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Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: famiglia fiscale, reddito complessivo accertabile e familiari fiscalmente a carico

(continua da “Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: obbligo di invito, movimentazioni finanziarie, accertamento con adesione, verbale, sanzioni ridotte e avviso di accertamento”)

Col D.M. 24 dicembre 2012 si stabilisce che il contenuto induttivo degli elementi di capacità contributiva è determinato tenendo conto della spesa media e del nucleo familiare di appartenenza del contribuente.

In sede di selezione viene attribuito ad ogni contribuente il lifestage risultante dalla c.d. “Famiglia fiscale” ricostruita in base alle informazioni dei prospetti dei familiari a carico; dette informazioni provengono dai modelli Unico persone fisiche, 730 e dalle certificazioni di lavoro dipendente.

Se già dal primo contraddittorio il contribuente descrive una diversa situazione, pertanto, si procede ad attribuire la corretta tipologia familiare ed un diverso lifestage.

Il decreto stabilisce che il reddito complessivo accertabile del contribuente è pari alla somma di:

–        “spese certe” sostenute dal contribuente o dal familiare fiscalmente a carico;

–        “spese per elementi certi” ottenute con l’applicazione dei valori medi ai dati certi, riferibili al contribuente o al familiare fiscalmente a carico;

–        quota relativa agli incrementi patrimoniali imputabile al periodo d’imposta;

–        quota del risparmio formatasi nell’anno;

–        quota parte dell’ammontare complessivo delle “spese ISTAT” relative alla tipologia del nucleo familiare di appartenenza.

Il decreto stabilisce inoltre che si considerano sostenute dal contribuente le spese relative ai beni e servizi effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico.

Ne consegue che in caso siano state individuate spese riferite a soggetti fiscalmente a carico, “queste sono attribuite ai dichiaranti in base alla percentuale indicata in dichiarazione al fine di fruire delle detrazioni dall’imposta”. Al soggetto fiscalmente a carico non viene attribuita alcuna quota della spesa media ISTAT.

(continua “Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: abitazione, rate di mutuo e canone di locazione, immobili esclusi“)

(per i riscontri sulla situazione familiare in base al parere del Garante della Privacy: “Circolare N. 6/E dell’11 marzo 2014 – redditometro e protezione dei dati personali: utilizzabilità delle medie Istat per il calcolo delle spese, famiglia fiscale e famiglia anagrafica“)

Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: obbligo di invito, movimentazioni finanziarie, accertamento con adesione, verbale, sanzioni ridotte e avviso di accertamento

(continua da “Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: accertamento sintetico, scostamento 20%, risparmi, spese certe e spese Istat”)

Richiamando il decreto legge n. 78 del 2010 in materia di contraddittorio, la circolare ricorda che l’ufficio ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire personalmente per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento.

Se il contribuente fornisce chiarimenti esaustivi circa le “spese certe”, le “spese per elementi certi”, gli investimenti e la quota di risparmio dell’anno, l’attività di controllo si esaurisce nella prima fase del contraddittorio, altrimenti saranno considerate anche le “spese ISTAT”.

Se permangono elementi di incoerenza o il contribuente non si presenta, l’ufficio potrebbe utilizzare lo strumento istruttorio delle indagini finanziarie al fine di evidenziare movimentazioni finanziarie.

Nell’ambito del procedimento di ricostruzione sintetica del reddito viene stabilito l’obbligo per l’ufficio di attivare l’accertamento con adesione (art. 5 del D.lgs. n. 218/97): il contribuente, in tal caso, riceverà un nuovo invito al contraddittorio, l’indicazione del maggior reddito accertabile e delle maggiori imposte e la proposta di adesione. L’ufficio farà riferimento ai contenuti dei verbali redatti per ogni precedente incontro, con indicazione della documentazione prodotta dal contribuente e delle motivazioni addotte.

Tale invito può essere definito, ai sensi del comma 1-bis del citato articolo 5, mediante il versamento delle somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione, con la riduzione alla metà della misura delle sanzioni previste dall’articolo 2, comma 5, del medesimo decreto legislativo.

Se il contribuente non aderisce ai contenuti dell’invito, il procedimento ordinario di adesione prosegue e per ogni incontro successivo viene redatto un verbale.

Il contribuente ottiene l’applicazione delle sanzioni ridotte ad un terzo del minimo previsto dalla legge se al termine del contraddittorio si perfeziona l’accertamento con adesione; se l’adesione non si perfeziona o se il contribuente non si presenta, invece, l’ufficio emette l’avviso di accertamento.

(continua “Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: famiglia fiscale, reddito complessivo accertabile e familiari fiscalmente a carico“)

Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: accertamento sintetico, scostamento 20%, risparmi, spese certe e spese Istat

La circolare n. 24/E del 31 luglio 2013 riguarda le indicazioni operative sull’accertamento sintetico del reddito complessivo delle persone fisiche (art. 38, commi 4-7, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Decreto del MEF del 24 dicembre 2012) dichiarato per il 2009 e seguenti. Il previgente impianto normativo rimane in vigore per i controlli relativi ai periodi d’imposta precedenti.

Con la nuova disciplina la determinazione sintetica del reddito (dal quale sono deducibili i soli oneri previsti dall’art. 10 del TUIR, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ferma restando la spettanza delle detrazioni d’imposta) si realizza con la presunzione relativa che il totale della spesa nel corso del periodo d’imposta è stato finanziato con i redditi dello stesso periodo. Il contribuente può provare in ogni caso che le spese sono state finanziate con altri mezzi (redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero esclusi dalla formazione della base imponibile) oppure dimostrare che le “spese certe” attribuite (sub) hanno un diverso ammontare o che sono state sostenute da soggetti terzi.

A questa presunzione si accosta, con uguale efficacia, quella basata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva determinato mediante l’analisi di campioni di contribuenti, ferma restando la prova contraria del contribuente.

In ogni caso il contribuente è tutelato dal fatto che la determinazione sintetica è consentita solo se lo scostamento tra reddito complessivo determinato presuntivamente e reddito dichiarato è pari almeno al 20%, essendo sufficiente che lo scostamento si verifichi per un solo periodo d’imposta, ed è ulteriormente garantito dalla possibilità di fornire elementi di prova per giustificare lo scostamento tra reddito dichiarato e capacità di spesa attribuita, sia prima che dopo l’avvio del procedimento di accertamento con adesione.

Definite le voci di spesa riconducibili a macro categorie (fra le quali: “Consumi generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature“, “Abitazione”, “Combustibili ed energia”, “Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa”, e “Investimenti”), ai fini della quantificazione dell’ammontare della spesa attribuibile al contribuente il decreto distingue tra:

–        spese certe: spese di ammontare certo, oggettivamente riscontrabile, conosciuto dal contribuente e dall’Amministrazione finanziaria;

–        spese per elementi certi: spese di ammontare determinato dall’applicazione di valori medi (rilevati dai dati ISTAT) ad elementi presenti in Anagrafe Tributaria o comunque disponibili (es. potenza delle auto, lunghezza delle barche);

–        spese ISTAT: spese per beni e servizi di uso corrente di ammontare pari alla spesa media risultante dall’indagine annuale sui consumi delle famiglie;

–        quota di spesa, sostenuta nell’anno in esame, per l’acquisto di beni e servizi durevoli.

La ricostruzione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, inoltre, considera la quota di risparmio accantonata nell’anno.

(continua “Circolare n. 24/E del 31 luglio 2013: obbligo di invito, movimentazioni finanziarie, accertamento con adesione, verbale, sanzioni ridotte e avviso di accertamento“)

(per le istruzioni operative aggiornate in base al parere del Garante della Privacy: “Circolare N. 6/E dell’11 marzo 2014 – redditometro e protezione dei dati personali: utilizzabilità delle medie Istat per il calcolo delle spese, famiglia fiscale e famiglia anagrafica“)

Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013: limite massimo dell’imposta di bollo per i prodotti finanziari

Con la Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti in merito alle novità fiscali contenute nella legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) e nel decreto-legge 179/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 221/2012.

In ordine alle modifiche all’imposta di bollo applicabile alle comunicazioni inviate alla clientela relative a prodotti finanziari (legge di stabilità 2013, articolo 1, comma 509), la Circolare specifica che a decorrere dall’anno 2013 l’introduzione della soglia massima di imposta, pari ad euro 4.500, trova applicazione esclusiva per le comunicazioni inviate a soggetti diversi dalle persone fisiche.

Pertanto resta immutato il regime applicabile alle comunicazioni inviate alle persone fisiche (si legga “Circolare n. 48/E del 21 dicembre 2012: esempi di imposta di bollo su conto corrente e libretto, su deposito titoli e gestione patrimoniale, su buoni fruttiferi postali”).

Circolare n. 48/E del 21 dicembre 2012: esempi di imposta di bollo su conto corrente e libretto, su deposito titoli e gestione patrimoniale, su buoni fruttiferi postali

(continua da “Conto corrente e libretti di risparmio: imposta di bollo secondo il D.M. 24 maggio 2012 e tassazione delle rendite”)

La circolare n. 48/E dell’Agenzia delle Entrate datata 21/12/2012 riprende in esame l’art. 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642.

Oltre all’esenzione dell’imposta di bollo per i “conti di base” destinati a fasce di consumatori socialmente svantaggiate con ISEE inferiore ad euro 7.500 (“Conto corrente di base ordinario e per fasce svantaggiate. Indicatore ISC”), la circolare rammenta l’applicazione del tributo in relazione al periodo rendicontato, come da evidenze dell’estratto conto, in ogni caso non inferiore all’importo minimo di 1 euro.

Posto che per “giacenza media” si intende la media dei saldi contabili giornalieri di ciascun rapporto nel periodo oggetto di rendicontazione, la circolare precisa che la verifica della giacenza complessiva del cliente deve essere effettuata in occasione di ogni estratto o rendiconto, in riferimento al periodo rendicontato, e che l’imposta va applicata a tutti i rapporti intrattenuti dal cliente se la stessa giacenza complessiva dei conti e dei libretti intestati al medesimo soggetto risulta superiore a 5.000 euro. Nella valutazione devono essere inclusi pure i libretti di risparmio al portatore, considerato che “in tal caso, ai fini del cumulo, occorre porre rilievo al soggetto che viene censito al momento dell’emissione del libretto ovvero al soggetto successivamente censito dall’intermediario quale portatore del libretto”.

Se presso la medesima banca vengono intrattenuti diversi rapporti di conto corrente o libretto di risparmio da parte del medesimo cliente, ai fini della valutazione per l’eventuale esenzione di un rapporto, vanno sommate le giacenze medie di ciascun conto o libretto in relazione allo stesso periodo temporale anche se risulta diversa la periodicità di rendicontazione dei rapporti. Torna utile l’esempio n. 5, in cui il cliente persona fisica è intestatario presso la medesima banca di due rapporti di conto corrente (A con valore medio di giacenza pari ad euro 53.000 nel 1° trimestre e ad euro 1.000 nel resto dell’anno; B con valore medio di giacenza pari ad euro 2.000 per tutto l’anno), dove la rendicontazione (indicata dalla sottolineatura) di A avviene con periodicità annuale e la rendicontazione (indicata dalla sottolineatura) di B avviene con periodicità trimestrale.

Come si nota dalla tabella, il c/c A fa pagare il bollo pieno a fine anno mentre il c/c B, che fa pagare trimestralmente all’invio della rendicontazione in ragione della frazione di anno, è esente da imposta per il 2°, 3° e 4° trimestre per via della giacenza media complessiva inferiore (nei rispettivi periodi) alla soglia di 5.000 euro.

In ordine all’imposta di bollo applicabile alle comunicazioni periodiche inviate alla clientela relative a prodotti finanziari valorizzati al termine del periodo rendicontato, la circolare sottolinea che le stesse comunicazioni si presumono inviate anche se il gestore non è tenuto alla redazione e all’invio, in relazione ai prodotti finanziari detenuti dalla clientela, e che in tal caso l’imposta va applicata al 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto intrattenuto con il cliente. A titolo esemplificativo, pertanto, sono assoggettate all’imposta di bollo le comunicazioni relative a deposito titoli, a quote di fondi comuni d’investimento e Sicav, a strumenti finanziari derivati (per i quali eventuali valori negativi non hanno rilevanza ai fini del calcolo dell’imposta).

La circolare del 21 dicembre 2012 indica che in presenza di rendicontazioni periodiche, ovvero di rapporti che iniziano o terminano nel corso dell’anno, l’imposta deve essere rapportata ai giorni del periodo rendicontato.

Tale disposizione è da intendersi valida anche in merito all’applicazione della soglia minima (euro 34,20) e massima d’imposta (euro 1.200 per il 2012) in considerazione dell’ammontare complessivo dei prodotti detenuti presso la stessa banca. Pertanto (es.) se dall’applicazione dell’aliquota proporzionale dovesse scaturire un pagamento inferiore ad euro 17,10 (ovvero inferiore alla metà del minimo previsto), l’imposta dovuta sarà pari in ogni caso a detto importo per un periodo di rendicontazione di durata sei mesi. Inoltre, in caso di estinzione del rapporto in corso d’anno la verifica delle soglie minime e massime deve essere effettuata al momento della cessazione del rapporto e, “in caso di più rapporti, la verifica deve essere effettuata alla data di cessazione dell’ultimo rapporto in corso d’anno e le soglie minime e massime devono essere ragguagliate ai giorni dell’anno in cui il cliente ha intrattenuto rapporti con l’intermediario, considerando una volta sola i giorni compresi in periodi contemporanei”.

Esempio n. 13: presso lo stesso intermediario il cliente intrattiene nel 2013 un contratto di deposito titoli (d/t: decorrenza 1° aprile 2013, valore pari ad euro 10.000 e rendicontazione trimestrale) ed un contratto di gestione patrimoniale (GP: decorrenza 1° luglio 2013, valore pari ad euro 10.000 e rendicontazione annuale).

Come si nota, l’applicazione del tributo in funzione del numero dei giorni (91, 92 e 92 per il d/t rispettivamente al 30 giugno, al 30 settembre e al 31 dicembre; 184 per la GP al 31 dicembre) determina il computo dell’imposta proporzionale nell’anno per euro 3,70 + 3,80 + 3,80 + 7,60 = 18,90. Tuttavia, l’imposta minima annuale rapportata ai 91 + 92 + 92 = 275 giorni dell’anno, pari ad euro 25,77 derivante dal prodotto tra l’imposta minima 34,20 ed il rapporto 275/365, comporta l’applicazione dell’imposta residuale per l’anno 2013 pari ad euro 6,87 (differenza tra 25,77 e 18,90).

Risulta di particolare interesse la puntualizzazione delle Entrate secondo cui qualora “non vi siano evidenze di prodotti finanziari ma il rapporto intrattenuto dal cliente risulti comunque movimentato nel periodo rendicontato, l’imposta deve essere applicata nella misura minima prevista pari ad euro 34,20, rapportata al periodo rendicontato”; la stessa precisazione integra la successiva che stabilisce, in caso di rendicontazioni di estinzione, analoga imposizione fiscale rapportata ai giorni di durata per prodotti che presentino valore pari a zero al termine del periodo rendicontato in cui hanno avuto luogo movimentazioni.

La circolare, infine, si sofferma sull’obbligo dell’ente gestore relativo alla determinazione dell’imposta dovuta al 31 dicembre di ogni anno per le polizze assicurative che viene applicata, per ciascun anno unitamente all’imposta dell’ultimo anno o frazione di anno, al momento del rimborso o del riscatto.

Per i buoni fruttiferi postali, invece, la determinazione dell’imposta va effettuata “sulla base della situazione in essere al termine dell’anno, senza tener conto dei buoni rimborsati in corso d’anno. Per i buoni che risultano in essere al 31 dicembre, inoltre, l’imposta deve essere calcolata senza effettuare il ragguaglio al periodo di durata del titolo nel corso dell’anno. Tale regola interessa sia il calcolo dell’imposta proporzionale che le soglie minime e massime di imposta previste dalla norma”. Pertanto, all’atto del rimborso nel corso dell’anno, va considerata esclusivamente la “misura del tributo memorizzata negli anni precedenti a quello del rimborso”.

Nel caso in cui il cliente detenga diversi prodotti finanziari per i quali l’imposta deve essere applicata al momento del rimborso o della scadenza, occorre imputare l’imposta determinata al termine dell’anno pro quota a ciascun prodotto, sia quando l’imposta è calcolata in misura proporzionale sia quando trovano applicazione le soglie minime e massime.

Esempio n. 16: il contribuente è titolare di tre buoni postali (BPF 1, BPF 2 e BPF 3) a durata tre anni, di valore nominale pari a 6mila, 10mila e 15mila euro e rispettivamente sottoscritti il 1° aprile 2012, il 1° maggio 2012 ed il 1° giugno 2012.

L’applicazione dell’aliquota 0,1% (anno 2012) e 0,15% (anni 2013 e 2014) ai rispettivi valori nominali determina i valori in euro del bollo indicati in tabella dai quali si osserva che, laddove l’imposta complessiva annua è inferiore alla soglia minima (ovvero al 31.12.12), il pagamento del bollo di euro 34,20 avviene in proporzione al peso della singola imposta sull’onere totale annuo.

Ulteriori approfondimenti dalla fonte dell’Agenzia delle Entrate (download in formato pdf).

(per l’imposta di bollo massima applicabile nel 2013 a prodotti finanziari dei quali siano titolari soggetti diversi dalle persone fisiche: “Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013: limite massimo dell’imposta di bollo per i prodotti finanziari“)

Istruzioni Imu 2012: esempio di acconto per casa a disposizione per una parte dell’anno. Saldo con aliquota aumentata

(continua da “Istruzioni Imu 2012: acconto entro il 18 giugno per casa a disposizione, codici tributo. Esempio di saldo con aliquota aumentata”)

La Circolare n. 3/DF riprende l’esempio già esposto (Esempio 16) ed apporta l’unica integrazione relativa al possesso protratto per nove mesi dell’anno dell’abitazione tenuta a disposizione dal proprietario (100%): la prima rata da pagare entro il 18 giugno è pari ad euro 360,00, di cui euro 180,00 rappresentano la quota riservata allo Stato (codice tributo per F24: 3919) ed euro 180,00 rappresentano la quota spettante al Comune (codice tributo per F24: 3918).

Esempio 17: per l’abitazione tenuta a disposizione dall’unico proprietario a partire dal 1° aprile 2012, la rendita catastale di euro 750,00 consente di determinare l’Imu annua pari ad euro 957,60 che, in proporzione ai nove (su dodici) mesi dell’anno, diviene pari ad euro 718,20.

Detto importo per metà è riservato allo Stato (359,10) e per metà spetta al Comune (359,10).

Il pagamento della prima rata entro il 18 giugno 2012 è pari al 50% della quota riservata allo Stato (359,10 : 2 = 179,55) sommato al 50% della quota spettante al Comune (359,10 : 2 = 179,55): una volta effettuato l’arrotondamento per ciascuno dei due importi, si ottiene l’acconto da pagare (euro 180,00 + euro 180,00 = euro 360,00).

L’importo del saldo da versare entro il 17 dicembre 2012 non varia rispetto alla prima rata se l’aliquota non subisce modificazioni. Diversamente, col procedimento già illustrato (Esempio 16), occorrerà ricalcolare l’Imu dovuta in relazione allo stesso periodo dell’anno e, a saldo, pagare la differenza tra la maggiore imposta e l’importo già versato.

Come si evince dall’esempio, l’acconto versato a giugno non è proporzionale ai mesi dell’anno in cui si è protratto effettivamente il possesso: infatti se l’Imu è calcolata su nove mesi dell’anno e la prima rata ne prevede il pagamento al 50% (ovvero per 4 mesi e mezzo), il possesso effettivo dell’abitazione si è verificato per meno di tre mesi (dal 1° aprile a metà anno).

Ulteriore riflessione porta a considerare che, in caso l’abitazione venisse venduta pochi giorni dopo il pagamento dell’acconto, la prima rata versata sarebbe addirittura superiore all’Imu dovuta per l’anno 2012 ed il contribuente dovrebbe chiedere il rimborso della parte eccedente.

(continua Istruzioni Imu 2012: acconto per abitazione principale e pertinenza (versamento in 3 rate). Ipotesi di aumento dell’aliquota“)