Di concerto

 

Mentre le aziende europee fanno sempre meno ricorso al finanziamento bancario, fenomeno comunque mitigato dalla crescente frequenza con cui le stesse imprese si finanziano presso i privati attraverso l’emissione di bond, la preoccupazione degli esponenti dei governi europei e della Bce è anzitutto quella di sostenere il sistema finanziario.

Le intenzioni sono giuste, perché chi conosce l’economia sa che le crisi finanziarie anticipano quelle economiche, e l’attuale creazione di prodotto delle imprese a livello globale non permette certo di dormire tranquilli trascurando le condizioni di accesso alla moneta da parte del settore privato.

Gli stessi interventi di abbattimento dei tassi voluti da Trichet, forse sin troppo bruschi rispetto ad una politica fine tuning ovvero dei piccoli aggiustamenti preferibile se non altro per la più agevole misurabilità ed elaborazione degli effetti, potrebbero rivelarsi inefficaci quando, come scrisse qualcuno che conosceva le crisi, “si può portare il cavallo alla fonte, ma non si può costringerlo a bere”.

La complessità che il sistema economico vive nel momento attuale deve indurre a risposte sinergiche fra gli Stati, assistite da una rapida evoluzione normativa e concertate in un’ottica di sviluppo del contesto politico fiscale, e non solo monetario univoco a cui si è votata l’Eurozona.

In questo senso, e quando i governi sono costretti a “racimolare” risorse per dare sostentamento alle loro politiche, si rinviene una possibile chiave di lettura delle ultime esternazioni del segretario Ocse e del direttore del FMI riguardanti i c.d. “paradisi fiscali” – fra cui il principato di Monaco, di Andorra e il Liechtenstein – ovvero i luoghi ove la tassazione è quasi assente, e la riservatezza delle operazioni rappresenta un requisito che va a scapito della trasparenza.

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