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La fiducia nella moneta: il tempo e i ritratti

Tetradracma d'argento di Atene (V° sec. AC) - dritto e rovescioUno dei motivi per cui sulle monete viene impresso un marchio, a simboleggiare l’autorità politica da cui origina la coniazione, attiene all’esigenza di rassicurazione del possessore sul valore delle monete stesse.

Laddove il potere sovrano non sia nelle mani di un singolo individuo, o nelle collettività in cui la religione rivesta importanza predominante rispetto al potere temporale, l’uso di immagini varie (come il dio Dioniso o la ninfa Aretusa http://www.questidenari.com/?p=1440) prevale su quello del ritratto del sovrano, che rimane invece scelta ovvia per i regimi assoluti.

Non a caso le prime monete dell’antica Roma che raffigurarono un romano vivente furono i denari d’argento di Giulio Cesare, emessi nel gennaio-marzo del 44 AC a seguito dell’approvazione in senato del decreto che consentiva l’uso del suo ritratto.

Anche il fattore tempo riveste grande importanza nell’attribuzione della fiducia nella qualità delle monete.

La riproduzione di un identico disegno, ravvisabile nello stile arcaico della tetradracma d’argento di Atene del V° secolo AC (riprodotta a lato), venne reiterata per un lungo periodo di tempo – circa 150 anni – dopo che la stessa moneta si era affermata nel mondo dell’antica Grecia.

Anche nel medioevo, l’emissione della moneta “A Croce Corta” (1180 – 1247) sotto Enrico II riportò in maniera sistematica la scritta ENRICUS REX durante i successivi regni di Riccardo I e Giovanni, come pure rimase sostanzialmente invariata per quasi tre secoli l’immagine della banconota da 5 sterline emessa dalla Banca d’Inghilterra a fine ‘600.

Attività e tecniche di controllo nelle zecche medievali d’Inghilterra

Nell’ultima metà dell’anno mille, i pennies in argento di Guglielmo I presentarono identità di stile pur provenendo da zecche diverse localizzate a Londra, a Shrewsbury e nella città di York.

Il controllo centralizzato sulla monetazione esercitato dal governo inglese, che condusse ad uniformare il conio attraverso la realizzazione a Londra di tutte le matrici, si traduceva in attività finalizzate a facilitare la scoperta di monete false (http://www.questidenari.com/?p=1155).

Anche l’indicazione dei moneyers (fabbricanti) sul retro delle monete rientrava nelle attività di controllo, ma stavolta col fine specifico di rintracciare i produttori di monete difettose che circolavano nonostante le precise indicazioni fornite – come quelle registrate per obbligo di legge nella “Lista delle Analisi” di Shrewsbury in ordine alle quantità di argento da utilizzare in due diverse officine.

Infine, terminata la monetazione, per evitare che l’attrezzo del conio (utensile col quale il disegno viene impresso sulla moneta) potesse continuare ad essere utilizzato per errore o con intenzioni fraudolente, i governi decisero che gli stessi venissero deformati. Una pratica che non dovette portare a risultati certi, se è vero che col passare del tempo si decise di affinare la tecnica procedendo a nuova cottura del conio e successiva deformazione sotto una pressa, in modo che non rimanesse più traccia alcuna del disegno originale.

Il (più) vecchio conio

 

Risale alla fine del VII° secolo A.C. l’invenzione delle monete, quando i Lidi, antichi abitanti della Turchia occidentale, intuirono i vantaggi di imprimere un marchio su quei pezzi metallici aventi dimensione e peso costanti che già venivano utilizzati come denaro.

Questa operazione, diretta a garantire valore agli oggetti coniati, fu apprezzata al punto da essere effettuata in tutto il mondo greco, nell’arco di un secolo, e tramandata fino ai giorni nostri.