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Libia e petrolio: previsioni sui tassi Irs ed Euribor a marzo 2011

Il grande dubbio serpeggiato fra gli analisti nelle ultime settimane era incentrato sul corso dei rendimenti dei titoli obbligazionari, provenienti dalle brusche impennate di fine anno scorso e dai valori stabilmente alti di gennaio e febbraio 2011.

A dividere la schiera degli osservatori tra quelli che non vedevano motivo per un ulteriore incremento dei tassi, e quelli fermi su posizioni diametralmente opposte, era stato il peso attribuito alla crescita economica dell’area Euro e all’inflazione nel prossimo futuro. I primi facevano i conti con i dati occupazionali ancora deludenti, i secondi con le recenti spinte al rialzo sul livello dei prezzi.

Di certo le vendite dei Bund (http://www.questidenari.com/?p=3626), registrate sui mercati per molti giorni, avevano aggiunto difficoltà ai problemi dei Paesi periferici che intendevano finanziarsi sul mercato: se la qualità teutonica offriva rendimenti in crescita, aumentava di pari passo (i.e. spread inalterato) la richiesta di guadagno da parte di coloro che rischiavano comprando titoli del debito portoghese (ad esempio), due settimane fa ad un nuovo massimo di rendimento sulla scadenza decennale.

Ma negli ultimi giorni, a partire da metà febbraio, la rapida evoluzione di eventi geopolitici inattesi ha fatto leva sull’aumento del rapporto di copertura dei governativi tedeschi, passando attraverso la paura che le fiammate inflazionistiche possano colpire duro la flebile ripresa tenuta in vita dai fiumi di liquidità erogati dalle banche centrali. Le frizioni tra Paesi periferici e Germania sui parametri di Maastricht, seguite dalle rivolte nei Paesi nordafricani, hanno indotto i money manager a privilegiare la qualità nei loro portafogli e a manifestare così un grado di avversione al rischio tale da far rialzare la testa al Bund (principalmente a scapito delle azioni), il cui diminuito rendimento ha ampliato il differenziale coi governativi degli altri Stati, compresi i Btp (http://www.questidenari.com/?tag=btp-decennale). E ciò nonostante sia diffusa nel mercato la convinzione che le istituzioni europee, attraverso il “veicolo di salvataggio”, forniranno tutto il denaro necessario ai Paesi richiedenti, fra cui Spagna e Portogallo ancora alle prese col debito elevato (fonte: Morningstar.it).

Anche l’Irs ha risentito del cambiamento, segnando ribassi su tutte le scadenze rispetto al mese scorso. Il fixing al 28 febbraio 2011 (tra parentesi il valore al 28 gennaio scorso):

–        10Anni: 3,44% (3,47%)

–        15Anni: 3,74% (3,78%)

–        20Anni: 3,82% (3,85%)

–        25Anni: 3,77% (3,78%)

–        30Anni: 3,67% (3,67%).

In linea col sottostante, sono in rialzo anche i future sul Bund.

Alle diverse rilevazioni del 12 febbraio, 19 febbraio e 25 febbraio 2011, l’Euro Bund-10 anni (Eurex) a scadenza “marzo 11” ha fatto registrare valori rispettivamente pari a 122.78, 123.09 e 124.32, segnalando una fase rialzista destinata a durare forse fino a quota 126.5, a parere degli analisti tecnici (fonte: Plus24 del 26/02/2011).

Con riferimento alla chiusura del future sull’Euro Bund su mercato Eurex, ecco i valori registrati al 28 febbraio:

–        Marzo 11: 124.19

–        Giugno 11: 122.75

–        Settembre 11: 122.27.

Tradotto in termini di riflessi sulla scelta del mutuo casa, la tendenza indicherebbe un tasso fisso più basso per le prossime settimane, ma è chiaro che la durata della crisi in Nord Africa e Medio Oriente giocherà un ruolo fondamentale sulle attese inflazionistiche e su tutto il resto della costruzione economico-finanziaria.

Tasso fisso che negli ultimi tempi torna in cima alle preferenze degli Italiani per i consigli del personale bancario, oltre che per quella componente psicologica di tranquillità (?) insita nella stabilità degli interessi da corrispondere complessivamente alla banca.

Per i richiedenti mutuo insonni causa variabilità degli interessi collegati all’Euribor (tra parentesi i dati dello scorso 28 gennaio nella tavola sopra), è opportuno sapere che il tasso interbancario, oltre ad aver perso il passo da lumaca tenuto per mesi, è restituito implicitamente dai contratti derivati con due rialzi attesi nella seconda metà dell’anno per intervento della Bce, con un incremento totale imputabile a Trichet dello 0,5%.

Ciò è vero nei limiti in cui si realizzeranno le previsioni degli operatori sui mercati, in questo momento condizionate dai timori d’inflazione forse oltre la misura della ragionevolezza.

La Bce, che per la prima volta negli ultimi due anni ha registrato il superamento del tetto fissato al 2% sul medio periodo, aveva fatto sapere di considerare l’aumento dei prezzi al consumo come un fenomeno di breve durata, ma di osservare strettamente la situazione e tenersi pronta ad intervenire in caso di peggioramento delle prospettive di lungo periodo.

La variabile sotto più stretta sorveglianza, nella specie, è il petrolio, a prezzi record negli ultimi due anni e mezzo ma calato ieri a 111,83 dollari al barile per il Brent europeo, e sotto i 97 dollari per il Wti americano, dopo l’annuncio che l’Arabia Saudita aumenterà l’offerta per sopperire alla mancanza della Libia. In continua ascesa negli ultimi dieci giorni (circa +15%), il suo andamento rafforza le attese inflazionistiche sulle scadenze più corte ed i timori di un’economia debole nell’Eurozona a medio-lungo termine: ne deriva un appiattimento della curva dei rendimenti causato da una spinta alla crescita sul tratto iniziale e da un movimento opposto sulle scadenze più lunghe (fonte: MilanoFinanza.it); ed è appena il caso di sottolineare che i mercati azionari, dopo un rally durato 6 mesi, hanno invertito bruscamente la tendenza, come auspicato dai ribassisti, con gli acquisti dirottati sui bond governativi.

Una delle conferme all’imminente aumento dei tassi a breve sarebbe rappresentata dal cambio Euro/Dollaro americano (1,3813 al 1° marzo), rafforzato sui mercati internazionali proprio mentre Axel Weber, presidente dimissionario Bundesbank ma soprattutto membro del consiglio Bce, faceva intendere che i tassi dell’Eurozona non possono far altro che salire.

Qualunque cosa accada, ecco lo scenario delineato sull’Eurex dai future sull’Euribor 3 mesi al 28/02/2011 (tra parentesi i valori al 28 gennaio scorso)

–        marzo 11: 1,16% (1,18%)

–        giugno 11: 1,47% (1,42%)

–        settembre 11: 1,71% (1,63%)

–        dicembre 11: 1,94%

–        marzo 12: 2,15%

–        giugno 12: 2,345%.

In definitiva, il quadro delle attese sui tassi porta cattive notizie per i mutui a tasso variabile, buone nuove per quelli a tasso fisso (ma forse caratterizzate dall’estemporaneità tipica del fenomeno fly to quality), e ulteriori consigli di accorciamento della duration per gli investitori in titoli obbligazionari che, in caso volessero snobbare i rendimenti esigui del mercato monetario, potrebbero rivolgersi all’offerta dei titoli di Stato parametrati all’Euribor semestrale (http://www.questidenari.com/?tag=ccteu) sostitutivi dei vecchi CCT.

(per le previsioni sui tassi Euribor e Irs ad aprile 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=3937)

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Le previsioni sui tassi Euribor 3 mesi e Irs a fine gennaio 2011

Dopo un inizio anno molto tranquillo, caratterizzato da aste di rifinanziamento a tasso fisso e con l’Euribor in lieve ribasso per via della liquidità ancora abbondantemente erogata alle banche, piccole ma inattese fiammate inflazionistiche hanno contribuito a movimentare il quadro generale del vecchio Continente in materia di saggi.

Così trovano spiegazione le continue spinte al rialzo dell’Euribor nelle ultime due settimane, evento non certo drammatico ma comunque rappresentativo di un elemento nuovo capace di far tornare il tasso interbancario trimestrale all’1,063% in data 28/01/2011, avendo quest’ultimo già superato da metà mese la quota 1% di riferimento della Bce ferma dal maggio 2009. L’Euribor 6 mesi, invece, è salito all’1,307% alla stessa data, mentre la scadenza mensile è arrivata allo 0,877%.

L’attenzione particolare della Bce per il livello dei prezzi complessivo (mosso da petrolio e materie prime, mentre l’energia è ininfluente sull’inflazione core che rimane stabile) non poteva sfuggire ai mercati anticipatori delle vicende economiche, né impedirne riflessi in termini di aspettative, facendo aumentare il numero di analisti che preannunciano il rialzo del costo base del denaro per la seconda metà dell’anno, manovra spettante a Trichet in esecuzione del mandato per il contenimento dell’inflazione.

Senza gli allarmismi del 2008, i future sull’Euribor 3 mesi contrattati sul mercato Liffe, al 28 gennaio 2011, sono in salita (mentre a fine dicembre subivano ritocchi al ribasso sino ai valori riportati fra parentesi) ed indicano una gradualità nella crescita che porterà a superare la soglia del 3% (rilevato su mercato Eurex) soltanto nel dicembre 2013, quando – secondo le attuali previsioni – il tasso interbancario si porterà a livello della media storica calcolata a partire dal 1999:

– marzo 2011: 1,18% (1,03%)

– giugno 2011: 1,42% (1,11%)

– settembre 2011: 1,63%.

Naturalmente, solo col tempo si potrà capire se le attese degli operatori sono sfociate in preoccupazioni eccessive, come accade non di rado e come ritengono alcuni economisti fiduciosi che i tassi possano tornare indietro. Fra questi Willem Buiter, capo economista Citi, fa osservare che l’eccessiva considerazione di Trichet per l’inflazione è motivata dal quasi completo utilizzo della capacità produttiva dell’industria manifatturiera tedesca, e che un innalzamento dei tassi sarebbe disastroso per i Paesi periferici (fonte: Plus24 di sabato 29 gennaio 2011).

Ciò significa, tradotto in previsioni, che il futuro dei tassi variabili dipende non solo dall’andamento del petrolio e dalla capacità dei governi di mettere ordine nei loro bilanci, ma anche dalla sensibilità della Bce nel prorogare una manovra di politica monetaria che ciclicamente va ripetuta.

Il quadro generale ha conosciuto cambiamenti anche sul fronte dei tassi fissi, negli ultimi tempi tornati ad essere “osservati speciali” dai mutuatari.

Concluso il 2010 con un enorme punto interrogativo per via degli acquisti continuativi di titoli del debito pubblico da parte della Bce (sia pur sterilizzati per gli effetti sulla liquidità) e per via dei dubbi perenni sulla ripresa economica, le nuove certezze arrivano dalle rassicurazioni dei Paesi orientali, dove Pechino e Tokio si dichiarano pronte a sostenere gli acquisti dei periferici europei, dal successo di vendita delle obbligazioni del Fondo di Stabilità Finanziaria Europea (EFSF, veicolo di salvataggio garantito dagli Stati dell’Eurozona e atto a stabilizzare l’area), nonché dai riscontri positivi per domanda e rendimenti registrati nelle aste dei titoli spagnoli prima ed italiani poi.

Non solo nell’ultima asta del Tesoro (http://www.questidenari.com/?tag=asta-28-gennaio) si è respirato un clima “normale” (fonte: Reuters Italia), ma anche la Grecia è tornata a piazzare sul mercato i propri titoli trimestrali al 4,1% (fonte: IlSole24Ore.com).

E se gli investitori percepiscono la maggiore stabilità del sistema finanziario, aumenta la loro propensione al rischio a scapito della qualità inserita nel portafoglio. Tradotto in termini operativi, le vendite dei Bund fanno calare i prezzi ed aumentare i rendimenti.

Anche le nuove emissioni programmate di governativi e corporate non fanno che accrescere le attese di rendimenti al rialzo, e prefigurano così la crescita dell’Irs.

Sempre alla data del 28 gennaio 2011, i successivi sono i fixing dell’Irs alle scadenze più rilevanti (tra parentesi i valori tutti più bassi di fine dicembre scorso):

– 10 anni: 3,47% (3,35%)

– 15 anni: 3,78% (3,68%)

– 20 anni: 3,85% (3,74%)

– 25 anni: 3,78% (3,66%)

– 30 anni: 3,67% (3,55%).

Tra i future sui tassi a lungo termine, alla chiusura dell’ultima contrattazione sull’Eurex, ha fatto registrare i valori seguenti l’Euro Bund-10 anni caratterizzato da trend al ribasso nell’ultimo mese (tra parentesi la chiusura della settimana precedente):

– marzo 123,73 (123,76)

– giugno 122,32 (122,35)

– settembre 121,98 (122,07).

(per le previsioni Irs ed Euribor aggiornate a marzo 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=3757)

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Previsioni Euribor fino a dicembre 2016. I tassi Irs per i mutui a inizio 2011

Raddoppia il capitale sociale della Bce passando a 10,76 miliardi di euro grazie ai contributi dei “bracci operativi” dell’Eurozona, fra cui Banca d’Italia, e di altri istituiti extra-europei.

La decisione si è resa necessaria a seguito dell’evoluzione (sgradita) della Banca centrale verso l’istituto della “bad bank”. Le mutate condizioni di rischio (di credito, principalmente), generate dall’assorbimento in portafoglio di titoli soggetti a svalutazione, sono conseguenza della politica di acquisto dei titoli del debito pubblico ellenico, irlandese etc. adottata per parecchi milioni di euro e finalizzata a prevenire ulteriori crisi degli Stati sovrani – nei numeri, 1.1 miliardi di euro spesi solo nell’ultima settimana per i bond portoghesi e irlandesi.

Al tempo stesso, la novità fotografa fedelmente le tensioni sui mercati dei titoli di Stato anche nel torpore degli scambi natalizi: sul secondario al 30 dicembre 2010, subito dopo l’asta del Tesoro, i nostri Btp (http://www.questidenari.com/?tag=btp-10-anni) tornano sopra l’1,8% in termini di differenziale di rendimento col benchmark tedesco, ed il decennale greco raggiunge col 12,553% il nuovo massimo dalla nascita dell’Eurozona (fonte: Radiocor), persino sopra i livelli della crisi primaverile.

Con le parole di Trichet, forse dettate più dalle pressioni di Roma, Madrid e Lisbona che dalle paure di una ripresa economica dell’area Euro incerta per quanto caratterizzata da una dinamica di fondo positiva, si preannunciano nuovi acquisti di titoli di Stato e ulteriori aste a tasso fisso e liquidità illimitata per i primi mesi del 2011 (fonte: IlSole24Ore.com), nonostante le intenzioni di normalizzazione della politica monetaria precedenti la crisi irlandese.

Almeno i tassi di riferimento sono sempre gli stessi anche nella riunione di dicembre: dal maggio 2009 rimane al minimo dell’1% il costo del denaro, resta all’1,75% il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali, e rimane pure allo 0,25% il tasso che la Bce riconosce sui depositi delle banche commerciali. E tali dovrebbero rimanere nel 2011, anche se i gestori interpellati da Morningstar (fonte) si dividono tra coloro che attribuiscono importanza alla debolezza della ripresa e al rischio sul debito sovrano, e coloro che ritengono detti problemi destinati a riguardare pochi Paesi periferici.

Perciò nuovamente, e chissà ancora per quanto tempo, sarà necessario fare i conti con l’imprevedibilità del tasso Irs parametrato ai rendimenti dei bond governativi, collegati a dinamiche di prezzo su cui incombe la componente esogena degli acquisti dell’istituto centrale europeo.

Almeno sul tratto iniziale della curva dei rendimenti, potrebbe essere utile considerare – a fini previsionali – la riduzione delle emissioni di titoli governativi a breve e brevissima scadenza, usati tra il 2008 ed il 2009 da Olanda, Francia e Germania per tamponare la crisi ed ora non più necessari. L’effetto finale sarebbe la diminuzione dei rendimenti dei relativi titoli di Stato.

Nel frattempo sembra prendere piede la preannunciata correzione tecnica (http://www.questidenari.com/?tag=correzione-tecnica) al ribasso dei rendimenti obbligazionari per le durate più lunghe che sortisce effetto sulla curva degli Eurirs, causandone una “limatura” degli ultimi giorni dopo la brusca tendenza all’aumento registrata fino alla prima metà di dicembre (dati IRS al 30/12/2010):

–          10 anni: 3,35% (3,03% a novembre)

–          15 anni: 3,68% (3,36% a novembre)

–          20 anni: 3,74% (3,41% a novembre)

–          25 anni: 3,66% (3,35% a novembre)

–          30 anni: 3,55% (3,24% a novembre).

Sul fronte tassi variabili, allo stesso modo, negli ultimi giorni si assiste a tendenze al ribasso sia sul mercato degli Euribor, ormai stabile attorno al riferimento fissato dalla Bce, che nelle contrattazioni degli operatori sui derivati.

I tassi interbancari Euribor chiudono l’anno a quota 1,006% sulla scadenza trimestrale e 1,227% su quella a 6 mesi. In particolare, il grafico dell’Euribor 3 mesi dimostra che durante il 2010 gli scossoni maggiori sono avvenuti a seguito degli interventi di assorbimento della liquidità in eccesso (1° luglio e 30 settembre) decisi dalla Bce come strategia di uscita dalla situazione eccezionale di crisi:

La retromarcia dichiarata ora riguardo alle aste di rifinanziamento (supra) condiziona le contrattazioni degli operatori: a fine dicembre 2010, i tassi impliciti nei future Euribor 3 mesi sono al ribasso sul Liffe londinese (fra parentesi i corrispettivi al 19 novembre scorso):

Marzo 2011: 1,03% (1,25%)

Giugno 2011: 1,11% (1,375%)

Marzo 2012: 1,475%

Giugno 2012: 1,645% (1,875%)

Settembre 2014: 3,21%

Dicembre 2015: 3,685%

Dicembre 2016: 3,945%.

Nonostante il ritorno alle preferenze per i mutui a tasso fisso sulla casa manifestatesi negli ultimi tempi, i dati sui fixing Euribor ed Irs indicherebbero congiuntamente ulteriori possibilità di sfruttamento della rata a tasso variabile nelle prossime settimane.

(per le previsioni Euribor 3 mesi e Irs al 31 gennaio 2011 si legga http://www.questidenari.com/?p=3626)

Le previsioni Euribor su Eurex e Liffe. I tassi Irs dopo metà novembre

In un contesto economico non meno complesso di quello del mese passato (http://www.questidenari.com/?p=3061), la Bce, che a fine ottobre e per la terza volta consecutiva aveva rinunciato ad acquistare titoli di Stato, continua ad assorbire liquidità per le operazioni di restituzione delle banche: in tal modo l’istituto centrale procede a normalizzare la politica monetaria con la sua exit strategy.

Per avere idea di cosa stia accadendo ai flussi monetari nei circuiti interbancari, può essere indicativo il rapporto tra i 12 miliardi di euro collocati dalla Banca Centrale Europea (pagati dagli istituti di credito l’1%, costo base del denaro lasciato invariato da Trichet al pari degli altri tassi anche questo mese) ed i 36 miliardi restituiti giovedi 11 novembre dalle banche commerciali: i numeri evidenziano che queste ultime dispongono a sufficienza dei fondi in grado di esaudire la domanda dei loro richiedenti, e quindi non hanno particolare necessità di domandare soldi alla Bce o di prestarseli reciprocamente per lucrare sul prezzo (fonte: IlSole24Ore.com).

In altre parole, dopo i necessari movimenti di adeguamento l’Euribor non riceve rilevanti pressioni e da circa quindici giornate operative manifesta andamento piatto, con la scadenza 3 mesi (interessante per quel 60% di richiedenti mutuo che negli ultimi anni hanno preferito scegliere la soluzione della rata a tasso variabile per l’acquisto della propria casa http://www.questidenari.com/?tag=fondo-solidarieta-mutui) praticamente ferma a quota 1,040% dopo aver passato con indifferenza la soglia psicologica dell’1%, e con la scadenza semestrale giunta a 1,266% ai rispettivi fixing del venerdi 19 novembre.

La ripresa economica che procede a rilento in Eurolandia, di certo, non mette fretta al presidente dell’Eurotower per un rapido rialzo del tasso base fermo da molti mesi.

Coi gestori interpellati che già da tempo si sono dichiarati in forte dubbio su un intervento restrittivo di Trichet prima di metà 2011 (fonte: Morninstar.it), più che le aspettative di politica monetaria in questo momento sono le preoccupazioni sull’andamento del ciclo economico a spingere avanti nel tempo i rialzi dell’Euribor trimestrale atteso.

I tassi impliciti nei derivati contrattati sui mercati Liffe ed Eurex, rispetto alle previsioni dell’Euribor 3 mesi della prima decade di ottobre, parlano ancora il linguaggio della crescita graduale nel tempo, lontanissima dagli sbalzi del dopo Lehman Brothers, e manifestano ritocchi al rialzo molto limitati nel breve termine. Se invece si considerano valori oltre il 2011 – di nuovo confrontati con quelli di un mese e mezzo fa – i rialzi sulle scadenze di giugno 2012 e dicembre 2013 sono più consistenti (ma pur sempre limitati: circa +0,4% sul lungo termine contro +0,1% sul breve), verificandosi una evidente traslazione in avanti nel tempo delle attese degli operatori circa scenari macroeconomici caratterizzati da una ripresa più vigorosa. Nel dettaglio, l’Eurex propone al 19/11/2010:

–        Dic 10: 1,075% (1,065% a ottobre)

–        Mar 11: 1,235% (1,13% a ottobre)

–        Giu 11: 1,38%

–        Set 11: 1,485%

–        Giu 12: 1,84% (era 1,475% a ottobre)

–        Dic 12: 2,07%.

Il Liffe, sempre al 19/11/2010:

–        Dic 10: 1,07% (1,055% a ottobre)

–        Mar 11: 1,25% (1,125% a ottobre)

–        Giu 11: 1,375%

–        Dic 11: 1,65%

–        Giu 12: 1,875% (1,445% a ottobre)

–        Dic 13: 2,56% (2,085% a ottobre).

Tornando al quadro macro, tiene banco da giorni lo spauracchio del default sovrano per il debito preoccupante dell’Irlanda: le dichiarazioni del cancelliere tedesco Merkel, che vorrebbe far ricadere sugli investitori privati il peso di un futuro piano di salvataggio analogo a quello approntato per la Grecia, hanno provocato una corsa alla vendita dei titoli di Stato esistenti da parte degli operatori. Molto di questo trambusto – speculazione allo stato puro di Borsa ma pure mediatica che, a sua volta, incide sulle quotazioni – è determinato dal debito concesso ai privati e non sembra essere stemperato dai dati positivi del Pil irlandese la cui entità, fra l’altro, pesa molto poco in termini percentuali all’interno dell’Eurozona.

Dietro al malessere dei mercati sta una delle operazioni più semplici e redditizie messe in atto dalle banche negli ultimi anni: l’acquisizione di denaro a basso costo dalla Bce con cui comprare titoli dei Paesi membri ad alto rendimento – ovvero quelli con le finanze più traballanti – al fine di lucrare sullo scarto. Gioco facile, ma non privo di rischi.

Prima che si estendessero le vendite dai titoli governativi agli azionari, in particolare sulle piazze di Milano e Madrid dove la presenza dei bancari è più massiccia, l’effetto immediato si è registrato sui differenziali tra rendimenti dei Paesi periferici ed il benchmark dello Stato più virtuoso (Germania) giunti a toccare nuovi massimi – problemi anche per i Btp posizionati a metà classifica, poi di nuovo valorizzati da una discreta presenza di acquirenti all’asta del Tesoro ultima del 12 novembre (http://www.questidenari.com/?tag=btp). Maggiormente colpiti i titoli irlandesi (arrivati ad offrire martedi scorso il 5,82% in più dei Bund decennali di pari scadenza per attirare compratori), greci e portoghesi, non solo per l’allargamento dello spread ma pure per il prezzo dei Credit Default Swap schizzato verso l’alto, una sorta di assicurazione contro il rischio di fallimento dello Stato sovrano e termometro della salute del bilancio pubblico.

Il tutto con evidenti quanto inevitabili strascichi sulla moneta unica, prima del rialzo al sopraggiungere delle notizie sull’avvio delle trattative di aiuto all’Irlanda (Eur/Usd fissato a 1,36 al 19 novembre 2010). Il cambio altalenante, quando indebolisce il biglietto verde, incentiva l’acquisto delle materie prime fra cui spicca il petrolio, la scorsa settimana ai massimi dai due anni e alla luce degli ultimi fatti tornato poco sotto gli 82 dollari al barile di greggio, anch’esso degno protagonista della confusione generale.

In particolare sul cambio, giorni fa Trichet ha precisato che non è in atto – semplicemente perché non potrebbe esserlo! – una “guerra di valute”, essendo il cambio una conseguenza, in massima parte, delle politiche economiche adottate.

Il presidente Bce, appellandosi ai capisaldi della disciplina macro-economica in materia di relazioni internazionali, ha voluto riferirsi alla debolezza delle valute del dollaro e dell’euro, la prima come conseguenza di una politica monetaria ultra-espansiva di Bernanke adottata in un contesto in cui l’arma della politica fiscale è inceppata per via del parlamento di Obama, e la seconda come frutto dei bilanci dei Paesi membri europei non sempre in ordine – problema che, sia pur in minima parte, tocca persino la solida Germania. Correttamente, Trichet ritiene che le manovre sui tassi d’interesse disposte dalle banche centrali per portare il cavallo alla fonte (senza riuscire a farlo bere), e che influenzano prima i flussi internazionali di capitale e poi gli scambi commerciali import/export, nel tempo condizionano i tassi di cambio per questioni di mero equilibrio dei conti, e che pertanto una moneta debole non sia altro che la conseguenza di uno Stato debole.

In un simile contesto, effettuare previsioni sull’andamento di prezzo dei titoli di Stato, tra l’altro influenzato dai piani di acquisto programmati dalle banche centrali, è opera assai ardua che induce molti analisti ad un atteggiamento di prudente attesa; le aspettative degli operatori, al momento, non sono sufficienti a spiegare l’incontro dei volumi di domanda e offerta sui mercati.

Il concetto più vicino alla realtà, per quanto generico, è espresso da quel bisogno di sicurezza che continuerà ad essere individuato nelle emissioni dei Paesi ritenuti più affidabili e che appiattirà i rendimenti del Bund decennale, cui è collegato il tasso IRS, e dei governativi francesi e olandesi. Salvo poi assistere, come è avvenuto negli ultimi giorni, alle resistenze dei Bund a quota 2,70% contestualmente alla salita dei rendimenti dei periferici per vendite di massa, in attesa della parola definitiva sulla questione degli aiuti all’Irlanda. Nel frattempo, il future sull’Euro Bund-10 anni fa segnare ultimo prezzo 127,47 a dicembre e 127,31 a marzo sul mercato Eurex.

Alcuni analisti ritengono che l’eccessiva rapidità dei movimenti verso l’alto dei rendimenti sia destinata a sfociare in una correzione tecnica nei prossimi mesi.

I tassi EurIRS rilevati al 19 novembre, parametro di riferimento per il calcolo della rata di mutuo a tasso fisso, manifestano i seguenti valori

–        10 anni: 3,03% (2,63% a ottobre)

–        15 anni: 3,36% (2,93% a ottobre)

–        20 anni: 3,41% (3,03% a ottobre)

–        25 anni: 3,35% (2,98% a ottobre)

–        30 anni: 3,24% (2,87% a ottobre)

che ancora una volta hanno andamento decrescente superata la scadenza ventennale e segnalano incrementi generalizzati rispetto alle rilevazioni del mese scorso.

(le previsioni fino al 2016 sui tassi Euribor 3 mesi a gennaio 2011 sono alla pagina http://www.questidenari.com/?p=3544)

Previsioni Euribor a ottobre. L’Irs e le contraddizioni del sistema economico e finanziario

Non solo i più attenti, ma forse anche i distratti della finanza, si saranno accorti che la situazione economica e monetaria delle ultime settimane appare piuttosto contrastata, per non dire caotica.

La ripresa dell’economia europea, ma anche nord-americana con la Fed che acquista Treasure Bond contribuendo ad abbassarne i rendimenti, stenta più delle attese ed alimenta le paure della doppia recessione. Eppure gli acquisti di titoli azionari procedono a far salire l’indice MSCI della regione calcolato in euro, giunto quasi a +3,8% a settembre.

Così come continuano gli acquisti dei titoli di Stato nel vecchio continente, a denotare la crescita dell’avversione al rischio da parte degli operatori che massicciamente confermano le preferenze per i Bund tedeschi, senza però disdegnare i Paesi periferici. Sui quali PIIGS, tuttavia, si sono addensate ulteriori nuvole ai primi giorni d’autunno. Sempre gli operatori, almeno, avrebbero imparato a distinguere nettamente tra il rischio emittente di Italia e Spagna, da un lato, e Grecia, Portogallo e Irlanda dall’altro (fonte it.reuters.com).

Le aste Btp (http://www.questidenari.com/?tag=btp), difatti, raccolgono consensi diffusi, per quanto il premio di rischio richiesto si faccia sempre più alto e nel periodo tra inizio agosto e fine settembre il differenziale di rendimento coi Bund sulla scadenza decennale sia cresciuto di 45 basis points. Al riguardo, il gestore Pioneer tranquillizza tutti i detentori di debito governativo tricolore soffermandosi su quattro fattori: il giudizio stabile delle agenzie governative, il risparmio privato, la capacità del governo di collocare il debito e l’inesistenza di una bolla immobiliare (fonte Morningstar.it).

Qualche legittimo dubbio, però, potrebbe sorgere dalla valutazione dei prezzi dei contratti derivati Credit Default Swap a tutela del rischio insolvenza dell’Italia: in costante ascesa da inizio agosto, i CDS segnalano un debito sovrano molto alto rispetto al Prodotto Interno Lordo, piuttosto che preoccupazioni per il rapporto Deficit/PIL (fonte: Il Riformista del 29 settembre 2010).

La spiegazione della mole importante di acquisti sui mercati azionari ed obbligazionari, secondo il pensiero dominante fra gli economisti, andrebbe cercata nell’attuale condizione di liquidità eccessiva che circola tra le banche e che gonfia le quotazioni finanziarie senza riscontro in termini reali (fonte: IlSole24Ore.com).

L’uso dell’indice accusatore, puntato principalmente contro Trichet e la sua politica monetaria che ha lasciato invariati i tassi anche ad ottobre (costo del denaro all’1% dal maggio 2009, tasso marginale sulle operazioni di rifinanziamento all’1,75% e tasso sui depositi presso l’istituto centrale allo 0,25%), non risolve tuttavia la questione di fondo delle misure monetarie adottate di concerto con i responsabili delle politiche fiscali. Perché se l’obiettivo primo della Bce è rappresentato dal contenimento dell’inflazione, cosa che sta riuscendo, questo non autorizza i vertici dell’Eurotower a manovrare sui tassi in maniera incoscientemente rialzista col rischio di far esplodere i bilanci pubblici.

Le ultime parole di Trichet a margine della conferenza del 7 ottobre rafforzano il fronte di coloro che prospettano un allungamento dei tempi di completamento della exit strategy, iniziata a fine luglio e a tutt’oggi priva di una scadenza certa: pur ribadendo la politica di ritiro delle misure di sostegno al credito, il presidente ha confermato la necessità di fornire liquidità al sistema finanziario attraverso le operazioni non convenzionali.

In compenso, a dare una piccola scossa ai tassi Euribor hanno pensato le banche quando al 30 settembre, contestualmente alla restituzione di 225 miliardi di euro alla Bce, hanno rinnovato le scadenze P/T chiedendo in prestito fondi per soli 133 miliardi. La richiesta, inferiore alle attese, è stata giudicata positivamente nel senso dell’evoluzione verso la normalità dei mercati interbancari, per quanto non sarebbe proprio questo corrente il momento ideale per l’insorgere di un eventuale stato di difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese.

La liquidità rimane comunque abbondante e l’Euribor 3 mesi, a cui sono collegati molti mutui casa a tasso variabile, prosegue ad avvicinarsi senza fretta (increspature tecniche a parte) dai minimi di fine marzo (0,634%) al riferimento fissato dalla Banca Centrale Europea.

Dal grafico sotto indicato, che riporta l’andamento dell’Euribor trimestrale nei giorni operativi del 2010, si notano il punto di minimo di fine marzo (61) ed i momenti a partire dai quali lo stesso tasso ha manifestato variazioni in aumento per effetto della restituzione, dalle banche commerciali alla Bce, delle tranche di finanziamento del 1° luglio (131) e del 30 settembre (191), oltre che il livello attuale pari allo 0,972% del giorno 8 di ottobre.

La previsione dell’andamento dell’Euribor trimestrale, come riportata implicitamente nei derivati future scambiati tra operatori di mercato, appare coerente con il contenuto delle parole di Trichet improntate al cauto ottimismo: rispetto alle previsioni di inizio settembre, i tassi impliciti risultano ritoccati verso l’alto sulle scadenze più ravvicinate, ma pur sempre contenuti nei limiti della crescita graduale.

In particolare, sul mercato Eurex sono stati registrati alla data di venerdi 8 ottobre 2010 i seguenti valori

–        1,065% per dicembre 2010 (contro 0,935% di inizio settembre)

–        1,13% per marzo 2011 (contro 0,98% di inizio settembre)

–        1,475% per giugno 2012.

Sul mercato Liffe, alla stessa data 08/10/2010, le quotazioni dei future sull’Euribor 3 mesi restituiscono i seguenti tassi impliciti

–        1,055% per dicembre 2010 (contro 0,93% di inizio settembre)

–        1,125% per marzo 2011 (contro 1% di inizio settembre)

–        1,445% per giugno 2012

ed evidenziano il superamento della soglia 2%, esattamente 2,085%, soltanto per dicembre 2013 (quando invece, a inizio settembre scorso, la scadenza per il superamento della stessa soglia era fissata a settembre 2013).

Se poi l’analisi si estende a rivisitare le previsioni espresse dagli operatori di mercato esattamente un anno fa, quando lo stesso Euribor 3 mesi era atteso all’1,90% per dicembre 2010 e al 2,40% per giugno 2011, si comprende la sensibile revisione pessimistica delle aspettative di normalizzazione delle condizioni del sistema finanziario come sopra descritto.

Per quanto riguarda l’Irs, il parametro di riferimento per gli acquirenti casa che ricorrono ad un mutuo a tasso fisso, alcuni tra i più interessanti valori registrati alla data 8 ottobre 2010 segnalano rialzi generalizzati rispetto al fixing precedente e l’inversione di tendenza al superamento della scadenza ventennale:

–        2,63% a 10 anni

–        2,93% a 15 anni

–        3,03% a 20 anni (era al 3,93% esattamente un anno fa)

–        2,98% a 25 anni (in calo rispetto al 2,99% di inizio settembre)

–        2,87% a 30 anni (in calo rispetto al 2,91% di inizio settembre, ma anche rispetto al 3,84% di un anno fa).

Se lo scenario macro-economico dovesse essere confermato nel segno dell’incertezza per le settimane successive, vi sarebbero buone possibilità di vedere tassi prossimi ai livelli attuali in quanto correlati agli acquisti dei titoli governativi a lungo e lunghissimo termine, tradizionalmente considerati “sicuri”.

(per le previsioni Euribor e i tassi IRS del 19 novembre 2010 si legga http://www.questidenari.com/?p=3332)

Le previsioni Euribor e l’Eurirs a settembre 2010

Assodato che la vigorosa ripresa economica, decantata nel periodo pre-vacanziero, era principalmente una piacevole illusione alimentata dalla debolezza dell’Euro nei confronti delle principali valute http://www.questidenari.com/?p=2831 – constatazione che non sembra trovare spazio nelle cronache finanziarie di questi giorni – l’attuale condizione di salute del sistema economico del Vecchio Continente ha spinto Trichet e gli altri membri del consiglio direttivo Bce a rialzare le stime di crescita del Pil, con una flessione per la seconda metà del 2010.

L’effetto congiunto della crescita economica, moderata nelle attese e con tante incertezze, e della lieve revisione al rialzo delle previsioni inflazionistiche, “bussola” della politica monetaria Bce, comunque non ha modificato i tassi di riferimento, fermi ai consueti livelli: il costo base del denaro resta all’1%, il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali all’1,75%, ed il tasso che la stessa Bce riconosce alle banche commerciali sui depositi a breve termine rimane allo 0,25%.

La liquidità nel sistema economico continua a rimanere abbondante, e nulla lascia presagire cambiamenti drastici fino al termine del 2010, quando dovrebbe – ma il condizionale è d’obbligo – concludersi il ciclo delle aste straordinarie a tasso fisso ed importo illimitato accompagnate da tre aste di “fine tuning”, misure d’emergenza adottate per la crisi finanziaria (fonte: IlSole24Ore.com). Le prossime scadenze per le aste a 3 mesi, secondo calendario, sono state fissate al 28 ottobre, 25 novembre e 23 dicembre 2010.

E allora: se la ripresa economica non appare assumere il carattere della preannunciata solidità in Europa (né tantomeno oltre oceano dove Bernanke, che dieci giorni fa ha parlato di crescita dell’economia Usa più lenta del previsto, non sembra in procinto di obbligare Trichet alla contro-mossa sui tassi), se l’inflazione a breve termine non preoccupa e se le banche navigano il mare tranquillo della liquidità, cosa poteva succedere all’Euribor se non ingranare la retromarcia per tornare sui passi dei mesi precedenti?

In agosto il più noto tra i tassi interbancari, le cui diverse scadenze ruotano tutte attorno all’1% del tasso di rifinanziamento della Bce, ha iniziato a percorrere la via della discesa (persa dai minimi primaverili) col consueto passo lento, fino ad arrivare allo 0,883% di venerdi 3 settembre sulla scadenza trimestrale – quella più interessante per la restituzione del mutuo a tasso variabile.

Secondo le dichiarazioni rilasciate da un operatore, “i mercati finanziari hanno archiviato le speranze di una ripresa economica stabile” (fonte: IlSole24Ore.com). Concetto che si riflette sulle previsioni dell’Euribor sia sul mercato londinese dei derivati Liffe, sia sul tedesco Eurex.

Se al giorno venerdi 3 settembre sul Liffe il future sull’Euribor 3 mesi restituisce lo 0.93% per dicembre 2010, l’1% per marzo 2011, l’1.065% per giugno 2011 e l’1.125% per settembre 2011, bisognerà attendere fino al settembre 2013 per vedere il tasso superare quota 2%.

Alla stessa data del 3 settembre, le previsioni sull’Eurex confermano la crescita graduale nel tempo, nuovamente rivista al ribasso:

–        0,935% per dicembre 2010 (in calo rispetto all’1,075% del 6 agosto 2010)

–        0,98% per marzo 2011

–        1,07% per giugno 2011

–        1,08% per settembre 2011.

Marcia indietro anche per l’Eurirs, che oggi più che mai consente di affidarsi al mutuo a tasso fisso – apprezzatissimo  per le scadenze pari o superiori ai 20 anni dagli Italiani che comprano casa – per arrivare a spuntare indici di costo complessivo attorno al 4%.

Complice la ricerca ossessiva del “porto sicuro”, e nonostante il rispetto dei paletti fissati gradualmente per il risanamento del bilancio della Grecia che ha permesso di sbloccare dopo metà agosto la seconda tranche degli aiuti monetari dalla Ue, i richiedenti titoli di debito pubblico hanno orientato con forza le loro preferenze sui Bund a discapito dei Paesi periferici: tra i più colpiti l’Irlanda (che questo mese deve restituire euro 2,5 Mld di bond bancari, ma che non può spaventare per l’incidenza limitata del Pil sull’Eurozona), la Spagna, il Portogallo e soprattutto la Grecia, col premio di rischio più alto. Con la conseguenza per i titoli tedeschi che i prezzi sono schizzati e i rendimenti hanno seguito la direzione opposta, mandando il decennale al minimo storico. L’Italia, al solito senza infamia e senza lode, si è segnalata piuttosto per aver attirato sui Btp sempre più investitori istituzionali e sempre meno risparmiatori.

In questo modo l’Eurirs, collegato al rendimento del Bund, ha visto appiattire i valori su tutte le scadenze, per poi riprendersi a inizio settembre: in particolare, al 03/09/2010, i tassi sono al 2.99% a 25 anni e al 2.91% a 30 anni, col paradosso – inspiegabile per gli analisti – del tasso inversamente proporzionale al tempo.

(per le previsioni Euribor 3 mesi di ottobre 2010 e le scadenze Irs si legga: http://www.questidenari.com/?p=3061)