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La Cattura di Cristo: una scena di ordinaria violenza per Caravaggio

Consegnato alla storia come traditore per la somma di 30 denari, cui neppure la morte per suicidio potrà riabilitarne la figura, né tantomeno i tentativi di giustificarne l’azione esecrabile ma necessaria alla resurrezione di Gesù, momento cardine per la cristianità, Giuda entra nel pieno dell’azione raccontata da uno dei dipinti più celebrati del genio di Caravaggio.

Oggi conservato a Dublino presso la National Gallery of Ireland, la “Cattura di Cristo” del 1602 stupisce per la compiutezza dell’esecuzione tecnica con cui Michelangelo Merisi seppe delineare i tratti dei modelli scelti restituendo la loro immagine riflessa dagli specchi. Qui ne costituisce massimo esempio la lucentezza delle corazze metalliche dei soldati, in particolare quella del personaggio collocato al centro: molto lodato dalla critica del tempo, la magnificenza della sua descrizione sembra farlo emergere dal quadro, quasi a renderlo animato.

Caravaggio coglie l’attimo della scena culminante con la cattura di Gesù, e si dimostra in possesso di una capacità “fotografica” nel descrivere con crudo realismo la violenza usata materialmente dal guerriero in armi che oltraggia Cristo, raffigurato con espressione afflitta, quasi travolto. Lo stesso Giuda è partecipe della violenza perpetrata, nell’atto di abbrancare Cristo e simulare il famigerato gesto.

Il pittore milanese sintetizza in pochi tratti mirabili la presenza esistenziale dei protagonisti, alcuni con i visi illuminati dalla grazia divina e volti a noi, altri immersi nella penombra e girati di profilo o quasi di spalle (http://www.questidenari.com/?p=1806), senza che su di essi abbia alcun effetto il lume sollevato sul fondo della scena, fatto eccezionale per l’Artista che per la prima volta introduce la fonte di luce internamente al quadro stesso.

Caravaggio ci descrive una scena di equilibrio instabile, attraversata da una forza invisibile che, interna alla catena umana, “sposta” il Cristo ed “esplode” nelle urla disperate del personaggio di sinistra, il cui volto illuminato traspone partecipazione al dolore di Gesù.

Come già era accaduto per la realizzazione di altre opere, alla scena desolante assiste lo stesso Maestro con l’espressione attonita dell’autoritratto collocato all’estrema destra, dove scopriamo tutto il travaglio interiore di un uomo dalla personalità contrastata e dal carattere irascibile, incline alla violenza che segnò la sua vita difficile sin dagli anni della giovinezza.

Ma forse, senza le scelleratezze che tormentarono la mente di Caravaggio e contribuirono alla conclusione prematura della sua esistenza, egli non sarebbe stato in grado di trasferirci emozioni uniche.