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La misura del rischio finanziario /6 – Conclusioni sul modello di Leva Finanziaria

Il modello matematico esposto (http://www.questidenari.com/?tag=leva-finanziaria), per quanto complesso, ancora non può considerarsi pienamente rappresentativo della realtà per più di un motivo.

L’aliquota fiscale, così come riportata, semplifica le diverse tipologie d’imposta riassunte sinteticamente nella costante “t”.

Ulteriore semplificazione è il computo di alcuni costi considerati sempre fissi, e di altri costi trattati sempre come variabili.

Altro ancora potrebbe aggiungersi, ma a conclusione del tema sulla Leva Finanziaria mi preme sottolineare la fondatezza, e soprattutto la rilevanza pratica, di un’affermazione espressa da un docente in risposta alla richiesta di chiarimento di un suo allievo, quando quest’ultimo – durante un corso di formazione professionale – parlò di convenienza ad aumentare il debito al verificarsi della condizione di economicità (Roi > i).

Lo studio della teoria, per quanto proficuo, non deve fuorviare. Nella realtà operativa non ha senso parlare di convenienza in modo restrittivo, ma piuttosto di necessità a variare l’ammontare o le caratteristiche del debito: il riferimento è quello già descritto dell’impresa che non dispone in autonomia dei capitali sufficienti a finanziare l’attività. Oppure si potrebbe citare l’esempio dell’azienda che intende ristrutturare il proprio debito rimodellandone le scadenze.

L’analisi di fattibilità dell’operazione, in ogni caso, passa per un modello la cui utilità è più concettuale che pratico-operativa. In altri termini, un qualsiasi impianto teorico non sostituisce l’autonomia decisionale, né può assumere rilevanza estrema la costruzione di uno schema che rappresenti l’azienda nella maniera più fedele possibile, dato che la quantità di variabili in gioco e la relativa difficoltà di stima corretta è senza dubbio molto alta. E’ importante, piuttosto, creare un bilancio previsionale che consenta agli amministratori di orientarsi per linee di massima alla ricerca dei valori di equilibrio secondo la loro idea di azienda.

Quando si tratta la finanza aziendale, non a caso, si parla di “indicatori” la cui valenza descrittiva non va intesa in maniera rigida ed inequivocabile, per quanto rispondano a leggi deterministiche; e cioè, lo studio della disciplina comporta l’elaborazione di costruzioni matematiche derivate dalla contabilità che nel complesso, e più adeguatamente possibile, siano atte ad indicare – appunto – la direzione da seguire per la sana gestione d’impresa. Se poi la “strada” sarà esattamente pianeggiante o fatta di dossi, se sarà rettilinea o piena di curve, questo potrà essere appurato solo col tempo, quando si renderà opportuno intervenire con un cambiamento di rotta.

Pertanto, la decisione del management di fare ricorso alla leva finanziaria verrà assunta anche quando il ritorno sui capitali investiti sarà “pericolosamente” vicino al tasso passivo sugli interessi da corrispondere alle banche, nella consapevolezza che una tale azione di governo dovrà essere condotta in parallelo ad un’opera di abbattimento dei costi operativi, alla scelta delle migliori condizioni di costo, e al monitoraggio costante dell’evoluzione dei principali indicatori. Se il bilancio pro-forma indicherà una remunerazione della proprietà soddisfacente, o perlomeno in linea con le attese, allora si procederà con l’operazione di finanziamento; altrimenti si dovrà andare avanti per tentativi modificando le variabili alla base del modello sulla scorta delle indicazioni ottenute prima, nella consapevolezza che la teoria indica la strada giusta ma non è in grado di rappresentarci fedelmente le caratteristiche del tracciato da percorrere. Anche questo, a ben vedere, rientra nella logica dell’intrapresa.

La misura del rischio finanziario /5 – Superamento dei limiti del modello teorico di Leva Finanziaria

Il problema delineato (http://www.questidenari.com/?p=1619) che affligge la remunerazione della proprietà, sia che abbia ad origine l’aumento del capitale investito in conseguenza del ricorso al finanziamento bancario, sia l’aumento del tasso d’interesse passivo, può essere superato, o quanto meno attenuato, da una manovra finalizzata ad aumentare il reddito operativo.

In altri termini, al fine di non incappare in un “effetto spiazzamento” del ROE causato da un aumento indiscriminato delle risorse finanziarie erogate dalla banca, è fondamentale accompagnare ogni manovra di ricorso alla Leva Finanziaria con una modificazione della struttura operativa.

E cioè a dire che non solo occorre pianificare un aumento del capitale investito in termini quantitativi, ma pure valutare la qualità della manovra in termini di ripercussioni sulla struttura dei costi: ad esempio, il finanziamento verrà utilizzato per acquistare un determinato macchinario dalla tecnologia innovativa, e l’acquisto del cespite modificherà la struttura dei costi aumentando la componente fissa e diminuendo quella variabile. L’effetto congiunto comporta un abbattimento dei costi della gestione tipica?

Se la risposta fosse negativa, verrebbe a mancare la condizione di incremento del profitto operativo che consente di controbilanciare la caduta del ROI per effetto del maggior capitale investito, e la manovra finirebbe per abbattere la remunerazione della proprietà, anziché aumentarla. E’ quanto accadeva nella situazione rappresentata nelle Tavv. 8 e 9 dove il reddito operativo rimaneva costante.

Al contrario, un efficientamento della struttura operativa che riduce i costi totali ci consentirebbe di sperimentare una situazione analoga a quella già sintetizzata in Tav. 7, ma stavolta dagli effetti benefici più tenui in termini di maggiorazione del ROE, a causa dello scardinamento dell’ipotesi iniziale di invarianza del capitale investito, scarsamente realistica.

Tenete d’occhio i numeri delle Tavv. 12 e 13 seguenti: se dalla situazione iniziale (A), riassunta nel reddito operativo (RO) pari a 15 e nel quoziente d’indebitamento q = 0,3 che determinano ROE = 10,8%, si passa a quella finale (B) in cui RO = 20 e q = 0,416 che determinano ROE = 13,7%, l’effetto leva finanziaria positivo che si registra è soltanto pari a LF = +1,4% (ovvero ROE = 13,7% al netto di ROE = 12,2% circa che si sarebbe ottenuto rimanendo sulla vecchia retta tracciata per q = 0,3 in corrispondenza di ROI = 16,6%). Il valore registrato della Leva Finanziaria è inferiore al vecchio +4,1% (di Tav. 7) che era stato ottenuto a parità di capitale investito dopo la sostituzione tra il capitale di credito ed i mezzi propri, e la differenza è spiegata dal minor coefficiente angolare della nuova retta (causa quoziente d’indebitamento minore) e dal nuovo valore ROI preso a riferimento per il punto B di ascissa inferiore alla precedente (causa capitale investito maggiore)!

Tav. 12

Tav. 12: leva finanziaria positiva per effetto dell'aumento del reddito operativo e del capitale investito

Tav. 13

Tav. 13: grafico della leva finanziaria positiva per effetto dell'aumento del reddito operativo e del capitale investito

La soluzione tesa ad impedire gli effetti della Leva Finanziaria negativa delle Tavv. 8 e 9, come ormai è chiaro, è stata quella di modificare la struttura industriale per aumentarne il profitto e contrastare gli effetti negativi del cambiamento della struttura finanziaria. E una soluzione di taglio dei costi operativi è senza dubbio più facile da ipotizzare nell’immediato, piuttosto che una condizione di maggiori ricavi legati all’ottica temporale di medio-lungo termine, quando si manifesteranno appieno gli effetti economici del nuovo investimento nel macchinario.

E da quanto ho esposto nel precedente articolo, lo stesso ragionamento vale per una situazione di incremento del debito bancario associato ad un aumento del tasso d’interesse passivo: anche in tal caso i maggiori oneri finanziari andranno bilanciati da un abbattimento dei costi operativi.

Riprendendo le cifre dello stesso ultimo esempio per i = 11%, il ROE ottenuto nella situazione finale sarebbe pari a circa 12,4%, contro il solito 12,2% “letto” sulla vecchia retta (in corrispondenza di ROI = 16,6%) disegnata prima del ricorso (ulteriore) alle banche: il che comporterebbe, di fatto, l’annullamento dell’effetto leva pur in presenza di un (inadeguato) efficientamento della struttura operativa. L’aumento del tasso, in altri termini, ha reso trascurabile il beneficio per la proprietà quantificato dalla Leva Finanziaria, e la soluzione, nell’immediato, non può che ricercarsi in un ulteriore abbattimento dei costi della struttura industriale per l’ottenimento di un valore positivo soddisfacente di LF.

(continua http://www.questidenari.com/?p=2304)