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Il business plan /4 – Il piano finanziario

La seconda parte del business plan rappresenta una sorta di “traduzione” in termini numerici di quanto esposto nella prima sezione (http://www.questidenari.com/?p=995).

Questo significa che gioverà distinguere tra l’analisi storica dei dati contabili manifestati negli esercizi passati (almeno gli ultimi 3) e l’analisi prospettica dei dati contabili che si manifesteranno in futuro.

L’analisi storica si fonda anzitutto sul reperimento delle fonti di origine contabile generale, ma anche di origine extra-contabile – pensate, ad esempio, al caso delle ditte individuali in regime di contabilità semplificata che presentano il solo Conto Economico.

Questi dati saranno oggetto di riclassificazione sulla base dei noti criteri finanziari (http://www.questidenari.com/?p=587), e verranno eventualmente rettificati al fine di depurarli da anomalie derivanti dall’adozione di politiche di bilancio.

L’analisi conclusiva per indici e flussi consentirà così di valutare se l’azienda in oggetto ha raggiunto (o in che misura si è discostata da) la condizione di equilibrio patrimoniale, finanziario ed economico, nonché permetterà di evidenziare il trend di sviluppo nel tempo.

L’analisi prospettica, invece, verrà svolta partendo dai dati dell’ultimo bilancio disponibile a cui siano state apportate modifiche sulla base di quanto esposto nella prima parte del business plan.

A titolo esemplificativo, pensate che un’operazione di investimento in macchinari finanziata dalla banca comporterà variazioni economiche in termini di ammortamento, oneri finanziari, oneri tributari e risultato di bilancio, variazioni patrimoniali in termini di attivo immobilizzato, debiti finanziari, debiti tributari, iva a credito e risultato di bilancio, oltreché maggiori uscite di cassa per la restituzione delle quote capitale e delle quote interesse (mentre si elidono l’esborso per l’acquisto dei macchinari e l’entrata per il finanziamento bancario).

Anche l’analisi prospettica, ovviamente, si concluderà con la valutazione dei risultati ottenuti dagli indicatori di bilancio che (di nuovo) evidenzieranno, o meno, il raggiungimento degli equilibri.

Se la documentazione predisposta dal consulente, sulla base di questi numeri, sarà in grado di mostrare al direttore che l’azienda è gestita in maniera soddisfacente, e che pertanto sarà in grado di reggere allo “shock” del progetto d’investimento, la strada per l’ottenimento del finanziamento sarà senza dubbio in discesa.

Il business plan /1 – Introduzione

A cosa serve un business plan? E perché uno o più appartenenti al personale di un’azienda, o un consulente esterno incaricato, dovrebbero dedicarsi alla stesura di un documento che, per quanto stringato, porta via parecchi giorni di lavoro?

Il business plan può assolvere a più di una finalità: può essere utilizzato internamente ad un’azienda, ad esempio, per rendere esplicito a tutti, in particolare al top management, il piano di investimento su determinate tecnologie e su prodotti innovativi, oggetto di futura valutazione.

Ma può anche essere indirizzato a persone esterne all’azienda, quando è considerato – e questo è il caso più frequente – come un “biglietto da visita” con cui l’impresa, richiedente un finanziamento, si presenta all’organo deliberante della banca: una volta valutata la bontà del progetto di investimento industriale per il quale si richiede il finanziamento stesso, il direttore concederà l’erogazione dei fondi solo se, sulla base di quanto ha letto, si è formulato ragionevoli attese di ritorni senza sostenimento di rischi eccessivi.

Va da sé che non esiste un modello standard di business plan: ogni caso presenta particolari caratteristiche dell’azienda descritta, del suo prodotto, del suo mercato, del tipo di investimento e, ovviamente, del tipo di finanziamento. Pertanto non esiste un business plan “lungo” 100 pagine o “corto” 15, come non esiste un business plan su cui siano riportate informazioni prevalentemente di natura qualitativa o, al contrario, di natura quantitativa, ma è sempre consigliabile redigere differenti business plan per quante sono le specifiche esigenze. L’importante è che il piano raggiunga il suo obiettivo nel modo più efficace possibile: informare in maniera esaustiva sulla fattibilità dell’operazione.

Comunque è possibile tracciare delle linee guida valide per ogni evenienza: il numero di copie del business plan, anzitutto, deve adattarsi al numero dei destinatari del lavoro svolto (3 copie, ad esempio, per la banca, per l’amministrazione e per il professionista esterno), ad ognuno dei quali verrà richiesto di apporre la propria firma per ricezione evidenziando il fatto che persone esterne all’azienda vengono a conoscenza di dati personali protetti dalla legge sulla privacy.

(continua http://www.questidenari.com/?p=977)