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Carcere a vita per l’assassino di Emily Sander

Con rapidità rispetto a tempi della giustizia a cui siamo abituati, il 31 marzo 2010 il giudice distrettuale David Ricke della Contea di Butler, nel Kansas, ha condannato Israel Mireles a trascorrere il resto della sua esistenza in prigione.

Il nome del giovane messicano non dirà nulla a molti di voi, pur trattandosi di un detenuto sulla cui testa l’accusa statunitense aveva posto cauzione per la cifra record di 3 milioni di dollari; come anche saranno in pochi a ricordare Emily Irene Sander, nota per aver sfruttato commercialmente la propria immagine col nome d’arte di Zoey Zane su un sito web dedicato ad un pubblico adulto (http://www.questidenari.com/?tag=emily-sander).

A differenza di quanto accadde nel novembre del 2007, coi media di tutto il mondo in fermento per la sparizione di una ragazzina provocante, un po’ studentessa e un po’ imprenditrice, nulla si è saputo a inizio anno sugli sviluppi del processo a carico dell’unico imputato, né delle testimonianze rese dai conoscenti della vittima e dell’assassino.

Sottolineando la mancanza assoluta di rimorso per aver stuprato e strangolato col filo di un telefono la ragazza, il cui corpo veniva descritto dal medico legale come pugnalato due volte al torace, colpito con forza ad una tempia e straziato da numerose ferite procurate forse con una bottiglia di birra spaccata, il tribunale americano ha inflitto a Mireles la punizione massima prevista, dato che la pena di morte per iniezione letale non avrebbe potuto essere applicata in conseguenza degli accordi col Messico al momento del rilascio per estradizione.

Probabilmente un mix di alcol e cocaina deve aver offuscato la mente del giovane, dichiaratosi estraneo all’omicidio (che sarebbe stato provocato da un terzo uomo per un affare di droga andato male) e fuggito in preda al panico dopo essersi accorto di quanto accaduto alla vista del sangue nella sua stanza, ed infine incapace di spiegare ai giudici il motivo per cui avrebbe avvolto in una coperta il corpo senza vita di Emily per trasportarlo con la sua macchina prima di abbandonarlo in un fosso.

Il tribunale, pur ritenendo improbabile che Mireles possa provvedervi, ha condannato il 26-enne di origine messicana al pagamento di 10.726 dollari a titolo di risarcimento, spese del funerale incluse. E’ giusto così, ha concluso il giudice.

Fonti: varie, El Dorado Times

Marrazzo e i costi intangibili della Regione Lazio

Anche se spesso provo a distrarmi, mi sembra di aver già ascoltato e visto vicende analoghe a questa che ha colpito, e forse ancora troppo colpirà, il governatore del Lazio Piero Marrazzo.

Vicenda per nulla edificante sul piano dei valori in cui ognuno di noi si sforza di credere quando, nel segreto dell’urna, esprime una preferenza sotto forma di voto.

Ricordo un portavoce del premier aver già manifestato, a qualche titolo, interesse – anzi, mi correggo: curiosità; STUPIDA curiosità, con la precisione delle sue parole – nei confronti di un transessuale di colore che stazionava sul marciapiede. Ovviamente prima che un sindaco, a mezzo ordinanza, provasse (senza successo) a dirottare il Brasiliano altrove.

Mi sembra che già un parlamentare, appartenente ad un partito orientato più di altri ai tradizionali valori cattolici a fondamento, sostenimento e difesa della sacralità della famiglia, abbia partecipato, in albergo extra-lusso, ad (almeno) un festino a base di coca con una prostituta d’alto bordo. Ne seguì la fine del suo rapporto formale col partito, non so – ed è giusto che non sappia – se ne seguì pure la fine del rapporto coniugale.

Mi pare che già un Presidente del Consiglio, ancora non è possibile appurare fino a che punto causa indagini in corso di svolgimento, fosse conoscente di siliconate intrattenitrici, prima animatrici di festicciole riservate e poi capaci di declamare pubblicamente la loro presenza. Un’inchiesta in cui, successivamente, è entrata in ballo la solita cocaina.

L’ennesima strisciata di coca, ma stavolta condita da transessuale di colore, quattro corrotti dell’amata vecchia Arma, il consueto paparazzo dei transgender nonché l’auto blu del presidente, ricompare nella vicenda ancora oscura di Marrazzo, che prima ha negato minacciando querela per calunnia, poi ammesso i contorni fumosi di una schifosa storia di casa nostra (fonte: Il Corriere.it). Eh già, perché forse potremmo iniziare a definirla all’Italiana, chiedendo scusa a Garibaldi che, col senno di poi, non sarebbe mai partito da Quarto.

I soldi, ignari di tutto, non possono che essere protagonisti e comparse delle vicende umane tratteggiate: consegnati a mazzetti o sotto forma di assegni bancari, mai riscossi, richiesti, promessi, estorti, descrivono il centro focale delle azioni personali della nostra elite sociale, la nostra classe dirigente che impugna il coltello da cucina con l’intenzione dichiarata di tagliare la carne, ma talvolta finisce per ammazzarci la suocera.

Il povero Marrazzo, con ogni probabilità entrato in pieno marasma, è da considerarsi vittima di questa storia in quanto è stato fatto oggetto di estorsione. Ma oltre che vittima, egli si è pure reso protagonista in negativo di una serie di fatti prolungati nel tempo, originati ai primi di luglio scorso e protratti per molti giorni: il Governatore, soltanto oggi autosospeso, ha avuto tutto il tempo di ragionare con freddezza sul modo migliore per uscire dal proprio passato col minor danno possibile. Un passato che, badate bene, non è privato sic et simpliciter.

Oggi questo tempo potrebbe essere perduto in modo irreparabile: prevedibilmente, molti colleghi rammenteranno all’ex Governatore della Regione Lazio che un politico non deve, in alcun caso, soggiacere ad estorsioni e ricatti finalizzati ad indebolire lui stesso e a minare la gestione di una macchina amministrativa complessa, nella specie costosa e lenta, oggetto di sollecito risanamento in materia di sanità e di rifiuti. In quanto politico, egli ha una responsabilità che va ben oltre quella della propria persona.