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La misura del rischio finanziario /5 – Superamento dei limiti del modello teorico di Leva Finanziaria

Il problema delineato (http://www.questidenari.com/?p=1619) che affligge la remunerazione della proprietà, sia che abbia ad origine l’aumento del capitale investito in conseguenza del ricorso al finanziamento bancario, sia l’aumento del tasso d’interesse passivo, può essere superato, o quanto meno attenuato, da una manovra finalizzata ad aumentare il reddito operativo.

In altri termini, al fine di non incappare in un “effetto spiazzamento” del ROE causato da un aumento indiscriminato delle risorse finanziarie erogate dalla banca, è fondamentale accompagnare ogni manovra di ricorso alla Leva Finanziaria con una modificazione della struttura operativa.

E cioè a dire che non solo occorre pianificare un aumento del capitale investito in termini quantitativi, ma pure valutare la qualità della manovra in termini di ripercussioni sulla struttura dei costi: ad esempio, il finanziamento verrà utilizzato per acquistare un determinato macchinario dalla tecnologia innovativa, e l’acquisto del cespite modificherà la struttura dei costi aumentando la componente fissa e diminuendo quella variabile. L’effetto congiunto comporta un abbattimento dei costi della gestione tipica?

Se la risposta fosse negativa, verrebbe a mancare la condizione di incremento del profitto operativo che consente di controbilanciare la caduta del ROI per effetto del maggior capitale investito, e la manovra finirebbe per abbattere la remunerazione della proprietà, anziché aumentarla. E’ quanto accadeva nella situazione rappresentata nelle Tavv. 8 e 9 dove il reddito operativo rimaneva costante.

Al contrario, un efficientamento della struttura operativa che riduce i costi totali ci consentirebbe di sperimentare una situazione analoga a quella già sintetizzata in Tav. 7, ma stavolta dagli effetti benefici più tenui in termini di maggiorazione del ROE, a causa dello scardinamento dell’ipotesi iniziale di invarianza del capitale investito, scarsamente realistica.

Tenete d’occhio i numeri delle Tavv. 12 e 13 seguenti: se dalla situazione iniziale (A), riassunta nel reddito operativo (RO) pari a 15 e nel quoziente d’indebitamento q = 0,3 che determinano ROE = 10,8%, si passa a quella finale (B) in cui RO = 20 e q = 0,416 che determinano ROE = 13,7%, l’effetto leva finanziaria positivo che si registra è soltanto pari a LF = +1,4% (ovvero ROE = 13,7% al netto di ROE = 12,2% circa che si sarebbe ottenuto rimanendo sulla vecchia retta tracciata per q = 0,3 in corrispondenza di ROI = 16,6%). Il valore registrato della Leva Finanziaria è inferiore al vecchio +4,1% (di Tav. 7) che era stato ottenuto a parità di capitale investito dopo la sostituzione tra il capitale di credito ed i mezzi propri, e la differenza è spiegata dal minor coefficiente angolare della nuova retta (causa quoziente d’indebitamento minore) e dal nuovo valore ROI preso a riferimento per il punto B di ascissa inferiore alla precedente (causa capitale investito maggiore)!

Tav. 12

Tav. 12: leva finanziaria positiva per effetto dell'aumento del reddito operativo e del capitale investito

Tav. 13

Tav. 13: grafico della leva finanziaria positiva per effetto dell'aumento del reddito operativo e del capitale investito

La soluzione tesa ad impedire gli effetti della Leva Finanziaria negativa delle Tavv. 8 e 9, come ormai è chiaro, è stata quella di modificare la struttura industriale per aumentarne il profitto e contrastare gli effetti negativi del cambiamento della struttura finanziaria. E una soluzione di taglio dei costi operativi è senza dubbio più facile da ipotizzare nell’immediato, piuttosto che una condizione di maggiori ricavi legati all’ottica temporale di medio-lungo termine, quando si manifesteranno appieno gli effetti economici del nuovo investimento nel macchinario.

E da quanto ho esposto nel precedente articolo, lo stesso ragionamento vale per una situazione di incremento del debito bancario associato ad un aumento del tasso d’interesse passivo: anche in tal caso i maggiori oneri finanziari andranno bilanciati da un abbattimento dei costi operativi.

Riprendendo le cifre dello stesso ultimo esempio per i = 11%, il ROE ottenuto nella situazione finale sarebbe pari a circa 12,4%, contro il solito 12,2% “letto” sulla vecchia retta (in corrispondenza di ROI = 16,6%) disegnata prima del ricorso (ulteriore) alle banche: il che comporterebbe, di fatto, l’annullamento dell’effetto leva pur in presenza di un (inadeguato) efficientamento della struttura operativa. L’aumento del tasso, in altri termini, ha reso trascurabile il beneficio per la proprietà quantificato dalla Leva Finanziaria, e la soluzione, nell’immediato, non può che ricercarsi in un ulteriore abbattimento dei costi della struttura industriale per l’ottenimento di un valore positivo soddisfacente di LF.

(continua http://www.questidenari.com/?p=2304)

La misura del rischio finanziario /4 – Limiti del modello teorico di Leva Finanziaria

L’impianto teorico finora costruito (http://www.questidenari.com/?p=1544) è sintetizzabile nel grafico seguente che riprende i numeri delle Tavv. 4 e 5 ed evidenzia il passaggio dalla situazione iniziale (A), dato un certo livello di ROI, di ROE e di grado d’indebitamento, a quella finale (B) in cui si sono manifestati una modificazione della struttura industriale (aumento del reddito operativo e quindi del ROI) e, congiuntamente, una modificazione della struttura finanziaria (aumento del debito e quindi di q):

Tav. 7

Tav. 7: effetto leva finanziaria positivo

Come ho già affermato, la Leva Finanziaria realizza la maggiorazione del ROE per una differenza pari al 4,1% circa.

Nella realtà, le cose sono senza dubbio più complicate. Una delle ipotesi alla base del modello, ad esempio, era costituita dall’invarianza del capitale investito all’aumentare del debito: un ampliamento del capitale di terzi, di conseguenza, si traduceva in una diminuzione del patrimonio netto per ugual valore, e segno contrario. Ma sappiamo che, normalmente, il ricorso alle banche non si traduce in un abbattimento dei mezzi propri; anzi, semmai, la banca assicura il proprio apporto solo a seguito di una più insistita partecipazione monetaria al rischio d’impresa da parte della proprietà.

Se allora ipotizziamo che l’incremento del debito si traduca (almeno) in un pari incremento del capitale investito (∆CT = ∆CI. Esempio: il mutuo è impiegato per l’acquisto di un immobile), dovremo considerare che si determina un aumento del quoziente d’indebitamento (q), tuttavia inferiore a quello registrato in caso di invarianza del capitale complessivo, ed una diminuzione del ROI, sempre per via dell’aumentato capitale investito al denominatore dell’indicatore di redditività:

Tav. 8

Tav. 8: effetto leva finanziaria in presenza di aumento del capitale investito

L’effetto leva che ne scaturisce è negativo (LF = -1,3% contro il +2,4% di Tav. 4 quando il capitale investito era costante) perché l’impresa ha proceduto col “passo del gambero”, uno avanti e due indietro:

Tav. 9

Tav. 9: grafico dell'effetto leva finanziaria in presenza di aumento del capitale investito

Non solo: nell’analisi condotta, si è sempre ipotizzato che il tasso d’interesse da applicare sul finanziamento bancario fosse costante, ovvero indipendente da fattori endogeni (come il rischio specifico aziendale collegato agli equilibri finanziario, patrimoniale ed economico) o esogeni (la variabilità dei tassi di mercato). Quando, invece, l’analisi del rating aziendale conduce le banche ad applicare spread mutevoli (per giunta collegati pure al rischio sistematico) che riflettono il grado di affidabilità dell’azienda a cui erogare le somme richieste – pensate ai due diversi livelli di ricarico applicati con riferimento alla stessa impresa, allo stesso tasso base e allo stesso contratto di mutuo che si compone di due parti distinte nel tempo: prefinanziamento e piano di ammortamento. O quando, ancora, l’evoluzione del sistema economico, e le connesse previsioni degli operatori dei mercati regolamentati e non, portano a modificare nel tempo gli interessi passivi corrisposti dalle aziende che hanno ottenuto finanziamenti a tasso variabile.

Tav. 10

Tav. 10: effetto leva finanziaria per aumento contestuale del capitale investito e del tasso d'interesse passivo

Il problema della variabilità dei tassi è riassunto nella Tav. 10 che, partendo sempre dalle cifre di Tav. 4, poi cambiate nella consueta misura per il debito (CT), il quoziente d’indebitamento (q) ed il capitale investito (CI), riporta i valori degli indicatori per un tasso d’interesse (i) elevato dall’8% all’11% al fine di renderli confrontabili con quelli di Tav. 8.

In termini di risultanze grafiche di Tav. 11, l’aumento del tasso realizza lo spostamento verso destra del punto (di ascissa i = 8%) corrispondente al centro del fascio di rette che rappresentano la generica funzione ROE = f (ROI, q, i = 8%). Si assiste così ad una traslazione della retta f2 costruita per q = 0,416 dato che il coefficiente angolare della formula [2] è immutato (debiti ed imposizione fiscale costanti), mentre l’intercetta è divenuta maggiormente negativa per via della variabile “i”.

Nell’ultima retta f3, in conseguenza del parallelismo, ogni livello di ROI si associa ad un minor livello di ROE, a parità di indebitamento che, come descritto, è passato dall’iniziale q = 0,3 nella f1 a q = 0,416. Il risultato che ne scaturisce è un più accentuato effetto leva negativo (LF passa da -1,3% a -2,6%), a significare una maggiore diminuzione della remunerazione della proprietà causata dall’aumento del tasso d’interesse passivo, a parità di condizioni.

Tav. 11

Tav. 11: grafico dell'effetto leva finanziaria per aumento contestuale del capitale investito e del tasso d'interesse passivo

In conclusione, ora è lampante che la costruzione del modello “teorico” di base non teneva conto della dinamica evolutiva gestionale né del contesto nel quale la realtà imprenditoriale si trovava immersa.

La risultante di tutte le forze descritte, ovvero il ROE ultimo rilevato, assume valori che dipendono dalle variabili del sistema specifico su cui si sta ragionando, come il livello di ROI (più o meno alto, e più o meno vicino al tasso di interesse passivo) ed il livello d’indebitamento (più o meno forte).

(continua http://www.questidenari.com/?p=1785)