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Atlantia: nuove obbligazioni a tasso fisso o variabile e durata non superiore a 8 anni

Il CdA di Atlantia S.p.A., venerdi scorso, ha deliberato a favore dell’emissione di un prestito obbligazionario non convertibile entro il 31.12.2013. L’autorizzazione della Consob alla pubblicazione del prospetto informativo è attesa nell’arco dei prossimi dieci giorni.

Il bond retail potrà essere sottoscritto dai risparmiatori italiani (forse dal prossimo 19 novembre per la durata di tre settimane, a meno di chiusura anticipata) e sarà destinato alla quotazione sui mercati regolamentati, incluso il Mercato Telematico Obbligazionario; le obbligazioni avranno durata non superiore a 8 anni, potranno essere regolate da un tasso di interesse fisso o variabile e saranno assistite da garanzia rilasciata da Autostrade per l’Italia S.p.A.

In data 19 ottobre 2012 il tasso mid swap 8 anni quota circa 1,55% e l’Euribor 6 mesi quota 0,405%.

(per l’offerta delle obbligazioni Atlantia a tasso fisso: “Atlantia TF 2012–2018 in offerta dal 19 novembre 2012: rendimento minimo mid swap 6 anni + 2,6%“)

Strategie per il portafoglio obbligazionario a giugno 2010: durata finanziaria e scelta fra obbligazioni pubbliche e private

I sopravvenuti dubbi sui conti pubblici ungheresi, l’ennesima e tardiva mazzata sull’affidabilità del titolo della Grecia (http://www.questidenari.com/?tag=bond-grecia) sferrata dall’agenzia di rating Moody’s col declassamento a spazzatura, la reazione di Zapatero ai nuovi interrogativi sui conti spagnoli: tutto ha contribuito a rendere ancora più strambo lo scenario di mercato degli ultimi giorni.

I riflessi sui bond governativi sono quelli già sperimentati in circostanze analoghe: Bund tedeschi (benchmark dell’eccellenza) e titoli dei Paesi periferici, in particolare quello greco, hanno allungato le distanze in termini di rendimento, con oscillazioni che a tratti hanno coinvolto pure i nostri Btp.

Sulla scadenza decennale, lo spread ha registrato il minimo dello 0,45% con i titoli francesi, un paio di giorni fa i più virtuosi dell’Eurozona, dopo i tedeschi e prima degli italiani – per quanto Bill Gross, analista Pimco, ritenga che a breve anche i transalpini dovranno mettere mano a spesa pubblica e tasse. Il differenziale massimo, ovviamente, si è avuto con il 6,35% per i titoli ellenici, finiti sopra al 9% di rendimento.

E mentre l’Unione Europea si affretta a varare un piano per vietare le vendite allo scoperto dei Cds, proprio gli stessi Credit default swap – contratti derivati che prezzano il rischio di fallimento di uno Stato membro, e sui quali si impedirà la scommessa da parte di chi non possiede il sottostante titolo di Stato – mettono a segno una serie di rialzi dei costi assicurativi per tutti i PIGS (con esclusione della seconda “I” della periferica Italia. Fonte: IlSole24Ore.com).

Considerato il grado di incertezza molto alto, cosa dovrebbe fare l’investitore che, dimostrando una moderata predisposizione al rischio, non è fuggito sul conto corrente dove perderebbe opportunità di protezione del capitale dall’inflazione?

Se si guarda al mercato obbligazionario nel suo complesso, l’eventualità di un rialzo dei tassi negli Usa – circostanza legata, fra l’altro, a dati sull’occupazione ben più significativi e duraturi degli attuali – farebbe crollare i rendimenti già deludenti.

I gestori si dividono fondamentalmente in due scuole di pensiero: gli uni, preoccupati per la ripresa economica lenta e per i debiti pubblici esorbitanti, hanno ridotto l’esposizione al rischio emittente riparando sui governativi di alta qualità (come i Bund); gli altri fiduciosi nella ripresa, al contrario, hanno scelto di esporsi sulle obbligazioni societarie (fonte: Morningstar.it).

I rendimenti scarni dei Bot spingono molti risparmiatori nostrani ad allungare la durata del titolo acquistando Btp: tale decisione, tuttavia, li espone al rischio di rialzo dei tassi di mercato, ovvero all’eventualità di vedere ridotto il loro capitale (per vendita prima della scadenza) in proporzione alla durata residua del titolo, ovvero al numero ed alla “pesantezza” delle cedole d’interesse.

Un modo per rendere più versatile l’investimento in titoli del Tesoro a lungo termine può essere quello di comprare Cct: le relative cedole, collegate al rendimento del Bot semestrale cui oggi viene aggiunto uno spread dello 0,15%, fanno in modo che gli interessi (variabili) corrisposti siano superiori a quelli dei Bot e che, al tempo stesso, le perdite in caso di rialzo dei tassi siano più contenute rispetto ai Btp (sempre nell’eventualità della cessione anticipata).

L’alternativa – o il quid per il giusto mix di portafoglio trovato sulla base dei propri obiettivi di spesa pianificati e della propensione al rischio soggettiva – è rappresentata dalla scelta dei corporate bond.

Al momento, rimane il solo settore bancario ad offrire rendimenti interessanti, anche a causa dei sospetti sui bilanci inquinati per la diffusa adozione della politica di acquisto low cost dei titoli di Stato (ora non più “sicuri”) perseguita per molto tempo e agevolata dalla Bce – per approfondimenti si legga http://www.questidenari.com/?p=2614.

I prezzi allettanti delle obbligazioni bancarie dei grandi gruppi, e la consapevolezza sempre più estesa fra gli operatori di mercato che gli investitori istituzionali non saranno abbandonati al loro destino in caso di fallimento, potrebbero costituire fattori motivanti al cambiamento per quei risparmiatori che intendono aumentare i guadagni sul proprio asset (fonte: IlSole24Ore.com).

L’esposizione delle banche italiane al rischio emittente dei PIGS

Meno di due anni fa, all’indomani dello scandalo Lehman Brothers, gli Stati e gli organismi finanziari sovranazionali reagirono alla condizione di scarsa liquidità venutasi a determinare nel sistema finanziario predisponendo misure a sostegno dell’economia. In Italia si dette il via ai c.d. Tremonti bond, titoli obbligazionari bancari che, una volta sottoscritti dal Ministero dell’Economia, avrebbero rafforzato il capitale di vigilanza degli istituti di credito al fine di rendere più agevole l’erogazione dei prestiti ai richiedenti.

Al momento, sia pure in maniera marginale e non generalizzata, si assiste ad un aggravamento della situazione: ad entrare in crisi è lo stesso Stato sovrano, incapace di produrre reddito a sufficienza, e di conseguenza la banca che, in ottemperanza ai dettami fissati da Basilea2, ha rafforzato il proprio patrimonio inserendo in portafoglio la “sicurezza” dei titoli di Stato (fonte: IlSole24Ore.com).

E la liquidità utilizzata dalle banche per acquistare bond governativi è stata attinta dalla Bce, secondo un meccanismo che ha permesso agli istituti di finanziarsi a breve termine all’1% ed investire a lungo termine a tassi almeno 3 volte maggiori – a ben vedere, si tratta di una logica per taluni aspetti simile a quella che innescò la crisi americana dei subprime, quando le banche, rifornite di denaro a costo limitato, finanziarono l’acquisto della casa da parte di tanti privati fino allo scoppio della bolla immobiliare.

Con riferimento all’attuale scenario nostrano, per i primi dieci gruppi bancari italiani le attività finanziarie sono costituite al 54% da titoli di debito (fra cui i titoli di Stato, pari a circa 1/3 del totale investito, oltre ad obbligazioni bancarie e societarie), al 31,5% da derivati a scopo speculativo, e al 10% da azioni e quote di fondi comuni d’investimento.

In termini di miliardi di euro, secondo dati parziali, i portafogli delle maggiori banche italiane contengono titoli PIGS – ovvero titoli del debito pubblico emessi da Paesi periferici a rischio nella zona Euro – nella seguente misura modesta, ma soggetta a successivi aggiornamenti: Unicredit (1,6), Intesa Sanpaolo (1,1), Mediobanca (0,4), Monte dei Paschi di Siena (0,35), Banco Popolare (0,24).

Fonte: IlSole24Ore.com

(articolo correlato: http://www.questidenari.com/?p=2689)

(per il bilancio 2010, per il 1° bilancio trimestrale 2011 ed il pagamento a maggio dei dividendi di Unicredit si legga http://www.questidenari.com/?p=4199)

L’effetto Grecia su Btp e governativi europei, obbligazioni societarie, bilanci regionali e tassi previsti

Negli ultimi giorni le vicende dei mercati finanziari hanno mostrato comportamenti degli operatori in controtendenza rispetto alle consuete logiche di acquisto dei titoli obbligazionari, registrate dai tempi dell’ultimo grande scandalo Lehman Brothers e consolidate dallo scoppio della bolla speculativa di Dubay.

I bond decennali della Grecia – con rendimenti cresciuti ben oltre quota 9% per la prima volta dall’anno 2001 di ingresso nella zona Euro, e col differenziale rispetto al Bund tedesco di pari durata salito a 682 basis points – sono stati protagonisti delle ultime contrattazioni di Borsa: colpiti dal recente abbassamento drastico del merito di credito (junk) di Standard & Poor’s che, se confermato dai giudizi delle altre agenzie di rating, renderebbe le obbligazioni di Atene come carta straccia ai fini dell’ottenimento di liquidità da parte della Bce, i governativi ellenici devono essere valutati nel contesto che vede protagonisti in negativo i titoli dei rimanenti PIGS, e quindi alla luce degli indicatori della ripresa economica e finanziaria di Eurolandia.

E infatti i numeri di Eurostat indicano rischio stagnazione, dato che l’ufficio statistico dell’Unione Europea ha abbassato le stime del PIL dei 16 Paesi sovrani a livello di “crescita 0” per i prossimi trimestri. Più ottimista l’OCSE, che ha portato le stime di crescita delle 7 maggiori economie dell’Eurozona a quota 1,9% (+0,4%), ma che al tempo stesso ha raccomandato alla Bce di non alzare i tassi di interesse (per le previsioni sui tassi Euribor e Irs si veda http://www.questidenari.com/?p=2530).

In questo scenario originale, gli acquisti delle obbligazioni si spostano dal fronte governativo a quello societario. I corporate bond, complice la revisione di alcune previsioni pessimistiche sul tasso di default di molte società private, sembrano attrarre molto più di quanto si potesse immaginare fino a pochi mesi fa, quando (sempre) S&P aveva lanciato l’allarme sulla scadenza 2010 di molte obbligazioni societarie. Ed invece i segnali di ripresa economica tradotti in risultati delle trimestrali che hanno rafforzato i bilanci e abbassato i debiti, i costi di finanziamento ancora bassi e la domanda interessata, hanno fatto rivedere in positivo le stime iniziali.

Le vendite dei titoli greci si possono motivare anche in questo modo, per quanto è bene sottolineare che all’investitore medio conviene sempre valutare la coerenza del proprio asset di portafoglio con i propri obiettivi di spesa e propensione al rischio, piuttosto che scegliere in base all’emotività del momento. Per chi investe in fondi comuni obbligazionari governativi europei distribuiti in Italia ed Etf, ad esempio, è rassicurante considerare che la percentuale di strumenti finanziari greci si aggira in media tra il 3% ed il 4% del patrimonio complessivo nelle predette forme di investimento, rispettivamente.

Alla luce di quanto esposto, è chiaro che l’ultima asta dei titoli di Stato ha assunto il significato particolare di “prova” dell’affidabilità dell’emittente tricolore.

L’asta del Btp triennale scadenza 15/12/2012 con rendimento lordo annuo a 2,07% (+0,37%), e l’asta del Btp decennale scadenza 01/09/2020 con rendimento lordo annuo a 4,09% (+0,13%), sono da considerarsi soddisfacenti per la richiesta superiore all’offerta. Il Cct scadenza 01/03/2017 ha fatto segnare un rendimento annuo lordo pari a 1,63% (+0,5%).

Rimanendo sulle vicende nostrane, l’effetto Grecia comincia ad essere avvertito pure in Regione Lombardia: l’opposizione accusa il presidente Formigoni di non adottare la necessaria trasparenza in merito alle operazioni di gestione di un fondo ammortamento costituito per la restituzione delle risorse raccolte col bond Lombardia del 2002: 115 milioni di euro del patrimonio del fondo sarebbero stati investiti proprio in titoli di Stato della Grecia dalle banche Merrill Lynch e UBS Warburg, cessionarie a mezzo strumento derivato. In caso di fallimento dello Stato sovrano, l’ammanco verrebbe a gravare sui cittadini della Lombardia.

Fonti web varie: Mornigstar.it (Marco Caprotti, 27.04.2010), Mornigstar.it (Marco Caprotti, 28.04.2010), Mornigstar.it (Mario Portioli), IlSole24Ore.com, IlCorriere.it