Perché il capitale di giro?

 

Più volte mi sono trovato a motivare la mia scelta di utilizzo del capitale di giro nelle analisi di bilancio aziendale richieste dalle banche e incorporate nei business plan.

E la cosa non mi sorprende, non fosse altro per aver assistito alla reazione, alquanto infastidita, dei commercialisti riuniti nei periodici incontri finalizzati all’acquisizione dei crediti formativi annuali, quando per la prima volta veniva posta alla loro attenzione una riclassificazione finanziaria di bilancio di tipo non tradizionale. Commercialisti esperti non appartenenti all’ultima generazione, come esperti sono i direttori delle banche ed i gestori a cui sono indirizzati i documenti contabili e le annesse rielaborazioni soggettive.

Prima di esporre una definizione tecnica del capitale di giro, è bene premettere che la riclassificazione funzionale (cioè operata col criterio della pertinenza gestionale) non esclude la tradizionale riclassificazione finanziaria per scadenze, ma anzi la incorpora all’interno di una delimitata area funzionale, appunto! E tali aree sono 3:

        quella tipica, in cui ricadono i crediti e i debiti commerciali, il magazzino e le immobilizzazioni tecniche, i debiti verso i dipendenti e verso l’Erario,

        quella extra-gestionale, di solito trascurabile perché riguardante gli immobili ad uso civile,

        e quella finanziaria, in cui compaiono le fonti rappresentate da banche e soci, nonché gli utili.

Da questi brevi cenni dovrebbe essere chiaro che il capitale di giro (o capitale circolante netto in senso stretto), non può comprendere voci di natura finanziaria come la cassa, la banca (intesa come c/c attivo o passivo), i crediti e i debiti finanziari a qualsiasi scadenza o i titoli oggetto di trading, perché dette grandezze non rappresentano una porzione del capitale investito in azienda!

Avete mai sentito parlare di un’industria che investe nei contanti depositati in cassa? Semmai avrete sentito esprimere giudizi negativi per quelle imprese nei cui bilanci le voci “cassa” e “banca” presentano valori elevati, a significare che un buon amministratore deve prontamente reinvestire le disponibilità liquide nei fattori produttivi che generano futuri margini economici e flussi monetari!

E allora perché alcuni autori, ivi incluso il bravo prof. Roberto Cappelletto allineato ai più recenti orientamenti della disciplina, includono i depositi bancari nei crediti di gestione “inquinando” così il capitale netto complessivamente investito?

(continua http://www.questidenari.com/?p=597)

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.