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La relazione tra ciclo monetario e capitale di giro – 3

 

A conclusione dell’argomento, vi specifico ulteriormente che l’entità del capitale di giro non dipende dalla sola politica commerciale.

Provate, nello stesso esempio già visto (http://www.questidenari.com/?p=817), a “resettare” il ciclo monetario riconducendolo al valore iniziale, e a raddoppiare i volumi di vendita come anche i volumi di acquisto (se vale la relazione per cui 1 output deriva da 1 input): gli effetti saranno sia economici (aumento del reddito netto) che finanziari (aumento del flusso di cassa).

Quest’ultimo esempio – utile a farvi comprendere che la dimensione del capitale di giro non dipende solo dagli sfasamenti temporali tra le epoche di incasso e pagamento – mostra la contrazione del circolante dovuta principalmente agli aumentati debiti tributari (per le imposte che hanno colpito il reddito maggiorato). Di conseguenza, se un’azienda intende diminuire il proprio fabbisogno, dovrà agire contemporaneamente (quando possibile) su tutte le variabili in gioco: le scadenze del ciclo monetario, in modo da accorciarlo e magari farlo divenire negativo, e i volumi di attività, in modo da aumentarli il più possibile compatibilmente alla propria capacità produttiva.

Uno dei benefici subito rilevabili a seguito dell’adozione di questa politica, ad esempio, sarebbe costituito dal minor ricorso al credito bancario necessario a finanziare il capitale a veloce rotazione: la percentuale di interessi passivi sullo scoperto di conto collegato ad operazioni di apertura di credito (transitoria o a revoca), difatti, rappresenta solitamente la misura più alta che colpisce gli importi erogati a favore dell’azienda a titolo di finanziamento.

La relazione tra ciclo monetario e capitale di giro – 2

Se considerate il bilancio di un’impresa che iscrive crediti e debiti commerciali al termine di un esercizio in cui ha ottenuto un risultato positivo, e ceteris paribus provate ad accorciare il ciclo monetario (accorciando i tempi di riscossione o allungando quelli di pagamento), vi accorgerete anzitutto che i risultati reddituali sono invariati – in assenza di considerazioni sul reinvestimento delle maggiori risorse ora disponibili (http://www.questidenari.com/?p=479) – mentre quelli finanziari si manifestano con un flusso di cassa più elevato.

Ma il cambiamento del ciclo monetario ha prodotto differenze anche in ordine all’entità del capitale di giro: la diminuzione dei crediti e/o l’aumento dei debiti hanno “ristretto” il circolante, e di conseguenza il capitale complessivamente investito, comportando una condizione di minor fabbisogno che possiamo intendere come una migliorata efficienza del capitale utilizzato – la prima segnalazione di conferma ci viene dall’aumento del Capital Turnover, il cui denominatore più basso relativizza le vendite costanti!

In particolare, giova sottolineare che la riduzione del capitale di giro, e quindi del fabbisogno, è più accentuata nel caso dell’accorciamento dei tempi di riscossione dai clienti rispetto al caso dell’allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori, a parità di giorni di dilazione variati per un’azienda che chiude in utile. Il motivo, ovviamente, è da ricondursi alla condizione di equilibrio economico dell’azienda che compra a poco e vende a tanto: meglio diminuire molto i crediti commerciali, piuttosto che aumentare poco i debiti.

(continua http://www.questidenari.com/?p=882)

La relazione tra ciclo monetario e capitale di giro – 1

 

A questo punto ci siamo appropriati dei concetti di capitale di giro (http://www.questidenari.com/?p=597) e ciclo monetario (http://www.questidenari.com/?p=741), il primo inteso come indicatore della situazione dell’azienda che si trova in condizioni di fabbisogno (ha – cioè – bisogno di essere finanziata) o di disponibilità (ovvero dispone delle risorse necessarie a proseguire la propria attività tipica), e il secondo come indicatore dei tempi di pagamento e incasso collegati alle operazioni caratteristiche di acquisizione e trasformazione dei fattori produttivi, e vendita dei prodotti finiti, anch’esso ideato al fine di descrivere una condizione di fabbisogno o di disponibilità.

Proprio questa finalità descrittiva della produzione di disponibilità/fabbisogni, comune ad entrambi i concetti, rischia di ingenerare confusione tra coloro che si avvicinano alla conoscenza dell’analisi di bilancio: in che modo coesistono capitale di giro e ciclo monetario?

Una valida risposta iniziale credo debba anzitutto chiarire che il ciclo monetario concerne la variabile “tempo”: i tempi di incasso dai clienti per le vendite, i tempi di pagamento ai fornitori per le materie prime, i tempi di produzione e quelli di stoccaggio delle merci, nel loro complesso, incidono sul periodo temporale di fabbisogno dell’azienda, nel senso dell’allungamento o dell’accorciamento che può spingersi fino a rendere negativo il valore dei “giorni del ciclo monetario” (denotando così una condizione di disponibilità).

Detta variabile temporale, semplicisticamente indicata come politica commerciale, si inserisce nel concetto di capitale di giro basato sui volumi di attività che generano crediti (a seguito di vendite), debiti (a seguito di acquisti) e magazzino (a seguito di produzione), aumentando o diminuendo gli stessi volumi in un determinato istante.

(continua http://www.questidenari.com/?p=817)