La relazione tra ciclo monetario e capitale di giro – 3

 

A conclusione dell’argomento, vi specifico ulteriormente che l’entità del capitale di giro non dipende dalla sola politica commerciale.

Provate, nello stesso esempio già visto (http://www.questidenari.com/?p=817), a “resettare” il ciclo monetario riconducendolo al valore iniziale, e a raddoppiare i volumi di vendita come anche i volumi di acquisto (se vale la relazione per cui 1 output deriva da 1 input): gli effetti saranno sia economici (aumento del reddito netto) che finanziari (aumento del flusso di cassa).

Quest’ultimo esempio – utile a farvi comprendere che la dimensione del capitale di giro non dipende solo dagli sfasamenti temporali tra le epoche di incasso e pagamento – mostra la contrazione del circolante dovuta principalmente agli aumentati debiti tributari (per le imposte che hanno colpito il reddito maggiorato). Di conseguenza, se un’azienda intende diminuire il proprio fabbisogno, dovrà agire contemporaneamente (quando possibile) su tutte le variabili in gioco: le scadenze del ciclo monetario, in modo da accorciarlo e magari farlo divenire negativo, e i volumi di attività, in modo da aumentarli il più possibile compatibilmente alla propria capacità produttiva.

Uno dei benefici subito rilevabili a seguito dell’adozione di questa politica, ad esempio, sarebbe costituito dal minor ricorso al credito bancario necessario a finanziare il capitale a veloce rotazione: la percentuale di interessi passivi sullo scoperto di conto collegato ad operazioni di apertura di credito (transitoria o a revoca), difatti, rappresenta solitamente la misura più alta che colpisce gli importi erogati a favore dell’azienda a titolo di finanziamento.

Tanzi, il creditore

 

Almeno per le conseguenze in termini di immagine e messaggio sociale, le vicende di cui abbiamo notizia negli ultimi giorni continuano a farci riflettere sul trattamento riservato ai condannati dalla magistratura nell’ex Belpaese, sempre più ex.

Mentre ricorderete la signora Madoff abbandonare fast&furious la casa di Manhattan e l’argenteria ivi contenuta dopo la condanna del marito Bernard (http://www.questidenari.com/?p=809), forse non avrete ancora letto la decisione datata 20 maggio del tribunale di Parma riguardante la persona di Stefano Tanzi, figlio di Calisto (http://www.questidenari.com/?p=575).

L’ex presidente del Parma calcio, anch’egli coinvolto nel crack Parmalat e condannato – con riferimento alla sola giurisdizione italiana e dopo patteggiamento – alla pena di 4 anni e dieci mesi di reclusione, è stato ammesso tra i creditori del gruppo di Collecchio in virtù del rapporto di lavoro subordinato che lo legava all’azienda.

I legali di Stefano Tanzi, infatti, presentando i cedolini paga che dimostrano l’esistenza del rapporto lavorativo risalente agli anni passati, hanno ottenuto il riconoscimento della cifra di circa 184mila Euro che proietta il loro assistito nell’olimpo dei creditori.

Non so a voi, ma me sembra un loop iterativo: il dipendente (!) Tanzi è stato riconosciuto titolare del diritto ad essere risarcito per il danno da lui cagionato a sé stesso ………

Fonte: Il Messaggero.it

Panoramica di metà anno sui mercati finanziari

 

Vi eravate illusi che i Titoli di Stato avessero imboccato la via del rialzo, dopo il timido segnale del mese scorso? O magari, fatta l’abitudine ai ripetuti cali di rendimento dei titoli di Stato dei mesi passati, pensavate di non stupirvi più di nulla?

Eccovi allora l’ultimo crollo di quasi mezzo punto dei Bot annuali che all’asta del 10 luglio hanno fatto registrare un rendimento lordo dello 0,859%.

Possiamo consolarci con quello che accade sul fronte obbligazionario e azionario?

Al giro di boa di fine giugno, come si completa lo scenario dei mercati finanziari?

Ce lo descrive in sintesi Marco Caprotti con due articoli (link a fondo pagina), dove segnala che l’apprezzamento crescente degli investitori per i bond comincia ad accompagnarsi ad una evidente crescita dei casi di default, con rischi più accentuati nei settori delle linee aeree e degli operatori dei media. Uno dei motivi alla base della scelta di investimento in operazioni rischiose si lega alla scomparsa dei titoli strutturati, principali indiziati della crisi mondiale degli ultimi due anni: molti operatori propensi al rischio avrebbero così indirizzato le proprie scelte su obbligazioni di nuova emissione dal rating non proprio soddisfacente, ma dal rendimento più alto.

Sui mercati azionari, invece, gli ultimi 30 giorni sembrano aver rovinato quanto di buono era stato fatto da gennaio: l’indice MSCI europeo, in lieve rialzo da inizio 2009, non recupera certo gli oltre 45 punti percentuali persi lo scorso anno.

Nell’ultimo mese, evidentemente, si è diffusa la percezione che la ripresa economica non è vicina nel tempo né potrà essere rapida negli sviluppi (valgono per tutte le parole di Trichet http://www.questidenari.com/?p=788). In particolare, colpiti dalle vendite delle ultime settimane i bancari, perché alcuni istituti ancora non si fidano di altri (!), e le materie prime, su cui ha influito negativamente la volatilità eccessiva del prezzo del petrolio.

 

Fonti:

http://www.morningstar.it/it/funds/article.aspx?articleid=81124&refsource=newsletter&lang=it-IT

http://www.morningstar.it/it/funds/article.aspx?articleid=81120&refsource=newsletter&lang=it-IT

Altre storie di denaro – 2

 

A metà giugno il newyorkese Thomas Parkin è stato accusato dalla polizia locale di aver frodato, contraffatto, spergiurato ed altro al fine di percepire circa 100.000 dollari in assegni per sussidi statali.

Lo stratagemma architettato per continuare a truffare indisturbato per circa 6 anni? Travestirsi come la mamma defunta!

A partire dalla morte dell’anziana madre, dopo aver rilasciato false dichiarazioni anagrafiche all’agenzia di pompe funebri, Parkin ha iniziato a vestirsi fuori moda, truccarsi e passeggiare con tanto di bastone della vecchiaia, immedesimandosi al punto che, al momento dell’arresto, avrebbe addirittura dichiarato di essere lei!

Una storia dai risvolti umoristici notevoli, ma che forse nasconde la drammatica verità di quelle persone che hanno bisogno dell’assistenza materiale della generazione precedente. Come accaduto, probabilmente, a Gaetano Sivieri, nel gennaio 2009 condannato dal Gup di Aosta a 4 anni di reclusione per occultamento di cadavere, truffa e falso.

Il cadavere, nella fattispecie, era quello del padre deceduto per cause naturali e poi conservato nel congelatore per circa 7 anni, in modo da impedire che divenisse manifesto l’evento causa di interruzione del trattamento pensionistico.

All’Inps e all’Inail, costituitesi parte civile, Sivieri deve rimborsare un totale di 277mila Euro.

 

Fonti: www.corriere.it, www.aostasera.it

Tasso variabile: col cap o senza? Un quesito aperto

 

Non so se la lettura dell’articolo vi fornirà certezze sull’uso del tetto massimo da applicare al tasso fluttuante del vostro mutuo appena ottenuto, ma almeno vi aiuterà a comprendere come opera sul piano tecnico quella che viene definita una “copertura assicurativa” sugli interessi da pagare.

Pochi giorni fa mi trovavo in banca a trattare l’acquisto di un cap, per conto di un’azienda mia assistita, al fine di limitare l’esborso per la rata di mutuo in caso di futuri rialzi del tasso variabile.

Dopo aver ascoltato in religioso silenzio che si trattava di un derivato proposto nel rispetto della direttiva comunitaria Mifid – era evidente l’imbarazzo del personale bancario per la sola pronuncia di quella parola! – veniva posto alla mia attenzione uno strumento dalla durata quinquennale, pagabile in unica soluzione anticipata al premio dell’1,56% da applicarsi all’importo erogato di Euro 130000, che fissa lo strike al 3% e restituisce l’eccedenza dell’Euribor a 6 mesi su base 360 (eventualmente) pagata con ritardo trimestrale rispetto al versamento della quota interessi del mutuo da corrispondersi con periodicità semestrale.

informativa-pre-contrattuale-cap1                   All’atto pratico, tutto ciò significa che qualora l’Euribor – in quel momento fissato all’1,38% – salisse fino al 3%, gli interessi da corrispondere andrebbero di pari misura; invece, qualora l’Euribor superasse il 3%, detto tasso si “trasformerebbe” in un fisso al 3% (CAP = tetto) dato che l’eccedenza verrebbe restituita dopo 3 mesi dal pagamento della rata stabilita nell’atto di mutuo.

Chiarito che piano di ammortamento e Interest Rate Cap rappresentano due operazioni distinte, che la restituzione delle quote capitali segue il piano di ammortamento “francese” ovvero gli interessi sono calcolati su una base che decresce lentamente nel periodo iniziale del mutuo, e che occorre risolvere alcune problematiche relative alle operazioni di matematica finanziaria che rendano paragonabili tra loro gli importi maturati a scadenze di tempo diverse, c’è da domandarsi QUANTO debba salire il tasso Euribor al fine di ripagare l’esborso iniziale, rendendo così “equa” l’operazione.

A tal fine ho ipotizzato che:

        il tasso Euribor abbia raggiunto il proprio minimo a prescindere dalle prossime decisioni della BCE (fonte del 29 giugno 2009: ARITMA), e che quindi possa soltanto salire nei prossimi 5 anni

        la “copertura assicurativa” del CAP intervenga solo negli ultimi 3 anni, ovvero a partire dalla conclusione del secondo anno di mutuo

        il debito residuo del piano di ammortamento al 3°, 4° e 5° anno, a prescindere dalle variazioni future del tasso, sia quello desumibile dal prospetto elaborato in epoca iniziale dal calcolatore della banca facendo uso di tasso fisso (necessariamente!) pari all’Euribor di periodo

        il tasso di interesse applicato alle operazioni finanziarie di attualizzazione/capitalizzazione sia pari al 15% (I° alternativa: costo opportunità = ROI aziendale), oppure pari al 3% (II° alternativa: costo opportunità = tasso di rendimento dei Titoli di Stato).

Pertanto:

1) definito il differenziale di interesse alla generica semestralità come prodotto tra il debito residuo (alla stessa semestralità) e la differenza tra i tassi equivalente Euribor semestrale ed equivalente strike semestrale,

2) riportato all’epoca iniziale ciascun differenziale in base al fattore di attualizzazione che fa uso dell’equivalente ROI semestrale (I° alternativa),

la somma dei prodotti dei fattori elencati ai punti 1) e 2), calcolati per ogni semestralità degli ultimi 3 anni di durata del CAP, fornisce il valore attuale, in epoca 0, delle somme restituite dalla banca all’azienda a titolo di copertura dai rialzi di tasso.

Detto valore attuale si presta ad essere paragonato all’esborso iniziale sostenuto dall’azienda, come noto, pari al premio di Euro 2028.

Procedendo per tentativi (il calcolatore programmabile ha sostituito degnamente le vecchie tavole d’interpolazione!), si scopre che l’operazione è finanziariamente equa per un livello dell’Euribor nei prossimi 5 anni pari a 3,915% annuo, mentre, nella II° alternativa di utilizzo del tasso di attualizzazione al 3%, il livello di equilibrio dell’Euribor si abbassa al 3,615%.

Euribor*

ROI

П

3,915%

15%

 

3,615%

 

3%

 

Voi cosa consigliereste alla mutuataria???

I dati indicano che, nella prima alternativa, l’operazione è conveniente per l’azienda solo se l’Euribor si stabilizza oltre il 3,915%: ci può stare che l’Euribor superi questo livello nell’arco temporale dei prossimi 5 anni, ma potrebbe anche tornare ad abbassarsi in modo che la restituzione della banca non valga la spesa iniziale dell’azienda!

Vi posso aggiungere: un mio conoscente promotore finanziario, interpellato dal Vostro Autore colto dalla tempesta del dubbio, ha confermato che in questo momento storico non vi è urgenza di utilizzo della copertura e che, nella difficoltà oggettiva di stimare l’andamento dei tassi di mercato dei prossimi anni, si potrebbe tentare di chiedere alla banca un abbassamento delle condizioni di costo (che pure sembra nella media rispetto alle condizioni praticate da altri istituti di credito) qualora si fosse in presenza di somme rilevanti, di proprietà dell’azienda, gestite dalla stessa banca depositaria ……… ovvero in presenza di un elevato spread applicato al tasso Euribor del mutuo ………

La relazione tra ciclo monetario e capitale di giro – 2

Se considerate il bilancio di un’impresa che iscrive crediti e debiti commerciali al termine di un esercizio in cui ha ottenuto un risultato positivo, e ceteris paribus provate ad accorciare il ciclo monetario (accorciando i tempi di riscossione o allungando quelli di pagamento), vi accorgerete anzitutto che i risultati reddituali sono invariati – in assenza di considerazioni sul reinvestimento delle maggiori risorse ora disponibili (http://www.questidenari.com/?p=479) – mentre quelli finanziari si manifestano con un flusso di cassa più elevato.

Ma il cambiamento del ciclo monetario ha prodotto differenze anche in ordine all’entità del capitale di giro: la diminuzione dei crediti e/o l’aumento dei debiti hanno “ristretto” il circolante, e di conseguenza il capitale complessivamente investito, comportando una condizione di minor fabbisogno che possiamo intendere come una migliorata efficienza del capitale utilizzato – la prima segnalazione di conferma ci viene dall’aumento del Capital Turnover, il cui denominatore più basso relativizza le vendite costanti!

In particolare, giova sottolineare che la riduzione del capitale di giro, e quindi del fabbisogno, è più accentuata nel caso dell’accorciamento dei tempi di riscossione dai clienti rispetto al caso dell’allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori, a parità di giorni di dilazione variati per un’azienda che chiude in utile. Il motivo, ovviamente, è da ricondursi alla condizione di equilibrio economico dell’azienda che compra a poco e vende a tanto: meglio diminuire molto i crediti commerciali, piuttosto che aumentare poco i debiti.

(continua http://www.questidenari.com/?p=882)