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Imposte non dovute o pagate in eccedenza: rimborsi da modello 730, da modello Unico Pf o su richiesta

Il contribuente che ha versato imposte in misura maggiore a quelle dovute, ed usa il modello 730, ha diritto ad essere rimborsato direttamente dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico se il rimborso Irpef supera i 12 euro.

Se il rimborso non viene erogato, il contribuente presenta istanza all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui si risiede allegando la certificazione con la quale il datore di lavoro, o l’ente pensionistico, afferma di non aver eseguito il conguaglio.

Con riferimento ai modelli 730 presentati a partire dal 2014, per un rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni, l’Agenzia delle Entrate effettua controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia prima di erogare la somma dovuta.

Il contribuente che ha versato imposte in misura maggiore a quelle dovute, ed usa il modello Unico Pf, ottiene il rimborso della somma spettante dall’Agenzia delle Entrate, eseguiti i normali controlli, se dalla dichiarazione dei redditi risulta un credito e nella compilazione del quadro RX ha indicato la volontà di essere rimborsato. In caso non risultasse operata una scelta, il credito verrebbe considerato come eccedenza da utilizzare nella successiva dichiarazione.

In tutti gli altri casi (errore materiale, duplicazione di versamento, inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento), il contribuente deve presentare una domanda di rimborso entro un determinato termine dal versamento, a pena di decadenza: 48 mesi per le imposte sui redditi (es. Irpef, Ires), i versamenti diretti, le ritenute operate dal sostituto d’imposta e le ritenute dirette operate dallo Stato e da altre P.A.; 36 mesi per le imposte indirette (es. registro, successioni e donazioni, bollo).

L’istanza di rimborso, contenente i motivi per i quali il contribuente ritiene di aver diritto al rimborso, va presentata in carta semplice all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente (es. quello competente per la residenza del contribuente o quello presso il quale è stato registrato l’atto o la successione) allegando le distinte dei versamenti eseguiti e le certificazioni delle ritenute subite.

La domanda di rimborso può essere accolta o respinta (vale la regola del silenzio-rifiuto): l’eventuale ricorso alla Commissione tributaria, esperito dopo almeno 90 giorni dalla presentazione della domanda, deve essere preceduto dal reclamo per le controversie fino a 20.000 euro.

(continua “Imposte non dovute o pagate in eccedenza: rimborso in contanti, con accredito su conto corrente o vaglia cambiario. Modelli di richiesta per le persone fisiche e per i soggetti diversi dalle persone fisiche”)

Cartella di pagamento: compensazione con i crediti d’imposta, modelli e divieti. Crediti verso la Pubblica Amministrazione

(continua da “Cartella di pagamento: richiesta, proroga e decadenza per il piano di rateizzazione ordinario o straordinario”)

Con riferimento ai tributi erariali (imposte sui redditi e addizionali, Iva, Registro e altri tributi indiretti, Irap, etc.) ed ai relativi oneri accessori (compresi aggi e spese a favore dell’agente della riscossione), è possibile estinguere le cartelle di pagamento attraverso compensazione con i crediti per le stesse imposte erariali. Detto pagamento tempestivo comporta l’utilizzo del modello F24 Accise (codice tributo RUOL) entro 60 giorni dalla notifica.

E’ necessario, invece, utilizzare uno specifico modulo reperibile sul sito web Equitalia – download della “DICHIARAZIONE DI AVVENUTA COMPENSAZIONE E/O RICHIESTA DI IMPUTAZIONE DEI PAGAMENTI AI SENSI DELL’ARTICOLO 31, COMMA 1 DEL DECRETO LEGGE 31 MAGGIO 2010 N. 78 (CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE 30 LUGLIO 2010 N. 122)” disponibile con approfondimenti alla pagina di gruppoequitalia.it – in caso il pagamento attenga soltanto ad una parte delle imposte dovute ed indicare l’avvenuto pagamento in compensazione con l’F24 Accise.

I debiti iscritti a ruolo per imposte erariali ed accessori di importo superiore a 1.500 euro, e per i quali è scaduto il termine di pagamento, dal 1° gennaio 2011 non possono essere compensati nel modello F24. I crediti disponibili possono essere utilizzati solo dopo l’estinzione dei debiti erariali iscritti a ruolo e scaduti e l’inosservanza del divieto comporta l’applicazione di una sanzione pari alla metà dell’importo dei debiti iscritti a ruolo, fino al limite dell’intera somma indebitamente compensata.

Il divieto riguarda la sola ipotesi di “compensazione orizzontale” (fra tributi di diversa tipologia tramite il modello F24) e pertanto non inficia la “compensazione verticale” (nell’ambito dello stesso tributo. Esempio: Irpef con Irpef).

Le somme iscritte a ruolo notificate entro il 30 settembre 2013 possono essere estinte anche mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche per somministrazione, forniture e appalti.

(continua “Cartella di pagamento: riscossione coattiva per debiti fino a 1.000 euro, ganasce fiscali, ipoteca, pignoramento immobiliare ed esclusioni, pignoramento dei crediti”)

Cartella di pagamento: notifica, somme dovute per mancato o ritardato pagamento, estratto conto e Rav

Le somme dovute a seguito dei controlli e degli accertamenti effettuati dall’Amministrazione finanziaria, secondo le linee guida dell’Agenzia delle Entrate aggiornate al settembre 2014, sono iscritte a ruolo a meno che la somma, comprensiva di sanzioni ed interessi, non supera euro 30,00 per ciascun credito e con riferimento ad un singolo periodo d’imposta. Quest’ultima disposizione non trova applicazione se il credito deriva da ripetuta violazione degli obblighi di versamento relativi allo stesso.

Gli Agenti della riscossione attivano le procedure per il recupero del credito attraverso l’invio ai contribuenti della cartella di pagamento, notificata dal personale dell’Agente della riscossione, o da altri soggetti abilitati dallo stesso Agente, ovvero anche per raccomandata con avviso di ricevimento o per “Posta Elettronica Certificata”. In caso di mancato versamento entro 60 giorni, a decorrere dalla data di notifica, sulle somme iscritte a ruolo sono dovuti gli interessi di mora per ogni giorno di ritardo, l’intero compenso all’Agente (calcolato su capitale e interessi di mora) e tutte le ulteriori spese che eventualmente derivano dal mancato o ritardato pagamento della cartella, ed inoltre possono essere avviate azioni cautelari e conservative e procedure per la riscossione coattiva su tutti i beni presenti e futuri (con i quali il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni).

I contribuenti possono usufruire del servizio on lineEstratto conto” per avere immediata visione della propria situazione debitoria a partire dall’anno 2000, una volta entrati in possesso delle credenziali fornite dall’Agenzia delle Entrate per utilizzare il “Cassetto fiscale” (www.agenziaentrate.gov.it) o delle credenziali rilasciate dall’Inps per usare i servizi sul sito www.inps.it.

La cartella di pagamento notificata contiene uno o più bollettini di versamento denominati Rav che possono essere utilizzati (precompilati e recanti indicazione dell’importo da versare) solo se il versamento viene effettuato entro la scadenza del termine indicato. Il pagamento può avvenire presso gli sportelli dell’Agente della riscossione che li ha emessi (senza applicazione di alcuna commissione aggiuntiva), gli sportelli bancari, gli uffici postali o i tabaccai abilitati, ovvero attraverso i servizi web e call center delle società del Gruppo Equitalia o ancora attraverso i servizi di home banking messi a disposizione dagli istituiti di credito e da Poste italiane.

I contribuenti che non riescono a fare fronte al pagamento in un’unica soluzione, invece, possono rivolgersi agli Agenti della riscossione per ottenere la rateazione.

(continua “Cartella di pagamento: richiesta, proroga e decadenza per il piano di rateizzazione ordinario o straordinario”)

Detrazione Irpef per interventi di ristrutturazione edilizia, manutenzione ordinaria e straordinaria: spese ammesse e interessi passivi sul mutuo

(continua da “Spese di ristrutturazione edilizia: detrazione Irpef, beneficiari e intestazione di bonifico e fattura”)

Tra i lavori sulle unità immobiliari residenziali e sugli edifici residenziali per i quali spettano le detrazioni figurano:

–        quelli elencati alle lettere b), c) e d) dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001. In particolare, il beneficio riguarda le spese sostenute per interventi di manutenzione straordinaria, opere di restauro e risanamento conservativo, lavori di ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali e sulle loro pertinenze;

–        quelli indicati alle lett. a), b), c) e d) dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001 relativi a manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;

–        gli interventi finalizzati alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune;

–        gli interventi finalizzati alla cablatura degli edifici, al contenimento dell’inquinamento acustico e al conseguimento di risparmi energetici.

Il compimento di interventi finalizzati al risparmio energetico è assimilato alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili (es. impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica in base alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 22/E del 2 aprile 2013) installati per far fronte ai bisogni energetici dell’abitazione (i.e. usi domestici e usi di illuminazione, alimentazione di apparecchi elettrici, etc.).

Tra le altre spese ammesse ai fini dell’agevolazione vi sono quelle per la progettazione, per le prestazioni professionali, per la messa in regola degli edifici ai sensi del D.M. 37/2008 – ex legge 46/90 (impianti elettrici) e delle norme Unicig per gli impianti a metano (legge 1083/71), per l’effettuazione di perizie e sopralluoghi, nonché l’imposta sul valore aggiunto, l’imposta di bollo e i diritti pagati per concessioni, autorizzazioni e denuncia di inizio lavori.

Specificamente, sono ammesse le spese sostenute per gli interventi di:

–        manutenzione ordinaria che riguardino le sole parti comuni (la detrazione spetta ad ogni condomino in base alla quota millesimale) come il suolo su cui sorge l’edificio residenziale situato nel territorio dello Stato, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i portici, i cortili, gli ascensori e le fognature. Per gli interventi realizzati sulle parti comuni dell’edificio, il beneficio attiene all’anno di effettuazione del bonifico da parte dell’amministrazione del condominio e spetta al singolo condomino nei limiti della quota a lui imputabile, “a condizione che quest’ultima sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi”;

–        manutenzione straordinaria relativi a opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici e per realizzare ed integrare i servizi igienico/sanitari e tecnologici (purché non producano variazioni dei volumi e delle superfici delle singole unità immobiliari o cambiamenti nella destinazione d’uso). Ad esempio l’installazione di ascensori e scale di sicurezza, la realizzazione ed il miglioramento dei servizi igienici, la sostituzione di infissi esterni e serramenti o persiane con serrande e con modifica di materiale o tipologia di infisso, il rifacimento di scale e rampe, gli interventi finalizzati al risparmio energetico;

–        ristrutturazione edilizia, tra i quali vi sono quelli finalizzati a trasformare un fabbricato facendolo divenire diverso dal precedente (tutto o in parte), purché non si realizzi la demolizione e ricostruzione con ampliamento (definita “nuova costruzione” a cui non spetta il bonus) e con la precisazione che, in caso la ristrutturazione avvenisse senza demolire l’edificio ma con l’ampliamento dello stesso, la detrazione spetterebbe solo per le spese riguardanti la parte esistente (l’ampliamento configura “nuova costruzione”). Ad esempio la demolizione e fedele ricostruzione dell’immobile, la modifica della facciata, la realizzazione di una mansarda o di un balcone, l’apertura di nuove porte e finestre e la costruzione dei servizi igienici con ampliamento di superfici e volumi esistenti.

Inoltre i contribuenti che realizzano opere di ristrutturazione e/o costruzione della loro abitazione principale possono detrarre dall’Irpef gli interessi passivi ed i relativi oneri accessori pagati sui mutui ipotecari nella misura del 19% sull’importo massimo di 2.582,28 euro complessivi per ciascun anno d’imposta purché:

–        il mutuo venga stipulato nei 6 mesi antecedenti la data di inizio lavori di costruzione o nei 18 mesi successivi;

–        l’immobile venga adibito ad abitazione principale entro 6 mesi dal termine dei lavori di costruzione;

–        il contratto di mutuo venga stipulato dal soggetto che sarà possessore dell’unità immobiliare a titolo di proprietà o di altro diritto reale.

In merito alla detrazione d’imposta riservata agli acquirenti di box o posti auto pertinenziali già realizzati, le Entrate hanno specificato il caso particolare in cui l’atto definitivo di acquisto venga stipulato successivamente al versamento di eventuali acconti: la detrazione d’imposta spetta solo se è stato regolarmente registrato il compromesso di vendita da cui risulti la sussistenza del vincolo pertinenziale tra l’edificio abitativo e il box. Detta condizione si considera realizzata se il bonifico viene effettuato nello stesso giorno in cui si stipula l’atto, ma in orario antecedente a quello della stipula stessa.

(continua “Causale del bonifico per spese di ristrutturazione e codice fiscale del beneficiario. Trasferimento della detrazione per vendita dell’immobile“)

Violazioni al Codice della Strada dal 6 ottobre 2011: tempi di presentazione del ricorso al Giudice di Pace, contributo unificato, sanzione amministrativa accessoria

Come era stato esplicitato (http://www.questidenari.com/?p=3853), a partire dal giorno successivo alla notifica del verbale per l’infrazione commessa al Codice della Strada ovvero dal giorno successivo alla contestazione immediata della violazione, il trasgressore dispone di 60 giorni di tempo per il pagamento della multa o per il ricorso al Prefetto.

Se invece il trasgressore ritiene opportuno avvalersi dell’operato del Giudice di Pace a seguito di contestazione immediata o notificazione del verbale, e se non è stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi consentiti, il periodo utile per il ricorso dimezza a 30 giorni computati a partire da quello successivo alla data di ricezione dell’atto, con riferimento alle infrazioni accertate dal 6 ottobre 2011, per effetto dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 1 settembre 2011 pubblicato in G.U. n. 220 del 21-9-2011 (art. 7, 3° comma). In caso di infrazione accertata prima dell’entrata in vigore del provvedimento in data 06/10/2011, anche se il giorno di notifica del verbale è successivo alla stessa data, i tempi di presentazione del ricorso rimangono invariati a 60 giorni; stesso periodo di tempo è previsto dall’art. 7 per il ricorrente che ha residenza all’estero.

Art. 7 – Dell’opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada

1. Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui all’articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.

2. L’opposizione si propone davanti al giudice di pace del luogo in cui è stata commessa la violazione.

3. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di contestazione della violazione o di notificazione del verbale di accertamento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale. Il ricorso è altresì inammissibile se è stato previamente presentato ricorso ai sensi dell’articolo 203 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

4. L’opposizione si estende anche alle sanzioni accessorie.

(omissis)

11. Con la sentenza che rigetta l’opposizione il giudice determina l’importo della sanzione in una misura compresa tra il minimo e il massimo edittale stabilito dalla legge per la violazione accertata.

Il pagamento della somma deve avvenire entro i trenta giorni successivi alla notificazione della sentenza e deve essere effettuato a vantaggio dell’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, con le modalità di pagamento da questa determinate.

12. Quando rigetta l’opposizione, il giudice non può escludere l’applicazione delle sanzioni accessorie o la decurtazione dei punti dalla patente di guida.

13. Salvo quanto previsto dall’articolo 10, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.

In merito al pagamento del contributo unificato necessario alla presentazione del ricorso, l’art. 37, comma 6, del D.L. 98/2011, convertito con L. 111/2011, ha aumentato gli importi da corrispondere in relazione al valore della causa obbligatoriamente dichiarato (che si ritiene essere coincidente col valore della piena sanzione del verbale, anziché col minimo edittale, ed essere pari alla somma dei valori riportati nei verbali seriali opposti nell’evenienza dell’unico ricorso); rimane fermo il pagamento delle spese forfetizzate da corrispondere apponendo le marche da bollo in calce all’atto:

–             ricorsi fino al valore di € 1.033,00: contributo € 37,00

–             ricorsi di valore compreso tra € 1.033,01 ed € 1.100,00: contributo € 37,00 + spese € 8,00

–             ricorsi di valore compreso tra € 1.100,01 ed € 5.200,00: contributo € 85,00 + spese € 8,00

–           ricorsi di valore superiore ad € 5.200,00 o di valore indeterminabile: contributo € 206,00 + spese € 8,00.

Il pagamento del contributo unificato, rimborsato assieme a quello della marca da bollo soltanto se vengono accolte le ragioni del ricorrente, non è causa di procedibilità della domanda (Corte Costituzionale, Ordinanza n. 143 depositata il 20/04/2011) ovvero, in caso non venga effettuato, il ricorso prosegue normalmente il suo iter perché il mancato assolvimento dell’obbligazione tributaria non inficia la continuazione del procedimento. Tuttavia il ricorrente sarà avvertito entro 30 giorni dal deposito dell’atto circa l’aumento delle spese a proprio carico a causa dell’applicazione di una sanzione compresa tra il 25% ed il 200% dell’importo dovuto (in base al ritardo accumulato per il pagamento: gdp.giustizia.it) e a causa dell’applicazione degli interessi al saggio legale, e la cancelleria del magistrato attiverà la procedura relativa al recupero coattivo del contributo e del doppio della marca da bollo (16 euro).

Senza entrare nel merito della violazione commessa, oggetto di impugnazione davanti al Giudice di Pace possono essere le sole sanzioni accessorie relative alla sospensione, revisione, revoca della patente o decurtazione dei punti, dato che trovano applicazione le norme previste per l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione: con le modalità stabilite dal nuovo art. 205 del Codice della Strada, che richiama l’articolo 6 del D.Lgs. 150 del 2011, il ricorso in appello deve essere depositato entro 30 giorni dalla data della notifica (art. 6, 6°: “Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale”).

Pertanto, anche in caso di confisca del veicolo, divenuta sanzione amministrativa accessoria con la riforma del Codice della Strada e confermata tale da recenti pronunce della Suprema Corte (tra le quali: sentenza 38561/10 della Cassazione, quarta sezione penale), il provvedimento può essere impugnato di fronte al Giudice di Pace.

Il ricorso al Giudice di Pace per le multe: art. 204-bis del nuovo Codice della Strada

(continua dall’articolo http://www.questidenari.com/?p=3917)

Se il Prefetto respinge il ricorso, entro il termine descritto e comunque non prima dell’ordinanza-ingiunzione, è possibile rivolgersi al Giudice di Pace che sarà chiamato ad esprimere un giudizio di legittimità sull’accertamento, a valutare la verbalizzazione o altro.

Il ricorso al giudice, se è opportuno per questioni complesse riguardanti circostanze da provare, diviene obbligatorio nei casi di mancata trascrizione al P.R.A dell’atto di vendita dell’auto (da parte dell’acquirente o dell’agenzia incaricata) o di ricezione di cartella esattoriale per il pagamento della multa che sia risultato insufficiente, ritardato o mancato.

Al fine di provare le proprie ragioni, è possibile produrre in giudizio documenti, fotografie, atti amministrativi, certificati medici, denunce e ricevute, indicare testimoni che abbiano assistito ai fatti avvenuti oppure chiedere l’effettuazione di perizie tecniche o sopralluoghi.

La presentazione del ricorso deve essere effettuata al Giudice di Pace competente per territorio del luogo (indicato su verbale) in cui è avvenuta la violazione al Codice della Strada – sul sito web www.giustizia.it è riportato un motore di ricerca per Comune dal quale è possibile estrapolare indirizzi, numeri di telefono e fax, e-mail relativi agli uffici del GdP. Le modalità di presentazione sono costituite dalla spedizione di raccomandata A/R o dalla consegna delle copie cartacee (una delle quali, timbrata per accettazione, sarà conservata dal ricorrente) da effettuarsi personalmente presso la cancelleria del giudice.

La presentazione comporta il pagamento di un contributo unificato di 33 euro per un valore della causa fino ad euro 1.033, oppure la corresponsione di un importo pari alla somma di 8 euro per marca da bollo e di un contributo crescente così determinato:

–        euro 33 per un valore della causa da euro 1.033,01 fino ad euro 1.100

–        euro 77 per un valore della causa da euro 1.100,01 fino ad euro 5.200

–        euro 170 per un valore della causa da euro 5.200,01 fino ad euro 15.493

–        euro 187 per un valore della causa indeterminabile.

Il fac-simile del ricorso è disponibile, oltre che nella cancelleria civile dell’ufficio del Giudice di Pace, anche sul sito web della Polizia di Stato: il documento, debitamente firmato, contiene espressa indicazione della richiesta di annullamento del verbale e di tutti gli atti conseguenti, ed esplicita la richiesta di sospensione provvisoria del provvedimento impugnato e delle eventuali sanzioni accessorie che siano state comminate (cioè multa, punti patente etc. L’accoglimento della richiesta, per alcuni casi, comporterebbe la restituzione della patente di guida).

Dallo scorso anno 2010, infatti, il giudice sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato solo per gravi e documentati motivi in presenza dei quali, entro 20 giorni dal deposito del ricorso, fissa con decreto l’udienza di comparizione.

Come recita l’art. 204-bis, al comma 3-bis, del Codice della Strada riformato, l’udienza viene fissata entro 30 giorni dalla data di notifica del decreto effettuata dalla cancelleria a mezzo fax o posta elettronica (i giorni diventano 60 se il luogo della notifica si trova all’estero).

Art. 204-bis. Ricorso al giudice di pace.

(omissis)

3. Il ricorso e il decreto con cui il giudice fissa l’udienza di comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis, anche a mezzo di fax o per via telematica all’indirizzo elettronico comunicato ai sensi dell’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123.

3-bis. Tra il giorno della notificazione e l’udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non maggiori di trenta giorni, se il luogo della notificazione si trova in Italia, o di sessanta giorni, se si trova all’estero. Se il ricorso contiene istanza di sospensione del provvedimento impugnato, l’udienza di comparizione deve essere fissata dal giudice entro venti giorni dal deposito dello stesso.

Se l’assistenza di un legale non è obbligatoria, tuttavia il ricorrente potrebbe beneficiare dell’apporto di un avvocato per allegare copia delle sentenze di altri giudici, o dei riferimenti normativi utili a sostenere la tesi di infondatezza della contestazione, alla copia del verbale e a tutti i rimanenti documenti (supra).

Per i ricorrenti che risiedono in un comune diverso da quello ove ha sede il giudice, le comunicazioni relative alla fissazione del giorno dell’udienza o alla notifica del deposito della sentenza vengono solitamente consegnate alla cancelleria.

E’ la cancelleria, infine, a trasmettere la sentenza con cui viene accolto o rigettato il ricorso, nel quale ultimo caso è obbligatorio il pagamento della multa entro 30 giorni dalla notifica della sentenza stessa, a meno che non si decida di presentare appello in tribunale.

La sentenza di rigetto del ricorso, oltre a costituire titolo esecutivo per la riscossione coatta delle somme di denaro imposte dal Giudice di Pace (6° comma), comporta la necessaria applicazione delle sanzioni accessorie o la decurtazione dei punti dalla patente di guida (8° comma).

(continua http://www.questidenari.com/?p=4111)

(per i nuovi termini del ricorso al Giudice di Pace in caso di violazioni commesse dal 6 ottobre 2011, per i nuovi importi del contributo unificato stabiliti dal D.L. 98/2011 convertito in legge e per l’impugnazione delle sole sanzioni amministrative accessorie si legga http://www.questidenari.com/?p=5531)