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Monete datate

Aureo d'oro dell'imperatore romano Aureliano (121 DC)

Se oggi per noi è assodato che sul denaro venga impressa una data, non sempre è stato così nei secoli passati.

Le monete utilizzate da alcuni esuli dall’isola egea di Samo, stabilitisi a Messana in Sicilia, rappresentano l’esempio più antico di apposizione della data: su di esse compare la lettera A che sta per “anno uno” decorrente dal primo insediamento nel 494 AC.

Alcuni secoli dopo l’imperatore Adriano, per celebrare la nascita di Roma nel suo 874-esimo anniversario, volle decretare le corse al circo e consegnarne memoria ai posteri con la bella moneta del 121 DC (aureo d’oro).

In Europa, le monete datate più antiche risalgono al re di Danimarca Valdemar I° (1234), mentre soltanto al 1539 corrisponde la data apposta sul ducato d’oro (bonnet piece) nell’Inghilterra di Giacomo V.

La fiducia nella moneta: il tempo e i ritratti

Tetradracma d'argento di Atene (V° sec. AC) - dritto e rovescioUno dei motivi per cui sulle monete viene impresso un marchio, a simboleggiare l’autorità politica da cui origina la coniazione, attiene all’esigenza di rassicurazione del possessore sul valore delle monete stesse.

Laddove il potere sovrano non sia nelle mani di un singolo individuo, o nelle collettività in cui la religione rivesta importanza predominante rispetto al potere temporale, l’uso di immagini varie (come il dio Dioniso o la ninfa Aretusa http://www.questidenari.com/?p=1440) prevale su quello del ritratto del sovrano, che rimane invece scelta ovvia per i regimi assoluti.

Non a caso le prime monete dell’antica Roma che raffigurarono un romano vivente furono i denari d’argento di Giulio Cesare, emessi nel gennaio-marzo del 44 AC a seguito dell’approvazione in senato del decreto che consentiva l’uso del suo ritratto.

Anche il fattore tempo riveste grande importanza nell’attribuzione della fiducia nella qualità delle monete.

La riproduzione di un identico disegno, ravvisabile nello stile arcaico della tetradracma d’argento di Atene del V° secolo AC (riprodotta a lato), venne reiterata per un lungo periodo di tempo – circa 150 anni – dopo che la stessa moneta si era affermata nel mondo dell’antica Grecia.

Anche nel medioevo, l’emissione della moneta “A Croce Corta” (1180 – 1247) sotto Enrico II riportò in maniera sistematica la scritta ENRICUS REX durante i successivi regni di Riccardo I e Giovanni, come pure rimase sostanzialmente invariata per quasi tre secoli l’immagine della banconota da 5 sterline emessa dalla Banca d’Inghilterra a fine ‘600.

L’odore dei soldi, secondo Vespasiano

Tito Flavio Vespasiano - Dritto di un sesterzio emesso a Pavia (71 D.C.)Originario di Rieti, Tito Flavio Vespasiano divenne imperatore romano all’età di 60 anni, quando dovette raccogliere la pesante eredità lasciatagli da Nerone, le cui degenerazioni politico-amministrative avevano prodotto una profonda crisi istituzionale ed economica.

Stimato sia dal senato che dal popolo romano per via del suo spirito sobrio, molto distante dai lussi e dagli sprechi che avevano contraddistinto i suoi predecessori, Vespasiano realizzò un’opera di revisione razionale del sistema di esazione fiscale, ma non per questo radicale fino a stravolgerne l’assetto. Senza ricorrere a nuove tasse, egli riuscì ad aumentare il gettito fiscale e risanare le malandate finanze imperiali.

Ecco perché oggi si ritiene che l’episodio della raccolta delle monete dal pavimento delle latrine pubbliche (i vespasiani), ed il gesto di annusarle, faccia parte della narrazione favolistica riassunta con la frase dal significato cinico “pecunia non olet”: i denari delle tasse derivanti dall’uso dei gabinetti, a differenza di quei posti, non emanavano alcun odore, ovvero il prelievo fiscale sui bisogni del popolo non era da considerarsi indecoroso.

Zecca e potere nell’antica Roma, prima della crisi finanziaria

Per via delle tante conquiste di tesori persiani, nel III° secolo A.C. Alessandro Magno mise numerose colonie urbane in condizioni di coprire il loro fabbisogno attraverso una quantità colossale di metalli preziosi.

Sorse così un elevato numero di zecche periferiche (http://www.questidenari.com/?p=1031), tra cui quella di Roma ubicata presso il tempio di Giunone ammonitrice, dove nasce il termine “moneta”.

repubblica romanaIl secolo successivo, dalla zecca di Roma uscì il denarius argenteo, destinato nel giro di 150 anni a divenire la moneta accettata ovunque, anche al di fuori dell’Impero romano.

Fu quindi Giulio Cesare a sancire la supremazia politica ed economica (http://www.questidenari.com/?p=775) attraverso l’emissione dell’aureus, ma a partire dall’età augustea, il desiderio di possesso dei beni di lusso espresso da Roma diede origine ad un inarrestabile deflusso di metalli preziosi e moneta circolante, manifesto nelle forme della crisi monetaria che anticipa quella economica ed il futuro controllo delle zecche da parte dei regni barbarici.

Monete dell’antica Roma

 

Circa cento anni dopo la comparsa della monetazione nell’Italia meridionale, anche gli antichi romani utilizzarono monete contenenti rame nell’Italia centrale ma, a differenza di quanto avvenuto nelle città greche, il relativo valore nominale era corrispondente a quello del metallo utilizzato.

Infatti, prima che le influenze greche giungessero in Italia, i popoli romani (ed etruschi) usavano il bronzo a peso come denaro, e solo successivamente si adeguarono al modello greco conferendo alla lega la forma di moneta valorizzata secondo il peso in once e assi.