizzato con redditi relativi a precedenti periodi d’imposta, ovvero con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o con liberalità.

A far procedere con l’accertamento basato sul redditometro sarà sufficiente la “non congruità” tra reddito e spese verificatasi anche per un solo periodo d’imposta ed uno scostamento tra reddito accertato – ovvero determinato presuntivamente – e dichiarato pari ad 1/5. Con le novità introdotte per la lotta all’evasione fiscale (http://www.questidenari.com/?p=2657) è stata abrogata la previsione che teneva in considerazione gli incrementi patrimoniali in base al reddito degli ultimi 5 anni.

Si attende il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze per conoscere il “contenuto induttivo degli elementi di capacità contributiva” necessario ad operare la rettifica del reddito, estrapolato dall’analisi di campioni di contribuenti differenziati per composizione del nucleo familiare e zona geografica di residenza.

Prima di emettere l’accertamento, l’ufficio dovrà invitare il contribuente a fornire dati e notizie rilevanti, e quindi attivare l’accertamento con adesione tramite contraddittorio.

Le disposizioni ultime trovano applicazione a partire dal periodo d’imposta 2009.

(per le definizioni di leasing fornite da OIC, IAS, codice civile, Legge, Circolari Banca d’Italia, Risoluzione Agenzia delle Entrate e pronunce della Cassazione si legga http://www.questidenari.com/?p=3379)

(per le novità di fine 2010 sul nuovo redditometro si legga: http://www.questidenari.com/?p=3410)

Rid Ordinario, Rid Veloce e Ri.Ba. per le imprese: le novità PSD del 5 luglio 2010

La data del prossimo lunedi 5 luglio segna la piena entrata in vigore della direttiva 2007/64/CE – PSD, recepita dal D.Lgs. 11 del 27 gennaio 2010 (http://www.questidenari.com/?p=2738).

L’Abi ha fornito le indicazioni perché anche le imprese, e non solo la clientela retail, possano venire a conoscenza delle novità introdotte dalla direttiva ed usufruirne a pieno titolo.

A cominciare dal momento di esecuzione dell’ordine di pagamento (es. bonifico), che per la banca coincide con momento di ricezione dell’ordine dal pagatore. L’esecuzione dell’ordine diviene quindi immediata, per quanto rimane possibile per l’impresa trasmettere l’ordine in anticipo rispetto al momento di esecuzione.

Il beneficiario del pagamento (qualsiasi) riceverà l’accredito della somma (disponibilità) entro il giorno lavorativo successivo alla data di ricezione dell’ordine – deve aggiungersi un altro giorno nel caso del bonifico cartaceo. Fino al 1° gennaio 2012, l’impresa disponente può concordare con la banca un ritardo fino a 3 giorni operativi.

La data valuta per il beneficiario (giorno a partire dal quale maturano gli interessi per le somme accreditate) corrisponde alla data di disponibilità. Di conseguenza, oltre a decadere la “valuta fissa beneficiario”, non è possibile richiedere che la somma accreditata sul conto del beneficiario abbia data valuta anteriore alla data di disposizione dell’ordine (no valuta antergata).

In caso di utilizzo del bonifico transfrontaliero, le imprese devono indicare il Bank Identifier Code (BIC: riportato sulle fatture per beni e servizi scambiati nella Comunità Europea), identificativo della banca dell’impresa beneficiaria, oltre al codice IBAN.

L’impresa beneficiaria del bonifico riceve l’intero importo, a meno che non abbia autorizzato la banca a dedurre le eventuali spese sulla somma accreditata. Ciascun cliente sostiene le spese previste dalla propria banca, ovvero non è possibile far gravare gli oneri interamente sull’impresa ordinante o interamente sulla beneficiaria.

Le imprese dispongono di due tipi di RID: Ordinario (riunisce RID Utenze e RID Commerciale) e Veloce (caratterizzato da tempi del ciclo di incasso ridotti).

Prima che avvenga l’addebito, se l’impresa debitrice si accorge – a seguito di controlli da fattura – che verrà addebitato un importo errato, la stessa ha la possibilità di opporsi all’addebito fino al giorno lavorativo antecedente la data di scadenza.

Dopo che sia avvenuto l’addebito, il debitore ha tempo 8 settimane – dalla data di addebito sul conto dell’importo errato – per effettuare la richiesta di rimborso, poi ottenuto entro i 10 giorni lavorativi successivi.

In alternativa, l’impresa creditrice e quella debitrice possono concordare sul modulo RID che la richiesta di rimborso sia effettuata il giorno dell’addebito o entro i 5 successivi (RID Ordinario), oppure sia effettuata il solo giorno dell’addebito (RID Veloce). Nelle fattispecie sono incluse le microimprese, ovvero quelle che hanno meno di 10 addetti e fatturato annuo inferiore ad euro 2 milioni, che tuttavia possono rinunciare contrattualmente al diritto di rimborso e opposizione per beneficiare degli strumenti propri delle imprese.

In caso di operazioni non autorizzate, il rimborso avverrà immediatamente dopo la richiesta del debitore, effettuata entro il limite temporale dei 13 mesi successivi alla data di addebito.

Poiché non è ammessa la data valuta precedente la data di addebito dell’importo sul conto del debitore, l’impresa beneficiaria non può più incassare RID “scadute”.

L’impresa debitrice deve eseguire il pagamento entro la data di scadenza (no “tenuta cassa di 2 giorni”), e quella creditrice dispone della somma il giorno successivo alla data di scadenza della Ri.Ba. (ricevuta bancaria: documento – e non titolo di credito – con cui il creditore dichiara di aver ricevuto una somma di denaro versata a mezzo banca a saldo di una fattura).

Ulteriori approfondimenti dalla fonte (in formato pdf) del sito Abi.

I limiti del TER

Come è stato descritto (http://www.questidenari.com/?p=2358), un risparmiatore che intenda valutare per scegliere tra un ventaglio di soluzioni, offerte dai fondi comuni d’investimento o dagli Etf, dovrebbe affidarsi anzitutto alla conoscenza dei costi che gravano sul paniere di titoli e ne limitano la performance futura, prima ancora di cimentarsi in previsioni di mercato più o meno fondate.

Lo strumento di maggiore aiuto per questa condotta è rappresentato dal Total Expense Ratio (Ter), ovvero l’indicatore sintetico di costo che, contemporaneamente, considera le commissioni di gestione, quelle di performance (se previste, vengono corrisposte solo se il rendimento del fondo supera un determinato benchmark), il Ter degli eventuali comparti in cui il fondo investe, il compenso per la banca depositaria, le spese legali, giudiziarie e di revisione del fondo, le spese di pubblicazione del valore della quota e del prospetto informativo, gli altri oneri.

Ma oltre alla mancata considerazione delle commissioni di ingresso nel fondo, eventualmente oggetto di trattativa fra l’investitore e l’intermediario di fiducia che accorderà condizioni di costo commisurate alla posizione finanziaria complessiva dello specifico cliente, il Ter non fornisce indicazioni circa una componente di costo che, a seconda dei casi, potrebbe rivelarsi di importanza cruciale per la conoscenza dell’onere complessivamente sostenuto.

In particolare, quando il gestore effettua operazioni di acquisto e vendita titoli per modificare la composizione del basket, si producono commissioni di negoziazione che gravano sul patrimonio del fondo e che, pertanto, sono direttamente proporzionali al turnover di portafoglio.

In aggiunta a queste spese di transazione legate ai cambiamenti nella politica di gestione del portafoglio, occorre pure considerare i costi di funzionamento del mercato dipendenti dai maggiori o minori volumi di strumenti finanziari oggetto di operazioni di compravendita.

Per la minimizzazione delle spese nascoste, la soluzione proposta da Morningstar nel suo interessante articolo (fonte web) prevede che la scelta dell’investitore ricada sui fondi caratterizzati da volumi di trading e tassi di turnover entrambi bassi.

Ad avviso di chi scrive, la soluzione prospettata non rappresenta quella ottimale nella logica dell’investimento di Borsa, dato che l’affidamento del patrimonio mobiliare ad un gestore implica che costui, proprio perché incaricato di effettuare le scelte opportune e dotato dei più aggiornati strumenti tecnologici e delle più valide risorse umane, si dimostri pronto a modificare la composizione del portafoglio al cambiamento dei mutevoli scenari di mercato. Ciò a dire che un giusto grado di turnover, ed oneri connessi, costituisce una manifestazione “fisiologica” dell’investimento attinente all’opera di continuo efficientamento del portafoglio, e non una semplice “tassa”.

Invece la soluzione opposta, caratterizzata da un tasso di turnover eccessivamente alto, sarebbe indice di un contesto di confusione in cui si troverebbe ad operare il gestore, origine di bassi rendimenti futuri ma soprattutto, nell’immediato, di costi elevati e certi.

Per avere idea dell’incidenza degli oneri di negoziazione è possibile paragonare il primo e l’ultimo dei dieci fondi comuni appartenenti alla categoria “azionari Italia” ordinati per patrimonio nella tabella sotto riportata (dati al 31/12/2008, fonte Morningstar Direct e Relazioni annuali 2008): ad una sostanziale parità di Ter (circa 2,48%), che indurrebbe ad assimilare i due OICR per onerosità, non corrisponde una sostanziale parità di “spese invisibili” legate alle movimentazioni di portafoglio, nell’ultimo fondo ridotte alla decima parte rispetto al primo (0,8% contro 0,08%).

(per il documento di autoregolamentazione finalizzato all’abbattimento delle spese di trasferimento dei fondi comuni d’investimento da una banca all’altra si legga http://www.questidenari.com/?p=3261)

Fondi comuni: più rendimento? Meno costo!

Secondo le analisi condotte da Ben Johnson, la scelta dei prodotti d’investimento per ogni categoria deve principiare dalla verifica delle spese.

Sarebbe dunque il TER (Total Expenses Ratio, indice di spesa che rapporta al patrimonio medio nel corso dell’anno le spese di gestione, di extra-rendimento e parte delle spese per negoziazione titoli, ed esclude le commissioni di sottoscrizione e di rimborso, oltre agli oneri tributari) la chiave di successo per l’ottenimento della performance, specie nel lungo termine quando si capitalizzano gli effetti delle maggiori o minori commissioni applicate sulle somme versate dai risparmiatori.

Lo studio di Johnson si presta così a motivare l’ampia diffusione degli Exchange Traded Fund, negli ultimi anni toccati da un successo crescente rispetto ai tradizionali fondi comuni d’investimento la cui commissione di gestione media, riferita ai comparti azionari disponibili presso le reti di vendita italiane, è pari all’1,89% annuo contro lo 0,48% degli ETF.

Anche se ci si sposta sul reddito fisso, i numeri sono a favore degli ETF che presentano un TER medio dello 0,18% annuo contro l’1,24% dei fondi obbligazionari.

Tutti gli indicatori medi di costo suesposti per ETF e fondi comuni venduti in Italia appaiono sostanzialmente in linea con quelli dei prodotti venduti nel resto d’Europa.

Fonte: Morningstar

(Articolo correlato: http://www.questidenari.com/?p=2413)

OK della Consob alle obbligazioni convertibili Banco Popolare 4,75%

Le obbligazioni Banco Popolare 2010-2014, convertibili in azioni ordinarie emesse dallo stesso istituto, sono state ammesse a quotazione sull’Mta dalla Consob che ne ha autorizzato la pubblicazione del prospetto informativo.

L’emissione, pari ad 1 miliardo di euro, presenta rendimento lordo del 4,75% annuo ed avrà riscontro anche in funzione del confermato giudizio positivo sul titolo azionario quotato in Borsa espresso dalla francese Exane Bnp Paribas. La stessa banca ha tuttavia abbassato il target price a 6,6 euro in considerazione del risultato dell’ultimo trimestre 2009 e del maggior numero di azioni (162 milioni) per il bond convertibile (fonte: Milano Finanza).

Le obbligazioni saranno emesse in data 24 marzo 2010 al 100% del loro valore nominale per euro 6,15 e rimborsate alla pari (se non convertite) alla scadenza del 24/03/2014, daranno diritto alla corresponsione della cedola a tasso fisso e cadenza annuale (tranne il caso della cessazione anticipata del godimento) e saranno regolate dal diritto di conversione fissato inizialmente nel rapporto 1:1 tra numero delle obbligazioni e delle azioni ordinarie. I pagamenti di capitale e interessi non saranno gravati da commissioni o spese a carico degli obbligazionisti e saranno assoggettati alle consuete norme di imposizione fiscale.

Ulteriori dettagli del regolamento in formato pdf disponibile sul sito www.bancopopolare.it.

(ARTICOLO CORRELATO http://www.questidenari.com/?p=2278)

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