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Santoro non è più dipendente Rai. Sarà collaboratore

Dovrebbe superare i 2,5 milioni di euro la buonuscita che Michele Santoro riceverà dalla Rai per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dipendente con l’azienda pubblica.

L’accordo preso col direttore generale Mauro Masi e votato ieri a maggioranza dal Consiglio di Amministrazione, secondo il comunicato ufficiale Rai prevede la chiusura di Annozero a fine stagione, la decadenza degli effetti stabiliti dalla sentenza (26 gennaio 2005, IV sezione lavoro del Tribunale di Roma) in base alla quale Santoro è titolare del diritto a condurre programmi di informazione in prima serata, e la realizzazione di nuovi progetti editoriali da parte di Santoro nei prossimi due anni.

Ciò significa che, oltre all’ottenimento di 3 annualità per la risoluzione consensuale, il giornalista potrà ricevere ulteriori compensi milionari per la realizzazione in proprio di prodotti docu-fiction da vendere alla Rai.

In attesa delle dichiarazioni del diretto interessato soltanto successive alla firma, Roberto Rao dell’Udc, membro della Commissione di Vigilanza Rai, sollecita trasparenza sul compenso economico e sulle modalità che hanno condotto alla risoluzione del rapporto, mentre Bruno Vespa, dopo aver manifestato la propria contentezza per la prolungata vicinanza lavorativa con Santoro, conferma che la “persecuzione” nei confronti del collega si è dimostrata un magnifico investimento.

Fonte: IlCorriere.it

I centri di costo della RAI: Annozero, Ballarò e Report

E’ apparso sul Corriere.it un interessante articolo che pone in risalto la questione della completa trasparenza dei numeri espressi dai canali Rai in materia di costi e ricavi.

In particolare, il pezzo affronta l’argomento della valutazione economica inerente alcuni programmi delle emittenti nazionali, e specifica – parlando di onestà intellettuale – che il costo delle trasmissioni condotte in Rai, prima di essere giudicato in base allo schieramento politico del giornalista, andrebbe paragonato all’audience ottenuta per ciascuna puntata (o al ritorno conseguito in termini di budget pubblicitario) e con rilevazioni tutte riguardanti lo stesso periodo di tempo, dato che presenza e gradimento dei telespettatori sono mutevoli in continuazione.

Ad esempio, con riferimento alla trasmissione “Ballarò” di Floris, Rai3 spende 15 centesimi di euro per raggiungere un telespettatore, meno di quanto spende per Milena Gabanelli (“Report”: 0,45 euro a telespettatore) e meno di quanto spende Rai2 per Michele Santoro (“Annozero” costa 21 eurocent a persona).

Mi associo in pieno all’appello di Massimo Mucchetti. Anch’io auspico che si realizzi quanto prima una gestione “aziendale” della Rai attraverso l’adeguata trattazione del capitolo dei centri di costo, ben noto a chi si occupa di controllo di gestione: scelto l’oggetto di controllo (il canale Rai, la trasmissione, o altro) facente capo al centro produttivo, a quest’ultimo vanno imputati tutti i costi ed i ricavi che allo stesso sono riconducibili secondo una relazione diretta di causa-effetto, come anche sono imputati i costi indiretti di centro secondo una base di riparto selezionata. Al centro produttivo, poi, viene ribaltata opportunamente una parte degli oneri (costi comuni) che grava sugli altri centri dell’intera struttura, ausiliari al centro di costo produttivo, affinché si completi la configurazione di costo pieno e quindi si proceda alla valutazione del margine di guadagno.

Considerare i soli oneri della trasmissione o del canale Rai, senza riferimento ai benefici, e magari attribuire agli stessi una quota parte dei costi indiretti sulla base di un criterio discutibile e non dichiarato in modo esplicito, significa non solo peccare intellettualmente, ma anche privare altre persone competenti (nel mondo della politica o del giornalismo) degli strumenti di valutazione dei risultati gestionali che stanno a fondamento dell’analisi di bilancio, ovvero impedire il contributo pieno alla crescita dell’azienda pubblica nel contesto concorrenziale.