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Il disegno sulle monete: firme, sigle e simboli

L’attività dei fabbricanti di monete, a seconda del periodo storico di svolgimento, venne assoggettata ad una più o meno dettagliata regolamentazione che stabilì il numero dei produttori, la loro collocazione geografica, l’indicazione sulle monete della zecca di provenienza, la quantità e la specie di materiali da usare per la monetazione, etc. (http://www.questidenari.com/?p=1155)

Invece, riguardo al disegno apposto sul dritto e sul rovescio delle monete, le persone responsabili della zecca godettero di una certa discrezionalità che si poteva manifestare con l’incisione per esteso del nome del fabbricante, o con la scelta di apporre figure allusive del nome stesso. Ad esempio in Abdera, nella Grecia settentrionale del IV° secolo A.C., la tetradracma d’argento prodotta da Dionysas raffigurava la testa del Dio Dioniso.

O ancora, ai tempi della Roma repubblicana che vedevano il titolare della zecca ricoprire un ruolo politico importante, si poté utilizzare il disegno sulle monete per pubblicizzare la propria candidatura ad incarichi più elevati nella gerarchia politica – L. Cassio Longino, nel 63 A.C., raffigurò la dea Vesta per alludere ad una legge la cui applicazione, in occasione del processo subìto da tre Vergini Vestali, aveva comportato l’insediamento di una commissione presieduta da un suo antenato omonimo.

Sulle monete inglesi del ‘600, diversamente, l’indicazione del maestro di zecca (moneyer: http://www.questidenari.com/?p=1420) fu molto più discreta, limitata a marchi personali o a minuscole iniziali.

Decadracma d'argento di Siracusa (400 A.C. circa)

Questa pratica, in verità, era già in uso nel mondo greco, dove la fama goduta dagli incisori di molti disegni, eseguiti magistralmente, non impedì a Kimon di firmarsi con le sole prime due lettere: le vediamo comparire sul diadema della ninfa Aretusa raffigurata nella decadracma d’argento di Siracusa, risalente al 400 A.C. circa.

Attività e tecniche di controllo nelle zecche medievali d’Inghilterra

Nell’ultima metà dell’anno mille, i pennies in argento di Guglielmo I presentarono identità di stile pur provenendo da zecche diverse localizzate a Londra, a Shrewsbury e nella città di York.

Il controllo centralizzato sulla monetazione esercitato dal governo inglese, che condusse ad uniformare il conio attraverso la realizzazione a Londra di tutte le matrici, si traduceva in attività finalizzate a facilitare la scoperta di monete false (http://www.questidenari.com/?p=1155).

Anche l’indicazione dei moneyers (fabbricanti) sul retro delle monete rientrava nelle attività di controllo, ma stavolta col fine specifico di rintracciare i produttori di monete difettose che circolavano nonostante le precise indicazioni fornite – come quelle registrate per obbligo di legge nella “Lista delle Analisi” di Shrewsbury in ordine alle quantità di argento da utilizzare in due diverse officine.

Infine, terminata la monetazione, per evitare che l’attrezzo del conio (utensile col quale il disegno viene impresso sulla moneta) potesse continuare ad essere utilizzato per errore o con intenzioni fraudolente, i governi decisero che gli stessi venissero deformati. Una pratica che non dovette portare a risultati certi, se è vero che col passare del tempo si decise di affinare la tecnica procedendo a nuova cottura del conio e successiva deformazione sotto una pressa, in modo che non rimanesse più traccia alcuna del disegno originale.

Zecca e attività di controllo

L’organizzazione di un sistema di zecche (http://www.questidenari.com/?p=1058) realizzato dal potere sovrano, tra l’altro, comporta la predisposizione di attività finalizzate a controllare la qualità delle monete prodotte ed ostacolare probabili tentativi di falsificazione.

Al re Atelstano (924-934) si deve la più antica promulgazione di decreti riguardante la monetazione inglese con cui si stabilisce il numero di fabbricanti di denaro (moneyers) e le rispettive località dove possono operare. Fra queste ultime, a Canterbury poterono fabbricare 4 moneyers facenti capo al re, 2 all’arcivescovo e 1 all’abate.

Più tardi, i sovrani d’Inghilterra, il cui regno si estendeva sui territori francesi, fecero apporre sulle monete il simbolo della zecca di provenienza.

Salute d'oro (1433-1444) di Enrico VI, re d'Inghilterra e FranciaE’ il caso della bellissima “Salute” d’oro di Enrico VI (1422-61 e 1470-71) il cui marchio del leone all’inizio della scritta – al centro in alto dell’immagine – indica la provenienza dalla zecca di Rouen.

Invece, il tondino inserito nella circonferenza di maggior spessore, appena percettibile sotto l’ultima lettera della scritta, rappresenta un marchio segreto di controllo.