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Riforma del condominio 2012: conto corrente, maggioranze in assemblea, innovazioni, impianti di videosorveglianza, tabelle millesimali

(continua da “Riforma del condominio 2012: azione legale obbligatoria contro un condomino moroso, copia documenti in formato digitale, sanzioni e animali domestici”)

Tutti i flussi monetari, in uscita ed in entrata compresi quelli provenienti da terzi, devono transitare per un conto corrente bancario o postale intestato al condominio, affinchè non vi sia confusione patrimoniale tra le somme appartenenti ai condomini e quelle appartenenti all’amministratore; a ciascun condomino è consentito prendere visione della relativa rendicontazione o estrarne copia a proprie spese (art. 1129 c.c.). La riforma del condominio 2012, nella specie, recepisce la sentenza della Corte di Cassazione n. 7162 del 10/05/2012: “ ……. l’amministratore è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su apposito e separato conto corrente intestato al condominio, per evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il suo personale od eventualmente quello di altri differenti condomini, da lui amministrati. Vi è pure un’esigenza di trasparenza e di informazione, in modo che ciascun condomino possa costantemente verificare la destinazione dei propri esborsi e la chiarezza e facile comprensibilità dell’intera gestione condominiale.”).

In base al DDL definitivamente approvato dalla Commissione Giustizia del Senato il 20 novembre 2012, inoltre, il quorum costitutivo dell’assemblea in prima convocazione è stato abbassato alla maggioranza dei partecipanti al condominio e ai 2/3 terzi del valore dell’edificio, e le relative deliberazioni sono validamente approvate “con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio” (art. 1136, 1° e 2°, c.c.).

La stessa condizione ultima per l’approvazione della deliberazione di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c. si rende necessaria per disporre le innovazioni (art. 1120 c.c.) che abbiano ad oggetto gli interventi volti a migliorare la sicurezza, “le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune”, “l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo” ed infine (art. 1122-ter c.c.) l’installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni. Per le innovazioni ordinarie, invece, è richiesta la maggioranza di cui al 5° comma dell’art. 1136 c.c.

L’assemblea è regolarmente costituita in seconda convocazione con la presenza di 1/3 del numero complessivo dei condomini e di un terzo dei millesimi di proprietà, e la deliberazione è “approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio” (quorum deliberativo: art. 1136, 3°, c.c.).

Per modificare la destinazione d’uso delle parti comuni è necessario in assemblea un numero di voti che rappresenti i 4/5 dei partecipanti al condominio ed i 4/5 del valore dell’edificio (art. 1117-ter).

I valori delle tabelle millesimali possono essere rettificati o modificati all’unanimità (art. 69 disp. att.), mentre possono essere rettificati o modificati con la maggioranza prevista dal secondo comma dell’art. 1136 in caso di errore oppure “quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino”; nell’ultimo caso le spese sono a carico di colui che ha dato luogo alla variazione.

In caso di revisione giudiziaria non viene previsto il litisconsorzio necessario.

Le precedenti disposizioni si applicano pure per le tabelle redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali.

Ogni condomino dissenziente, astenuto o assente può ricorrere all’autorità giudiziaria per chiedere l’annullamento della deliberazione contraria alla legge o al regolamento di condominio entro il termine di 30 giorni a decorrere dalla data della deliberazione per i dissenzienti e gli astenuti ovvero dalla data di comunicazione per gli assenti (art. 1137 c.c.).

Il condomino che non intenda beneficiare dell’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento può agire senza il benestare dell’assemblea purché non provochi squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini e continui a sostenere le relative spese di manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma (art. 1118, 4°, c.c.).

(continua “Riforma del condominio 2012: ripartizione spese per scale e ascensore; requisiti, nomina e revoca dell’amministratore; polizza assicurativa“)

Il ricorso al Giudice di Pace per le multe: art. 204-bis del nuovo Codice della Strada

(continua dall’articolo http://www.questidenari.com/?p=3917)

Se il Prefetto respinge il ricorso, entro il termine descritto e comunque non prima dell’ordinanza-ingiunzione, è possibile rivolgersi al Giudice di Pace che sarà chiamato ad esprimere un giudizio di legittimità sull’accertamento, a valutare la verbalizzazione o altro.

Il ricorso al giudice, se è opportuno per questioni complesse riguardanti circostanze da provare, diviene obbligatorio nei casi di mancata trascrizione al P.R.A dell’atto di vendita dell’auto (da parte dell’acquirente o dell’agenzia incaricata) o di ricezione di cartella esattoriale per il pagamento della multa che sia risultato insufficiente, ritardato o mancato.

Al fine di provare le proprie ragioni, è possibile produrre in giudizio documenti, fotografie, atti amministrativi, certificati medici, denunce e ricevute, indicare testimoni che abbiano assistito ai fatti avvenuti oppure chiedere l’effettuazione di perizie tecniche o sopralluoghi.

La presentazione del ricorso deve essere effettuata al Giudice di Pace competente per territorio del luogo (indicato su verbale) in cui è avvenuta la violazione al Codice della Strada – sul sito web www.giustizia.it è riportato un motore di ricerca per Comune dal quale è possibile estrapolare indirizzi, numeri di telefono e fax, e-mail relativi agli uffici del GdP. Le modalità di presentazione sono costituite dalla spedizione di raccomandata A/R o dalla consegna delle copie cartacee (una delle quali, timbrata per accettazione, sarà conservata dal ricorrente) da effettuarsi personalmente presso la cancelleria del giudice.

La presentazione comporta il pagamento di un contributo unificato di 33 euro per un valore della causa fino ad euro 1.033, oppure la corresponsione di un importo pari alla somma di 8 euro per marca da bollo e di un contributo crescente così determinato:

–        euro 33 per un valore della causa da euro 1.033,01 fino ad euro 1.100

–        euro 77 per un valore della causa da euro 1.100,01 fino ad euro 5.200

–        euro 170 per un valore della causa da euro 5.200,01 fino ad euro 15.493

–        euro 187 per un valore della causa indeterminabile.

Il fac-simile del ricorso è disponibile, oltre che nella cancelleria civile dell’ufficio del Giudice di Pace, anche sul sito web della Polizia di Stato: il documento, debitamente firmato, contiene espressa indicazione della richiesta di annullamento del verbale e di tutti gli atti conseguenti, ed esplicita la richiesta di sospensione provvisoria del provvedimento impugnato e delle eventuali sanzioni accessorie che siano state comminate (cioè multa, punti patente etc. L’accoglimento della richiesta, per alcuni casi, comporterebbe la restituzione della patente di guida).

Dallo scorso anno 2010, infatti, il giudice sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato solo per gravi e documentati motivi in presenza dei quali, entro 20 giorni dal deposito del ricorso, fissa con decreto l’udienza di comparizione.

Come recita l’art. 204-bis, al comma 3-bis, del Codice della Strada riformato, l’udienza viene fissata entro 30 giorni dalla data di notifica del decreto effettuata dalla cancelleria a mezzo fax o posta elettronica (i giorni diventano 60 se il luogo della notifica si trova all’estero).

Art. 204-bis. Ricorso al giudice di pace.

(omissis)

3. Il ricorso e il decreto con cui il giudice fissa l’udienza di comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis, anche a mezzo di fax o per via telematica all’indirizzo elettronico comunicato ai sensi dell’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123.

3-bis. Tra il giorno della notificazione e l’udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non maggiori di trenta giorni, se il luogo della notificazione si trova in Italia, o di sessanta giorni, se si trova all’estero. Se il ricorso contiene istanza di sospensione del provvedimento impugnato, l’udienza di comparizione deve essere fissata dal giudice entro venti giorni dal deposito dello stesso.

Se l’assistenza di un legale non è obbligatoria, tuttavia il ricorrente potrebbe beneficiare dell’apporto di un avvocato per allegare copia delle sentenze di altri giudici, o dei riferimenti normativi utili a sostenere la tesi di infondatezza della contestazione, alla copia del verbale e a tutti i rimanenti documenti (supra).

Per i ricorrenti che risiedono in un comune diverso da quello ove ha sede il giudice, le comunicazioni relative alla fissazione del giorno dell’udienza o alla notifica del deposito della sentenza vengono solitamente consegnate alla cancelleria.

E’ la cancelleria, infine, a trasmettere la sentenza con cui viene accolto o rigettato il ricorso, nel quale ultimo caso è obbligatorio il pagamento della multa entro 30 giorni dalla notifica della sentenza stessa, a meno che non si decida di presentare appello in tribunale.

La sentenza di rigetto del ricorso, oltre a costituire titolo esecutivo per la riscossione coatta delle somme di denaro imposte dal Giudice di Pace (6° comma), comporta la necessaria applicazione delle sanzioni accessorie o la decurtazione dei punti dalla patente di guida (8° comma).

(continua http://www.questidenari.com/?p=4111)

(per i nuovi termini del ricorso al Giudice di Pace in caso di violazioni commesse dal 6 ottobre 2011, per i nuovi importi del contributo unificato stabiliti dal D.L. 98/2011 convertito in legge e per l’impugnazione delle sole sanzioni amministrative accessorie si legga http://www.questidenari.com/?p=5531)

Il ricorso al Prefetto contro il verbale di contestazione della violazione al Codice della Strada

(continua dall’articolo http://www.questidenari.com/?p=3853)

Tuttavia, se si ritiene esistano validi motivi per opporsi al verbale che indica l’infrazione commessa, è possibile ricorrere al Prefetto ed evitare (almeno temporaneamente) il pagamento della multa.

Il ricorso al Prefetto è di tipo amministrativo, ovvero non sarà espressa alcuna valutazione sul merito dell’accertamento ma saranno valutati eventuali errori riportati sul verbale relativamente a (es.) numero di targa, nome del proprietario e tipo di veicolo, data e luogo di contestazione dell’infrazione, etc.

Entro i 60 giorni previsti dalla data della violazione in caso di contestazione immediata, o previsti dal giorno di notifica del verbale da parte del servizio postale, se non è stata pagata la multa possono ricorrere al Prefetto il trasgressore, il proprietario del veicolo o il genitore del minore trasgressore.

Il ricorso va presentato a mezzo raccomandata A.R. (fac-simile sul sito web della Polizia di Stato www.poliziadistato.it in formato pdf): in esso è contenuta l’indicazione se la contestazione è stata immediata, o meno, ed è esplicitata la richiesta di archiviazione del verbale.

Il ricorso al Prefetto prevede il “silenzio-assenso” che comporta l’automatico accoglimento qualora trascorrano oltre 120 giorni dalla data di ricezione degli atti dal Comando (ovvero 180 se il ricorso non è presentato direttamente al Prefetto ma al Comando di Polizia a cui appartengono gli agenti accertatori) fino al giorno di emissione dell’ordinanza-ingiunzione. Dal Codice della Strada:

Art. 204. Provvedimenti del Prefetto

1. Il prefetto, esaminati il verbale e gli atti prodotti dall’ufficio o comando accertatore, nonché il ricorso e i documenti allegati, sentiti gli interessati che ne abbiano fatta richiesta, se ritiene fondato l’accertamento, adotta, entro centoventi giorni decorrenti dalla data di ricezione degli atti da parte dell’ufficio accertatore, secondo quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 203, ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento di una somma determinata, nel limite non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione, secondo i criteri dell’articolo 195, comma 2. L’ingiunzione comprende anche le spese ed è notificata all’autore della violazione ed alle altre persone che sono tenute al pagamento ai sensi del presente titolo. Ove, invece, non ritenga fondato l’accertamento, il prefetto, nello stesso termine, emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti, comunicandola integralmente all’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore, il quale ne dà notizia ai ricorrenti.

Se il ricorrente chiede di essere ascoltato, detto periodo di 120 giorni è sospeso dalla data in cui viene notificato l’invito a presentarsi in audizione fino al giorno dell’audizione stessa. In caso di assenza non giustificata, il Prefetto non sarà più obbligato ad ascoltare il ricorrente (CdS: art. 204, 1-ter).

Siccome il ricorso deve essere presentato al Prefetto della provincia dove è avvenuta la violazione, la mancata indicazione di tale informazione sul verbale può essere motivo di annullamento dello stesso.

In caso il ricorso venga respinto, l’ordinanza-ingiunzione – notificata entro 150 giorni dalla sua adozione (art. 204, 2°) a pena di decadenza dell’obbligo di pagamento – deve essere motivata: ciò implica che in caso di assenza della motivazione, ovvero se mancano i riferimenti al caso specifico, l’ordinanza è impugnabile di fronte al Giudice di Pace. Il ricorso al Giudice di Pace deve avvenire entro il termine di giorni 30 dalla notifica dell’ordinanza con esito negativo (per conoscere con celerità lo stato del procedimento amministrativo on line si utilizzi il link contenuto nell’articolo http://www.questidenari.com/?p=3345).

Col respingimento del ricorso, il Prefetto ingiunge il pagamento della multa raddoppiata (e gravata di ulteriori spese) entro 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza.

(continua http://www.questidenari.com/?p=4060)

Le indicazioni Banca d’Italia in attuazione del Titolo II del D.Lgs. 11/10

Le necessità di adeguamento dell’operato delle banche alla direttiva europea sui servizi di pagamento (direttiva 2007/64/CE, o PSD: http://www.questidenari.com/?tag=payment-services-directive) e gli ultimi dettami in materia di trasparenza richiesti da Bankitalia, paradossalmente, si sono tramutati in un aggravio di costi per i correntisti italiani, soprattutto sulle operazioni di cassa.

Anziché beneficiare delle nuove disposizioni legislative, i depositanti delle maggiori banche hanno visto incrementare – o in taluni casi sorgere dal nulla – le commissioni sui prelevamenti bancomat da ATM di altre banche, sui versamenti, sulla domiciliazione utenze, sui bonifici allo sportello e persino sui bonifici on line (fonte: Corriere.it).

Da un lato l’obbligo per la banca di specificare l’Indicatore Sintetico di Costo (ISC: http://www.questidenari.com/?p=1383), che ha comportato un aggravio di lavoro per rendere disponibile il nuovo parametro sull’estratto conto e quindi ha generato nuovi costi per gli istituti di credito (anche +1,5%); dall’altro la riduzione dei giorni valuta, conseguente al restringimento del periodo di tempo durante il quale la banca utilizza il denaro col proprio tasso di ritorno (http://www.questidenari.com/?p=1963#comment-205), ha determinato mancati guadagni per i medesimi istituti. L’effetto congiunto, sotto forma di accresciuta onerosità, si è scaricato sull’utenza destinataria dei servizi bancari.

E proprio in tema PSD, da pochi giorni è stata pubblicata sul sito web della Banca d’Italia la misura di attuazione del Titolo II del Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento, contenente indicazioni e chiarimenti rivolti ai prestatori ed agli utilizzatori degli stessi servizi.

Viene ribadito il divieto di applicazione al pagatore della data valuta antecedente a quella in cui i soldi sono stati addebitati sul suo conto, come pure il divieto di applicazione al beneficiario della data valuta successiva a quella in cui i soldi sono stati accreditati sul suo conto.

In merito alla disponibilità, la banca del pagatore esegue l’operazione di trasferimento del denaro sul conto della banca del beneficiario entro la fine della giornata lavorativa successiva a quella in cui ha ricevuto l’ordine di pagamento. Una volta che la somma trasferita sia stata accreditata, la banca del beneficiario rende immediatamente disponibili i soldi sul conto del beneficiario.

Per le somme accreditate, la data disponibilità e la data valuta coincidono nel caso di versamento in contanti e corrispondono alla data di versamento, quando la divisa del denaro è la stessa divisa di denominazione del conto corrente.

Viene anche ribadito il divieto alla banca di inviare alla propria clientela strumenti di pagamento (carta di credito, ad esempio) senza esplicita richiesta, e viene posto interamente a carico dello stesso istituto di credito il rischio di accesso non autorizzato a carte e relativi codici di sicurezza durante il periodo di spedizione a domicilio della clientela bancaria.

La misura specifica che il consumatore, dopo aver comunicato alla propria banca l’esecuzione di un’operazione di pagamento avvenuta in mancanza di autorizzazione o in modo non esatto, ha diritto alla rettifica entro 13 mesi dalla data di addebito se si tratta di pagatore, ovvero dalla data di accredito se si tratta di beneficiario. Lo stesso utilizzatore, in assenza di autorizzazione, ha diritto al rimborso immediato dell’importo trasferito.

Analoga tutela è accordata al pagatore nel caso delle operazioni autorizzate di addebito diretto e di quelle effettuate con carta di pagamento (es. addebito preautorizzato per la bolletta telefonica o addebito su conto corrente della cifra spesa con carta di credito): gli importi trasferiti a seguito di dette operazioni, eseguite su iniziativa del beneficiario, sono rimborsabili se ricorrono congiuntamente le condizioni di indeterminatezza della cifra da trasferire al momento iniziale dell’autorizzazione e di eccedenza dell’importo trasferito rispetto alle aspettative del consumatore. In particolare, la quantificazione di detta eccedenza è ritenuta considerevole, e quindi idonea ad originare provvedimento finalizzato al rimborso, a totale discrezione della banca.

A scanso di equivoci, il documento precisa che (es.) nel caso di aumento – determinabile, e non determinato – della rata di mutuo addebitata sul conto del debitore per effetto dell’incremento del tasso di interesse variabile, tale circostanza non ricade nella fattispecie descritta del rimborso.

La richiesta di rimborso deve essere presentata entro 8 settimane dalla data di addebito, e la banca corrisponde il dovuto entro 10 giorni lavorativi dalla ricezione della medesima richiesta. In caso di rifiuto, entro lo stesso termine la banca fornisce giustificazione del diniego al pagatore che, qualora non rimanga soddisfatto, può presentare esposto alla Banca d’Italia, oppure presentare ricorso all’Arbitro Bancario e Finanziario, e ricorrere in ogni caso all’Autorità Giudiziaria.

Ulteriori dettagli sono reperibili dal sito web della Banca d’Italia dove è possibile scaricare il documento per la consultazione (in formato pdf ) “Attuazione del Titolo II del Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (Diritti ed obblighi delle parti)” del settembre 2010.

(per la fase sperimentale di pagamento con carta di credito e carta bancomat delle multe elevate per infrazione al Codice della Strada si legga http://www.questidenari.com/?p=3396)

Rid Ordinario, Rid Veloce e Ri.Ba. per le imprese: le novità PSD del 5 luglio 2010

La data del prossimo lunedi 5 luglio segna la piena entrata in vigore della direttiva 2007/64/CE – PSD, recepita dal D.Lgs. 11 del 27 gennaio 2010 (http://www.questidenari.com/?p=2738).

L’Abi ha fornito le indicazioni perché anche le imprese, e non solo la clientela retail, possano venire a conoscenza delle novità introdotte dalla direttiva ed usufruirne a pieno titolo.

A cominciare dal momento di esecuzione dell’ordine di pagamento (es. bonifico), che per la banca coincide con momento di ricezione dell’ordine dal pagatore. L’esecuzione dell’ordine diviene quindi immediata, per quanto rimane possibile per l’impresa trasmettere l’ordine in anticipo rispetto al momento di esecuzione.

Il beneficiario del pagamento (qualsiasi) riceverà l’accredito della somma (disponibilità) entro il giorno lavorativo successivo alla data di ricezione dell’ordine – deve aggiungersi un altro giorno nel caso del bonifico cartaceo. Fino al 1° gennaio 2012, l’impresa disponente può concordare con la banca un ritardo fino a 3 giorni operativi.

La data valuta per il beneficiario (giorno a partire dal quale maturano gli interessi per le somme accreditate) corrisponde alla data di disponibilità. Di conseguenza, oltre a decadere la “valuta fissa beneficiario”, non è possibile richiedere che la somma accreditata sul conto del beneficiario abbia data valuta anteriore alla data di disposizione dell’ordine (no valuta antergata).

In caso di utilizzo del bonifico transfrontaliero, le imprese devono indicare il Bank Identifier Code (BIC: riportato sulle fatture per beni e servizi scambiati nella Comunità Europea), identificativo della banca dell’impresa beneficiaria, oltre al codice IBAN.

L’impresa beneficiaria del bonifico riceve l’intero importo, a meno che non abbia autorizzato la banca a dedurre le eventuali spese sulla somma accreditata. Ciascun cliente sostiene le spese previste dalla propria banca, ovvero non è possibile far gravare gli oneri interamente sull’impresa ordinante o interamente sulla beneficiaria.

Le imprese dispongono di due tipi di RID: Ordinario (riunisce RID Utenze e RID Commerciale) e Veloce (caratterizzato da tempi del ciclo di incasso ridotti).

Prima che avvenga l’addebito, se l’impresa debitrice si accorge – a seguito di controlli da fattura – che verrà addebitato un importo errato, la stessa ha la possibilità di opporsi all’addebito fino al giorno lavorativo antecedente la data di scadenza.

Dopo che sia avvenuto l’addebito, il debitore ha tempo 8 settimane – dalla data di addebito sul conto dell’importo errato – per effettuare la richiesta di rimborso, poi ottenuto entro i 10 giorni lavorativi successivi.

In alternativa, l’impresa creditrice e quella debitrice possono concordare sul modulo RID che la richiesta di rimborso sia effettuata il giorno dell’addebito o entro i 5 successivi (RID Ordinario), oppure sia effettuata il solo giorno dell’addebito (RID Veloce). Nelle fattispecie sono incluse le microimprese, ovvero quelle che hanno meno di 10 addetti e fatturato annuo inferiore ad euro 2 milioni, che tuttavia possono rinunciare contrattualmente al diritto di rimborso e opposizione per beneficiare degli strumenti propri delle imprese.

In caso di operazioni non autorizzate, il rimborso avverrà immediatamente dopo la richiesta del debitore, effettuata entro il limite temporale dei 13 mesi successivi alla data di addebito.

Poiché non è ammessa la data valuta precedente la data di addebito dell’importo sul conto del debitore, l’impresa beneficiaria non può più incassare RID “scadute”.

L’impresa debitrice deve eseguire il pagamento entro la data di scadenza (no “tenuta cassa di 2 giorni”), e quella creditrice dispone della somma il giorno successivo alla data di scadenza della Ri.Ba. (ricevuta bancaria: documento – e non titolo di credito – con cui il creditore dichiara di aver ricevuto una somma di denaro versata a mezzo banca a saldo di una fattura).

Ulteriori approfondimenti dalla fonte (in formato pdf) del sito Abi.

Direttiva Europea sui Servizi di Pagamento: modalità e tempi di rimborso dei pagamenti RID errati a partire dal 5 luglio 2010

Entrata in vigore il 1° marzo 2010 col Decreto Legislativo n. 11 del 27/01/2010 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13/02/2010, la Direttiva Europea sui Servizi di Pagamento 64/07 (PSD: Payment Services Directive) attraversa la fase conclusiva del regime transitorio previsto dallo stesso decreto di recepimento.

Se dal 1° marzo la Direttiva è stata applicata ai soli bonifici ed ai pagamenti con le carte, le regole in oggetto entreranno in pieno vigore anche su Ri.Ba., RID, Mav e Bollettino Bancario a partire dal 5 luglio 2010 (senza mai riguardare assegni, cambiali e traveller’s cheques).

La clientela bancaria – anche con riferimento ai contratti in vigore alla data del 1° marzo u.s. – ha già avuto modo di sperimentare gli effetti dell’applicazione del codice IBAN, che sostituisce le vecchie coordinate del conto corrente integrando fra gli altri ABI, CAB e numero di conto, e di valersi dell’accorciamento dei tempi di accredito delle somme trasferite a mezzo bonifico.

In sintesi, una volta che l’ordinante abbia disposto l’operazione di bonifico, è sufficiente 1 giorno lavorativo per concretizzare la disponibilità del denaro sul conto del beneficiario (2 giorni operativi, invece, per l’ordine disposto su supporto cartaceo). Le banche o le Poste potrebbero avvalersi della deroga fino al 1° gennaio 2012 concessa dalla Direttiva in merito al prolungamento di 2 giorni per ciascuna delle suddette operazioni (3 e 4 giorni lavorativi, rispettivamente), esponendosi tuttavia al rischio che il cliente receda dal contratto di conto corrente. Inoltre, per il beneficiario vengono a coincidere la data della disponibilità e quella della valuta (per ulteriori approfondimenti: http://www.questidenari.com/?p=1963#comment-205).

La Direttiva, in aggiunta, impedisce al disponente l’ordine di richiedere che l’importo accreditato sul conto del beneficiario presenti data valuta antecedente o uguale alla data di disposizione dell’ordine (c.d. valuta antergata).

Ma le novità PSD più interessanti del 5 luglio prossimo riguardano le procedure su addebiti diretti ed incassi e conferiscono ai privati la possibilità di opporsi agli addebiti su conto corrente (conseguenti agli ordini autorizzativi dati alla banca o direttamente al creditore: Rid) che non vengano riconosciuti validi.

Nel caso di addebito autorizzato – tipicamente periodico per bollette luce, acqua, etc. – il correntista avrà 8 settimane di tempo, dal giorno dell’addebito stesso, per chiedere la restituzione della cifra e la banca, in mancanza di rifiuto motivato, dovrà stornare la stessa somma entro 10 giorni dalla richiesta.

Nel caso di addebito non autorizzato il correntista avrà 13 mesi di tempo dalla data dell’addebito per chiedere alla banca la restituzione immediata della cifra.

Nel caso il correntista ravvisi l’anomalia prima che venga realizzato l’addebito, lo stesso avrà facoltà di revoca dell’ordine sino al giorno precedente alla scadenza della Rid.

Si ricorda che le nuove carte di debito (bancomat) e carte di credito possono essere inviate solo se espressamente richieste (ad eccezione della sostituzione della carta), e che la contestazione ed il rimborso degli importi erroneamente addebitati – e rilevati dall’estratto conto – segue lo stesso iter della Rid (supra).

I Ri.Ba. non potranno essere pagati successivamente alla scadenza indicata sull’avviso.

Infine, per gli addebiti, la data di valuta dei pagamenti disposti sarà la stessa della data di addebito (no retrodatazione data valuta).

E’ possibile consultare e scaricare la guida (in formato pdf) per la clientela retail dal sito Abi: www.sepa.abi.it

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(per la PSD indirizzata alle imprese si legga http://www.questidenari.com/?p=2750)

(per l’attuazione del D.Lgs. n° 11 del 2010 che ha recepito la PSD, si consultino le indicazioni della Banca d’Italia alla pagina http://www.questidenari.com/?p=3044)