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I colori dell’Argentario nel pomeriggio del Palio Marinaro 2010

Difficilmente accessibili, a volte raggiungibili solo per mare, selvagge e taglienti come i loro scogli, alcune spiagge dell’Argentario sono meta di un turismo ricercato, lontano dai canoni della balneazione di massa.

Gli spostamenti in auto sono obbligati lungo strade sterrate attorno ai costoni e strette sul dirupo, dove si avverte la potenza e la pericolosità della natura per lunghi tratti incontaminata del luogo. Azzardi che non hanno impedito all’uomo di rimanere affascinato per tanti secoli: il Monte deve il suo nome all’attività di prestito di denaro esercitata dai membri di una famiglia dell’antica Roma – detti “Argentarii” – che entrarono in possesso dell’intero promontorio, così compensati per aver contribuito a finanziare la Seconda Guerra Punica (http://www.questidenari.com/?p=654).

Quando si giunge a destinazione, il pomeriggio luminoso di ferragosto vola via intenso, riempito dai tentativi dei bagnanti di scattare suggestive foto subacquee e scandito dall’invio di Mms ironici agli amici che non hanno voluto unirsi per un’escursione emozionante ed insolita.

Tra movimenti incerti e creme solari, gli scivoloni sulle pietre melmose non scoraggiano giovani di ogni età attirati dai riflessi verdi e azzurri di un mare limpido e freddo, popolato da numerosi branchi di pesci.

Instancabile e quasi indifferente alla presenza dell’uomo, la fauna ittica è impegnata nella sempiterna ricerca di cibo, mentre in acque poco distanti la forza e la fatica di quattro vogatori, rievocativa della vita di naviganti e pescatori locali, sta avvicinando il sessantanovesimo Palio Marinaro al Rione Pilarella.

Dopo essersi radunato allo Stadio di Turchese per gridare il proprio incitamento ai guzzi, il popolo marinaro libera la gioia nella Piazza dei Rioni di Porto Santo Stefano, confuso tra i sorrisi di ragazzi mascherati che sbeffeggiano i rivali e l’agitazione di fanciulle sensuali che, scalze, si spostano veloci stringendo in mano i loro tacchi argentati.

Quando il corteo festante e chiassoso si allontana dalla piazza, qualcuno piange tra i vicoli del Croce.

E’ buio, i locali per cenare iniziano ad animarsi. Il mare torna a far paura, profondo e solitario.

Cappella e Archivio Storico del Monte di Pietà di Roma

La facoltà concessa ai banchieri privati di effettuare prestiti (http://www.questidenari.com/?p=654) determinò il diffondersi dell’usura, fenomeno che oppresse la popolazione costretta a pagare tassi d’interesse elevati.

In sostegno delle classi più umili, nel 1539 venne fondato il Monte di Pietà di Roma allo scopo di effettuare prestiti in denaro, concessi a fronte del pegno di oggetti: gli interessi da corrispondere furono inizialmente stabiliti nella misura del 5% a titolo di rimborso per le spese di gestione, poi ridotti al 3%, quindi si arrivò a stabilire la gratuità dell’erogazione relativa a prestiti su pegno fino all’importo massimo di 10 scudi, ed infine si innalzò detto importo al valore di 30 scudi.

Nel corso del ‘700 il Monte di Pietà giunse a rafforzare il proprio ruolo di istituzione finanziaria sino ad effettuare la gestione della Zecca (http://www.questidenari.com/?p=1031) dello Stato Pontificio, ma la successiva annessione al Regno d’Italia ne segnò la fine dell’esercizio delle attività di raccolta e gestione dei depositi.

Quello che oggi possiamo apprezzare di questa storico Istituto è racchiuso nella Cappella del Monte di Pietà, capolavoro del Barocco romano, e nell’attiguo Archivio Storico che l’Associazione Bancaria Italiana ha consentito di visitare durante la manifestazione “Invito a Palazzo” dello scorso sabato 3 ottobre 2009.

La Carità di Giuseppe Mazzuoli - Cappella del Monte di Pietà di RomaLa Cappella ci appare di folgorante bellezza per il luccichio dei rivestimenti completamente realizzati in marmo di diversa provenienza geografica – tunisina e asiatica – e caratterizzati dai colori rosso, verde e giallo, essendo quest’ultimo il marmo “da riuso”.

La policromia è completata dal bianco del marmo di Carrara con cui vennero create le 5 statue: ordinatamente, indicano la Fede e la Speranza che conducono alla Carità (rappresentata da una donna che allatta un bimbo e ne sorregge un altro, mentre un terzo si attacca alla sua veste), quindi all’Elemosina (interpretata come una donna che porge con la mano destra una moneta ad un bimbo, e con la sinistra tiene la borsa) ed infine alla Pietà di Domenico Guidi del 1676 (in cui compaiono il Cristo morto, la Vergine Addolorata, la Maddalena e Giuseppe d’Arimatea). Quella stessa pietà, il più nobile fra i sentimenti cristiani, che prima spinse l’Ordine Francescano a promuovere e poi Paolo III ad originare l’istituzione del Monte con l’emanazione di una bolla papale.La Pietà di Domenico Guidi e L'Elemosina di Bernardino Cametti - Cappella del Monte di Pietà di Roma

I fondi archivistici del Monte, inoltre, ci hanno lasciato una ricca documentazione inerente la moneta cartacea (http://www.questidenari.com/?p=630), come le cedole in scudi romani di vario importo. L’emissione di cedole, all’epoca dello Stato Pontificio, proseguì talmente sostanziosa che determinò la perdita di valore delle stesse a partire da quando non fu più possibile realizzare la conversione della moneta di carta in circolante di metallo.

(per l’edizione 2010 di “Invito a Palazzo” si legga: visita a Palazzo Rondinini di via del Corso in Roma http://www.questidenari.com/?p=3130)

Cedola da 7 Scudi Romani (1797) - Monte di Pietà di RomaCedola da 24 Scudi Romani (1796) - Monte di Pietà di Roma

Testimonianze di attività bancarie

 

Il più antico esempio di istituto operante con finalità bancarie (http://www.questidenari.com/?p=654) ci viene dall’antica Mesopotamia, e ne abbiamo notizia da una tavoletta di argilla proveniente forse da Sippar.

La scrittura cuneiforme, incisa nel 1750 A.C. circa, ci informa che nell’antico Tempio del Dio Sole si effettuarono 14 prestiti, quasi tutti in argento: nello stesso luogo, infatti, si tenevano in deposito merci e denaro poi prestati ai privati contro obbligo di restituzione entro un tempo concordato e versamento degli interessi.

Le modalità con cui venne svolta l’attività bancaria nel corso dei secoli fu soggetta a poche modifiche sino all’epoca medioevale, quando ai mercanti-banchieri (ma non solo a loro) venne consentito di stampare carta moneta (http://www.questidenari.com/?p=630).

Risale al 1695 la banconota da 10 rixdaler – avente corso legale in talune regioni della Norvegia di allora – che consentì al mercante Jorgen Thor Mohlen di finanziare le proprie iniziative d’affari.

A seguito della relativa emissione, il mercante norvegese raccolse denari da molte persone impegnandosi a riacquistare la banconota stessa e a corrispondere interessi. Purtroppo le iniziative di Mohlen fallirono, con ovvie conseguenze sui risparmiatori.

Le prime banche

Se i primi effetti bancari conosciuti risalgono alla Cina dell’XI° secolo (http://www.questidenari.com/?p=630), le forme iniziali dei titoli di credito vennero utilizzate addirittura nell’antica città di Atene.

Già a partire dal IV° secolo A.C., mercanti, cambiavalute e facoltosi cittadini fecero leva sulla propria posizione economica e sociale per prestare servizi finanziari che, in tal modo, si svilupparono in parallelo all’attività principale, come estensione dei loro affari.

I banchieri-mercanti, realizzando la concentrazione del denaro in un unico luogo di deposito, poterono così organizzare i pagamenti tra le parti e prestare i valori non utilizzati dai proprietari, ovvero esercitare attività bancarie soggette a registrazione (su lettera di papiro dell’antico Egitto datata 5 maggio 257 A.C., ad esempio, come scriveva Python per aver finanziato un’operazione da 1000 dracme per l’acquisto di somari).

La fiducia che la gente era portata a riporre nel banchiere fu un elemento fondamentale per lo sviluppo dei fenomeni di accettazione delle banconote come denaro, e quindi per la loro circolazione: questo è tanto più vero se si pensa che nei secoli passati, quando il metallo scarseggiava in relazione alla forte domanda di monete, anche ai comuni cittadini venne data la possibilità di stampare banconote.

(per l’attività di prestito dei soldi esercitata dalla famiglia  dell’antica Roma degli Enobarbi-Domizi si legga http://www.questidenari.com/?p=2881)