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Approfondimenti sull’aumento dell’imposta di bollo su dossier titoli: depositi non soggetti a tassazione (parte IV)

(continua dalla parte III: http://www.questidenari.com/?p=4819)

La circolare 40/E delle Entrate di recente emanazione ha sgomberato il campo dalle possibili interpretazioni delle nuove norme in materia di bollo su deposito titoli circa la decorrenza dell’imposta e la valorizzazione dello stesso dossier.

Alla luce dei contenuti della citata 40/E che ricollega il presupposto d’imposta alle comunicazioni periodiche “che gli intermediari finanziari sono tenuti ad inviare alla clientela, almeno una volta l’anno, al fine di fornire una informativa chiara e completa in merito allo svolgimento del rapporto”, sembra corretto dedurre che il deposito di obbligazioni bancarie emesse da istituti di piccole dimensioni, non quotate su mercati regolamentati ma scambiate su circuiti ristretti caratterizzati da condizioni di scarsa liquidità e sensibili oscillazioni dei prezzi, non è soggetto al bollo, dato che non si rileva obbligatorietà in merito alla spedizione della comunicazione.

Il richiamo della circolare alle comunicazioni periodiche relative a “depositi titoli e cioè rapporti riconducibili alla custodia e all’amministrazione degli stessi” potrebbe escludere dall’imposizione fiscale in oggetto le quote dei fondi comuni d’investimento e le azioni delle Sicav di diritto italiano ed estero ove fossero collocate su deposito virtuale (posizione tecnica o rubrica fondi) presso gli intermediari in assenza di un formale rapporto di custodia e amministrazione, ovvero fossero oggetto di mera annotazione contabile, i certificati di deposito (di fatto sono titoli al portatore) emessi dalle banche ed in generale i titoli non dematerializzati che non fossero affidati in amministrazione alla banca.

Stessa conclusione riguarderebbe i Pronti contro Termine che non necessitano di deposito titoli in presenza di alcune condizioni.

Dal punto di vista economico, nella specie dell’impiego dei propri soldi, il cliente della banca presta denaro all’istituto che, in cambio, presta titoli al prezzo di mercato (operazione a pronti); a scadenza avverrà l’operazione inversa con cui il cliente restituisce i titoli ottenendo in cambio il denaro, maggiorato degli interessi sul capitale prestato ed equivalente al prezzo prefissato di riacquisto dei titoli stessi (operazione a termine). Tuttavia gli strumenti finanziari, che nella maggior parte dei casi vengono prestati a titolo di garanzia per motivi di finanziamento a breve termine, rimangono di proprietà della banca ed iscritti nel relativo bilancio, ovvero il cliente non può disporre operazioni di acquisto e vendita per gli stessi e pertanto non ha bisogno di dossier titoli.

Alcune banche, al manifestarsi delle novità normative, hanno deciso di trasformare i dubbi dei risparmiatori in un’opportunità commerciale, offrendosi di aprire in ogni caso il dossier e di corrispondere la spesa del bollo in sostituzione dell’adempimento dei depositanti.

(per le nuove disposizioni dell’Agenzia delle Entrate sulla decorrenza dell’imposta di bollo e per ulteriori chiarimenti su altri aspetti, fra cui la considerazione delle quote di fondi comuni immesse in un certificato cumulativo, si legga la Circolare n. 46/E del 24 ottobre 2011: http://www.questidenari.com/?p=5459)

(per l’introduzione dell’imposta sulle transazioni finanziarie: “Legge di stabilità 2013: Tobin Tax“)

Approfondimenti sull’aumento dell’imposta di bollo su dossier titoli: valore nominale o di rimborso e iniquità dell’incidenza della tassazione (parte III)

(continua dalla parte II http://www.questidenari.com/?p=4784)

L’applicazione dell’imposta di bollo, come previsto dall’art. 23 del DL 98/2011 convertito nella Legge 111/2011, colpisce il “valore nominale o di rimborso” del deposito titoli.

Il valore nominale è il valore teorico del titolo: nel caso delle obbligazioni, ad esempio, si tratta del valore facciale stampato sul supporto cartaceo del titolo di credito.

Nel caso delle azioni, il valore nominale si determina dividendo il capitale sociale per il numero dei titoli emessi. Da qui sorgono perplessità derivanti dall’evenienza, per alcune società quotate nei mercati regolamentati, di applicazione dell’imposta in base ad un valore nominale superiore a quello di mercato; o ancora, nascono dubbi a causa dell’impossibilità di disporre dello stesso valore nominale nei casi previsti dalla riforma del diritto societario per le “azioni improprie” (azioni che rappresentano una quota del capitale sociale ottenuta sistematicamente dividendo il capitale per il numero di azioni emesse, con evidente utilità pratica nel caso di riduzione dello stesso capitale per perdite e conseguente riduzione implicita del valore dei titoli, senza ricorso alle operazioni di sostituzione con nuovi titoli).

Art. 2346 c.c. (Emissione delle azioni), 3° comma: “In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse”.

Il valore di rimborso, come si comprende agevolmente, è il valore di riscatto del titolo che l’emittente corrisponde all’investitore.

Quale dei due valori venga usato per l’individuazione della base di determinazione del bollo, è certo che l’imposizione rappresenta un onere più gravoso per i piccoli risparmiatori, in termini percentuali sul capitale investito, piuttosto che per gli investitori di grandi patrimoni.

Considerati i valori di giacenza ordinati per scaglione ed i relativi balzelli come da tabella seguente, si evidenzia con facilità l’incidenza iniqua del 3,42% (per un minimo di euro 1.000 investiti in strumenti finanziari) che subisce il piccolo risparmiatore, possessore di titoli per un valore inferiore ad euro 50mila, rispetto ai possessori di patrimoni più ingenti.

A partire dall’ultima fascia di ricchezza massima, superiore ad euro 500mila, l’imposta diviene regressiva (imposizione percentuale monotona decrescente) perché la sua incidenza scende senza limiti dal picco per scaglione, pari allo 0,136%, sino allo zero percento teorico.

Se non si rilevano particolari problemi per i due scaglioni intermedi molto simili tra loro (imposizione massima 0,1% e minima 0,04%), per le due fasce estreme è doveroso constatare che la norma contrasta il principio di equità sociale apparendo – in termini percentuali – penalizzante per i piccoli risparmiatori e benevola con le classi più agiate.

(continua http://www.questidenari.com/?p=5006)

(per i chiarimenti della circolare n. 40/E del 4 agosto 2011 su decorrenza dell’imposta di bollo e valorizzazione del dossier titoli si legga http://www.questidenari.com/?p=4888)

Approfondimenti sull’aumento dell’imposta di bollo su dossier titoli: efficacia retroattiva (parte II)

(continua dalla parte I http://www.questidenari.com/?p=4762)

Se la redistribuzione dei titoli in portafoglio su più depositi presso diverse banche è praticamente irrealizzabile, l’effettuazione di una qualsiasi attività volta al contenimento della cifra da sborsare per imposta su d/t è addirittura impossibile per il primo semestre (passato) dell’anno in corso.

L’art. 23 del DL 98/2011, al comma 6° che rimane immutato dopo la conversione del testo nella legge n. 111 del 15 luglio 2011, fa venir meno il principio di non retroattività stabilito dal c.d. statuto del contribuente in materia di norme tributarie:

Legge 27 luglio 2000, n. 212

Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente

pubblicata nella G.U. n. 177 del 31 luglio 2000

(omissis)

Art. 3 – Efficacia temporale delle norme tributarie

1. Salvo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

2. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al 60° giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti.

3. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati.

Infatti il DL 98, al citato comma 6° dell’art. 23 (lo stesso articolo che, al settimo comma, fissa gli importi dell’imposta di bollo per fasce di valore del deposito titoli), recita: “In deroga all’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

E dato che la legge 111 di conversione del decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 16/07/2011, il periodo d’imposta a decorrere dal quale si applicano le nuove norme riguardanti il bollo su dossier titoli inizia il 1° gennaio 2011.

(continua http://www.questidenari.com/?p=4819)

Approfondimenti sull’aumento dell’imposta di bollo su dossier titoli: molti interrogativi ed un esempio (parte I)

Dal giorno di approvazione della manovra economica – sostanziatasi nella promulgazione della Legge 111/2011 che ha convertito, con modificazioni il DL 98/2011 – si sono susseguiti i tentativi di interpretazione delle norme sulla nuova imposizione riguardante il deposito titoli.

In aggiunta al pagamento del bollo sul conto corrente, la detenzione di alcuni strumenti finanziari da parte dei risparmiatori a partire da quest’anno comporta l’applicazione dell’imposta di bollo sul dossier titoli (d/t) a condizioni invariate (euro 34,20 annui) per patrimoni al di sotto dei 50mila euro, e a condizioni via via più gravose per patrimoni più consistenti.

Quanto basta per indurre la clientela bancaria a porsi interrogativi – molti dei quali, al momento, senza risposta univoca – circa l’esatta quantificazione dell’importo cui applicare l’imposta (valore nominale o di rimborso), il rispetto della condizione di equità per investitori appartenenti a classi di estrazione socio-economica diversa (incidenza percentuale dell’imposta per scaglione di giacenza), i tempi di applicazione del balzello (efficacia retroattiva), la tipologia di titoli e prodotti finanziari colpiti (obbligazioni bancarie, gestioni patrimoniali in titoli e pronti contro termine), l’esistenza di condizioni di non tassabilità (in mancanza del presupposto dell’invio della comunicazione periodica alla clientela).

Ciascuno di questi argomenti merita adeguati approfondimenti sui quali lo stesso Ministero è chiamato ad esprimersi. Ma un buon punto di partenza è rappresentato dall’esclusione a priori di soluzioni relative ad inutili (e dannose) operazioni di frammentazione del patrimonio personale.

Chi è titolare di un deposito titoli di consistenza pari a 160mila euro, ad esempio, oltre a non trovare beneficio nell’allocazione dei titoli azionari e obbligazionari nei sotto-dossier (appartenenti ai cointestatari del conto corrente) a causa della previsione esplicita della norma sulla valutazione dell’importo complessivo presso ciascun intermediario finanziario, non potrebbe neppure scegliere di effettuare l’operazione di divisione dei propri titoli fra diverse banche.

4 x 34,20 = 136,8 < 240 = 1 x 240,00

Se il risultato dell’operazione fosse costituito dall’esistenza di quattro rapporti da 40mila euro ciascuno presso quattro banche differenti, infatti, il bollo da pagare complessivamente sarebbe di certo inferiore (euro 136,8) a quello da pagare al vecchio e unico intermediario (euro 240), ma la differenza verrebbe colmata dagli ulteriori bolli e spese di tenuta conto derivanti dalla moltiplicazione dei rapporti bancari. Senza contare le difficoltà pratiche di gestione dell’operazione, la necessità di valutare attentamente la generazione di plusvalenze e minusvalenze sui titoli e, non da ultimo, l’aumento delle probabilità di essere soggetti a controlli fiscali per via del numero accresciuto di d/t posseduti.

(continua http://www.questidenari.com/?p=4784)

Approfondimenti sui limiti di guida e di velocità per neopatentati – art. 117 Codice della Strada

La definizione di neopatentato, oltre a fare riferimento al giovane che consegue il documento di guida, è da intendersi riferita anche a coloro che ottengono il documento per la prima volta in qualsiasi età anagrafica e a quanti conseguono la patente per la seconda volta a seguito di revoca.

In particolare, con la legge 120/2010 sono stati previsti molti eventi al verificarsi dei quali viene revocata la patente e che, successivamente, impediscono al trasgressore di conseguire il nuovo documento prima di 2 anni dal giorno in cui il provvedimento è divenuto definitivo, ovvero 3 anni dall’accertamento del reato di cui agli articoli del codice stradale

–        186: recidiva nel biennio per accertamento del tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l; incidente stradale con accertamento del tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l; rifiuto di sottoporsi ad accertamento del tasso alcolemico da chi ha ricevuto condanna per lo stesso reato nel biennio precedente;

–        186-bis: accertamento del tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l per conducenti professionali, ovvero recidiva nel triennio per neopatentati con tasso alcolemico accertato superiore a 1,5 g/l, o rifiuto di sottoporsi ad accertamento se il neopatentato o conducente professionale è stato condannato nei due anni precedenti per lo stesso reato;

–        187: uso di sostanze stupefacenti per conducenti professionali ovvero incidente provocato da conducente che guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

La revoca, inoltre, è prevista in caso di: partecipazione a competizioni non autorizzate in velocità con veicoli a motore o gare in velocità nel corso delle quali siano derivate lesioni personali gravi o morte (artt. 9-bis e 9-ter); seconda violazione nel triennio per chi adibisce il veicolo a taxi senza averne ottenuto licenza o circola sullo stesso avendo subito la sospensione della stessa (art. 86, comma 2); sopravvenuta mancanza dei requisiti psico-fisici o morali (art. 130); seconda violazione nel biennio per superamento dei limiti di velocità per oltre 60 km/h (art. 142, comma 12); inversione del senso di marcia in autostrada o sulle strade extra-urbane principali quando il fatto sia commesso sulle carreggiate, sulle rampe o sugli svincoli (art. 176, comma 22); alterazione del limitatore di velocità (art. 179, comma 9); circolazione abusiva durante il periodo di sospensione della patente (art. 218, comma 6); violazione del codice con danni a persone e sentenza di condanna (art. 222); ritiro immediato del documento da parte dell’agente accertatore in conseguenza di ipotesi di reato (art. 223).

L’art. 117 del Codice della Strada (riportato in http://www.questidenari.com/?p=3655), con riferimento ai neopatentati che rischiano la sanzione a partire da 152 euro, distingue fra limitazioni alla velocità e limitazioni alla guida, tutte ricorrenti a far data dal giorno di superamento dell’esame di cui all’articolo 121 (esame di idoneità), come precisa il comma 4 al fine di evitare confusione tra il “rilascio” (per ottenimento del documento) ed il “conseguimento” della patente di guida (sostenimento dell’esame).

I limiti di velocità (100 km/h su autostrade e 90 km/h su strade extra-urbane principali) si applicano per i primi 3 anni; i limiti di guida (potenza specifica e, in aggiunta, potenza assoluta per i veicoli M1) valgono per il 1° anno, ma si estendono ai primi 3 anni (sempre dal superamento dell’esame) se il soggetto ha avuto problemi di droga con la giustizia.

In particolare, il codice stradale si riferisce alle persone che, avendo fatto commercio di stupefacenti, sono destinatarie del divieto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n° 309, art. 75 (Condotte integranti illeciti amministrativi), comma 1, lettera a:

1. Chiunque illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope fuori dalle ipotesi di cui all’articolo 73, comma 1-bis, o medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezioni B e C,  fuori delle condizioni di cui all’articolo 72, comma 2, è sottoposto, per un periodo non inferiore a  un mese e non superiore a un anno, a una o più delle seguenti sanzioni amministrative:

a) sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla”.

Il comma 2-bis dell’art. 117, invece, esclude dall’applicazione dei limiti di guida coloro che trasportano invalidi su veicoli idonei al servizio, purché la persona invalida sia presente sul veicolo stesso.

Comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva: dati clienti e fornitori secondo il Provvedimento del 22/12/2010

Col provvedimento del 22 dicembre 2010 l’Agenzia delle Entrate ha attuato la norma relativa al Decreto-legge 31 maggio 2010, n° 78 – convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n° 122 (art. 21: http://www.questidenari.com/?tag=comunicazione-telematica) – introduttiva dell’obbligo di trasmissione telematica delle operazioni rilevanti ai fini Iva di importo non inferiore a 3.000 euro. Inizialmente sono escluse le operazioni Iva non soggette all’obbligo di emissione della fattura effettuate fino al 30 aprile 2011 quali, per esempio, quelle relative al commercio al dettaglio.

Sono obbligati alla comunicazione tutti i soggetti passivi ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) che effettuano operazioni rilevanti ai fini di tale imposta.

L’obbligo di comunicazione riguarda le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, rese e ricevute dai soggetti passivi, per le quali, nel corso del periodo d’imposta, i corrispettivi dovuti dal cessionario al cedente (o dal committente al prestatore) sono pari o hanno superato la soglia dei 3.000 euro al netto dell’Iva applicata.

Detta soglia è elevata a 3.600 euro, comprensiva dell’Imposta sul Valore Aggiunto, per le operazioni non soggette all’obbligo di fatturazione, ovvero quelle per cui il cessionario (o committente) risulti essere il consumatore finale (operazioni business to consumer).

La stipulazione di diversi contratti fra loro collegati, ai fini del calcolo del limite, comporta la valutazione dell’ammontare complessivo dei corrispettivi previsti.

Nel caso dei contratti di appalto, fornitura, somministrazione e quelli da cui derivano corrispettivi periodici, la comunicazione va effettuata solo quando i corrispettivi dovuti per l’intero anno solare risultano di importo complessivo non inferiore a 3.000 euro.

Al fine di consentire l’introduzione graduale del provvedimento, per il periodo d’imposta 2010 la soglia stabilita è innalzata (in ogni caso) a 25.000 euro ed è posticipato al 31 ottobre 2011 il termine entro cui deve essere effettuata la comunicazione, peraltro limitata alle sole operazioni effettuate tra soggetti Iva (operazioni business to business soggette all’obbligo di fatturazione).

Le operazioni relative ad importazioni ed esportazioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere a) e b) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n° 633, sono escluse dall’obbligo di comunicazione, come sono altresì escluse, in fase di prima applicazione, le operazioni rilevanti ai fini dell’IVA per le quali non ricorra l’obbligo di emissione della fattura e che vengano effettuate fino al 30 aprile 2011.

Nella comunicazione vanno indicati, per ciascuna cessione o prestazione:

– l’anno di riferimento

– la partita IVA o, in mancanza, il codice fiscale del cedente, prestatore, cessionario o committente

– i corrispettivi dovuti dal cessionario o committente, o al cedente o prestatore, e l’importo dell’IVA applicata o la specificazione che si tratta di operazioni non imponibili o esenti; per le operazioni rilevanti ai fini IVA per le quali non ricorre l’obbligo della fattura, i corrispettivi comprensivi dell’IVA applicata (per le operazioni non soggette all’obbligo di fatturazione, il committente o il commissionario è tenuto a fornire la propria partita IVA o, in mancanza, il codice fiscale, ovvero i dati di cui all’art. 4, 1° comma, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n° 605).

I soggetti obbligati alla comunicazione effettuano la stessa aggregata per anno entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento per le operazioni.

La trasmissione dei dati avviene tramite il servizio telematico Entratel ovvero Internet (Fisconline), e l’Agenzia delle Entrate attesta la riuscita trasmissione dei dati mediante ricevuta contenuta in un file munito del codice di autenticazione (Entratel) o del codice di riscontro per il servizio Internet (Fisconline). La ricevuta sarà disponibile entro i 5 giorni lavorativi successivi a quello del corretto invio del file all’Agenzia delle Entrate.

Ulteriori approfondimenti dal testo del Provvedimento (Prot. n. 2010/184182) che è possibile scaricare (in formato pdf) dal sito web dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it all’interno della sezione “Provvedimenti, Circolari e Risoluzioni”.

(per alcuni esempi sull’aggiornamento dei programmi di contabilità Iva a seguito dell’introduzione dell’obbligo di comunicazione telematica si legga http://www.questidenari.com/?p=3591)

(per il significato di collegamento negoziale, l’elemento formale della fattura e gli altri chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate forniti nel documento dell’11 ottobre 2011 si legga “Collegamento negoziale, fattura e ricevuta fiscale: comunicazione delle operazioni con importo non inferiore alla soglia di rilevanza ai fini Iva (3.000, 3.600 o 25.000 euro)”)