Archivi tag: costo denaro

Euribor e Btp a giugno: comportamento attuale e previsioni future 2010

Che controllino l’Euribor, o che tengano d’occhio l’andamento del Libor – altro tasso interbancario che, sul mercato londinese, misura il costo del denaro sui depositi a termine espresso in divisa americana, anziché europea – il senso dell’analisi attualmente fornita da alcuni commentatori descrive in ogni caso la crescente sfiducia con cui le banche si prestano soldi a vicenda nei due continenti.

Sgomberato il campo dall’equivoco di trovarci di nuovo di fronte al dopo-Lehman (http://www.questidenari.com/?tag=previsioni-euribor), quando l’Euribor viaggiava al massimo storico del 5,393% alla scadenza trimestrale ed il Libor 3 mesi era al 4,81%, è bene chiarire che l’ascesa del tasso in valuta Usa si è arrestata a partire dall’ultima settimana di maggio, attestandosi ieri allo 0,53656%.

Priva di indecisioni, ma più graduale, è stata invece la risalita del costo sui depositi nell’Eurozona dalla fine di marzo 2010: l’Euribor 3 mesi, ieri allo 0,715%, è infatti non molto distante dai minimi fatti registrare tempo addietro.

Una delle motivazioni della risalita sarebbe rintracciabile nell’approssimarsi della data del prossimo 1° luglio, quando scadrà la maxi-operazione di prestito a dodici mesi effettuata dalla Bce l’anno scorso per inondare il mercato con 442 miliardi di euro: se è vero che le banche potranno rifornirsi di denaro in occasione delle prossime aste, comunque caratterizzate da scadenze più ravvicinate, è anche evidente che molti istituti stanno scegliendo di trattenere i fondi posseduti anziché farli fluire nel circuito bancario (fonte: IlSole24Ore.com). La spiegazione del denaro come “merce” più preziosa – perché scarsa – appare a chi scrive di maggiore interesse rispetto al fantasma della reciproca sfiducia basata sul sospetto di bilanci inquinati.

Tuttavia è giusto affermare che l’emotività sembra ancora alta, e che l’incertezza sul mercato è percepibile anche dai movimenti dei rendimenti registrati sui bond governativi negoziati sul secondario. E’ bastata una richiesta congiunta della Merkel e di Sarkozy, circa la moratoria alle vendite allo scoperto di azioni e titoli di Stato, per far allentare la domanda dei Bund e ritrovare interesse nei Paesi periferici, ad eccezione del decennale greco: il rendimento del Btp a 10 anni è sceso di 14 basis points a quota 4,13%, mentre quello del governativo tedesco di pari durata è salito di 2 punti base.

Ma proprio i dati di bilancio in chiaroscuro dei Paesi membri “aiuteranno” i debitori a restituire la rata del prestito a tasso variabile il cui importo si lega all’Euribor, a sua volta influenzato dal costo base del denaro in Eurolandia. Tanto si aspettano gli operatori di mercato a giudicare dalla conclusione ultima dei contratti future sull’Euribor trimestrale, avvenuta sul mercato London International Financial Futures Exchange: l’attestazione del saggio implicito allo 0,9% per fine 2010 descrive le attese di un trend crescente, ma senza strappi, del tasso interbancario (fonte: IlSole24Ore.com).

(per le previsioni Euribor di luglio 2010 si legga: http://www.questidenari.com/?p=2755)

L’effetto Grecia e Paesi periferici su tasso base, cambio e inflazione

In pochi si sono accorti che giorni fa Dubai World ha raggiunto un accordo di rinegoziazione del debito, quello che stava per esplodere a novembre 2009 rischiando di coinvolgere gli attivi delle banche europee e sconvolgere il sonno di quanti pensavano alla seconda versione del fallimento Lehman Brothers.

Allora i mercati azionari di tutto il mondo reagirono assai malamente, così come oggi la volatilità accentuata delle quotazioni scaturisce dalle notizie sull’affidabilità degli Stati sovrani europei che rendono convulse le contrattazioni.

Divisi sulle strategie economiche di integrazione degli Stati membri, solo nel momento di crisi i Paesi europei hanno saputo trovare la via della partecipazione alla realizzazione di meccanismi sovranazionali di garanzia, iniziale avvicinamento ad una politica fiscale concertata che possa procedere assieme alla politica della moneta unica.

Anche la Bce ha iniziato ad apportare sostegno al processo di integrazione, partecipando con l’acquisto di obbligazioni sovrane in cambio di liquidità, e pretendendo l’impegno alla riduzione del deficit pubblico da parte dei Paesi aiutati. La mossa, tuttavia, non aumenterà la quantità di moneta presente nel sistema economico-finanziario perché sarà accompagnata dalle operazioni di sterilizzazione: detti acquisti vengono finanziati attraverso la vendita o l’emissione di altri titoli da parte della stessa Banca Centrale, e le masse monetarie immutate assicurerebbero tutela contro il rischio di repentine impennate dei prezzi.

Al tempo stesso, la domanda interna fiacca degli Stati membri non lascia presagire fenomeni inflazionistici, motivo per cui ci si attende che la Bce persista nel mantenere inchiodato al minimo storico il tasso base; e se dall’altra parte dell’oceano la Federal Reserve dovesse decidere per un incremento dei tassi motivato da previsioni economiche più rosee delle nostre, il differenziale di tasso attirerebbe capitali negli Usa e rafforzerebbe ulteriormente il dollaro contro l’euro, oltre a far sentire il proprio effetto in termini di diminuzione del prezzo delle materie prime.

Fonte: MilanoFinanza.it

Il piano Ecofin normalizza adesso i mercati azionari e delle obbligazioni pubbliche. E domani?

Che la situazione rivestisse carattere di eccezionalità non poteva sfuggire.

Le quotazioni a picco nelle chiusure di Borsa della settimana scorsa, la speculazione, l’errore umano al sistema telematico di contrattazione, i debiti preoccupanti degli Stati sovrani, il monito dell’agenzia di rating, la Grecia sull’orlo del baratro: tanti fattori contribuivano a sollecitare un intervento, operato dalle istituzioni europee a difesa della moneta unica, urgente e – rovescio della medaglia – non propriamente frutto di programmazione sistemico-finanziaria.

Dopo una domenica senza riposo, il maxi piano varato dall’Ecofin, attraverso un meccanismo di assistenza finanziaria a vantaggio degli Stati membri col debito pubblico esuberante, ha stabilito l’utilizzo di prestiti bilaterali dai Paesi e l’intervento della Bce che potrà acquistare le obbligazioni pubbliche. La misura si somma ai 110 miliardi di euro stanziati subito da Paesi membri e Fondo Monetario Internazionale a favore della Grecia, che dovrà seguire una condotta di politica fiscale molto rigida (fonte: IlSole24Ore.com).

Prima Tokio, poi tutte le piazze europee hanno vissuto la giornata di lunedi in maniera euforica: il Ftse Mib ha chiuso a +11,3%, sospinto dagli stessi bancari che lo avevano affossato la seduta prima come Intesa Sanpaolo (+19%) e Unicredit (20,9%); Parigi a +9,6%, Madrid addirittura al 14% (fonte: IlSole24Ore.com).

Ma la notizia forte si è avuta alla conferma che la Banca Centrale Europea sta avviando un programma di acquisto di titoli di Stato, emessi per contenere la crisi: e così, anziché drenare l’abbondante liquidità dal sistema economico-finanziario, la Bce contribuirà ad aumentarne la consistenza, alimentando tensioni inflazionistiche che però, nel breve termine, non preoccupano gli economisti. Sembrano così allontanarsi i tempi della risalita dell’Euribor, che ieri non è aumentato per nessuna scadenza.

L’effetto immediato, ad ogni modo, è stato positivo sul mercato secondario (così detto per distinguerlo dal primario dove si negoziano titoli di prima emissione): i bond dei Paesi periferici hanno visto in ribasso i loro rendimenti, coi greci a scadenza 3 anni scambiati a 8,8% ed i quinquennali a quota 8,31%.

Stessa sorte per i Btp, che a 3 anni perdono lo 0,63% (trattati al 2,01%), a 5 anni lo 0,48% (trattati al 2,78%), e a 10 anni 28 basis points (trattati al 4%).

L’effetto riequilibratore, in abbattimento dei differenziali di rendimento, si è fatto sentire anche sui titoli “sicuri” tedeschi e francesi: il Bund a 3 anni riprende lo 0,14% salendo allo 0,9%, il Btan torna all’1% (fonte: IlSole24Ore.com).

Trichet non modifica i tassi. La paura cambia i rendimenti dei titoli di Germania e Grecia

Sempre appropriato al minimo storico dell’1% il costo del denaro; sempre moderata, discontinua ed incerta la ripresa economica; sempre moderata l’inflazione attesa nei mesi a seguire.

Rimane uguale la fotografia che Trichet ed il consiglio direttivo della Bce scattano all’Eurozona da diversi mesi, con la differenza che stavolta il presidente deve sottolineare di non aver trattato compiutamente questioni sul debito degli Stati sovrani, né eventuali procedure di insolvenza (fonte: IlSole24ore.com), ad eccezione dell’esenzione dai requisiti minimi di rating per lo Stato ellenico, con riferimento ai collaterali a garanzia dei prestiti ottenibili dall’istituto centrale.

Al momento, la situazione appare troppo delicata per far scaturire decisioni produttive di effetti sulle politiche governative degli Stati membri, sulle quotazioni delle piazze finanziarie e sul dramma di un popolo che da ieri ha iniziato a contare le proprie vittime della rivolta.

Al centro delle preoccupazioni sta la Grecia, col suo fabbisogno di 150 miliardi di euro fino a tutto il 2012, di cui 8,5 miliardi in scadenza fra meno di 2 settimane. Il piano di aiuti, pur risolvendo il problema più urgente, si basa sull’assunto – forse troppo ottimistico – che nel 2011 Atene possa tornare a finanziarsi sul mercato dei capitali.

Di sentimento opposto, la cancelliera tedesca Angela Merkel – che di fronte al Bundestag ha difeso il piano di sostegno alla Grecia, ma ha pure sollecitato una revisione del Patto di Stabilità dell’Unione Europea che obblighi i Paesi ad un maggiore rispetto dei vincoli di bilancio pubblico – ha affermato che è necessario aiutare lo Stato ellenico perché “ne va del futuro dell’Europa”.

Ciò nonostante, l’isteria si è abbattuta sulle Borse europee originando comportamenti imprevedibili, come sempre accade in queste occasioni: l’euro che sembrava riprendersi per poi farsi sempre più debole nel cambio col dollaro, il barile di petrolio Wti con consegna a giugno sceso questa mattina a 78,87 dollari dopo la caduta di ieri, e, per la prima volta, la manifestazione del fenomeno di decoupling (opposta direzione tra le Borse europee e quelle americane) riguardante il solo “vecchio continente”, col segno meno che colpisce in maggior misura i Paesi periferici rispetto a quelli dell’Europa centrale e della City.

Sul fronte bond, ieri ha continuato ad accentuarsi il divario tra il rendimento dei Titoli di Stato della Germania (prima di risalire, il bund decennale era giunto al 2,88% per la corsa ai beni rifugio) ed il rendimento dei Titoli di Stato della Grecia (salito al 10,27%), conseguenza della paura del “contagio” a cui stamattina anche Moody’s ha contribuito.

L’agenzia di rating internazionale (quella dell’egregio giudizio espresso a favore di Lehman Brothers, il giorno prima che fallisse – ha ricordato oggi l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, il prof. Romano Prodi) ha indicato anche l’Italia, oltre a Portogallo, Spagna, Irlanda e Gran Bretagna, tra i Paesi col sistema bancario a rischio: ne sarebbe causa l’agevole trasmissione delle paure, provenienti dai mercati, per l’abbassamento del rating sovrano, oltre che la minor esposizione al rischio di scoppio delle bolle speculative e agli strumenti finanziari strutturati.

La Grecia fa scendere l’Irs, non cambia l’Euribor e lascia indifferente qualche gestore

Ad eccezione dell’increspatura dell’Euribor registrata il 28 aprile, che ad esempio ha fatto “saltare” il tasso a 6 mesi per motivi tecnici da 0,958% del giorno precedente a 0,964%, i principali saggi di riferimento sono passati indenni per le vicende burrascose dei mercati finanziari sensibili agli ultimi fatti della Grecia. Un importante segnale di stabilità per chi si trova a pagare la rata del mutuo a tasso fisso o variabile, ma anche per chi ha investito i propri soldi in titoli obbligazionari.

L’Euribor, sempre vicino ai minimi storici, collega il proprio andamento senza sobbalzi all’attuale livello di liquidità abbondante nel sistema finanziario, e quindi seguirà le prossime decisioni della Bce in materia di exit strategy.

Ma se l’ultima asta di rifinanziamento a 3 mesi ha fatto registrare un discreto numero di banche (fors’anche elleniche) costrette a rivolgersi all’istituto centrale pagando il denaro almeno l’1%, perché evidentemente non sono riuscite a finanziarsi sul mercato a costi inferiori (0,65% per l’Euribor a 3 mesi, appunto), ciò significa che le operazioni di assorbimento della liquidità da parte dell’Eurotower dovranno essere rallentate, rispetto alla tabella di marcia prevista sino a poche settimane fa, al fine di non rendere ancora più diffidenti fra di loro gli istituti.

Sulla stessa linea, le attese degli operatori di mercato, riflesse nei future sull’Euribor a 3 mesi, indicano una crescita moderata nel tempo sulla via della “normalizzazione”: 0,80% a giugno 2010, 1,04% a dicembre 2010, e trend in crescita che culmina con l’1,72% a fine 2011. Inoltre, aumenta il numero di economisti che confida nel mantenimento dell’attuale costo del denaro (1%) nella zona Euro per tutto il 2010.

Si va ripetendo, in sostanza, il comportamento di indifferenza dei tassi già sperimentato allo scoppio della crisi immobiliare di Dubai, e si può quindi affermare che la situazione attuale non appare drammatica come fu ai tempi di Lehman Brothers: in questo frangente, in un contesto di liquidità abbondante, al centro dell’attenzione è la “spazzatura” costituita dai titoli di Stato della Grecia che sono (semplicemente) “senza valore”, e non sono “tossici” come avvenne in occasione del fallimento della banca d’affari americana, quando molte gestioni patrimoniali con profilo di rischio basso furono inquinate da strumenti finanziari che non avevano ragione di farne parte.

D’altro canto, la fuga dai bond greci verso la sicurezza teutonica (o fly to quality per gli anglofoni) ha fatto sì che il bund venisse raggiunto da un eccesso di domanda in grado di condizionarne prezzi e rendimenti, facendo giungere questi ultimi ai minimi storici; e siccome l’Irs è parametrato al governativo tedesco, anche il riferimento dei tassi fissi applicati in Europa è sceso ai suoi livelli minimi (fonte: Ilsole24Ore.com).

Rassicurati i mutuatari, come devono sentirsi coloro che hanno affidato i propri risparmi ai gestori dei fondi comuni d’investimento obbligazionari?

Qualche gestore già da tempo ha “eliminato” la Grecia, ritenendo il rischio Paese inadeguato al profilo della propria gestione; altri hanno rivisto le posizioni, riducendo la porzione di titoli ellenici; altri ancora hanno lasciato tutto invariato, convinti che il piano di salvataggio della Grecia impedirà il default e, contemporaneamente, permetterà loro di spuntare rendimenti più elevati della media (fonte: IlSole24Ore.com).

A questi ultimi sembra dare ragione la notizia odierna che il premier greco Papandreou ha firmato l’intesa con l’Unione Europea ed il Fondo Monetario Internazionale finalizzata ad evitare la bancarotta.

Costo del denaro invariato all’1% per la Bce

Il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento all’1%, quello sulle operazioni di rifinanziamento marginali all’1,75%, e quello praticato sui depositi a breve termine detenuti dalla Bce per conto delle banche commerciali allo 0,25%.

Come ampiamente previsto (http://www.questidenari.com/?p=2402), anche in aprile la Bce conferma i tassi trascurando i recenti segnali di ripresa nell’Eurozona e l’inflazione in aumento, seppur lieve: fattori che non riescono a modificare il quadro di difficoltà generale, evidente soprattutto nei numeri della disoccupazione, nella piattezza degli ordinativi per l’industria manifatturiera tedesca ed in ultimo, ma solo in ordine temporale, nella fuga dei capitali all’estero dalle principali banche commerciali della Grecia a causa delle paure dei correntisti per una revisione peggiorativa dei conti pubblici 2009.

Fonte: IlSole24Ore