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La misura del rischio finanziario /4 – Limiti del modello teorico di Leva Finanziaria

L’impianto teorico finora costruito (http://www.questidenari.com/?p=1544) è sintetizzabile nel grafico seguente che riprende i numeri delle Tavv. 4 e 5 ed evidenzia il passaggio dalla situazione iniziale (A), dato un certo livello di ROI, di ROE e di grado d’indebitamento, a quella finale (B) in cui si sono manifestati una modificazione della struttura industriale (aumento del reddito operativo e quindi del ROI) e, congiuntamente, una modificazione della struttura finanziaria (aumento del debito e quindi di q):

Tav. 7

Tav. 7: effetto leva finanziaria positivo

Come ho già affermato, la Leva Finanziaria realizza la maggiorazione del ROE per una differenza pari al 4,1% circa.

Nella realtà, le cose sono senza dubbio più complicate. Una delle ipotesi alla base del modello, ad esempio, era costituita dall’invarianza del capitale investito all’aumentare del debito: un ampliamento del capitale di terzi, di conseguenza, si traduceva in una diminuzione del patrimonio netto per ugual valore, e segno contrario. Ma sappiamo che, normalmente, il ricorso alle banche non si traduce in un abbattimento dei mezzi propri; anzi, semmai, la banca assicura il proprio apporto solo a seguito di una più insistita partecipazione monetaria al rischio d’impresa da parte della proprietà.

Se allora ipotizziamo che l’incremento del debito si traduca (almeno) in un pari incremento del capitale investito (∆CT = ∆CI. Esempio: il mutuo è impiegato per l’acquisto di un immobile), dovremo considerare che si determina un aumento del quoziente d’indebitamento (q), tuttavia inferiore a quello registrato in caso di invarianza del capitale complessivo, ed una diminuzione del ROI, sempre per via dell’aumentato capitale investito al denominatore dell’indicatore di redditività:

Tav. 8

Tav. 8: effetto leva finanziaria in presenza di aumento del capitale investito

L’effetto leva che ne scaturisce è negativo (LF = -1,3% contro il +2,4% di Tav. 4 quando il capitale investito era costante) perché l’impresa ha proceduto col “passo del gambero”, uno avanti e due indietro:

Tav. 9

Tav. 9: grafico dell'effetto leva finanziaria in presenza di aumento del capitale investito

Non solo: nell’analisi condotta, si è sempre ipotizzato che il tasso d’interesse da applicare sul finanziamento bancario fosse costante, ovvero indipendente da fattori endogeni (come il rischio specifico aziendale collegato agli equilibri finanziario, patrimoniale ed economico) o esogeni (la variabilità dei tassi di mercato). Quando, invece, l’analisi del rating aziendale conduce le banche ad applicare spread mutevoli (per giunta collegati pure al rischio sistematico) che riflettono il grado di affidabilità dell’azienda a cui erogare le somme richieste – pensate ai due diversi livelli di ricarico applicati con riferimento alla stessa impresa, allo stesso tasso base e allo stesso contratto di mutuo che si compone di due parti distinte nel tempo: prefinanziamento e piano di ammortamento. O quando, ancora, l’evoluzione del sistema economico, e le connesse previsioni degli operatori dei mercati regolamentati e non, portano a modificare nel tempo gli interessi passivi corrisposti dalle aziende che hanno ottenuto finanziamenti a tasso variabile.

Tav. 10

Tav. 10: effetto leva finanziaria per aumento contestuale del capitale investito e del tasso d'interesse passivo

Il problema della variabilità dei tassi è riassunto nella Tav. 10 che, partendo sempre dalle cifre di Tav. 4, poi cambiate nella consueta misura per il debito (CT), il quoziente d’indebitamento (q) ed il capitale investito (CI), riporta i valori degli indicatori per un tasso d’interesse (i) elevato dall’8% all’11% al fine di renderli confrontabili con quelli di Tav. 8.

In termini di risultanze grafiche di Tav. 11, l’aumento del tasso realizza lo spostamento verso destra del punto (di ascissa i = 8%) corrispondente al centro del fascio di rette che rappresentano la generica funzione ROE = f (ROI, q, i = 8%). Si assiste così ad una traslazione della retta f2 costruita per q = 0,416 dato che il coefficiente angolare della formula [2] è immutato (debiti ed imposizione fiscale costanti), mentre l’intercetta è divenuta maggiormente negativa per via della variabile “i”.

Nell’ultima retta f3, in conseguenza del parallelismo, ogni livello di ROI si associa ad un minor livello di ROE, a parità di indebitamento che, come descritto, è passato dall’iniziale q = 0,3 nella f1 a q = 0,416. Il risultato che ne scaturisce è un più accentuato effetto leva negativo (LF passa da -1,3% a -2,6%), a significare una maggiore diminuzione della remunerazione della proprietà causata dall’aumento del tasso d’interesse passivo, a parità di condizioni.

Tav. 11

Tav. 11: grafico dell'effetto leva finanziaria per aumento contestuale del capitale investito e del tasso d'interesse passivo

In conclusione, ora è lampante che la costruzione del modello “teorico” di base non teneva conto della dinamica evolutiva gestionale né del contesto nel quale la realtà imprenditoriale si trovava immersa.

La risultante di tutte le forze descritte, ovvero il ROE ultimo rilevato, assume valori che dipendono dalle variabili del sistema specifico su cui si sta ragionando, come il livello di ROI (più o meno alto, e più o meno vicino al tasso di interesse passivo) ed il livello d’indebitamento (più o meno forte).

(continua http://www.questidenari.com/?p=1785)

La misura del rischio finanziario /3 – La quantificazione dell’effetto Leva Finanziaria

Le formule ed i grafici sinora evidenziati (http://www.questidenari.com/?p=1481) sono tornati utili a comprendere la logica della Leva Finanziaria.

Piuttosto che procedere ad ulteriori elaborazioni concettuali di questi principi, ritengo opportuno produrre una tabella, di lettura immediata, per sottoporre alla verifica dei numeri il senso delle stesse proposizioni.

Tav. 3

Tav. 3: quantificazione dell'effetto leva finanziariaData la situazione di partenza, riprodotta nella colonna di sinistra della Tav. 3, un incremento del quoziente d’indebitamento (∆q = +20%) – dovuto al solo aumento del debito – determina una maggiorazione del ROE che passa dal 10,8% al 13,2%; non dimenticate che ciò avviene perché il ROI (15%) supera il costo del debito (i = 8%).

Nelle stesse condizioni, una pari diminuzione del quoziente di indebitamento (∆q = -20%) determina un abbassamento del ROE (perché è diminuito il coefficiente angolare della retta), e quindi produce una Leva Finanziaria negativa – anche se, per una ragione di ordine trigonometrico, l’effetto leva si presenta inferiore al precedente in valore assoluto: LF fa registrare -1,3%, in termini di minor ROE, contro il vecchio +2,4%.

Si noti che il valore di LF non è stato calcolato per non creare confusione, ma comunque esiste, nel caso in cui l’indebitamento è pari al livello iniziale q = 0,3 (c.f.r. ultima riga della 1° colonna in Tav. 3): esattamente, LF è pari al ROE registrato per il menzionato quoziente d’indebitamento meno il ROE che si sarebbe ottenuto ponendo q = 0 nella formula [2].

Se ora volessimo apportare uno shock al nostro schema, ad esempio quello che si realizzerebbe a seguito di una modificazione nella struttura dei costi, verificheremmo ulteriormente la validità del modello matematico in ordine alla possibilità di misurare la Leva Finanziaria.

Infatti, supponiamo che l’azienda riesca ad abbattere in una certa misura i costi variabili (una situazione migliorativa rintracciabile nell’ottenimento di prezzi di fornitura scontati appare più realistica dell’abbattimento dei costi fissi per macchinari ed impianti) ovvero a portare il reddito operativo (RO) dal valore 15 a 20; la situazione iniziale (q = 0,3) e le due ipotesi di aumento e diminuzione del debito che abbiamo già valutato, rispettivamente identificate con q = 0,5 e q = 0,1 come sintetizzate nella Tav. 4, si prestano ad essere paragonate alle identiche situazioni di Tav. 5 in cui l’unico parametro modificato è il reddito operativo che sale nella misura descritta:

Tav. 4: RO = 15

Tav. 4: leva finanziaria e reddito della gestione operativa

Tav. 5: RO = 20

Tav. 5: leva finanziaria e reddito della gestione operativa efficientata

Il confronto tra le due Tavole esplicita in maniera ancora più efficace il senso del ricorso al debito per l’azienda in condizioni di equilibrio economico: l’incremento del RO, che a parità di condizioni si tradurrebbe nell’aumento del ROE pari a circa 4,2 punti percentuali attraverso il passaggio dal 10,8% al 15%, se associato all’aumento del debito conduce lo stesso ROE (sempre dall’iniziale 10,8%) al 19,2%, per un differenziale di 8,4 punti percentuali. Praticamente il doppio! La Leva Finanziaria (pari a 4,1% nell’esempio), dunque, ha svolto il ruolo di “moltiplicatore” dell’efficienza della gestione operativa.

Se volessimo verificare i numeri isolando la variabile ROI a parità di incremento del quoziente di indebitamento, dovremmo riferirci alla sola seconda colonna delle Tavv. 4 e 5: il beneficio misurato da LF risulta più spiccato, con un ∆ che passa da 2,4% (Tav. 4) a 4,1% (Tav. 5), quando si verifica l’abbattimento dei costi operativi. Da ciò traiamo un’informazione in più: la Leva Finanziaria amplifica (come sappiamo) il rendimento percentuale del patrimonio netto, ed accentua la sua azione in concomitanza di un più elevato livello di ROI.

Idem per la terza colonna delle due Tavole, ma stavolta in senso peggiorativo: la decurtazione del ROE, a parità di diminuzione del debito, è più forte in presenza dell’efficientamento della struttura operativa (LF = -2,2% contro il vecchio -1,3%).

E questo è proprio il senso della nostra analisi: gli esempi numerici esposti, inequivocabilmente, dimostrano che la variazione del debito “esalta” o “deprime” il tasso di remunerazione della proprietà, e la sua azione è tanto più intensa al crescere del rendimento dei capitali investiti come si nota subito dal grafico successivo:

Tav. 6: quantificazione della Leva Finanziaria per diversi livelli del ROI e del quoziente d’indebitamento

Tav. 6: quantificazione della leva finanziaria al variare del ROI e del debito

La lettura del grafico di Tav. 6 nel senso inverso del passaggio dal 20% al 15% del ROI, ovviamente, ci restituisce un più contenuto effetto leva per i diversi livelli d’indebitamento.

(continua http://www.questidenari.com/?p=1619)