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Debito pubblico, titoli bancari e moneta unica europea. I riflessi sul Giappone

A quanto sembra anche il mondo finanziario è bello perché è vario.

Mentre alcuni esperti incoraggiano l’acquisto delle obbligazioni bancarie europee, che al momento permettono di spuntare prezzi interessanti (http://www.questidenari.com/?p=2689), l’analista di Morningstar Matthew Warren consiglia prudenza nella scelta dei titoli bancari dell’Europa periferica, inclusa l’Italia.

La ragione sarebbe costituita dal grado di trasparenza, ancora insufficiente, dimostrata dagli istituiti di credito al momento di rivelare la propria esposizione al debito sovrano dei PIIGS: se molte banche hanno fatto conoscere la porzione del proprio attivo patrimoniale investita in obbligazioni della Grecia, in poche hanno manifestato la stessa chiarezza riguardo all’infarcimento dei bilanci coi bond governativi portoghesi e spagnoli.

Ma non sarebbero soltanto le banche europee a dover temere il fallimento degli Stati sovrani.

L’indebolimento dell’euro per le note vicende, oltre a determinare il rafforzamento del dollaro, va pure a vantaggio dello yen. La conseguente penalizzazione delle esportazioni giapponesi più costose – che fanno i 2/3 dell’economia locale – innesca una pericolosa reazione a catena evidente nelle minori entrate fiscali e nel peggiorato rapporto debito/Prodotto Interno Lordo, attualmente al 200%.

E difatti, anche in assenza di timori legati a significative esposizioni delle banche nipponiche verso il debito dei Paesi europei periferici (http://www.questidenari.com/?p=2575), l’indice Msci (calcolato in euro) del Giappone ha perso due punti percentuali nell’ultimo mese (Ytd = 14,6% al 18 giugno 2010).

Stavolta, la performance deludente non può essere stata influenzata dal giudizio di Fitch, rimasto invariato a livello AA- con outlook stabile nonostante le ultime dichiarazioni di revisione. Stessa condotta seguita da Moody’s, il cui giudizio sul Paese del Sol Levante è Aa2: soltanto la scarsa credibilità della nuova manovra fiscale giapponese, prossima alla presentazione, potrà motivare l’abbassamento del rating.

Fonte: Morningstar.it

Il Giappone domani come la Grecia oggi?

La Bank of Japan da un lato, a rassicurare gli investitori sull’assenza di esposizioni significative al debito greco da parte delle banche del Sol Levante, e gli apprezzabili risultati trimestrali delle aziende nipponiche dall’altro (le cui quotazioni borsistiche sono state pure favorite dagli ultimi rapporti di cambio euro/yen), hanno fatto tornare l’interesse per i titoli giapponesi.

Su tutti, il produttore di pneumatici Bridgestone ha stimato una crescita dei profitti da quota 11 miliardi di yen dello scorso anno sino a 27 miliardi per il primo semestre 2010. Anche Aoyama Trading stima di chiudere l’anno con utili al rialzo, in crescita del 30%.

Eppure, gli ultimi giudizi espressi dalle agenzie di rating – a partire dal peggiorato outlook (da “stabile” a “negativo”) di Standard&Poor’s sulla AA del Giappone, fino all’annuncio sulla probabile revisione peggiorativa del giudizio AA- di Fitch – vanno nella stessa direzione di uno studio del Fondo Monetario Internazionale che colloca lo stato di salute finanziaria del Paese all’ultimo posto nel mondo industrializzato.

Il debito pubblico del Giappone, secondo l’FMI, raggiungerà quest’anno il 277% del Prodotto Interno Lordo. Per scongiurare il default, susseguente al “deterioramento della situazione” denunciato dalla stessa Banca centrale (BoJ) attraverso i suoi membri, si rende dunque necessaria la crescita del PIL.

Al momento l’attenzione del mondo finanziario è tutta incentrata sulla Grecia, ma quando le acque si calmeranno il Giappone potrebbe costituire il nuovo fantasma degli operatori sui mercati internazionali.

Fonte: Morningstar.it

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