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Collegamento negoziale, fattura e ricevuta fiscale: comunicazione delle operazioni con importo non inferiore alla soglia di rilevanza ai fini Iva (3.000, 3.600 o 25.000 euro)

Col documento datato 11 ottobre 2011, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di risposte ai quesiti pervenuti dalle Associazioni di categoria in materia di “comunicazione all’Anagrafe Tributaria delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo non inferiore a euro tremila” (art. 21 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010).

Il concetto di collegamento negoziale, definito dalle Entrate con la Circolare 24/E del 30 maggio 2011, si realizza nella prassi quando le parti di un rapporto perseguono un risultato economico unitario e complesso realizzato attraverso una pluralità coordinata di contratti (Mantovani e Santacroce).

Il collegamento negoziale, che origina dalla legge o dall’autonomia negoziale, può riferirsi all’elemento soggettivo o a quello oggettivo e, qualora sia pattuito il pagamento di corrispettivi periodici, la soglia è riferita ai corrispettivi anche se i versamenti effettuati in un specifico periodo risultano inferiori al limite.

Con carattere di novità rispetto ai chiarimenti contenuti nella Circolare 24/E del 2011, il fattore di collegamento delle operazioni è l’elemento formale della fattura, documento che rappresenta l’operazione oggetto di comunicazione: l’importo della fattura viene utilizzato per verificare il superamento della soglia di rilevanza (invece dell’ammontare delle singole operazioni certificate nella fattura stessa), come si evince dall’esempio della fattura riepilogativa differita redatta per diverse operazioni commerciali. Ma anche in assenza del fattore di collegamento, l’ammontare della fattura può imporre l’obbligo della comunicazione e l’indicazione dell’operazione prevalente (cessione o prestazione). Ciò avviene in caso di fattura cointestata (es. parcella del notaio rilasciata agli eredi o fattura nel settore edilizio): la relativa operazione va comunicata per ognuno degli intestatari utilizzando distinti record di dettaglio; se l’importo totale della fattura supera la soglia e per uno dei cointestatari l’importo è minore di euro 3.000, la “modalità di pagamento” da utilizzare è l’importo frazionato.

In merito alla qualificazione soggettiva dell’operatore, il documento dell’11 ottobre 2011 evidenzia il trattamento della fattura di acquisto (con ammontare superiore alla soglia e priva di addebito dell’imposta) che un soggetto passivo IVA riceve da contribuenti minimi specificando che la fattura costituisce oggetto di comunicazione per il ricevente, a prescindere dagli obblighi del contribuente minimo.

Se la fattura attiene ad un importo con sconto condizionato sul totale del documento, la comunicazione va effettuata per l’importo al netto dello sconto (e cioè per l’effettiva somma incassata).

Infine, il documento – che è possibile scaricare in formato pdf dal sito dell’Agenzia delle Entrate – sottolinea come l’emissione di ricevuta fiscale (no fattura), emessa da un albergo (es.) verso soggetto passivo d’imposta, imponga l’effettuazione dello scorporo dell’imposta (campi separati per imponibile e imposta nel tracciato record).

Previsioni Euribor e Irs a dicembre 2011. La risposta dei mercati al nuovo taglio del costo del denaro e agli accordi del vertice europeo

Coerentemente ai segnali lanciati a più riprese dalla Bce, non sempre recepiti da istituti di credito ed altri operatori che nei giorni scorsi hanno causato increspature sia dei tassi interbancari che delle attese implicite nei futures, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale, di rifinanziamento marginale ed il tasso sui depositi sono stati abbassati di un quarto di punto rispettivamente a 1%, 1,75% e 0,25%.

La manovra operata con lo strumento più importante di politica monetaria, indotta dalle previsioni 2012 sulla variazione del Pil europeo tra -0,4% e +1% e sull’inflazione vista tra l’1,5% e il 2,5%, è stata accompagnata da ulteriori provvedimenti nel tentativo di rendere più disteso il contesto nel quale le banche commerciali si scambiano denaro, descritto nell’ultima settimana dall’utilizzo della capacità di deposito overnight della Bce fin’oltre 324 miliardi di euro e dal ricorso al finanziamento marginale per 9,3 miliardi mercoledi scorso. Cifre in crescita che Draghi e gli altri membri del consiglio direttivo sperano di sgonfiare disponendo le operazioni di pronti contro termine sino a 36 mesi a importo illimitato per fine dicembre e per febbraio (le banche che hanno partecipato al P/T a 12 mesi di fine ottobre potranno trasferire i fondi ricevuti sul nuovo finanziamento) e abbassando sia la qualità dei titoli che le banche possono offrire a garanzia dei prestiti richiesti all’istituto centrale, sia la percentuale di riserva obbligatoria dei depositi (1%).

In attesa della metà della settimana prossima, quando sarà operativo il taglio del costo del denaro, l’Euribor 3 mesi è sceso con scatto deciso al fixing 1,437% in data 9 dicembre 2011; venerdi stesso, invece, le previsioni sul mercato Liffe sono state tutte in rialzo (ed il giorno prima, con riferimento alle scadenze più vicine che arrivano fino a giugno 2012, neppure la manovra Bce aveva procurato gli immediati benefici sperati, sintomo che gli operatori di Londra ancora non vedono facili sbocchi alle tensioni sulla liquidità).

La lettura del grafico dei tassi Euribor previsti, nel confronto con quelli di venerdi scorso quando non era stato effettuato il taglio dei tassi di riferimento, suggerisce una visione peggiorativa sul tratto iniziale della curva, mentre sulle scadenze dal 2013 in poi i valori si abbassano. Nel tratto corrispondente al 2012, invece, il mercato interbancario dovrebbe conoscere prezzi di scambio attorno all’1% che, allo stato attuale delle menzionate tensioni, sottintendono un ulteriore taglio del costo del denaro.

Ma il fine settimana era atteso anche per il vertice europeo sulla soluzione alla crisi dei debiti sovrani, contraddistinto da un accordo di massima sul quale i mercati sono risultati piuttosto scettici per poi riprendere la giusta rotta alle parole di Monti sul fiscal compact.

A partire dalla regola di bilancio pubblico che prevede l’obiettivo minimo del pareggio, passando per l’automatismo delle sanzioni al superamento di un prefissato disavanzo, fino ai 200 miliardi di euro da mettere a disposizione del Fmi per gli aiuti ai Paesi in difficoltà, molte verifiche attenderanno i governi dei Paesi membri prima che l’accordo politico arrivi ad assumere veste giuridica. Voce importante, e per ora fuori dal coro, quella di David Cameron che ha rivendicato l’autonomia britannica sulla normativa in materia di transazioni finanziarie, forte anche dei rendimenti in discesa dell’obbligazione pubblica Gilt (addirittura inferiori al benchmark della Germania nei giorni di fine novembre successivi alla difficile asta tedesca). Il future sul Gilt decennale quota a 132 per dicembre 2011, a 115.07 e 115.01 rispettivamente a marzo e giugno 2012 sul mercato Liffe.

Tuttavia la strada intrapresa dalla maggior parte dei leader europei dovrebbe essere quella giusta per normalizzare i rendimenti e porre fine all’atteggiamento iper-difensivo prevalente da molti mesi: acquisti del Bund (durata 10 anni al 2,14% la sera del 9/12/2011) e cessioni dei periferici, tra i quali Btp (decennale al 6,73% la sera del 9/12/2011 con lo spread a 459 punti base) e Bonos spagnoli.

Rispetto al giorno 4 del mese scorso, i tassi Irs fino a scadenza 15 anni sono in salita, così come le previsioni sul tratto intermedio della curva dei rendimenti dove si avverte l’influenza del governativo tedesco.

(le attese sul Liffe del 16 dicembre 2011 nel prossimo articolo “Previsioni Euribor 3 mesi del 16 dicembre 2011”)

(per le previsioni dei tassi Irs del 13 gennaio 2012 si legga “Euribor e Irs a gennaio 2012: previsioni sui tassi e costo del denaro fermo all’1%”)

Previsioni Euribor e Irs a novembre 2011 dopo il taglio dei tassi di riferimento dello 0,25%. E’ arrivato super Mario?

Le ultime settimane, caratterizzate da vicende legate alla soluzione della crisi del debito pubblico fra Paesi europei, non avevano portato novità in grado di influenzare sensibilmente l’andamento dell’Euribor 3 mesi.

Sul più importante tasso interbancario, principalmente, avevano pesato le frizioni tra banche commerciali disposte a parcheggiare liquidità presso la Bce, piuttosto che scambiare con altri istituti ritenuti “a rischio”: il volume dei depositi remunerati sotto costo, dal 18 ottobre al 3 novembre, era cresciuto in maniera quasi lineare portandosi da 172 miliardi di euro a quota 275, chiaro segnale di una liquidità distribuita in maniera non ottimale, seppur abbondante.

Ma poi, nel primo pomeriggio di giovedi, è arrivata a sorpresa la notizia del taglio di tutti i tassi base (-0,25%) operato con decisione unanime dai membri del board Bce presieduto da Mario Draghi, appena insediato e subito capace di fornire chiara dimostrazione di indipendenza dalla linea politica seguita dal suo predecessore: è stato fissato così all’1,25% il tasso d’interesse sui rifinanziamenti principali, al 2% quello sui rifinanziamenti marginali e allo 0,5% il tasso sui depositi, affinché le banche commerciali abbiano più facilità a rifornirsi di denaro (sia in asta che nelle operazioni di “emergenza”) e minor attitudine a scaricare costi sulla clientela rappresentata da privati ed imprese richiedenti mutui ed altre forme di finanziamento a tasso variabile, ed abbiano meno convenienza ad immobilizzare i capitali presso la Bce (a tutto vantaggio del transito di denaro per i circuiti interbancari).

L’effetto immediato è stato l’adeguamento dell’Euribor 3 mesi alle nuove condizioni di costo base, ovvero la repentina discesa (dall’1,58% del 3 novembre all’1,488% del giorno successivo venerdi 4 novembre 2011) del principale tasso interbancario che a metà della settimana prossima giungerà vicino all’1,25% (il tasso ufficiale di riferimento entrerà in vigore mercoledi 9).

Anche le previsioni sui tassi Euribor 3 mesi, impliciti nei futures sul mercato londinese del Liffe, si sono prontamente adeguate con l’abbassamento dei valori su tutte le scadenze (valori del venerdi precedente in azzurro): l’andamento del tasso, in base ai derivati contrattati dagli operatori il 04/11/2011, dovrebbe proseguire in discesa e risentire di un ulteriore taglio di un quarto di punto del costo del denaro a marzo dell’anno prossimo (P/T atteso all’1%), toccare il minimo a settembre 2012 (1,06%) e poi risalire.

Confermati i dati macro deboli e l’inflazione dell’Eurozona vicina al 3%, ben al di sopra del 2% fissato come obiettivo, la decisione della Bce è stata motivata dall’esiguità dell’inflazione core (1,6% ottobre) che esclude le componenti più volatili dell’energia, dalla crescita economica molto modesta o lieve recessione attesa nell’ultima parte del 2011 e dal rallentamento previsto dell’inflazione che dovrebbe scendere sotto al 2% entro la fine dell’anno prossimo.

Secondo studi accademici, al di là dell’euforia del momento registrata da azioni e cambi, la mossa di Draghi potrebbe non avere effetto benefico per un Paese in difficoltà, la cui condizione di rischio-Stato (misurata dallo spread col Bund) alimenterebbe il costo di finanziamento sul mercato sostenuto dalle banche in relazione a problematiche nuove emissioni obbligazionarie, e quindi imporrebbe agli stessi istituti l’applicazione in parallelo di condizioni onerose per l’accesso al credito da parte di famiglie e imprese, in tal modo beneficiarie solo potenziali del taglio del tasso di riferimento: il risultato finale sarebbe la perdita di controllo dell’inflazione (Francesco Giavazzi, fonte IlSole24Ore.com). Se ciò dovesse dimostrarsi vero, considerati i recenti atteggiamenti di insofferenza agli interventi di sostegno per i Paesi periferici estranei al compito istituzionale della Bce che opera in autonomia dai governi – espressioni manifestate in particolare dai Tedeschi attenti ai danni cagionati dall’inflazione sul loro settore manifatturiero nonché alle differenze di ricchezza pro-capite posseduta dai cittadini degli Stati membri – per il sistema della moneta unica potrebbe essere game over.

Di certo il taglio operato con lo strumento principale della politica monetaria incide sulla prima parte della curva, all’incirca fino agli IRS a 2 e 3 anni che, difatti, si sono mossi al ribasso. Per il parametro preso a riferimento quando le banche erogano mutui a tasso fisso, invece, le scadenze più lunghe risentono poco o nulla della mossa espansiva, mentre grande efficacia riveste il rendimento del decennale governativo tedesco, influenzato anche dalle Borse nell’immediato.

Il Bund, nonostante le operazioni di vendita nelle ultime settimane per via del rendimento reale negativo, era sceso ad offrire l’1,8% dopo l’annuncio del referendum in Grecia che aveva di nuovo generato acquisti di qualità e fuga dalla periferia; andamento opposto veniva seguito dal Btp 10 anni al 6,2% (spread allargato a 440 punti, poi a quota 453 a fine settimana) a causa dell’assenza di importanti acquirenti della carta italiana, esclusa la Bce.

Le prospettive economiche fosche e le attuali idee negative degli operatori di mercato in merito all’imminente fallimento della Grecia riporterebbero il governativo tedesco ai massimi e forse oltre, impedendo così la crescita del tasso Irs sul tratto intermedio della curva nelle prossime settimane.

(per le previsioni Euribor 3 mesi del prossimo venerdi 11 novembre 2011 si veda http://www.questidenari.com/?p=5596)

(per le previsioni Euribor 3 mesi e Irs del 9 dicembre 2011, successive al nuovo taglio del costo del denaro, si legga http://www.questidenari.com/?p=5795)

Circolare n. 40/E del 4 agosto 2011: decorrenza dell’imposta di bollo e valorizzazione del deposito titoli

Con la circolare n. 40/E del 4 agosto 2011 l’Agenzia delle Entrate chiarisce alcuni aspetti applicativi dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi titoli attraverso disposizioni che non accolgono i contenuti della circolare tributaria Abi n. 13 del 29/07/2011.

Come è stato già riportato, l’art. 23, 7°, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto alcune modifiche all’art. 13 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642.

Dato che le comunicazioni (l’invio delle quali è presupposto d’imposta) relative al deposito titoli sono soggette all’imposta di bollo dal momento della loro formazione, la decorrenza dell’imposta coincide con la data di emissione delle comunicazioni. Pertanto, ai fini della disciplina applicabile, rileva la sola data di invio delle comunicazioni (e non il periodo di riferimento del documento).

La misura dell’imposta dovuta dall’anno corrente, da 34,20 a 680,00 euro annui in base a dette modifiche normative, trova applicazione per le comunicazioni inviate a partire dal 17 luglio 2011, giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione.

Con interpretazione penalizzante per i risparmiatori, invece, la stessa circolare 40/E precisa che, per le comunicazioni inviate nel periodo tra il 06/07/2011 (data di approvazione del D.L. 98) ed il 16/07/2011 (data di pubblicazione della L. 111 antecedente a quella di entrata in vigore), trovano applicazione gli importi dell’imposta definiti in sede di approvazione del decreto-legge (poi soppressi in sede di conversione). Per ogni esemplare:

a) euro 120 con periodicità annuale

b) euro 60 con periodicità semestrale

c) euro 30 con periodicità trimestrale

d) euro 10 con periodicità mensile.

Questi importi si applicano per le comunicazioni relative a ciascun deposito titoli e a prescindere dall’ammontare del deposito.

In ultimo, per le comunicazioni relative ai depositi di titoli inviate fino al 5 luglio 2011 trovano applicazione le disposizioni dettate dall’art. 13, comma 2-bis, della Tariffa nella formulazione vigente prima dell’introduzione del decreto-legge.

La circolare delle Entrate conferma che sono soggette all’imposta le comunicazioni periodiche, di cui sono destinatari i risparmiatori almeno una volta l’anno, obbligatoriamente “inviate dalle banche, da Poste Italiane e da altri intermediari finanziari che intrattengono con la propria clientela depositi titoli e cioè rapporti riconducibili alla custodia e all’amministrazione degli stessi, anche quando questi siano dematerializzati”. L’imposta, inoltre, non è dovuta per le comunicazioni relative ai depositi di titoli dematerializzati di valore complessivo non superiore a 1.000 euro.

Dal contenuto della circolare che specifica la corresponsione dell’imposta di bollo in relazione a ciascun rapporto nel caso di più rapporti di deposito titoli intestati al medesimo soggetto, e (diversamente) l’assolvimento dell’imposta per una sola volta nel caso di depositi cointestati a più soggetti per i quali viene emessa un’unica comunicazione, si desume la convenienza all’accorpamento di una pluralità di dossier titoli in un deposito unico.

Ai fini della determinazione dell’imposta occorre considerare la periodicità di emissione della comunicazione (mensile, trimestrale, semestrale o annuale) e l’ammontare dei depositi nel periodo certificato presso ciascun intermediario finanziario.

La quantificazione del valore dei titoli è basata sul valore nominale o di rimborso, con prevalenza del primo se i due valori differiscono in relazione ad uno stesso titolo, ovvero considera il valore di acquisto (prezzo di costo) dei titoli se entrambi i valori non sono presenti; in ogni caso l’importo del deposito viene considerato alla data di chiusura del periodo rendicontato, senza che abbiano alcuna influenza le operazioni intervenute durante lo stesso periodo di rendicontazione ai fini della verifica del superamento della soglia di riferimento (cfr. scaglioni).

Molto interessante risulta l’esempio riportato sulla circolare in merito alla quantificazione dell’imposta nel caso di tre sotto depositi con rendicontazione trimestrale intestati allo stesso soggetto persona fisica nell’anno 2012.

Una volta ordinati in maniera crescente il “deposito 1” per 10 mila euro, il “deposito 2” per 20 mila euro ed il “deposito 3” per 30 mila euro, l’imposta trimestrale dovuta è pari rispettivamente ad euro 8,55 (corrispondente a bollo annuo 34,20), euro 8,55 (corrispondente a bollo annuo 34,20) ed euro 17,50 (corrispondente a bollo annuo 70,00) perché, ai fini della determinazione dello scaglione, viene considerato per ciascun deposito il valore cumulato con quello dei precedenti depositi (in altri termini: sia per il “deposito 1” che per il “deposito 2” sommato al primo si rientra nel primo scaglione inferiore a 50 mila euro, mentre per il “deposito 3” si utilizza il secondo scaglione in cui ricade la somma di 10 + 20 + 30 = 60 mila euro).

L’addizionale del 50% dell’imposta, non applicata ai depositi titoli intestati a persone fisiche, trova ancora applicazione per l’imposta prevista per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Ulteriori approfondimenti dalla fonte del sito web dell’Agenzia delle Entrate da cui è possibile scaricare (in formato pdf) la Circolare n. 40/E del 4 agosto 2011.

(per le nuove disposizioni dell’Agenzia delle Entrate sulla decorrenza dell’imposta di bollo e per ulteriori chiarimenti sulla metodologia di calcolo della tassazione si consulti la Circolare n. 46/E del 24 ottobre 2011: http://www.questidenari.com/?p=5459)

Leasing – definizioni: leasing di godimento, traslativo, finanziario e operativo

Il contratto di locazione finanziaria è atipico, perché presenta sia le caratteristiche del contratto di vendita con patto di riservato dominio che quelle del contratto di affitto, e non risulta disciplinato dall’ordinamento civilistico; la norma fiscale regolamenta la sola deducibilità dei canoni.

Il principio contabile OIC n° 1 definisce le operazioni di leasing finanziario come quelle rappresentate dai contratti di locazione di beni materiali o immateriali acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta e indicazione del conduttore che ne assume tutti i rischi e con facoltà (per quest’ultimo) di divenire proprietario dei beni al termine della locazione dietro versamento del prezzo di riscatto.

L’Appendice 2 dell’OIC n° 12 del gennaio 1994 (revisionato nel maggio 2005) riporta: con un’operazione di locazione (leasing) il concedente (locatore o lessor) concede ad un utilizzatore (locatario o lessee) l’uso di un bene (materiale mobile o immobile, oppure immateriale come un software) per un certo periodo di tempo a fronte del pagamento di un corrispettivo periodico (canone); detto bene viene acquistato o fatto costruire dal locatore su indicazione del conduttore che se ne assume tutti i rischi e conserva facoltà di diventare proprietario dello stesso bene al termine della locazione, dietro pagamento di un prezzo stabilito (esercizio dell’opzione di riscatto prevista contrattualmente).

L’art. 2427 del codice civile, al n° 22, stabilisce che devono essere descritte nella Nota Integrativa “le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto ….. ”, e pertanto indica la presenza formale nel contratto dell’opzione finale di acquisto ai fini dell’applicazione degli obblighi informativi del locatario dei beni in leasing.

Il principio contabile internazionale IAS n° 17, invece, definisce leasing finanziario la locazione per la quale vengono trasferiti in capo all’utilizzatore tutti i rischi ed i benefici collegati alla proprietà del bene, essendo possibile o meno il trasferimento della proprietà del bene per lo stesso utilizzatore al termine del periodo di locazione; lo stesso IAS definisce leasing operativo quel contratto di locazione diverso dal finanziario (per il quale, in altri termini, il titolare cede l’uso del bene al conduttore dietro pagamento di un canone di affitto).

Diversamente dallo IAS 17, sia la Legge n. 183 del 2 maggio 1976 (art. 17, 2°) che la Circolare Banca d’Italia n. 217 del 5 agosto 1996 (aggiornata al 30 gennaio 2004), nonché la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 175/E del 12 agosto 2003 identificano la locazione finanziaria in base alla presenza dell’opzione finale di acquisto del bene.

E ancora, piuttosto che dal contenuto sostanziale dell’operazione come prescrive lo IAS, dalla forma contrattuale il Supremo Collegio – con sentenze varie fra cui la n. 18229 del 28 novembre 2003 (Cass. Civile) – ha distinto il leasing traslativo (dal leasing di godimento) sulla base della volontà delle parti, trasfusa nelle clausole contrattuali, finalizzata a realizzare un’adeguata (o meno) remunerazione del capitale investito attraverso il pagamento dei canoni pattuiti e con la previsione di un prezzo di riscatto inferiore (o adeguato) al valore del bene oggetto di cessione finale.

(continua http://www.questidenari.com/?p=3389)

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