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Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: abitazione, rate di mutuo e canone di locazione, immobili esclusi

(continua da “Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: famiglia fiscale, reddito complessivo accertabile e familiari fiscalmente a carico”)

Tra le più rilevanti macro categorie di spese individuate dalla Tabella A allegata al decreto vi è l’”Abitazione”.

Posto che il contribuente dispone di almeno un’abitazione nel luogo in cui risiede, da solo o con la sua famiglia, l’individuazione dell’abitazione comporta il possesso della stessa a titolo di proprietà (o altro diritto reale – es. usufrutto), in locazione o leasing immobiliare, in uso gratuito. Se non viene individuata alcuna fra le tre tipologie di possesso, nemmeno per i componenti del nucleo familiare, allora al contribuente viene attribuita la spesa per il c.d. “fitto figurativo”.

Nella ricostruzione sintetica del reddito sono computate le rate di mutuo effettivamente pagate nell’anno (derivanti da quote capitale e quote interessi) compresi ulteriori oneri connessi ed eventuali interessi moratori.

Per le abitazioni detenute in locazione, rileva la spesa sostenuta per il relativo canone “rapportato alla durata ed al numero delle coparti che intervengono nel contratto, oggetto di registrazione, nel ruolo di locatari (aventi causa)”.

In caso di contratto di leasing immobiliare, gli immobili in leasing vengono trattati come immobili in locazione.

Alle suddette “spese certe”, connesse al possesso di fabbricati ad uso abitativo, devono essere aggiunte le spese “gestionali” connesse al relativo godimento.

Dopo aver sottolineato che il nuovo strumento considera tutte le abitazioni nella disponibilità del contribuente a qualsiasi titolo, comprese quelle all’estero, la Circolare richiama l’art. 2, 2°, del decreto per escludere tutte le categorie di immobili che per loro natura sono destinate ad uso strumentale (uffici, negozi, magazzini, opifici etc.) e le unità immobiliari che hanno carattere di pertinenza (box, cantine, soffitte, etc.), anche se individuate separatamente dall’immobile.

Infine, con riferimento ad abitazioni per le quali si beneficia della sola nuda proprietà o vi sia un diritto d’uso esclusivo da parte di soggetto terzo (es. diritto di abitazione del coniuge superstite), o per abitazioni che siano state locate o concesse in uso gratuito a familiare non a carico con trasferimento di residenza, non rilevano le relative spese “gestionali”.

La Circolare n. 24/E illustra le modalità di calcolo per le spese relative a “acqua e condominio e manutenzione ordinaria”, “elettrodomestici e arredi e altri beni e servizi per la casa”, “combustibile ed energia per le comunicazioni”, “intermediazione immobiliare” e “collaboratori domestici”.

(continua “Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: auto e moto, giochi ed investimenti“)

Conto corrente e libretti di risparmio: imposta di bollo secondo il D.M. 24 maggio 2012 e tassazione delle rendite

(continua da “Conto deposito, titoli, buoni postali, fondi comuni e polizze vita: imposta di bollo secondo il D.M. 24 maggio 2012 e tassazione delle rendite”)

Anziché in misura proporzionale come previsto per i prodotti finanziari, per il conto corrente e per i libretti di risparmio presso banche e Poste italiane il bollo è stato stabilito nella misura fissa su base annua di euro 34,20, con esenzione (per le persone fisiche) nei casi in cui la giacenza media annua risultante da estratti conto e rendiconti non abbia superato 5 mila euro (D.M. 24 maggio 2012, art. 2, 4° comma). Le relative rendite finanziarie, invece, sono colpite da aliquota impositiva al 20%.

Il beneficio di una tassazione fissa potenzialmente limitata rispetto a quella dei prodotti finanziari (per consistenze patrimoniali superiori a 34.200 euro nel 2012), aggiunto al vantaggio della riduzione dell’aliquota sulle rendite finanziarie che ha subito un abbattimento col D.L. 138/2011 (dalla precedente al 27%), viene mitigato dall’applicazione dell’imposta di bollo per ciascun rapporto aperto presso la banca dal medesimo intestatario ovvero per ciascun libretto identicamente intestato (art. 2, 2°).

Di conseguenza (secondo periodo del 4° comma, art. 2) beneficia dell’esenzione l’intestatario che, nel corso del periodo rendicontato, possiede conti e libretti presso lo stesso intermediario con giacenza media complessiva inferiore o uguale a 5.000 euro.

Viceversa se presso la stessa banca una medesima persona fisica intrattiene diversi rapporti di conto corrente, e/o libretto di risparmio, pagherà il bollo per ogni rapporto e/o libretto – ivi inclusi quelli di importo inferiore a 5.000 euro – se la somma dei saldi medi contabili durante il periodo rendicontato supera la soglia di esenzione.

Sono esclusi dall’applicazione dell’imposta (art. 2, 6°) i conti correnti con valore della giacenza media negativo che, anche nel caso del computo complessivo dei saldi periodali, non obbligano al versamento del bollo.

Analogamente all’imposizione sui prodotti, l’imposta è rapportata al periodo rendicontato se gli estratti conto vengono inviati periodicamente nel corso dell’anno “ovvero in caso di estinzione o di apertura dei rapporti in corso d’anno” (art. 2, 3°).

(continua “Circolare n. 48/E del 21 dicembre 2012: esempi di imposta di bollo su conto corrente e libretto, su deposito titoli e gestione patrimoniale, su buoni fruttiferi postali“)

Operazione frazionata, dilazione di pagamento e fattura

L’aggiramento del limite di euro 999,99 al trasferimento di contante fra soggetti diversi, operato attraverso il frazionamento della somma inerente la stessa operazione economica in tante parti in modo che ciascuna sia di importo inferiore alla soglia indicata, non è consentito dalla legge.

L’attività in questione, difatti, sarebbe considerata elusiva delle norme stabilite a contrasto del fenomeno di riciclaggio del denaro sporco (in materia di libretti di deposito, si legga “Libretto al portatore sopra i 1.000 euro: adeguamento del saldo, trasformazione in libretto nominativo o estinzione entro il 31 marzo 2012”).

Tuttavia, se l’operazione di frazionamento è prevista dalla natura dell’operazione (es. contratto di somministrazione) ovvero deriva da un preventivo accordo tra le parti e per ogni singolo pagamento viene conservata disposizione scritta dei contraenti circa la corresponsione e l’accettazione del versamento, la condotta in oggetto non configura azione illecita.

D.Lgs. 231/2007, art. 49, 2°: “Il trasferimento per contanti per il tramite dei soggetti di cui al comma 1 deve essere effettuato mediante disposizione accettata per iscritto dagli stessi, previa consegna ai medesimi della somma in contanti. A decorrere dal terzo giorno lavorativo successivo a quello dell’accettazione, il beneficiario ha diritto di ottenere il pagamento nella provincia del proprio domicilio.

Sul punto è intervenuta la nota interpretativa prot. 65633 del 12 giugno 2008 con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito (nella formulazione del vecchio limite di euro 5mila):

– in particolare, nel caso di più trasferimenti singolarmente di importo inferiore a 5.000 euro, ma complessivamente di ammontare superiore, sfuggono al divieto, perché tra loro non cumulabili, quelli relativi a distinte ed autonome operazioni, ovvero alla medesima operazione, quando il frazionamento è connaturato all’operazione stessa (ad es. contratto di somministrazione) oppure è la conseguenza di preventivo accordo tra le parti (ad es. pagamento rateale);

– rientra, comunque, nel potere discrezionale dell’Amministrazione valutare caso per caso, se il frazionamento sia stato invece realizzato con lo specifico scopo di eludere il divieto imposto dalla disposizione.

Pertanto, in caso il pagamento di una fattura venisse concordato attraverso la corresponsione di diversi importi (dilazione di pagamento) versati in denaro contante, ciascuno inferiore a 1.000 euro, deve rimanere prova scritta sia dell’accordo iniziale che dei successivi trasferimenti in denaro.

In ultimo, è bene rammentare il contenuto del 2° comma, alla lettera m), dell’art. 1 del D.Lgs. 231/07 che circoscrive l’attività elusiva nell’arco temporale di 7 giorni durante i quali vengono effettuati i pagamenti frazionati in corrispondenza delle singole operazioni costituenti l’operazione “unitaria” sotto l’aspetto economico.

m) “operazione  frazionata”: un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo  di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale

Conseguentemente, i pagamenti frazionati eseguiti per più di sette giorni consecutivi non sono riferibili alla stessa operazione, ovvero non configurano una condotta illecita. Tuttavia, con la previsione normativa che lascia margini di valutazione in ordine all’esistenza di elementi riconducibili all’operazione frazionata, si è inteso perseguire anche coloro che abbiano posto in essere un comportamento finalizzato all’elusione, fatta salva la possibilità per il soggetto di dimostrare la propria condotta conforme alla legge.

(continua “Fattura pagata in contanti, prelevamento o versamento pari o superiore a 1.000 euro e operazione sospetta“)

Conto deposito: garanzie sulle somme e imposta di bollo

Dopo aver valutato le novità fiscali delle manovre di luglio e agosto, la volatilità elevata dei mercati, e preso atto che tra i risparmiatori si fa sempre più labile il (falso) concetto di rischio-zero, le banche hanno reagito da diverse settimane indicando alla clientela soluzioni finanziarie caratterizzate da un basso grado di costo, rischio e complessità. Sulla proposta del conto deposito, in particolare, è in atto una forte concorrenza giocata sul filo dello zero virgola in termini di maggiorazione percentuale di rendimento offerto da un istituto rispetto ai competitors.

E’ bene chiarire che se l’acquisto di un titolo di Stato espone al rischio di default del Paese emittente, l’accensione di un conto deposito espone al rischio di fallimento della banca. Nella peggiore ipotesi, a ristoro delle eventuali perdite di denaro del correntista, giungerebbe in soccorso il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) a cui devono aderire tutte le banche italiane e le filiali italiane di banche extracomunitarie (alle filiali di banche comunitarie, invece, è lasciata la possibilità di aderire volontariamente al FITD).

La garanzia prestata a favore del depositante, per ogni intestatario del conto a prescindere dal numero di conti posseduti e per ogni banca indipendentemente dall’esistenza di una pluralità di istituti presso i quali siano accesi diversi rapporti, arriva fino alla somma di 100.000 euro per effetto del Decreto Legislativo 24 marzo 2011, n. 49, di recepimento della Direttiva 2009/14/CE nell’ordinamento italiano. Se ad esempio il correntista possiede presso la banca A un conto con saldo pari a 90mila euro ed un conto cointestato con saldo 30mila euro, per complessivi (90 + 30:2) 105mila euro, e possiede presso la banca B un conto con saldo pari a 110mila euro, la garanzia a suo favore sarà pari ad euro 100mila presso la banca A ed euro 100mila presso la banca B. Ovviamente, se lo stesso correntista fosse titolare soltanto del primo conto per euro 90mila, a tale cifra corrisponderebbe il limite della relativa copertura.

Un punto di forza del conto deposito, al momento, è rappresentato dall’assolvimento dell’imposta di bollo che alcune banche hanno scelto di offrire alla nuova clientela: il sollevamento dai relativi oneri, in tal modo accollati in capo all’intermediario, si aggiungerebbe all’agevolazione della tassazione sugli interessi che scenderà dal 27% al 20% a partire dal 1° gennaio 2012.

Precisamente, il conto deposito non è colpito dall’imposta di bollo per (almeno) euro 34,20, attinente alla comunicazione periodica del deposito titoli e all’estratto conto inviato da banche e Poste, ma è soggetto all’imposta di

–        euro 14,62 per ogni contratto, indipendentemente dal numero degli esemplari o copie, come stabilito dalla nota 2-bis all’art. 2 della Tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, che regolamenta la disciplina degli atti soggetti ad imposta fin dall’origine, ed

–        euro 1,81 per ogni estratto conto generico e documento relativo ad operazioni di accredito o di addebito, quando la somma supera 77,47 euro, come stabilito dall’art. 13, comma 2, della stessa Tariffa.

In merito ad entrambe le tipologie di imposta di bollo, infine, è utile ricordare che detti oneri non sono dovuti se le movimentazioni del conto deposito vengono effettuate come contropartita del conto corrente di appoggio, presso la stessa banca e per lo stesso titolare: il bollo sul conto di corrispondenza, infatti, rappresenta un’imposta sostitutiva di quella dovuta per gli altri atti e documenti inerenti a rapporti regolati mediante lo stesso conto. Come ricorda anche la Risoluzione n. 160/E dell’Agenzia delle Entrate dell’11 novembre 2005:

….. il legislatore ha concentrato il prelievo dell’imposta di bollo sullo specifico documento bancario che è l’estratto del conto corrente di corrispondenza (articolo 13, comma 2-bis), esentando, nel contempo, tutti gli altri documenti, richiamati nella nota 3-ter, purché relativi a rapporti regolati mediante il menzionato conto corrente. Sono esenti, in particolare, in quanto regolati su conto corrente bancario:

–        i contratti relativi alle operazioni bancarie e finanziarie e i contratti di credito al consumo (art. 2, nota 2-bis tariffa parte prima);

–        gli assegni (art. 9 tariffa parte prima);

–        le quietanze, le note, i conti e le fatture (art. 13, comma 1 della tariffa parte prima);

–        documenti di addebitamento/accreditamento e gli estratti conto (art. 13, comma 2 della tariffa parte prima);

–        le ricevute (art. 14 tariffa parte prima);

–        in generale, tutti i documenti che afferiscono il rapporto di conto corrente.

(per le novità relative all’imposta di bollo a partire dal 1° gennaio 2012 si legga “Bollo su conto corrente bancario e postale, su deposito titoli, buoni fruttiferi postali e fondi comuni d’investimento per il decreto-legge n. 201 del 2011 convertito in legge (art. 19, commi 1-3)”)

D.L. 138/2011 convertito con L. 148/2011: tassazione delle plusvalenze latenti al 31 dicembre per le azioni e delle rendite di fondi comuni e polizze vita che includono titoli di Stato

(continua da http://www.questidenari.com/?p=5361)

I commi 29, 30 e 31 dell’art. 2 del decreto-legge 138/2011, convertito con la legge 148/2011, contengono disposizioni che offrono la possibilità dell’affrancamento ai possessori di strumenti finanziari e prodotti d’investimento.

Con riferimento a tutti gli strumenti finanziari in deposito, i detentori di azioni ed altri titoli che operano nel regime dichiarativo o del risparmio amministrato, anziché lasciare accumulare le (eventuali) plusvalenze poi tassate con l’aliquota unica del 20% al momento della cessione (criterio del realizzo), possono provvedere al versamento dell’imposta sostitutiva nella misura del 12,5% sulle stesse plusvalenze maturate sino al 31 dicembre 2011; contestualmente, gli stessi risparmiatori consentono l’aggiornamento del valore dei titoli in modo che maturino (eventuali) plusvalenze residue nell’anno 2012 da assoggettare all’aliquota del 20%. Ad esempio: se un titolo viene acquistato al prezzo di 100 e vale 120 al 31/12/2011, e poi il titolo è valorizzato 130 al momento del realizzo nel 2012, con l’affrancamento (allineamento) è consentita per il 2011 l’applicazione dell’aliquota del 12,5% sulla plusvalenza pari a 20 = 120-100, e l’applicazione dell’aliquota del 20% sulla plusvalenza pari a 10 = 130-120 nell’anno 2012.

Inoltre, al 31/12/2011, il contribuente può portare le minusvalenze, nella misura del 62,5% del loro ammontare, in deduzione dalle (eventuali) plusvalenze future (comma 28).

Le operazioni di allineamento e deduzione delle minusvalenze (comma 32) sono previste dall’art. 2 anche per i fondi comuni d’investimento.

In merito alla tassazione dei titoli di Stato italiani ed esteri (elencati nella White List), invariata al 12,5% anche per l’anno prossimo, sono attesi i chiarimenti di un decreto attuativo di prossima emanazione nel caso in cui detti strumenti del mercato monetario ed obbligazionario, in misura mutevole nel tempo, siano inglobati all’interno di Exchange Traded Fund, all’interno di gestioni collettive o individuali del risparmio (fondi comuni d’investimento e gestioni patrimoniali) o di polizze assicurative (che includono gestioni separate per le polizze vita e fondi comuni per le polizze unit linked). I futuri chiarimenti del Ministero dell’Economia, probabilmente, riguarderanno la predisposizione di un algoritmo di calcolo per la determinazione forfetaria dei redditi da assoggettare alle diverse aliquote, dato che le rendite finanziarie dei prodotti d’investimento sopra elencati, in base al D.L. 138, saranno colpite al 20%.

In ultimo, anche la tassazione delle rendite relative ai piani di risparmio a lungo termine passa per un futuro decreto del Ministero che dovrà stabilirne le caratteristiche per la corretta identificazione, finanziaria o assicurativa, e per l’applicazione della corrispondente aliquota (11% o altro).

DECRETO-LEGGE 138 del 2011 convertito con la LEGGE 148 del 2011: tassazione delle rendite finanziarie (art. 2, commi 6-12 e 27)

Il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge con le modificazioni della legge 14 settembre 2011, n. 148, ha armonizzato l’imposizione fiscale delle rendite finanziarie, con decorrenza 1° gennaio 2012, uniformando al 20% la tassazione di tutti i redditi rivenienti dal possesso di conto corrente, conto deposito vincolato, pronti contro termine, titoli azionari e obbligazionari, fondi comuni d’investimento, polizze vita etc, con esclusione di alcune forme di investimento fra cui i titoli di Stato italiani ed esteri, sempre tassati al 12,5%, ed i buoni postali di risparmio.

Con riferimento ai redditi di capitale (es. interessi derivanti da depositi e conti correnti, interessi e altri proventi delle obbligazioni, proventi derivanti da pronti contro termine su titoli, redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di una pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti) e ai redditi diversi (es. plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni), l’art. 2 del D.L. 138 stabilisce nella misura del 20% le ritenute e le imposte sostitutive (6° comma). Sono esclusi:

–        i redditi di capitale ed i redditi diversi derivanti dal possesso di buoni postali di risparmio e titoli del debito pubblico italiani e dei Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni (7°, lettere a) e b)), ed i redditi di capitale e diversi derivanti dall’apposita istituzione di piani di risparmio a lungo termine (7°, lettera d));

–        il risultato netto maturato dalle forme di previdenza complementare (8°).

Art. 2 – Disposizioni in materia di entrate

(omissis)

6. Le ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo decreto, ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 20 per cento.

7. La disposizione di cui al comma 6 non si applica sugli interessi, premi e ogni altro provento di  cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), ovvero sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria del medesimo decreto nei seguenti casi:

a) obbligazioni e altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre 1973, n. 601 ed equiparati;

b) obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, comma 1, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;

c) titoli di risparmio per l’economia meridionale di cui all’articolo 8, comma 4 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106;

d) piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti.

8. La disposizione di cui al comma 6 non si applica altresì agli interessi di cui al comma 8-bis dell’articolo 26-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, agli utili di cui all’articolo 27, comma 3-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, al risultato netto maturato delle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.

La nuova aliquota viene applicata sui redditi di capitale esigibili e sui redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012 (art. 2, 9°).

L’aliquota unica del 20% vigente al momento dell’esigibilità o del realizzo è applicata per cedole e plusvalenze derivanti dalla cessione di obbligazioni, per dividendi e capital gain (10° comma) derivanti dalla vendita di azioni, per proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni d’investimento ed Exchange Traded Fund.

Per altre tipologie di investimento soggette a regime transitorio, tra cui

–        obbligazioni e titoli similari (11° comma) emessi da banche e società (c.d. grandi emittenti) con azioni quotate sui mercati regolamentati Ue (es. obbligazioni bancarie, bond privati italiani ed esteri quotati),

–        gestioni patrimoniali (12° comma) e

–        polizze vita di tipo unit linked e index linked,

trova applicazione il criterio pro-rata temporis che associa il periodo di formazione del risultato alla corrispondente aliquota: aliquota vigente (12,5%, ovvero 27% per i bond privati con durata residua inferiore a 18 mesi) per i redditi maturati fino al 31/12/2011, nuova aliquota (20%) per i redditi maturati dal 1° gennaio 2012.

9. La misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012.

10. Per i dividendi e proventi ad essi assimilati la misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica a quelli percepiti dal 1° gennaio 2012.

11. Per le obbligazioni e i titoli similari di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, la misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 maturati a partire dal 1° gennaio 2012.

12. Per le gestioni individuali di portafoglio di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, la misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica sui risultati maturati a partire dal 1° gennaio 2012.

L’art. 2 del D.L. 138, al comma 27, disciplina la tassazione dei redditi relativi ai contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione imponendo l’applicazione dell’aliquota del 12,5% sui guadagni derivanti da ciascun premio versato anteriormente alla data del 31/12/2011, a partire dal giorno di sottoscrizione della polizza.

27. Ai redditi di cui all’articolo 44, comma 1, lettera  g-quater), del testo unico delle imposte sui  redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti da contratti sottoscritti fino al 31 dicembre 2011, si applica l’aliquota del 12,5 per cento sulla parte di redditi riferita al periodo intercorrente tra la data di sottoscrizione o acquisto della polizza ed il 31 dicembre 2011. Ai fini della determinazione dei redditi di cui al precedente periodo si tiene conto dell’ammontare dei premi versati a ogni data di pagamento dei premi medesimi e del tempo intercorso tra pagamento dei premi e corresponsione dei proventi, secondo le disposizioni stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Se non si pongono dubbi per il trattamento degli interessi che, prodotti dalle somme depositate su conto corrente, maturano nell’anno 2011 e sono liquidati al 31 dicembre di questo stesso anno, né per il trattamento delle somme derivanti dallo scarto di prezzo dei pronti contro termine, citate espressamente dalla norma che prevede l’applicazione dell’aliquota unica in base al momento del pagamento senza considerare il periodo di maturazione, sembra potersi desumere che l’aliquota del 20% sarà applicata col principio dell’esigibilità anche per gli interessi derivanti dalle somme vincolate quest’anno su conto deposito e che andranno in scadenza nel 2012.

(continua http://www.questidenari.com/?p=5433)

(per l’imposta di bollo sul conto deposito si legga http://www.questidenari.com/?p=5636)

(sulla decorrenza per l’applicazione della nuova aliquota 20% stabilita dal Milleproroghe 2011 si veda “Decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216: decorrenza per l’applicazione dell’aliquota 20% su deposito bancario e postale, conto corrente e pronti contro termine secondo il Milleproroghe 2011”)

(per l’applicazione dell’imposta di bollo sui prodotti finanziari: “Conto deposito, titoli, buoni postali, fondi comuni e polizze vita: imposta di bollo secondo il D.M. 24 maggio 2012 e tassazione delle rendite“)