Previsioni Euribor e Irs a dicembre 2013

Per l’ultimo mese dell’anno 2013 rimangono confermate le attese di mantenimento dei tassi base in Europa (Refi 0,25%) ma vengono delusi quanti si attendevano un’imminente operazione straordinaria a 9 o 15 mesi che avrebbe consentito al denaro della Bce di raggiungere l’economia reale. Le condizioni critiche di liquidità e di incertezza che condussero al varo delle ultime Ltro a 36 mesi, fortunatamente, non sussistono allo stato attuale né il direttivo della banca centrale è disposto ad assistere al ripetersi di operazioni di carry trade, sostanziatesi nel recente passato con l’acquisto di bond governativi finiti negli attivi di bilancio delle banche commerciali.

Le condizioni economiche dell’Eurozona continuano a denunciare una ripresa debole, mentre le previsioni di inflazione oltre il breve termine permangono saldamente ancorate al di sotto del cancelletto prefissato al 2%.

Come le evidenze del mese trascorso hanno pienamente confermato, lo strumento principale della politica monetaria, causa la vicinanza del tasso base allo 0%, avrebbe potuto agire poco o nulla a contrasto della lenta risalita dell’Euribor 3 mesi giunto al nuovo massimo dell’anno: fixing 0,248% in data 06/12/2013, quando l’entità della protezione rappresentata dall’eccesso di liquidità si è ridotta a circa 160 miliardi di euro. In assenza di programmi su nuove maxi iniezioni di liquidità e valutata la lieve revisione al rialzo del Pil 2014 (+0,1%) effettuata dalla Bce, giovedi scorso gli operatori del mercato Liffe hanno ricontrattato i derivati producendo increspature dei tassi previsti che sono andate ad aggiungersi a quelle scaturite dalla pubblicazione degli indici Pmi europei nella prima metà della settimana. I tassi impliciti nei futures del 6 dicembre 2013, a quota 0,285% sulla specifica scadenza di marzo 2014, delineano di nuovo una curva caratterizzata da un andamento iniziale piatto che, tradotto in termini di aspettative per coloro che pagano rate di mutuo a tasso variabile, indica una sostanziale stabilità nei pagamenti. L’Euribor 3 mesi supererà quota 1% nella seconda metà del 2016 e quota 2% nel primo trimestre del 2018.

La situazione di stallo delineata rafforza la centralità del ruolo giocato dalla Federal Reserve sul fronte dei tassi fissi.

Il mese passato le previsioni corrette dell’Irs 10 anni avevano prospettato un andamento orizzontale del tasso in oggetto, che poi ha mantenuto effettivamente una media giornaliera pari al 2,02% nelle quattro settimane passate ed un andamento uniforme se si escludono le ultime due sedute di giovedi e venerdi (fixing 2,10%) condizionate dai dati americani positivi riguardanti il settore manifatturiero, i beni durevoli, le operazioni di compravendita immobiliare, le auto, il Prodotto Interno Lordo ed il numero degli occupati.

Alla stabilità dell’Irs ha contribuito non solo la politica accomodante della Bce ma anche, in misura marginale, l’operato dell’agenzia di rating Standard & Poor’s: la conferma del miglior giudizio per la Germania ed il contestuale declassamento per l’Olanda hanno assicurato la continuità degli acquisti del Bund per quegli organismi di investimento del risparmio che si obbligano a selezionare titoli sovrani di affidabilità massima.

Chiusa la parentesi europea, l’attenzione torna ad essere puntata sulla Fed che, in presenza di un aumento dell’input lavoro, potrebbe dare inizio alla fase di drenaggio della liquidità in grado di innescare le aspettative rialziste già dal vertice del 17 dicembre. A ruota salirebbero rendimento del decennale tedesco e tassi Irs.

Al fine di conservare gli equilibri di bilancio altrimenti messi a rischio da un vigoroso rialzo dei rendimenti che farebbe perdere valore ai Treasury acquistati, la banca centrale americana ha già fatto sapere che i tassi di interesse rimarranno bassi anche con l’inizio del tapering: questa strategia, comunicata in anticipo e resa credibile ai mercati dalla presenza del futuro presidente Janet Yellen considerata “colomba” della politica espansiva ancor più di quanto sia stato Bernanke, condizionerebbe solo marginalmente il tratto a lungo della curva ma impedirebbe comunque una brusca salita dei tassi che possono essere stimati in crescita rispetto ai valori correnti nell’ordine dello 0,2% mensile, proprio come accadde all’Irs 10 anni dalla seconda metà di maggio alla seconda metà di giugno quando passò dall’1,6% all’1,8%.

Ma la reazione degli operatori ai dati dell’occupazione americana di venerdi, piuttosto significativa, suggerisce maggiore moderazione sulla tempistica delle aspettative al rialzo: il dato quantitativo, pure se in crescita, non ha centrato l’obiettivo disoccupati al di sotto del 6,5% e quindi è stato giudicato insufficiente a determinare la ferma presa di posizione delle autorità di politica monetaria a stelle e strisce. Tutto ciò ha generato cautela sostanziatasi nella conferma del rendimento del Treasury a 2,86% e nella lieve diminuzione del rendimento del Bund, sceso a 1,84% (-0,02%).

Pertanto se la Fed rimanderà al 2014 la decisione sul ritiro del programma di acquisto mensile di bond governativi, ipotesi al momento più probabile, le prossime settimane saranno caratterizzate da livelli stabili del tasso fisso Irs 10 anni attorno a quota 2,1% come da risultanze dei futures sul Bund segnalati sul mercato Eurex poco sopra quota 140.

(per le attese della prossima settimana sui tassi variabili di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor 3 mesi del 13 dicembre 2013“)

(per le previsioni del mese prossimo sui tassi fissi di mutui e obbligazioni: “Previsioni Euribor e Irs a gennaio 2014“)

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