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Legge 15 luglio 2011, n. 111: reclamo e mediazione fiscale

Per le liti fiscali pendenti al 1° maggio 2011 di valore non superiore a 20.000 euro, al netto di sanzioni e interessi, chi intende proporre ricorso è obbligato a presentare reclamo alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto. Il reclamo, finalizzato all’annullamento totale o parziale della lite ad eccezione della circostanza del recupero degli aiuti di Stato, può contenere una proposta di mediazione che indichi la rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

Il punto 9 dell’art. 39 (Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria) del Decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, comprendente le modifiche apportate dalla legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111, stabilisce che dopo l’articolo 17 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, venga inserito l’art. 17-bis (Il reclamo e la mediazione).

Il comma 8 dell’art. 17-bis afferma che qualora l’organo destinatario non accogliesse il reclamo finalizzato all’annullamento totale o parziale dell’atto, né l’eventuale proposta di mediazione, procederebbe a formulare una (contro)proposta di mediazione.

Decorsi 90 giorni in assenza di notifica dell’accoglimento del reclamo o di conclusione della mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso. I termini di cui agli artt. 22 e 23 decorrono dalla predetta data, ovvero dal ricevimento del diniego se l’Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, o ancora dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale in caso di accoglimento parziale del reclamo. Le precedenti disposizioni si applicano agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012.

La parte soccombente nella controversia è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50% delle spese di giudizio a titolo di rimborso spese del procedimento.

Le liti fiscali possono essere definite con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’art. 16 (Chiusura delle liti fiscali pendenti) della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che al 1° comma distingue tra la lite di valore non superiore a 2.000 euro, per la definizione della quale il contribuente versa 150 euro, e la lite di valore superiore a 2.000 euro, per la definizione della quale il contribuente versa il:

–        10% del valore della lite, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio;

–        50% del valore della lite, in caso di soccombenza del contribuente nell’ultima o unica pronuncia come sopra;

–        30% del valore della lite nel caso in cui la lite penda ancora nel primo grado di giudizio e non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio.

Ulteriori approfondimenti dallo stralcio dell’art. 39 (in formato doc).

(per l’estinzione dei processi in materia previdenziale nei quali sia parte l’Inps, e per scaricare la G.U. 164 con la Legge 15 luglio 2011, n. 111, si legga http://www.questidenari.com/?p=4721)

Leasing – definizioni: leasing di godimento, traslativo, finanziario e operativo

Il contratto di locazione finanziaria è atipico, perché presenta sia le caratteristiche del contratto di vendita con patto di riservato dominio che quelle del contratto di affitto, e non risulta disciplinato dall’ordinamento civilistico; la norma fiscale regolamenta la sola deducibilità dei canoni.

Il principio contabile OIC n° 1 definisce le operazioni di leasing finanziario come quelle rappresentate dai contratti di locazione di beni materiali o immateriali acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta e indicazione del conduttore che ne assume tutti i rischi e con facoltà (per quest’ultimo) di divenire proprietario dei beni al termine della locazione dietro versamento del prezzo di riscatto.

L’Appendice 2 dell’OIC n° 12 del gennaio 1994 (revisionato nel maggio 2005) riporta: con un’operazione di locazione (leasing) il concedente (locatore o lessor) concede ad un utilizzatore (locatario o lessee) l’uso di un bene (materiale mobile o immobile, oppure immateriale come un software) per un certo periodo di tempo a fronte del pagamento di un corrispettivo periodico (canone); detto bene viene acquistato o fatto costruire dal locatore su indicazione del conduttore che se ne assume tutti i rischi e conserva facoltà di diventare proprietario dello stesso bene al termine della locazione, dietro pagamento di un prezzo stabilito (esercizio dell’opzione di riscatto prevista contrattualmente).

L’art. 2427 del codice civile, al n° 22, stabilisce che devono essere descritte nella Nota Integrativa “le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto ….. ”, e pertanto indica la presenza formale nel contratto dell’opzione finale di acquisto ai fini dell’applicazione degli obblighi informativi del locatario dei beni in leasing.

Il principio contabile internazionale IAS n° 17, invece, definisce leasing finanziario la locazione per la quale vengono trasferiti in capo all’utilizzatore tutti i rischi ed i benefici collegati alla proprietà del bene, essendo possibile o meno il trasferimento della proprietà del bene per lo stesso utilizzatore al termine del periodo di locazione; lo stesso IAS definisce leasing operativo quel contratto di locazione diverso dal finanziario (per il quale, in altri termini, il titolare cede l’uso del bene al conduttore dietro pagamento di un canone di affitto).

Diversamente dallo IAS 17, sia la Legge n. 183 del 2 maggio 1976 (art. 17, 2°) che la Circolare Banca d’Italia n. 217 del 5 agosto 1996 (aggiornata al 30 gennaio 2004), nonché la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 175/E del 12 agosto 2003 identificano la locazione finanziaria in base alla presenza dell’opzione finale di acquisto del bene.

E ancora, piuttosto che dal contenuto sostanziale dell’operazione come prescrive lo IAS, dalla forma contrattuale il Supremo Collegio – con sentenze varie fra cui la n. 18229 del 28 novembre 2003 (Cass. Civile) – ha distinto il leasing traslativo (dal leasing di godimento) sulla base della volontà delle parti, trasfusa nelle clausole contrattuali, finalizzata a realizzare un’adeguata (o meno) remunerazione del capitale investito attraverso il pagamento dei canoni pattuiti e con la previsione di un prezzo di riscatto inferiore (o adeguato) al valore del bene oggetto di cessione finale.

(continua http://www.questidenari.com/?p=3389)

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