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La relazione tra ciclo monetario e capitale di giro – 3

 

A conclusione dell’argomento, vi specifico ulteriormente che l’entità del capitale di giro non dipende dalla sola politica commerciale.

Provate, nello stesso esempio già visto (http://www.questidenari.com/?p=817), a “resettare” il ciclo monetario riconducendolo al valore iniziale, e a raddoppiare i volumi di vendita come anche i volumi di acquisto (se vale la relazione per cui 1 output deriva da 1 input): gli effetti saranno sia economici (aumento del reddito netto) che finanziari (aumento del flusso di cassa).

Quest’ultimo esempio – utile a farvi comprendere che la dimensione del capitale di giro non dipende solo dagli sfasamenti temporali tra le epoche di incasso e pagamento – mostra la contrazione del circolante dovuta principalmente agli aumentati debiti tributari (per le imposte che hanno colpito il reddito maggiorato). Di conseguenza, se un’azienda intende diminuire il proprio fabbisogno, dovrà agire contemporaneamente (quando possibile) su tutte le variabili in gioco: le scadenze del ciclo monetario, in modo da accorciarlo e magari farlo divenire negativo, e i volumi di attività, in modo da aumentarli il più possibile compatibilmente alla propria capacità produttiva.

Uno dei benefici subito rilevabili a seguito dell’adozione di questa politica, ad esempio, sarebbe costituito dal minor ricorso al credito bancario necessario a finanziare il capitale a veloce rotazione: la percentuale di interessi passivi sullo scoperto di conto collegato ad operazioni di apertura di credito (transitoria o a revoca), difatti, rappresenta solitamente la misura più alta che colpisce gli importi erogati a favore dell’azienda a titolo di finanziamento.

Perché il capitale di giro?

 

Più volte mi sono trovato a motivare la mia scelta di utilizzo del capitale di giro nelle analisi di bilancio aziendale richieste dalle banche e incorporate nei business plan.

E la cosa non mi sorprende, non fosse altro per aver assistito alla reazione, alquanto infastidita, dei commercialisti riuniti nei periodici incontri finalizzati all’acquisizione dei crediti formativi annuali, quando per la prima volta veniva posta alla loro attenzione una riclassificazione finanziaria di bilancio di tipo non tradizionale. Commercialisti esperti non appartenenti all’ultima generazione, come esperti sono i direttori delle banche ed i gestori a cui sono indirizzati i documenti contabili e le annesse rielaborazioni soggettive.

Prima di esporre una definizione tecnica del capitale di giro, è bene premettere che la riclassificazione funzionale (cioè operata col criterio della pertinenza gestionale) non esclude la tradizionale riclassificazione finanziaria per scadenze, ma anzi la incorpora all’interno di una delimitata area funzionale, appunto! E tali aree sono 3:

        quella tipica, in cui ricadono i crediti e i debiti commerciali, il magazzino e le immobilizzazioni tecniche, i debiti verso i dipendenti e verso l’Erario,

        quella extra-gestionale, di solito trascurabile perché riguardante gli immobili ad uso civile,

        e quella finanziaria, in cui compaiono le fonti rappresentate da banche e soci, nonché gli utili.

Da questi brevi cenni dovrebbe essere chiaro che il capitale di giro (o capitale circolante netto in senso stretto), non può comprendere voci di natura finanziaria come la cassa, la banca (intesa come c/c attivo o passivo), i crediti e i debiti finanziari a qualsiasi scadenza o i titoli oggetto di trading, perché dette grandezze non rappresentano una porzione del capitale investito in azienda!

Avete mai sentito parlare di un’industria che investe nei contanti depositati in cassa? Semmai avrete sentito esprimere giudizi negativi per quelle imprese nei cui bilanci le voci “cassa” e “banca” presentano valori elevati, a significare che un buon amministratore deve prontamente reinvestire le disponibilità liquide nei fattori produttivi che generano futuri margini economici e flussi monetari!

E allora perché alcuni autori, ivi incluso il bravo prof. Roberto Cappelletto allineato ai più recenti orientamenti della disciplina, includono i depositi bancari nei crediti di gestione “inquinando” così il capitale netto complessivamente investito?

(continua http://www.questidenari.com/?p=597)