Archivi tag: irs 10 anni previsioni

Previsioni Irs del 10 febbraio 2017

Sui mercati finanziari continua ad essere protagonista la volatilità: se viene stabilito un target per un’attività presa a riferimento, e le forze in campo bruciano le tappe per raggiungerlo prendendo spunto da vicende politiche o economiche talvolta insignificanti, nel giro di poche sedute la situazione può essere capovolta a favore della logica speculativa che si esplicita nei parametri di un trading range molto più limitato.

Non più di quindici giorni fa i margini di variazione del titolo Usa sembravano orientati verso quota 3% e non risuonava il campanello d’allarme del dollaro forte contro le esportazioni di soia; come pure la risalita dei prezzi al consumo in Europa sembrava favorire la correlazione tra obbligazioni governative. Oggi, invece, si può parlare di falsa partenza per il rialzo dei tassi.irs-10-2-17

L’analisi dello spread Treasury-Bund registrato nelle cinque settimane precedenti la fine di gennaio evidenziava la diminuzione del differenziale, mentre lo spread italiano risultava aumentato.

In condizioni di sostanziale invarianza del rendimento per il governativo Usa, ciò significava una generale risalita della propensione al rischio (rotazione dal tasso fisso alle azioni) che però conosceva l’eccezione dell’appesantimento della carta italiana per la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale.

Il picco settimanale si manifestava giovedi 26, quando il Bund saliva a 0,48% portando l’Irs 10 anni a 0,86%. Quota 0,82% per fine gennaio, sopra le attese.

La settimana a cavallo tra gennaio e febbraio portava con sé novità contrastanti per l’indirizzo dei rendimenti da tutte e due le sponde dell’oceano.

Anche se la Federal Reserve non toccava i tassi né lasciava trapelare novità in tal senso, i toni sin troppo aggressivi di Trump facevano vendere governativi per i prevedibili riflessi che si sarebbero riversati sul petrolio dopo le sanzioni all’Iran.

Nel vecchio continente l’inflazione, balzata al livello target in soli tre mesi grazie ai prezzi degli energetici, faceva pensare al ritorno alla carica da parte dei falchi tedeschi. Ciononostante, la paura forte per la spinta disgregatrice della moneta unica faceva scendere l’Irs10Y a 0,81% il 2 febbraio.

E la stessa incertezza politica ha caratterizzato l’ultima settimana: non solo l’avvicinarsi delle elezioni francesi con lo spauracchio del fronte separatista europeo che sarebbe in grado di riesumare il serpentone monetario, ma anche gli aggiustamenti alla manovra di bilancio italiana, l’aggiunta di un altro capitolo all’annosa vicenda Grexit e le frizioni iniziali tra l’amministrazione Trump e le Corti di giustizia americane, che mettono in crisi l’ideale protezionistico, hanno riportato sui mercati il classico atteggiamento di avversione al rischio. Gli operatori hanno preferito rimanere liquidi o acquistare carta tedesca, cedendo quella periferica.

Il Bund si è riaffacciato sotto quota 0,3% mentre il Btp è arrivato in prossimità di quota 2,38%; l’Irs 10 anni chiude col fixing 0,78% il 10 febbraio 2017.futures-sul-bund-eurex-10-feb-17

Questo suggerisce che i tassi di interesse europei potrebbero conoscere altri mesi di fluttuazione, e che pertanto la fase rialzista verrebbe rimandata.

Anche i futures sui tassi Usa adesso non forniscono più sostegno alle tre manovre annuali con cui veniva accolto il neo-presidente.

Il passaggio dalle parole della campagna elettorale ai fatti di governo ha comportato qualche problema per Trump: l’Irs10 potrebbe portarsi a 0,72% per fine febbraio in caso continuasse a prevalere il fenomeno flight to quality.

Rimane sempre aperta, ovviamente, la seconda strada che porta al graduale innalzamento del tasso fisso a dieci anni sopra l’1%.

(per le prossime attese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs del 10 marzo 2017”)

Previsioni Irs del 30 dicembre 2016

L’Irs 10 anni, fissato a 0,68% il 30/12/2016 in discesa sulla quotazione del 9 dicembre, segnala che la presenza di movimenti orizzontali era stata correttamente individuata e che il mercato non è ancora maturo per la fase ascendente dei tassi.

eurirs-30-12-16Con la riunione di metà dicembre, il Fomc faceva salire i saggi base negli Usa come ampiamente atteso ma riservava comunque la sorpresa di programmare tre rialzi per il 2017: uno in più del previsto. Il Treasury toccava quota 2,6%, un livello forse troppo ottimistico.

Aumentava lo spread col Bund perché il governativo tedesco scendeva a 0,31%, anche a causa della lettura definitiva dell’inflazione europea confermata troppo debole.

Le prese di beneficio facevano scendere il Btp a 1,88% ma l’Irs10 chiudeva alto a 0,78% il giorno 16.

I giorni prima di Natale, finalmente, i tassi core (Bund 0,22%) e periferici scendevano in ragione degli aggiustamenti per le esagerazioni passate: l’Irs 10 anni si adeguava chiudendo a 0,7%.

Il Btp calava all’1,83% quando i volumi ridotti degli scambi non tradivano nervosismo per l’intervento pubblico deciso su Mps.

Nell’ultima settimana dell’anno, in assenza dell’azione stabilizzatrice della Bce che ha sospeso gli acquisti programmati del Quantitative Easing e nonostante l’ulteriore riduzione degli scambi, il mercato obbligazionario europeo ha vissuto una fase di stallo dei rendimenti sia nella componente centrale che in quella periferica.

Il Bund, sceso addirittura allo 0,175%, in chiusura di settimana è risalito a 0,2%: probabilmente questo valore identifica il limite inferiore che fa scattare le vendite sulla base delle attuali condizioni macro.futures-sul-bund-eurex-30-12-16

La previsione di fine gennaio è per quota 0,61% e in assenza di rilevanti novità sul piano della politica monetaria e fiscale, variabili per le quali i mercati hanno mostrato maggiore sensibilità ultimamente, la banda di oscillazione dell’Irs10Y per le prossime settimane è delimitata dagli estremi 0,55% e 0,75%.

(per le prossime attese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs del 20 gennaio 2017”)

Previsioni Irs dell’11 novembre 2016

Dopo lo shock iniziale per l’elezione di Donald Trump, i mercati finanziari sembrano dare credito alle parole di chi ha promesso di far tornare a correre l’economia a stelle e strisce: se politica fiscale e protezionismo faranno crescere l’inflazione e comporteranno l’intervento restrittivo dell’autorità di politica monetaria Usa, la strada al rialzo dei tassi di interesse è segnata.irs-11-11-2016

Indiscussa protagonista delle ultime tre settimane, la variabile politica (Stati Uniti e Italia su tutti) sorprendeva molti osservatori perché incideva con forza da fine ottobre sulla perdita di valore del titolo italiano e del Bund, sceso ben oltre la misura ipotizzata senza essere sostenuto dal fenomeno “flight to quality”.

L’avvicinamento del secondo step di normalizzazione della politica monetaria americana, e le incertezze sull’esito referendario italiano, rappresentavano motivo principale per lo spostamento verso l’alto della banda di oscillazione dei rendimenti (Irs10Y a 0,51% il 31 ottobre, distante dalle previsioni) a cui si aggiungevano altri due fattori: uno prettamente macroeconomico legato allo stato di salute dell’economia reale e all’inflazione in Europa che, segnalati in miglioramento, facevano tornare a pensare alla riduzione del QE a marzo; un secondo derivante dall’approssimarsi della fine dell’anno che induceva i gestori a realizzare lucrose plusvalenze dalla vendita dei titoli di Stato iscritti in bilancio.

Nella prima settimana di novembre, invece, il contributo al tasso Irs10 (che toccava lo 0,55%) veniva in prevalenza dal decennale italiano oltre l’1,75%.

Nell’ultima settimana si è abbattuto sui mercati mondiali l’attesissimo esito dell’elezione del Presidente Usa.

Trump ha promesso in campagna elettorale aumento della spesa pubblica e taglio delle tasse, fattori che potenzialmente creano reddito e inflazione nel medio-lungo termine ma fanno esplodere il debito pubblico americano: ora difatti abbandonato dagli investitori, il Treasury (rendimento schizzato a 2,15%) sta affossando l’omologo titolo rifugio europeo per correlazione. Le rassicurazioni subito pervenute da fonte Bce sull’estensione del Quantitative Easing hanno fatto da paracadute e lo spread tra i benchmark è aumentato per circa 20 punti base negli ultimi sette giorni.

Trump ha promesso anche misure protezionistiche, ulteriore fattore che fa leva sui prezzi (e indebolisce ancora di più il valore reale atteso del titolo governativo): la politica monetaria dovrà quindi intervenire con successivi rialzi dei tassi base per raffreddare le spinte inflazionistiche.

La perdita futura di competitività dell’Europa, in contrasto col contagio positivo vissuto dalle piazze azionarie nelle ultime sedute, è la logica conseguenza di un’economia debole storicamente e non più assecondata da tassi di interesse bassi: e più i Paesi sono deboli, più i rendimenti dei titoli salgono (Btp a 2,03%; spread italiano volato sopra l’1,7%). Giovedi l’Irs 10 anni è balzato a 0,68% dallo 0,55% del giorno prima.

futures-sul-bund-eurex-11-11-2016Al momento non è possibile considerare realizzata l’inversione di tendenza dei tassi perché occorre attendere la riduzione della volatilità e poi valutare la reazione dei mercati alla probabilissima contromossa Bce, forse già a dicembre; ma è chiaro che il lungo periodo di tassi ai minimi storici si è concluso.

Se è corretto ipotizzare il riassorbimento dell’ondata emotiva iniziale nei termini di un rimbalzo del governativo tedesco, allora le previsioni Irs 10 anni di fine novembre indicano quota 0,51%.

Diversamente, nessuno scenario è precluso e il tasso fisso potrà oscillare di nuovo verso l’alto.

(per le prossime attese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs del 9 dicembre 2016”)

Previsioni Irs del 30 settembre 2016

Il mese di settembre ha impartito una lezione significativa: i veri market movers del mercato continuano ad essere le banche centrali, anziché i fondamentali macro.

E le banche più importanti del mondo hanno suggerito che la via dell’exit strategy dalle politiche ultra-accomodanti non è ancora stata imboccata, Stati Uniti inclusi che avevano effettuato il primo passo a dicembre.

La BoE, causa Brexit, sorregge l’economia del nord-Europa.

La BCE non riesce ancora a stimolare a sufficienza l’economia reale e a produrre inflazione.

La BoJ prosegue a stampare moneta e ha stabilito un nuovo target nel rendimento del titolo di Stato sul tratto a lunghissimo termine, col decennale nipponico che dovrà mantenersi attorno all’attuale rendimento zero.

La Fed, pur dichiarandosi favorevole ad un rialzo entro fine anno in caso di consolidamento dei dati economici, non agisce e ridimensiona le stime di rialzo dei tassi di interesse per i prossimi due anni.

Evidentemente il momento della correzione non è ancora sopraggiunto, e gli investitori possono continuare ad acquistare attività a prezzi superiori al fair value.

eurirs-30-settembre-2016In sintesi: fino a metà settembre non arrivava alcuna sorpresa dal Regno Unito per il mantenimento dei tassi e del QE; i più importanti tassi Eurozona rimanevano tutti fermi ad eccezione del Btp, pesante in vista referendum (spread in risalita ai livelli prima dell’estate).

La settimana successiva si assisteva ad un film visto più di una volta: prima della decisione Fed, una parte degli operatori anticipava i tempi scommettendo sul rialzo dei tassi; poi, dopo il nulla di fatto, si tornava rapidamente al punto di partenza.

I rendimenti, in salita da inizio mese, invertivano così la rotta: i titoli centrali e periferici venivano tutti acquistati e perdevano circa 10 punti base ciascuno, il Bund tornava negativo e la carta italiana decennale scendeva sotto i 120 pb. L’Irs 10Y precipitava a 0,32% venerdi 23.

Nell’ultima settimana del mese i punti salienti erano due: l’accordo di Algeri e l’inflazione preliminare eurozona.

Il primo vedeva al centro dell’attenzione il ricompattamento dell’OPEC sul taglio all’offerta di petrolio: anche senza discussione sulle quote di produzione a cui parteciperanno i singoli Paesi, tanto bastava a far salire il prezzo del barile. Tuttavia l’effetto sui principali titoli pubblici era limitato alla riduzione dei rendimenti per circa tre punti base.

Il secondo, nonostante il lieve aumento della dinamica dei prezzi al consumo, non produceva variazioni per i tassi dei titoli europei né per l’Irs 10 anni, confermato a 0,28% il 30/09/2016 e vicino alle previsioni del 9 settembre, quando era stato accordato favore all’ipotesi di rapido riassorbimento dei rendimenti.

futures-sul-bund-eurex-30-09-2016Le risultanze ultime rientrano nell’ambito dei riposizionamenti tattici di breve termine e confermano ciò a cui si assiste da molto tempo e che dovrebbe ripetersi almeno fino alle elezioni Usa: il mercato obbligazionario è nel complesso laterale per via delle percentuali molto basse, l’azione continuativa delle banche centrali deprime ulteriormente i tassi portandone alcuni in negativo e il principale fattore che calamita il tasso del Bund verso l’alto è il Treasury.

Condizionate dalla scarsità di carta eleggibile che farebbe riparametrare il QE al prossimo meeting Bce, le previsioni dell’Irs 10 anni indicano quota 0,17% per fine ottobre e ulteriore discesa per novembre.

(per le prossime attese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs del 21 ottobre 2016”)

Previsioni Irs del 19 agosto 2016

Se la Banca centrale europea, agli occhi di tutti gli analisti, è apparsa la dominatrice assoluta del mercato per aver mantenuto salde le redini del sistema finanziario scosso da Brexit, è lecito attendersi che l’autorità di politica monetaria voglia confermarsi protagonista anche nel futuro prossimo in cui la speculazione sul settore bancario si tradurrà in azioni di attacco al debito pubblico.futures sul Bund (Eurex, 19 agosto 2016)

Nell’ultima settimana di luglio la Federal Reserve, come da previsioni, lasciava i tassi invariati; il Pil americano II trimestre rallentava così come accadeva nel vecchio continente dove calavano sia il prezzo del petrolio, poco sopra i 41 dollari per eccesso di offerta e indebolimento della domanda, sia i rendimenti di Bund (-0,119%) e Btp (1,17%). Eppure l’Irs 10 anni, misteriosamente, scalava vette impensabili passando da 0,34% a 0,43% nell’ultima seduta del mese contro previsioni di tutt’altro orientamento.

La prima settimana di agosto si rivelerà la più interessante tra quelle del periodo in osservazione: si iniziava con gli stress test sulle principali banche europee che, accolti male dalle Borse, generavano un clima di avversione al rischio poi tradotto da realizzi indiscriminati, anche sul Bund.

Successivamente la decisione della Bank of England andava oltre le attese: taglio del tasso bancario di riferimento al minimo storico 0,25%, espansione del programma di acquisto per i titoli di stato e lancio di due nuovi piani, di cui uno per l’acquisto di corporate bond e l’altro destinato agli istituti di credito.

Pertanto il Bund tornava ad essere acquistato ma la correlazione col benchmark americano, il cui yield risaliva per 14 p.b. in una settimana anche grazie ai buoni numeri sull’occupazione nel primo venerdi del mese, lo rallentava.

Col Btp stabile l’Irs 10, dopo aver toccato i minimi per due volte, chiudeva il 5 agosto a 0,33%.

Nella settimana prima di ferragosto la speculazione indotta dalle parole del presidente della Fed di San Francisco, fiducioso sul miglioramento delle condizioni di occupazione e inflazione, avevano respiro molto corto perché il Treasury finiva al ribasso a 1,51% portandosi dietro il decennale tedesco e quello italiano: il Btp, anche grazie all’intensificazione dell’azione Bce per tenerlo immune dalla speculazione dopo i test sulle banche, arrivava a sfiorare i minimi poco sopra i 100 punti base. Tornava così al minimo storico 0,28% l’Irs 10Y.

Infine, nelle recenti sedute il prezzo del petrolio è sembrato concludere un ampio movimento che lo ha riportato a ridosso dei 50 dollari al barile: l’effetto congiunto della dialettica di Riad, che ha affermato di voler aumentare la produzione, e dell’aumento delle trivelle attive negli Usa è stato più che compensato dalla riduzione delle scorte americane di greggio e di benzina.Irs (19 agosto 2016)

Ciò ha giocato di sicuro un ruolo importante in una settimana tipicamente festiva, caratterizzata da volatilità e correzioni, in cui si è registrato un aumento generalizzato dei rendimenti per i titoli di Stato (nonostante dalle minute Fed emerga la convinzione delle difficoltà crescenti da superare per effettuare un rialzo dei tassi a settembre e nonostante il ritorno alla deflazione europea su base mese in luglio). Irs 10 anni fissato a 0,32% il 19 agosto 2016.

Per i motivi sopra richiamati a settembre la Bce dovrebbe implementare di nuovo il Quantitative Easing ed il Bund permanere stabilmente in territorio negativo avvicinandosi alla soglia limite teorica -0,4%.

Il tasso Irs 10 anni è visto in discesa a 0,3% per fine agosto, prossimo ai minimi storici, quindi in ulteriore discesa a settembre.

(per le prossime attese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs del 9 settembre 2016“)

Previsioni Irs del 24 giugno 2016

Per quanto corretta sia stata l’individuazione del trend al ribasso del tasso fisso, le vicende politiche che colpiscono il cuore dell’Europa non rendono immediata e univoca l’identificazione degli sviluppi economici e finanziari.Eurirs (24 giugno 2016)

A inizi giugno, mentre gli analisti erano impegnati a valutare quanto l’occupazione americana potesse costituire ostacolo alla politica di normalizzazione dei tassi Usa e consideravano pure le ripercussioni sull’asset allocation dei grandi investitori, si impennavano Treasury e Bund: il primo bucava la soglia 1,7%, il secondo arriva a rendere appena lo 0,01%.

La novità per l’acquisto dei corporate da parte Bce faceva ritrovare ottimismo per i titoli pubblici italiani, così di nuovo richiesti; Irs 10 anni a 0,47% il 10 giugno, vicino al minimo storico 0,46% di aprile 2015.

La settimana successiva, dal 13 al 17 giugno, era dominata dall’inizio alla fine dal rischio Brexit che assottigliava i tassi dei Paesi centrali e aumentava quelli dei periferici come manifestazione della classica avversione al rischio. L’ipotesi leave travolgeva tutto: il petrolio scendeva sui timori di una minore domanda europea e i dati sulla produzione industriale Eurozona e sull’indice dei prezzi al consumo, entrambi in salita, non venivano minimamente considerati dagli operatori.

L’atteggiamento degli stessi ultimi veniva rafforzato dalla Fed che non solo non toccava i tassi base ma lasciava chiaramente intendere che sarebbero stati necessari dati macro molto convincenti per agire a luglio.

Per la prima volta nella storia diventava negativo il Bund giovedi 16 con quota -0,024%; Irs 10Y inevitabilmente al minimo storico (il giorno dopo) a 0,44%.

Infine, nella settimana del referendum che ha chiamato il popolo britannico ad esprimersi sulla permanenza o meno nell’UE, i mercati finanziari hanno sbagliato sia a scommettere sull’ipotesi positiva che ad ignorare tutto il resto: l’avvicinamento al giorno del voto è stato caratterizzato da un continuo susseguirsi di rialzi dei tassi sul mercato obbligazionario come conseguenza degli acquisti emotivi sui listini azionari, suggeriti dai sondaggi.

Venerdi mattina, invece, la doccia gelata della Brexit travolge i mercati di tutto il globo: la reazione banale quanto drammatica – abbandono delle attività rischiose e ricerca del rifugio – fa salire i prezzi del Treasury (rendimento giù a 1,55%), del Bund (minimo storico -0,047%) e dello stesso Gilt, sulla base dell’assunto che la Bank of England sosterrà con immediata politica espansiva un contesto dove la crisi di liquidità prelude a quella dell’economia reale.

Soffrono i periferici, col Btp che sale a 1,48% riportando in alto lo spread, ma l’Irs 10 (che risente piuttosto dei titoli core) ingrana la retromarcia e torna al minimo 0,44% il 24 giugno 2016.

I timori di contrazione dell’economia mondiale, ovvero dal lato della richiesta, incidono sul forte ribasso del petrolio che pareva aver ritrovato equilibrio.

Individuare un percorso evolutivo del tasso fisso, nel momento in cui si apre un nuovo terreno inesplorato, appare opera estremamente ardua soprattutto in considerazione di quell’iniziale periodo di assestamento che dovrà trascorrere prima che i money manager prendano posizione definita sul da farsi. E alla luce di tale assunto, una prima ipotesi credibile è proprio quella di un mercato secondario laterale con tassi privi di direzione ma comunque pervasi da una significativa componente di volatilità. E se cresceranno le attese di altri referendum europei, ovviamente si allungheranno i tempi dell’incertezza e si amplieranno le oscillazioni dei corsi.

Una seconda ipotesi mette a monte del processo evolutivo la Federal Reserve: quando scatterà il prossimo rialzo dei tassi base, il Bund dovrà necessariamente seguire offrendo un rendimento adeguato; ma per ora le possibilità che la Yellen assesti un ulteriore colpo alle speranze di crescita dell’economia mondiale sono molto limitate.

futures sul Bund (Eurex, 24 giugno 2016)Piuttosto sono cresciute le attese per un intervento della Bce a sostegno della liquidità, sia per le dichiarazioni esplicite dei banchieri europei preparati alla Brexit sia per le previsioni di inflazione di lungo termine (anch’esse scese al minimo storico) che cozzano con l’obiettivo principe del mandato di cui sono state investite le autorità di politica monetaria.

In questo senso le previsioni del tasso Irs 10 anni, rispetto al fixing attuale, indicano ribasso a quota 0,41% per fine giugno e confermano le ultime attese formulate il giorno 3. Ulteriore ribasso per fine luglio.

La terza ipotesi, quella meno probabile ma da non trascurare per evitare brutte sorprese a chi detiene in portafoglio titoli obbligazionari, principia dall’analisi del rendimento reale del Bund divenuto ancora più negativo, distante circa 30 punti base da quello che contraddistinse il ritracciamento nella primavera 2015. Le vendite, nella fattispecie, farebbero impennare presto i tassi fissi e deluderebbero quanti poco prima avevano acquistato le stesse attività in prossimità dei massimi.

(per le attese del prossimo mese sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs del 22 luglio 2016”)