Archivi tag: commissioni sottoscrizione

Bot 1 anno: asta del 10 agosto 2011

Il MEF ha disposto per mercoledi 10 agosto 2011, con regolamento 15/08/2011, l’emissione dei Buoni Ordinari del Tesoro annuali da collocarsi col sistema dell’asta competitiva. Nello stesso giorno non vengono offerti i Bot trimestrali.

I Bot 12 mesi, che avevano fatto registrare rendimento medio ponderato pari al 3,67% nell’ultima asta del Tesoro del luglio scorso (corrispondente al rendimento netto del 2,88% dopo aver sottratto ritenuta fiscale e commissioni bancarie massime secondo i conteggi di Assiom Forex), sono offerti per un importo pari a 6,5 miliardi di euro ed hanno scadenza 15/08/2012 (366 giorni).

Nella mattinata di mercoledi i Bot annuali sono stati interamente assegnati per l’importo offerto al prezzo medio ponderato di 97,08 (rapporto di copertura 1,945 derivante da richieste per 12,642 miliardi di euro) ed hanno fatto registrare rendimento medio ponderato in calo al 2,959% (fonte: Borsaitaliana.it). Ai Bot emessi il 15 agosto 2011, in prima tranche, è stato assegnato ISIN IT0004750821.

Secondo i calcoli di Assiom Forex, il rendimento dei Bot scende al minimo del 2,26% una volta applicate la ritenuta al 12,5% e le commissioni bancarie massime.

Fonte: Dipartimento del Tesoro

(per l’asta Bot 1 anno del 12 settembre 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=5052)

Trasferimento fondi comuni d’investimento tra banche

Tra i motivi che impediscono agli investitori di chiudere i rapporti con una banca e aprirne altri con un nuovo istituto, quando la situazione è divenuta insostenibile per la lievitazione dei costi di gestione del conto corrente o magari per le difficoltà di relazione col personale bancario, c’è senza dubbio un deterrente che si lega alle operazioni di riscatto dei fondi comuni d’investimento.

Cambiare direttore, promotore o conto corrente, in sostanza, implica la chiusura di una posizione tecnica e la successiva apertura di un nuovo deposito che, destinata ai medesimi prodotti, si traduce nel sostenimento di pagamenti inutili: prima gli oneri aggiuntivi per applicazione di commissioni d’uscita dai fondi comuni e per diritti fissi, e poi le commissioni di sottoscrizione ed i nuovi diritti fissi per gli stessi fondi con lo stesso brand.

Anche se questa regola conosce alcune eccezioni, la presenza di condizioni ostative alla libera concorrenza tra soggetti abilitati sul mercato dei prodotti e servizi d’investimento è a tutt’oggi evidente.

E il danno per chi intende mettere a frutto i propri soldi è ancora più grave se si considera il mancato guadagno derivante dal non utilizzo del capitale per un periodo di tempo pari a circa due o tre settimane, quando i soldi transitano veicolati da pezzi di carta in attesa della consegna alla società di gestione del risparmio (S.G.R.) destinataria.

Per ovviare a questi inconvenienti ed intervenire sullo snellimento delle operazioni, Assogestioni, Assoreti, Abi, Anasf e Assosim hanno lavorato alla stesura di un documento di autoregolamentazione per il trasferimento dei fondi comuni d’investimento, attualmente allo studio di Consob e Banca d’Italia, la cui adozione è lasciata alla discrezione delle società di gestione del risparmio: relativi ai nuovi standard di comunicazione tra rete di vendita (la banca), banca depositaria (che custodisce le disponibilità liquide del fondo comune e ne calcola il valore della quota) ed S.G.R., i contenuti del documento dovrebbero divenire operativi per la fine del 2011.

Fonte: Mornigstar.it

I limiti del TER

Come è stato descritto (http://www.questidenari.com/?p=2358), un risparmiatore che intenda valutare per scegliere tra un ventaglio di soluzioni, offerte dai fondi comuni d’investimento o dagli Etf, dovrebbe affidarsi anzitutto alla conoscenza dei costi che gravano sul paniere di titoli e ne limitano la performance futura, prima ancora di cimentarsi in previsioni di mercato più o meno fondate.

Lo strumento di maggiore aiuto per questa condotta è rappresentato dal Total Expense Ratio (Ter), ovvero l’indicatore sintetico di costo che, contemporaneamente, considera le commissioni di gestione, quelle di performance (se previste, vengono corrisposte solo se il rendimento del fondo supera un determinato benchmark), il Ter degli eventuali comparti in cui il fondo investe, il compenso per la banca depositaria, le spese legali, giudiziarie e di revisione del fondo, le spese di pubblicazione del valore della quota e del prospetto informativo, gli altri oneri.

Ma oltre alla mancata considerazione delle commissioni di ingresso nel fondo, eventualmente oggetto di trattativa fra l’investitore e l’intermediario di fiducia che accorderà condizioni di costo commisurate alla posizione finanziaria complessiva dello specifico cliente, il Ter non fornisce indicazioni circa una componente di costo che, a seconda dei casi, potrebbe rivelarsi di importanza cruciale per la conoscenza dell’onere complessivamente sostenuto.

In particolare, quando il gestore effettua operazioni di acquisto e vendita titoli per modificare la composizione del basket, si producono commissioni di negoziazione che gravano sul patrimonio del fondo e che, pertanto, sono direttamente proporzionali al turnover di portafoglio.

In aggiunta a queste spese di transazione legate ai cambiamenti nella politica di gestione del portafoglio, occorre pure considerare i costi di funzionamento del mercato dipendenti dai maggiori o minori volumi di strumenti finanziari oggetto di operazioni di compravendita.

Per la minimizzazione delle spese nascoste, la soluzione proposta da Morningstar nel suo interessante articolo (fonte web) prevede che la scelta dell’investitore ricada sui fondi caratterizzati da volumi di trading e tassi di turnover entrambi bassi.

Ad avviso di chi scrive, la soluzione prospettata non rappresenta quella ottimale nella logica dell’investimento di Borsa, dato che l’affidamento del patrimonio mobiliare ad un gestore implica che costui, proprio perché incaricato di effettuare le scelte opportune e dotato dei più aggiornati strumenti tecnologici e delle più valide risorse umane, si dimostri pronto a modificare la composizione del portafoglio al cambiamento dei mutevoli scenari di mercato. Ciò a dire che un giusto grado di turnover, ed oneri connessi, costituisce una manifestazione “fisiologica” dell’investimento attinente all’opera di continuo efficientamento del portafoglio, e non una semplice “tassa”.

Invece la soluzione opposta, caratterizzata da un tasso di turnover eccessivamente alto, sarebbe indice di un contesto di confusione in cui si troverebbe ad operare il gestore, origine di bassi rendimenti futuri ma soprattutto, nell’immediato, di costi elevati e certi.

Per avere idea dell’incidenza degli oneri di negoziazione è possibile paragonare il primo e l’ultimo dei dieci fondi comuni appartenenti alla categoria “azionari Italia” ordinati per patrimonio nella tabella sotto riportata (dati al 31/12/2008, fonte Morningstar Direct e Relazioni annuali 2008): ad una sostanziale parità di Ter (circa 2,48%), che indurrebbe ad assimilare i due OICR per onerosità, non corrisponde una sostanziale parità di “spese invisibili” legate alle movimentazioni di portafoglio, nell’ultimo fondo ridotte alla decima parte rispetto al primo (0,8% contro 0,08%).

(per il documento di autoregolamentazione finalizzato all’abbattimento delle spese di trasferimento dei fondi comuni d’investimento da una banca all’altra si legga http://www.questidenari.com/?p=3261)

Fondi comuni: più rendimento? Meno costo!

Secondo le analisi condotte da Ben Johnson, la scelta dei prodotti d’investimento per ogni categoria deve principiare dalla verifica delle spese.

Sarebbe dunque il TER (Total Expenses Ratio, indice di spesa che rapporta al patrimonio medio nel corso dell’anno le spese di gestione, di extra-rendimento e parte delle spese per negoziazione titoli, ed esclude le commissioni di sottoscrizione e di rimborso, oltre agli oneri tributari) la chiave di successo per l’ottenimento della performance, specie nel lungo termine quando si capitalizzano gli effetti delle maggiori o minori commissioni applicate sulle somme versate dai risparmiatori.

Lo studio di Johnson si presta così a motivare l’ampia diffusione degli Exchange Traded Fund, negli ultimi anni toccati da un successo crescente rispetto ai tradizionali fondi comuni d’investimento la cui commissione di gestione media, riferita ai comparti azionari disponibili presso le reti di vendita italiane, è pari all’1,89% annuo contro lo 0,48% degli ETF.

Anche se ci si sposta sul reddito fisso, i numeri sono a favore degli ETF che presentano un TER medio dello 0,18% annuo contro l’1,24% dei fondi obbligazionari.

Tutti gli indicatori medi di costo suesposti per ETF e fondi comuni venduti in Italia appaiono sostanzialmente in linea con quelli dei prodotti venduti nel resto d’Europa.

Fonte: Morningstar

(Articolo correlato: http://www.questidenari.com/?p=2413)

Obbligazioni Enel 2010-2016: tasso fisso o variabile?

Al fine di agevolare la valutazione sulla bontà dell’operazione di sottoscrizione (http://www.questidenari.com/?tag=bond-enel-2016), sul prospetto informativo Enel sono riportate alcune ipotesi sui rendimenti delle obbligazioni in base agli scenari di mercato più o meno favorevoli all’investitore.

Con riferimento alla tranche a tasso fisso, adottando l’ipotesi prudenziale secondo cui il mid swap a 6 anni sia pari al valore rilevato al 5 febbraio 2010 e poi venga maggiorato dello spread minimo previsto pari a 65 basis points, si ottiene un rendimento effettivo lordo a scadenza del 3,378% annuo. Una volta sottratte le imposte, dato che non vi sono commissioni di sottoscrizione, il rendimento effettivo netto a scadenza si attesta al 2,956% annuo (fonte in formato pdf: www.enel.it).

Con riferimento alla tranche a tasso variabile, adottando l’ipotesi prudenziale secondo cui l’Euribor a 6 mesi sia pari a quello rilevato alla stessa data del 5 febbraio 2010 e poi venga maggiorato dello spread minimo previsto pari a 65 basis points, si ottiene un rendimento lordo dell’1,615% annuo (rendimento effettivo lordo a scadenza dell’1,644% annuo). Una volta sottratte le imposte, dato che non vi sono commissioni di sottoscrizione, il rendimento netto annuo si attesta all’1,413% (1,437% annuo effettivo netto a scadenza).

Di conseguenza, considerato che la fase espansiva di un ciclo economico può durare circa 5 anni e che la scadenza del bond è fissata a marzo 2016, chi crede nella prossima ripresa economica potrebbe scegliere il tasso variabile: basterebbero pochi interventi di politica monetaria restrittiva da parte della Bce – rialzo del costo del denaro o altre operazioni – per superare i rendimenti attesi della tranche a tasso fisso.

Più alti delle attese i rendimenti delle obbligazioni Enel 2016

L’autorizzazione Consob di quest’oggi alla pubblicazione del prospetto informativo sull’emissione societaria Enel a scadenza 2016 conferma tutte le caratteristiche già note dei bond dell’azienda italiana di produzione energia elettrica (http://www.questidenari.com/?p=2129).

Unica eccezione è rappresentata dallo spread sui tassi di riferimento (midswap per il fisso ed Euribor semestrale per il variabile) fissato da un minimo di 65 ad un massimo di 125 punti base, più alto delle aspettative di mercato. La fissazione del relativo campo di variazione – probabilmente – è stata indotta dalle considerazioni sul raffronto coi rendimenti di titoli similari nel caso (facile da prevedere) l’offerta Enel ricevesse forti richieste di adesione.

La restituzione integrale del capitale a scadenza sarà preceduta dalla corresponsione posticipata annua della cedola a tasso fisso per gli investitori che sceglieranno la relativa tranche, e dalla corresponsione posticipata semestrale della cedola a tasso variabile per gli altri.

La sottoscrizione di obbligazioni non prevede spese o commissioni. Ai rendimenti lordi maturati sarà applicata l’aliquota di imposizione fiscale nella misura del 12,5%.

Fonte: Milano Finanza