Archivi tag: Mario Draghi

Previsioni Euribor e Irs del 10 febbraio 2012

Subiscono solo un lieve cambiamento, lungo il tratto orizzontale della curva dei tassi impliciti nei contratti futures, le aspettative maturate sul mercato Liffe dagli operatori riguardo ai prossimi valori dell’Euribor 3 mesi, increspati di pochi centesimi a paragone con quelli del venerdi precedente.

Segnale inequivocabile che i mercati sono risultati quasi indifferenti alle comunicazioni post riunione del consiglio direttivo Bce (P/T fermo all’1%, come già era accaduto a gennaio, per via del calo dell’inflazione stimata sotto il target 2% fra alcuni mesi).

Se nelle settimane precedenti le previsioni del tasso interbancario formulate sulla piazza londinese sono risultate corrette, e se altrettanto corrette sembrano quelle relative alle prossime scadenze quando si potrebbe registrare una discesa dell’Euribor 3 mesi al di sotto del costo base del denaro (0,92% estrapolato a metà marzo, col P/T stabile all’1%, secondo i derivati di venerdi 10 febbraio 2012) ed una lunga permanenza ai minimi fino a metà dell’anno prossimo, è perché nei circuiti di scambio della liquidità tra le banche europee si attenuano le frizioni grazie ai consistenti finanziamenti già erogati dalla Bce; in aggiunta, il volume delle richieste di prestito è stimato in forte aumento per fine mese quando, in occasione della prossima LTRO a durata triennale e tasso 1%, le banche commerciali faranno ulteriore rifornimento di fondi sfruttando la più ampia gamma di collaterali ammessi a garanzia.

Le rilevazioni statistiche dell’Euribor 3 mesi, ormai, segnalano da moltissimi giorni una discesa che appare inarrestabile (fixing 1,063% al 10/02/2012); gli stessi depositi overnight presso la Bce si stabilizzano (490 miliardi di euro un mese fa, 496 al 9 febbraio), al pari di quanto accade per l’Eonia (Euribor sui prestiti scoperti a scadenza 24 ore, pari allo 0,362% in data 10/02/2012); interessante pure l’andamento di un altro indicatore del rischio interbancario, il differenziale tra Euribor e Ois sulla scadenza 3 mesi che, sceso dallo 0,82% del 20 gennaio scorso allo 0,7% dell’ultimo venerdi, segnala una situazione in miglioramento (pur rimanendo ancora distante da un valore normale quantificabile attorno ai 20 centesimi).

Il governatore Draghi ha esortato le banche a non manifestare timori nell’utilizzo del denaro messo a disposizione con le operazioni a 36 mesi: sinora è stato prodotto un benefico effetto in termini di minori rendimenti dei titoli di Stato a scadenza simile (carry trade: il finanziamento all’1%, usato per comprare Bot ed altri governativi europei dai rendimenti appetibili, ha fatto aumentare i prezzi dei titoli), qualche rischio per gli equilibri di bilancio quando gli acquisti degli istituti di credito sono stati dirottati sui decennali caratterizzati da rendimenti ancora interessanti (Btp al 5,6% e spread in decisa contrazione dal mese scorso fino ai 366 punti base di fine settimana), ed insoddisfazione tra gli investitori espressa in relazione alle operazioni di buy-back per obbligazioni subordinate, richiamate a prezzi troppo scontati.

Ma proprio questa rinnovata propensione al rischio finalizzata alla ricerca di rendimento, che origina dalle banche per poi diffondersi tra gli altri investitori e che potrebbe essere rafforzata dall’accettazione del pacchetto di riforme votate dal parlamento ellenico col conseguente ottenimento dei nuovi finanziamenti per la Grecia messi a disposizione dall’Efsf, è in grado di interrompere la lunga fase di ancoraggio ai porti sicuri dell’Europa centrale e dare seguito alle vendite del Bund. Se ciò dovesse verificarsi, l’Irs 10 anni imboccherebbe la strada della salita, dopo un mese altalenante per le note vicende.

(per le previsioni Euribor 3 mesi della prossima settimana si legga: “Previsioni Euribor 3 mesi del 17 febbraio 2011”)

(per le previsioni Irs del prossimo mese: “Previsioni Euribor e Irs del 9 marzo 2012”)

Euribor e Irs a gennaio 2012: previsioni sui tassi e costo del denaro fermo all’1%

La disponibilità dei dati rilevati per tutto il 2011 consente di verificare graficamente il senso di un concetto ribadito spesso negli ultimi mesi: il surriscaldamento del mercato interbancario, luogo economico dove gli istituti di credito si scambiano denaro al prezzo dell’Euribor, in alternativa al reperimento della “materia prima” dalla fonte della Bce (alla quale occorre fornire adeguate garanzie) o all’emissione di (costosi) titoli obbligazionari destinati ai risparmiatori.

In particolare, è apprezzabile un differenziale quasi nullo tra tasso d’interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale fissato dall’istituto centrale ed Euribor 3 mesi nei primi giorni del 2011; poi lo stesso differenziale è andato crescendo fino a manifestare pienamente le difficoltà del settore quando, negli ultimi mesi dell’anno, il tasso interbancario ha mostrato una certa rigidità ad adeguarsi al nuovo orientamento della politica monetaria stabilita da Mario Draghi.

Anche l’efficacia indebolita dei tagli al costo del denaro, pertanto, spiega la volontà di mantenimento dello status quo da parte del consiglio direttivo Bce in questo primo mese del 2012 (tasso di riferimento dell’Eurozona 1%, tassi sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi rispettivamente 1,75% e 0,25%), influenzata pure dalle stime al ribasso dell’inflazione derivanti dalla diminuzione della rilevazione ultima al 2,8%, dal 3% di novembre.

Altri indicatori suffragano la tesi di un mercato che, inondato di liquidità, rischia di non portare sostanziosi benefici ai destinatari ultimi dei finanziamenti (famiglie e imprese) ma solo controindicazioni come, per esempio, la speculazione. L’ammontare dei depositi overnight – quelli alimentati dalle banche commerciali che, timorose di prestare denaro senza garanzia, preferiscono “parcheggiare” per una notte i soldi già pagati alla Bce – è in continua crescita e, giovedi scorso, ha nuovamente segnato un record raggiungendo la cifra di quasi 490 miliardi di euro. Lo stesso giovedi 12, inoltre, l’utilizzo dei prestiti overnight dell’Eurotower si è attestato a quota 1,5 miliardi di euro, quando le somme dei rifinanziamenti marginali dovrebbero limitarsi a qualche centinaio di milioni in un mercato caratterizzato da un ricorso ideale alla suddetta operazione di emergenza. Il problema, come è stato più volte ribadito, non è la mancanza di liquidità nel sistema ma la sua cattiva distribuzione tra le banche (tra quelle dei Paesi periferici, in particolare).

Col tasso Euribor 3 mesi sceso al fixing dell’1,231% in data 13 gennaio 2012 (l’Eonia, invece, sembra aver invertito la rotta salendo allo 0,385%), le attese degli operatori sul Liffe si sono dimostrate corrette per il mese di gennaio con un valore che permane stabile rispetto a quello della settimana prima, quando la Bce non aveva ancora comunicato le proprie intenzioni.

Tutte le scadenze seguenti alla metà dell’anno, invece, subiscono un calo che rende la curva dei tassi attesi più bassa e più piatta (punti di minimo a settembre e dicembre 2012) ad indicare l’allontanamento ulteriore nel tempo della ripresa economica – fase in presenza della quale le spinte sui prezzi delle materie prime faranno nascere dinamiche inflattive e renderanno improponibile il mantenimento dei tassi attuali.

I tassi impliciti nei futures contrattati a Londra venerdi 13/01/2012 indicano che sarà annunciato a margine della riunione di marzo del consiglio direttivo un taglio di un quarto di punto (P/T a 0,75%), dato che il tasso atteso a febbraio (1,08%) potrebbe essere compatibile con la discesa del differenziale manifestata nell’ultimo mese tra Euribor 3 mesi e tasso di rifinanziamento della Bce.

L’abbondante liquidità, che ha tranquillizzato buona parte del mercato interbancario, ha pure contribuito a calmierare i rendimenti dei titoli di Stato sulle scadenze ravvicinate: bene per i Bot, meno bene per gli acquirenti dei governativi della Germania che la settimana scorsa ha collocato in asta titoli a tasso negativo (-0,0122% identifica il costo della qualità).

La settimana scorsa si è chiusa con il declassamento del rating emesso da Standard & Poor’s su Italia, Francia e Spagna, probabilmente già scontato dal mercato in occasione dell’annuncio dell’agenzia nel dicembre scorso; rimane ancora risparmiata dal furore del cannoneggiamento la Gran Bretagna, che pure non sembra avere problemi interni di più agevole soluzione. Gli effetti definitivi del peggioramento del giudizio sulla curva dei rendimenti saranno noti solo alla riapertura dei mercati; intanto lo spread italiano (cfr. Btp vs Bund) è sceso di 38 punti base negli ultimi sette giorni, nonostante – nello stesso arco temporale – il decennale tedesco abbia reso più difficile il compito: il rendimento del Bund è diminuito da 1,86% a 1,77% ed ha contribuito a tirare giù l’Irs 10 anni al 2,23% (fixing del 13/01/2012), in discesa sulla base di una tendenza che continua dall’anno prima.

La recessione prevista per il 2012 e la situazione sempre più drammatica della Grecia, mai vicina al fallimento come in questi giorni, forse spingeranno ancora più in alto il prezzo del Bund il cui rendimento, così depresso, potrà essere accettato col calo dell’inflazione. I derivati futures sui tassi a lungo, nelle ultime settimane, hanno puntato verso l’alto.

Fino a quando non sarà accolto l’invito di Draghi, espresso dopo la conclusione dell’ultimo consiglio direttivo riguardo all’urgenza del varo del nuovo trattato fiscale europeo ed al rafforzamento del fondo salva Stati (Efsf), è difficile immaginare tassi Irs in crescita sul lungo periodo.

(per le previsioni Euribor 3 mesi della prossima settimana si legga “Previsioni Euribor 3 mesi del 20 gennaio 2012”)

(per le previsioni Irs del prossimo mese si legga: “Previsioni Euribor e Irs del 10 febbraio 2012”)

Previsioni Euribor e Irs a dicembre 2011. La risposta dei mercati al nuovo taglio del costo del denaro e agli accordi del vertice europeo

Coerentemente ai segnali lanciati a più riprese dalla Bce, non sempre recepiti da istituti di credito ed altri operatori che nei giorni scorsi hanno causato increspature sia dei tassi interbancari che delle attese implicite nei futures, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale, di rifinanziamento marginale ed il tasso sui depositi sono stati abbassati di un quarto di punto rispettivamente a 1%, 1,75% e 0,25%.

La manovra operata con lo strumento più importante di politica monetaria, indotta dalle previsioni 2012 sulla variazione del Pil europeo tra -0,4% e +1% e sull’inflazione vista tra l’1,5% e il 2,5%, è stata accompagnata da ulteriori provvedimenti nel tentativo di rendere più disteso il contesto nel quale le banche commerciali si scambiano denaro, descritto nell’ultima settimana dall’utilizzo della capacità di deposito overnight della Bce fin’oltre 324 miliardi di euro e dal ricorso al finanziamento marginale per 9,3 miliardi mercoledi scorso. Cifre in crescita che Draghi e gli altri membri del consiglio direttivo sperano di sgonfiare disponendo le operazioni di pronti contro termine sino a 36 mesi a importo illimitato per fine dicembre e per febbraio (le banche che hanno partecipato al P/T a 12 mesi di fine ottobre potranno trasferire i fondi ricevuti sul nuovo finanziamento) e abbassando sia la qualità dei titoli che le banche possono offrire a garanzia dei prestiti richiesti all’istituto centrale, sia la percentuale di riserva obbligatoria dei depositi (1%).

In attesa della metà della settimana prossima, quando sarà operativo il taglio del costo del denaro, l’Euribor 3 mesi è sceso con scatto deciso al fixing 1,437% in data 9 dicembre 2011; venerdi stesso, invece, le previsioni sul mercato Liffe sono state tutte in rialzo (ed il giorno prima, con riferimento alle scadenze più vicine che arrivano fino a giugno 2012, neppure la manovra Bce aveva procurato gli immediati benefici sperati, sintomo che gli operatori di Londra ancora non vedono facili sbocchi alle tensioni sulla liquidità).

La lettura del grafico dei tassi Euribor previsti, nel confronto con quelli di venerdi scorso quando non era stato effettuato il taglio dei tassi di riferimento, suggerisce una visione peggiorativa sul tratto iniziale della curva, mentre sulle scadenze dal 2013 in poi i valori si abbassano. Nel tratto corrispondente al 2012, invece, il mercato interbancario dovrebbe conoscere prezzi di scambio attorno all’1% che, allo stato attuale delle menzionate tensioni, sottintendono un ulteriore taglio del costo del denaro.

Ma il fine settimana era atteso anche per il vertice europeo sulla soluzione alla crisi dei debiti sovrani, contraddistinto da un accordo di massima sul quale i mercati sono risultati piuttosto scettici per poi riprendere la giusta rotta alle parole di Monti sul fiscal compact.

A partire dalla regola di bilancio pubblico che prevede l’obiettivo minimo del pareggio, passando per l’automatismo delle sanzioni al superamento di un prefissato disavanzo, fino ai 200 miliardi di euro da mettere a disposizione del Fmi per gli aiuti ai Paesi in difficoltà, molte verifiche attenderanno i governi dei Paesi membri prima che l’accordo politico arrivi ad assumere veste giuridica. Voce importante, e per ora fuori dal coro, quella di David Cameron che ha rivendicato l’autonomia britannica sulla normativa in materia di transazioni finanziarie, forte anche dei rendimenti in discesa dell’obbligazione pubblica Gilt (addirittura inferiori al benchmark della Germania nei giorni di fine novembre successivi alla difficile asta tedesca). Il future sul Gilt decennale quota a 132 per dicembre 2011, a 115.07 e 115.01 rispettivamente a marzo e giugno 2012 sul mercato Liffe.

Tuttavia la strada intrapresa dalla maggior parte dei leader europei dovrebbe essere quella giusta per normalizzare i rendimenti e porre fine all’atteggiamento iper-difensivo prevalente da molti mesi: acquisti del Bund (durata 10 anni al 2,14% la sera del 9/12/2011) e cessioni dei periferici, tra i quali Btp (decennale al 6,73% la sera del 9/12/2011 con lo spread a 459 punti base) e Bonos spagnoli.

Rispetto al giorno 4 del mese scorso, i tassi Irs fino a scadenza 15 anni sono in salita, così come le previsioni sul tratto intermedio della curva dei rendimenti dove si avverte l’influenza del governativo tedesco.

(le attese sul Liffe del 16 dicembre 2011 nel prossimo articolo “Previsioni Euribor 3 mesi del 16 dicembre 2011”)

(per le previsioni dei tassi Irs del 13 gennaio 2012 si legga “Euribor e Irs a gennaio 2012: previsioni sui tassi e costo del denaro fermo all’1%”)

Previsioni Euribor e Irs a novembre 2011 dopo il taglio dei tassi di riferimento dello 0,25%. E’ arrivato super Mario?

Le ultime settimane, caratterizzate da vicende legate alla soluzione della crisi del debito pubblico fra Paesi europei, non avevano portato novità in grado di influenzare sensibilmente l’andamento dell’Euribor 3 mesi.

Sul più importante tasso interbancario, principalmente, avevano pesato le frizioni tra banche commerciali disposte a parcheggiare liquidità presso la Bce, piuttosto che scambiare con altri istituti ritenuti “a rischio”: il volume dei depositi remunerati sotto costo, dal 18 ottobre al 3 novembre, era cresciuto in maniera quasi lineare portandosi da 172 miliardi di euro a quota 275, chiaro segnale di una liquidità distribuita in maniera non ottimale, seppur abbondante.

Ma poi, nel primo pomeriggio di giovedi, è arrivata a sorpresa la notizia del taglio di tutti i tassi base (-0,25%) operato con decisione unanime dai membri del board Bce presieduto da Mario Draghi, appena insediato e subito capace di fornire chiara dimostrazione di indipendenza dalla linea politica seguita dal suo predecessore: è stato fissato così all’1,25% il tasso d’interesse sui rifinanziamenti principali, al 2% quello sui rifinanziamenti marginali e allo 0,5% il tasso sui depositi, affinché le banche commerciali abbiano più facilità a rifornirsi di denaro (sia in asta che nelle operazioni di “emergenza”) e minor attitudine a scaricare costi sulla clientela rappresentata da privati ed imprese richiedenti mutui ed altre forme di finanziamento a tasso variabile, ed abbiano meno convenienza ad immobilizzare i capitali presso la Bce (a tutto vantaggio del transito di denaro per i circuiti interbancari).

L’effetto immediato è stato l’adeguamento dell’Euribor 3 mesi alle nuove condizioni di costo base, ovvero la repentina discesa (dall’1,58% del 3 novembre all’1,488% del giorno successivo venerdi 4 novembre 2011) del principale tasso interbancario che a metà della settimana prossima giungerà vicino all’1,25% (il tasso ufficiale di riferimento entrerà in vigore mercoledi 9).

Anche le previsioni sui tassi Euribor 3 mesi, impliciti nei futures sul mercato londinese del Liffe, si sono prontamente adeguate con l’abbassamento dei valori su tutte le scadenze (valori del venerdi precedente in azzurro): l’andamento del tasso, in base ai derivati contrattati dagli operatori il 04/11/2011, dovrebbe proseguire in discesa e risentire di un ulteriore taglio di un quarto di punto del costo del denaro a marzo dell’anno prossimo (P/T atteso all’1%), toccare il minimo a settembre 2012 (1,06%) e poi risalire.

Confermati i dati macro deboli e l’inflazione dell’Eurozona vicina al 3%, ben al di sopra del 2% fissato come obiettivo, la decisione della Bce è stata motivata dall’esiguità dell’inflazione core (1,6% ottobre) che esclude le componenti più volatili dell’energia, dalla crescita economica molto modesta o lieve recessione attesa nell’ultima parte del 2011 e dal rallentamento previsto dell’inflazione che dovrebbe scendere sotto al 2% entro la fine dell’anno prossimo.

Secondo studi accademici, al di là dell’euforia del momento registrata da azioni e cambi, la mossa di Draghi potrebbe non avere effetto benefico per un Paese in difficoltà, la cui condizione di rischio-Stato (misurata dallo spread col Bund) alimenterebbe il costo di finanziamento sul mercato sostenuto dalle banche in relazione a problematiche nuove emissioni obbligazionarie, e quindi imporrebbe agli stessi istituti l’applicazione in parallelo di condizioni onerose per l’accesso al credito da parte di famiglie e imprese, in tal modo beneficiarie solo potenziali del taglio del tasso di riferimento: il risultato finale sarebbe la perdita di controllo dell’inflazione (Francesco Giavazzi, fonte IlSole24Ore.com). Se ciò dovesse dimostrarsi vero, considerati i recenti atteggiamenti di insofferenza agli interventi di sostegno per i Paesi periferici estranei al compito istituzionale della Bce che opera in autonomia dai governi – espressioni manifestate in particolare dai Tedeschi attenti ai danni cagionati dall’inflazione sul loro settore manifatturiero nonché alle differenze di ricchezza pro-capite posseduta dai cittadini degli Stati membri – per il sistema della moneta unica potrebbe essere game over.

Di certo il taglio operato con lo strumento principale della politica monetaria incide sulla prima parte della curva, all’incirca fino agli IRS a 2 e 3 anni che, difatti, si sono mossi al ribasso. Per il parametro preso a riferimento quando le banche erogano mutui a tasso fisso, invece, le scadenze più lunghe risentono poco o nulla della mossa espansiva, mentre grande efficacia riveste il rendimento del decennale governativo tedesco, influenzato anche dalle Borse nell’immediato.

Il Bund, nonostante le operazioni di vendita nelle ultime settimane per via del rendimento reale negativo, era sceso ad offrire l’1,8% dopo l’annuncio del referendum in Grecia che aveva di nuovo generato acquisti di qualità e fuga dalla periferia; andamento opposto veniva seguito dal Btp 10 anni al 6,2% (spread allargato a 440 punti, poi a quota 453 a fine settimana) a causa dell’assenza di importanti acquirenti della carta italiana, esclusa la Bce.

Le prospettive economiche fosche e le attuali idee negative degli operatori di mercato in merito all’imminente fallimento della Grecia riporterebbero il governativo tedesco ai massimi e forse oltre, impedendo così la crescita del tasso Irs sul tratto intermedio della curva nelle prossime settimane.

(per le previsioni Euribor 3 mesi del prossimo venerdi 11 novembre 2011 si veda http://www.questidenari.com/?p=5596)

(per le previsioni Euribor 3 mesi e Irs del 9 dicembre 2011, successive al nuovo taglio del costo del denaro, si legga http://www.questidenari.com/?p=5795)

La Bce conferma tutto, anche i tassi

Ripetitive, quasi monotone le parole pronunciate oggi da Trichet che ha parlato di ripresa economica incerta, diseguale, e di tempi non ancora maturi, né meglio definiti, per avviare a pieno titolo la exit strategy (http://www.questidenari.com/?p=1602).

Però è giunto un elogio, meritatissimo ad avviso di chi scrive, riguardante l’operato del Financial Stability Board (Fsb) guidato da Mario Draghi, nell’intento di riorganizzare la regolamentazione dei mercati finanziari – il nostro Governatore, non più tardi di qualche mese fa, aveva ammonito che il trascorso apice della crisi, fondamentalmente, non era stato di grande insegnamento per le banche, imperterrite nel continuare a praticare manovre “pericolose” con gli strumenti della finanza creativa.

La conferma dei tassi base, fra cui il costo del denaro all’1%, non aggiunge altro alle parole del numero 1 della Bce (fonte: IlSole24Ore).

Volendo trarre indicazioni aggiuntive dai comportamenti delle autorità di politica monetaria, dovremmo riferirci a William Dudley, presidente della Fed di New York, che ha parlato di un periodo di 6 mesi per la stabilità dei tassi americani. Se non giungono manovre immediate da oltreoceano, diviene ancora più improbabile un rialzo dei tassi nel vecchio continente.

La BCE lascia il costo del denaro all’1%

Tutto invariato per i tassi base all’1% nell’area Euro, riconfermati a questo livello per la quinta volta consecutiva (http://www.questidenari.com/?p=1026), come non cambiano le prospettive di ripresa economica che il presidente Trichet ritiene si manifesterà in modo graduale e disomogeneo.

Sull’entità della ripresa peseranno pure le politiche di aggiustamento dei bilanci, operate principalmente dagli istituti di credito, motivo per cui il governatore di Bankitalia Mario Draghi, intervenuto nella stessa conferenza stampa del presidente Bce, sollecita il ripensamento dell’insieme di norme che regolano il sistema finanziario.

Fonte: IlSole24Ore