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Stipendi e pensioni sopra i 1.000 euro, delega alla riscossione, pignoramento delle somme ed espropriazione immobiliare secondo il D.L. 16/2012 convertito in legge 44/2012 (art. 3)

Il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012, n. 44 (G.U. n. 99 del 28 aprile 2012 – Suppl. Ordinario n. 85), differisce al 1° luglio 2012 il termine entro il quale la Pubblica Amministrazione erogherà ai prestatori d’opera somme superiori a 1.000 euro per il riconoscimento di stipendi e pensioni a mezzo strumenti di pagamento elettronici diversi dal denaro contante (art. 3, comma 3). Ai fini dell’individuazione del limite dei mille euro, non si tiene conto delle somme corrisposte a titolo di tredicesima mensilità (comma 4-ter).

Inoltre, in base al comma 4-bis, soltanto coloro che percepiscono pagamenti pensionistici erogati dall’Inps devono, entro il 30 giugno 2012, indicare gli estremi del conto di pagamento per l’accredito delle somme dovute dalla P.A.

Qualora il percettore di reddito fosse impossibilitato a raggiungere le sedi degli intermediari per motivi di salute o di restrizione della libertà personale, il soggetto delegato alla riscossione potrebbe accendere un conto corrente base o un libretto di risparmio postale intestati al beneficiario dei pagamenti (comma 4-quater) presentando una propria dichiarazione che attesta la sussistenza della documentazione relativa ai suddetti impedimenti, in luogo della documentazione medesima. Art. 3, comma 4-quinquies:

In deroga alle vigenti disposizioni di legge, il delegato deve presentare alle banche o a Poste italiane Spa copia della documentazione già autorizzata dall’ente erogatore attestante la delega alla riscossione, copia del documento di identità del beneficiario del pagamento nonché una dichiarazione dello stesso delegato attestante la sussistenza della documentazione comprovante gli impedimenti di cui al comma 4-quater. Ai fini degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, il cliente si considera fisicamente presente qualora sia presente il soggetto delegato alla riscossione.

Il D.L. 16/2012 interviene anche in materia di limiti ai compensi riconosciuti a titolo di salario o stipendio che possono essere pignorati da un creditore privato munito di titolo esecutivo (come decreto ingiuntivo, mutuo stipulato da notaio o sentenza) o da un soggetto pubblico (per motivi fiscali) disponendo che le somme dovute fino ad euro 2.500 rimangono pignorabili nella misura di un decimo, mentre la misura sale ad un settimo per le somme comprese tra detta soglia ed euro 5mila e rimane ferma ad un quinto per le somme superiori a 5 mila euro. Il D.P.R. 602/1973 è modificato con l’inserimento dell’art. 72-ter (Limiti di pignorabilità):

1 – Le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro ed in misura pari ad un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro.

2 – Resta ferma la misura di cui all’articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro

In ultimo, il 5° comma dell’art. 3 D.L. 16/2012 esclude l’espropriazione immobiliare per i crediti riscuotibili a norma del D.P.R. 602/1973 attraverso esattore nel caso in cui i beni, venduti all’asta, hanno valore inferiore a 20.000 euro. Sugli stessi beni, pertanto, non è possibile iscrivere ipoteca a decorrere dal 2 marzo 2012.

(per le novità sull’imposta municipale unica apportate dal Dl 16/2012: “Imu: art. 4 del decreto semplificazioni fiscali convertito in legge“)

(per la rateizzazione dei debiti tributari secondo il D.l. 16/2012 convertito in L. 44/2012: “D.L. 16/2012 convertito in legge 44 del 2012: rateizzazione dei debiti tributari, pagamento delle somme eccedenti il debito d’imposta e riduzione dell’inadempimento (art. 1, commi da 4 a 4-quater)“)

Legge 15 luglio 2011, n. 111: reclamo e mediazione fiscale

Per le liti fiscali pendenti al 1° maggio 2011 di valore non superiore a 20.000 euro, al netto di sanzioni e interessi, chi intende proporre ricorso è obbligato a presentare reclamo alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto. Il reclamo, finalizzato all’annullamento totale o parziale della lite ad eccezione della circostanza del recupero degli aiuti di Stato, può contenere una proposta di mediazione che indichi la rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

Il punto 9 dell’art. 39 (Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria) del Decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, comprendente le modifiche apportate dalla legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111, stabilisce che dopo l’articolo 17 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, venga inserito l’art. 17-bis (Il reclamo e la mediazione).

Il comma 8 dell’art. 17-bis afferma che qualora l’organo destinatario non accogliesse il reclamo finalizzato all’annullamento totale o parziale dell’atto, né l’eventuale proposta di mediazione, procederebbe a formulare una (contro)proposta di mediazione.

Decorsi 90 giorni in assenza di notifica dell’accoglimento del reclamo o di conclusione della mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso. I termini di cui agli artt. 22 e 23 decorrono dalla predetta data, ovvero dal ricevimento del diniego se l’Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, o ancora dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale in caso di accoglimento parziale del reclamo. Le precedenti disposizioni si applicano agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012.

La parte soccombente nella controversia è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50% delle spese di giudizio a titolo di rimborso spese del procedimento.

Le liti fiscali possono essere definite con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’art. 16 (Chiusura delle liti fiscali pendenti) della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che al 1° comma distingue tra la lite di valore non superiore a 2.000 euro, per la definizione della quale il contribuente versa 150 euro, e la lite di valore superiore a 2.000 euro, per la definizione della quale il contribuente versa il:

–        10% del valore della lite, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio;

–        50% del valore della lite, in caso di soccombenza del contribuente nell’ultima o unica pronuncia come sopra;

–        30% del valore della lite nel caso in cui la lite penda ancora nel primo grado di giudizio e non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio.

Ulteriori approfondimenti dallo stralcio dell’art. 39 (in formato doc).

(per l’estinzione dei processi in materia previdenziale nei quali sia parte l’Inps, e per scaricare la G.U. 164 con la Legge 15 luglio 2011, n. 111, si legga http://www.questidenari.com/?p=4721)